(Nel 1808 Hegel assunse l'incarico di rettore del
Ginnasio di Norimberga. Nel settembre del 1809, a conclusione del primo anno
scolastico, tenne il seguente discorso sul significato degli studi classici.
Paolo Di Remigio ci propone questa traduzione commentata. Leggendola siamo
stati colpiti dalla lucidità e dall'attualità delle parole di Hegel su cosa
siano cultura ed educazione. Per questo ci sembra interessante proporvelo.
Ringraziamo l'amico Di Remigio per questa opportunità. Il testo appare anche su
"Appello al popolo". M.Badiale)
In occasione del conferimento solenne dei premi che l'Autorità
Suprema conferisce agli alunni distintisi per i loro progressi al fine
di gratificarli e ancor più di spronarli, sono incaricato da Graziosissimo
Ordine di illustrare in un pubblico discorso la storia del Ginnasio nell'anno
passato, e di toccare quegli argomenti di cui può essere utile parlare per la
loro relazione al pubblico. L'invito alla deferenza con cui ho da compiere
questo incarico è proprio della natura dell'oggetto e del contenuto, che
consiste in una serie di liberalità del Re o di loro
conseguenze, e la cui illustrazione implica la necessità di esprimere