martedì 27 settembre 2016

Studio su Hegel: LA RELIGIONE - Stefano Garroni



[3] - Ben lungi dal rappresentare una ‘secolarizzazione’ della teologia - come vuole Blumenberg-, Hegel scioglie la sapienza del mondo dalla teologia. (AAVV, 6961.3: 391). Laird, 5196: 12 riconosce, comunque, che il <dio> dell’ idealista Hegel non c’entra nulla con il dio delle religioni. “... il teologo Marheineke (1780-1846) ... tentò di versare la dogmatica cristiana  (luterana) nello stampo speculativo hegeliano il che però implicava un’audace fusione e una pericolosa cristallizzazione. Una simile impresa fu tentata da Goschel (1781-1872), al quale Hegel aveva accordato una lode sfumata.” (D’Hondt, 7836: 48s).
In AAVV, 7376: 263n, la questione delle varie edizioni delle hegeliane Vorlesungen  sulla religione.

[3.1] - “E’ possibile notare come nelle Jugendschriften la religione si dica in molti modi: per quanto articolato tuttavia si presenti il suo concetto, la chiave che sembra in grado di aprirne la comprensione risulta essere non la teologia, ma appunto la vita, intesa anche nel senso di prassi sociale.” (AAVV, 7376: 239s). Il modo in cui Hegel, 1130. 3: 354s descrive la verace religione e la verace religiosità mi confermerebbe nel sospetto che, in definitiva, la wahrhafte Religion/Religiosität, per Hegel, è ... lo Stato: la vera religione e la vera religiosità, infatti, vengono dall’ eticità e sono l’ eticità pensante, ovvero l’ eticità, che diviene cosciente dell’ universalità libera della sua essenza concreta. In altre parole, sembrerebbe possibile dire: la <religiosità> -dunque, l’essenza della religione- sta nel suo essere manifestazione di una forma di vita, di esserne un’articolazione; la <religione>, quindi, -nel senso di questa o quella religione-, una volta stabilito cosa sia la religiosità, richiede uno studio particolare, che consenta di coglierne la determinatezza; è a questo livello che si recuperano le mediazioni nel rapporto con la forma di vita, ovvero, con la società. Cf. Marx. Il tema è ripreso in AAVV, 7376: 269 - l’essenza della religione (la religiosità) è afferrabile non empiricamente, ma con il medio di una teoria generale, di una filosofia; accanto a ciò resta lo studio empirico delle religioni.Ciò equivale a dire che l’analisi che Marx fa della società capitalistica non è comprensibile, fuori da una fds. Cf. la questione <teoria/prevedere> in dial.doc. Il limite della trattazione empirica della storia, in AAVV, 7376: 269a -anche qui continua un tema, che fu pure di Descartes, ovvero la polemica contro un sapere che sia essenzialmente memoria.

[3.2] - Se vale la ricostruzione, che J. Simon fa di Kant e l’argomento ontologico, qui Hegel ha posizioni ‘kantiane’[1]: “Agli occhi del giovane Hegel la religione soggettiva è la sola ad avere <un suo proprio e vero valore>: essa non si può ingurgitare sotto forma di dogmatica e proprio per questo non è una pura teoria destinata a rimanere solo sui libri; in quanto <religione vivente>, ossia in quanto, avendo fuso dottrina e forza nel tessuto delle sensazioni umane, si dimostra efficace negli impulsi ad agire, essa è <operosità rispetto al mondo esterno> e si estrinseca <soltanto in sentimenti ed azioni>. Sotto questo  profilo la religione soggettiva è autentica <religione popolare>... “ (AAVV, 7376: 240a; ulteriore conferma in AAVV, 7376: 270s; in AAVV, 6482: 301ab, si legge che “Hegel condivide le decisive obiezioni di Kant sia all’argomento cosmologico che all’argomento ontologico.”; ma, secondo D. Henrich, Der ontologische Gottesbeweis, Hegel -contro Kant- avrebbe cercato di dimostrare l’unità di concetto e realtà, facendone il concetto fondamentale dell’ontoteologia -concetto che, invece per Kant risulta “nicht begreifbar”. Hegel -come dice AAVV, 6482: 302- ha legato la dimostrazione della realtà obiettiva del pensiero di dio alla pensabilità della necessità assoluta.”). Religione popolare e pura religione razionale. (AAVV, 7376: 240s). Ricorda come Nietzsche, 1941: 154 descriva in termini sicuramente ‘hegeliani’ la religione popolare, che anche gli Ebrei avevano. La distinzione hegeliana di <religione privata> e <religione pubblica>; “una delle più profonde contraddizioni che, agli occhi del giovane Hegel, il cristianesimo porta con sé fin dal momento della propria genesi, è costituita dal fatto di essere originariamente una religione privata, in seguito modificata a religione pubblica secondo le esigenze delle cicostanze e dei pregiudizi degli uomini.” (AAVV, 7376: 241a) - [mi pare che per Hegel il cristianesimo sia la religione dell’individuo e, quindi, incapace di essere religione pubblica. Il che è di grandissima attualità, perché in definitiva significa chela <società civile> è incapace di produrre essa stessa socialità]. Critica di Hegel alla teologia (AAVV, 7376: 242a): anche rispetto a ciò, vale la pena di un raffronto con Kant. La critica alla teologia si unisce a quella contro la religione meccanica in generale, la quale non può produrre realmente moralità, ma solo legalità; nota l’implicita critica all’utilitarismo calcolatore -l’ <aritmetica> del doveri- e, di fatto, alla democrazia massificante -con la conferma, per altro, che l’impoliticità di Th. Mann ha antiche e nobili radici; nota infine che trovi in Hegel un concetto di <legalità>, che trovi anche in Kant:  “Poiché... ogni fede positiva ha alla sua base <il sentimento di essere una macchina>, il cristianesimo stesso, ridotto a sistema, diventa una <religione meccanica>, al cui interno la moralità si trasforma in una <aritmetica> dei doveri, tramite cui si può ottenere solo <legalità>, cioè una virtù e una pietà altrettanto meccaniche. 

Ma la vita, agli occhi di Hegel, non può essere mortificata nelle ruote di un ingranaggio, in cui l’uomo diventa <un non-io e il suo dio un altro non-io>. Se l’uomo deve essere <un libero vivente tra liberi>, egli deve poter trovare se stesso negli altri in un modo che sia adeguato alla sua natura e non in un modo che possa valere solo per degli oggetti, per delle cose morte: ciò significa che l’individuo deve essere concepito come <organismo> inserito in un tutto organico e mantenere ad un tempo nella propria particolarità il legame con l’intero: <un albero con tre ramificazioni forma con queste un solo albero, ma ogni figlio dell’albero, ogni ramificazione (anche gli altri suoi figli, cioè foglie e fiori) è esso stesso un albero.>.”(AAVV, 7376: 242s). Trovo assonanze col modo kantiano di impostare l’argomento ontologico anche nel modo, in cui Hegel affronta la questione del rapporto religione/riflessione (AAVV, 7376: 247). Per il rapporto tra filosofia e religione, cf. AAVV, 7376: 247s e questo testo, che traggo da shede.doc:  Nella misura in cui la religione ha un credo, una dottrina, una dogmatica, essa ha ciò, su cui si impegna la stessa filosofia, la quale ultima, sotto questo rispetto, fa tutt’uno con la religione. Ciò, tuttavia, non va inteso nel senso del mèro intelletto separante -nel quale è prigioniera la religiosità moderna- e secondo cui le due son concepite, l’una esclusiva dell’altra, l’una separabile dall’altra, perché all’altra legata solo esternamente. Se è vero che può darsi religione senza filosofia, è vero però che non può darsi filosofia senza religione, dacché la prima include la seconda. L’autentica religione, la religione dello spirito, deve avere un tale credo, un tale contenuto: lo spirito è essenzialmente coscienza, quindi, contenuto fatto da quest’ultima oggettivamente. (Hegel, 1130.1: 24). Da kant.doc traggo quest’altro testo: “All’inizio della discussione sul pensiero kantiano in Fede e sapere Hegel...preavvertiva che la filosofia critica <indugia nell’opposizione e fa dell’identità dell’opposizione la fine assoluta della filosofia>... Il passaggio di Kant alla fede razionale pratica vien ricondotto alla mancata Vernichtung filosofica dell’opposizione tra finito ed infinito; la loro <identità>, dislocata al di là del sapere, nella metafisica dimensione della religione, segna quindi la fine della filosofia.”[AAVV, 7193:33].

Al centro della filosofia della religione di Hegel non sta solo il tentativo di render pensabile (begreiflich), contro Kant, il concetto dell’assoluta necessità -in modo da salvare, di nuovo contro Kant, l’unità di concetto e realtà, che contrassegna il pensiero di dio. E’ altrettanto vero che Hegel muove dal tradizionale argomento cosmologico allo scopo di criticarne e correggerne la forma solo intellettuale e non concettuale-speculativa, e così mostrare come tale argomento possa raggiungere il proprio scopo e compimento, solo nel modo di pensare del secondo argomento ontologico, dunque, nel concetto dell’assoluta necessità. In questo modo, Hegel cerca di realizzare quanto Kant pur richiederebbe, ma che non è in grado di ottenere, posto il suo modo scindente di pensare: cioè, che l’argomento cosmologico diviene consistente solo in quanto tradotto e superato nella prospettiva del secondo argomento ontologico, che esplicita il concetto di necessità assoluta. (AAVV, 6482: 302).

In accordo con Kant, Hegel critica la forma tradizionale dell’argomento cosmologico, mostrando come l’assoluta necessità,  colta in se stessa, implicita la negazione e il rovesciamento della casualità data quale punto di partenza [tieni sempre presente che <Zufällig> vale sia  casuale che contingente]... Tuttavia, Hegel interpreta diversamente da Kant questa fondazione della prova cosmologica in quella ontologica... Hegel sostiene che la prova cosmologica, criticamente riformulata, non è altro che il secondo argomento della tradizionale prova ontologica. La prova ontologica costruita sul concetto di ens necessarium è talmente coincidente con la riformulata prova cosmologica, da perdere la sua autonomia. (AAVV, 6482: 304)

La riformulazione hegeliana dell’ argomento ontologico perviene ad una sua autentica nuova formulazione, che si lega ad una nuova formulazione del pensiero filosofico di dio (philosophisches Gottesgedanken) (AAVV, 6482: 305). Riformulando l’argomento cosmologico e l’argomento ontologico, Hegel vuol darsi la possibilità di agganciare (verzahnen) la filosofia della religione alla logica, intesa come teologia filosofica (AAVV, 6482: 307)
La filosofia della religione è una disciplina, che nasce negli ultimi decenni del Settecento, in sostituzione della ormai distrutta teologia filosofica; di qui il pericolo che la religione venga ridotta a fattori puramente mondani (psichici, biologici e sociali): Hegel ritiene di poter sfuggire a questo pericolo, basando la sua filosofia della religione su una teologia filosofico-speculativa, che punta ad una fondazione teoretica del pensiero di dio (Gottesgedanken-[cf. quanto dico a proposito di un possibile riduzionismo di Marx a proposito della religiosità, in kmfe.doc]. (AAVV, 6482: 307a).


[3.3] - Religione e coscienza infelice (AAVV, 7376: 253ss); coscienza infelice e Feuerbach (AAVV, 7376: 254).
La devozione/ Frömmligkeit, ossia “un pensare musicale che non arriva al concetto” e che rimane “infinito, puro, intimo sentimento”. (AAVV, 7376: 256); devozione e cattiva infinità -nota anche il rapporto tra quest’ultima e il tempo e lo spazio, ovvero, l’estensionalità. (AAVV, 7376: 256s). Il motivo hegeliano, presente in AAVV, 7376: 257s, è da confrontare con il motivo protestante del successo nel lavoro come prova della grazia/dono divini -in generale, il problema delle opere, che non giustificano. Ipocrisia (AAVV, 7376: 258a). Il momento del <ministro>, del mediatore o del clero. Le <funzioni animali> come peccato. (AAVV, 7376: 258ss).

[3.4] - Hegel, 1130.3, §. 564. Fa parte essenzialmente della vera religione di esser rivelata : infatti, la sostanza è spirito in quanto autodeterminante, dunque, manifestare. Lo spirito è tale solo se è spirito per lo spirito e nella religione assoluta lo spirito è spirito assoluto, che manifesta se stesso e non più suoi astratti momenti. - [lo spirito assoluto è piena trasparenza allo spirito, non contiene in sé nulla di contrario, di chiuso allo spirito e, dunque, non contiene neppure più momenti astratti, dacché tutto è svolto]. [...] Cogliere ciò che dio è in quanto spirito e fissarlo in modo corretto e determinato nel pensiero, richiede una speculazione che vada ben a fondo. [...] Dio è dio solo nella misura in cui sa se stesso: il suo saper di sè è, in fine, la sua autocoscienza nell’uomo e il sapere, che l’uomo ha di dio, si sviluppa nella coscienza di sè, che l’uomo ha in dio.

[3.5] - “... Hegel considera negativamente l’idea, proposta da Schelling, di una mitologia cristiana come mezzo di ricostituzione dell’identità spirituale dell’Occidente moderno, giacché l’elemento religioso ha perso ogni carattere di sostanzialità ed è stato sostituito da una coscienza mondanizzata.” (AAVV, 7376: 217).

[3.6] - Hegel come una delle fonti del modernismo cattolico. (Moretto, 5819: 22a).

[3.7] - “In effetti la religione e i suoi dati positivi e storici sono sempre presentati da Hegel come mitici: la religione è la metafora della speculazione. Certamente un ateo non penserebbe di ricorrere alla religione, anche se come metafora! Mentre un credente non si accontenta affatto di uno stato puramente metaforico della religione!” (D’Hondt, 7836: 69).


[4] - Bréhier, 0434: 91b chiarisce come per Descartes la volontà, che si adegua all’intelletto, ha scelto tale comportamento, a cui non è obbligata. Di qui la radice di quella, che chiamo la Richtung hegeliana?

[4.1] - Se vale l’interpretazione che del Rinascimento dà Garin (cf. rina.doc), di tipo rinascimentale è l’atteggiamento di Hegel verso la cultura classica: “Ammirare il genio antico significa (per Hegel) avere al tempo stesso piena consapevolezza che si tratta di una esperienza storica non ripetibile, ma tuttavia, per quanto lontana, non tale da essere così sradicata dal presente da non poter costituire ancora un termine  di confronto ed assumere quindi quasi il valore di un modello.” (AAVV, 7376. 239).

[4.2] - L’amore come mediazione tra estensionalità e intensionalità? (AAVV, 7376: 245a); l’amore versus la morale kantiana, ma sulla base di una comunanza di esigenze (AAVV, 7376: 245s).

[4.3] - Nota lo scarto che Hegel prevede fra ciò che la religione è ed il modo, in cui di fatto si realizza nei singoli popoli, dunque lo scarto fra concetto e realizzazione sua nel Dasein: per analogia, lo scarto tra singolo paese capitalistico e il capitalismo in Marx.

[4.4] - “Annunciato negli scritti del periodo giovanile, il problema della soggettività doveva diventare... uno dei grandi motivi conduttori della successiva speculazione hegeliana... una determinazione peculiare della soggettività, il soggetto come coscienza, è il tema specifico della prima grande opera hegeliana a carattere sistematico, la Fenomenologia  dello spirito.” (AAVV, 7376: 251). Dal proseguo si ricava che la Fenomenologia dello spirito ha un’impronta trascendentale, ‘kantiana’; considera anche. “i modi del suo manifestarsi sono le condizioni di possibilità dell’essere dello spirito.” (AAVV, 7376: 262)[2] -sembra quasi essere un’anticipo della critica di Reichenbach a Kant. (AAVV, 7376: 251a). :“Per Reichenbach la crisi del sintetico a priori nella sua prima accezione [“a priori nel senso di sempre vero, o necessariamente e universalmente vero o di vero indipendentemente dall’esperienza”] rappresenta una condanna definitiva del progetto kantiano di determinare le forme universali e necessarie della conoscenza mediante un’analisi della pura ragione. Ma siccome questa crisi non pregiudica la tesi che la conoscenza è possibile solo presupponendo principi di coordinazione storicamente mutevoli e relativi, la conseguenza da trarne sarà non la rinuncia all’indagine epistemologica, bensì una ridefinizione dei suoi metodi e dei suoi scopi. Il compito dell’epistemologia non sarà più l’esplicitazione e la giustificazione di un sistema di giudizi della ragion pura apoditticamente certi, ma la scoperta, mediante l’analisi del sapere scientifico storicamente dato, di quali principi della conoscenza valgano in un certo tempo. Come Reichenbach non si stancherà di ripetere, Kant ha avuto il grande merito storico di mettere in evidenza <il senso più profondo di ogni teoria della conoscenza> ponendo la questione critica delle condizioni di possibilità della conoscenza stessa. Ma nel rispondere a questa domanda egli ha commesso <l’errore metodologico> di compiere un’analisi della ragione anziché della conoscenza, di andare alla ricerca di categorie anziché di assiomi. La teoria della relatività ha però mostrato che <la ragione non è un sistema di enunciati belli e pronti, bensì una facoltà che diviene fruttuosa solo nell’applicazione ai problemi concreti>[sott.mie, S.G.].” (Reichenbach, 6506: 4-5).

[4.5] - Esteriorizzazione e Dasein. “L’esteriorizzazione implica sempre particolarizzazione, con il suo corredo di contingenza; ma chi, da questo, vuol derivare l’impossibilità di cogliere un filo conduttore, ignora che il fenomeno è il modo di esistere dello spirito nella realtà, tanto che Hegel parla di un <fenomeno determinato dall’idea>.” (AAVV, 7376: 294).

[4.6] - Hegel contro l’intuizionismo di Reinhold, Fichte e Schelling. (Althusser, 7737: 99s).

[4.7] - Per Hegel esiste la possibilità di un’astratta o concreta conoscenza sia dell’universale, che del particolare e del singolare. (Lukàcs, 1584: 101s).

[4.8] - “... nella sua caricatura verbale”, Heine mostra Hegel “nell’atto di guardarsi intorno preoccupato quando diceva qualcosa di comprensibile, per tema di essersi compromesso agli occhi delle autorità.” (Prawer, 7518: 48).




[1] - Secondo Giacché, 8172: 103, l’hegeliana Vita di Gesù è un testo ‘kantiano’.
[2] - Il tema delle <condizioni di possibilità> in Hegel, v.lo in hegello.doc. 

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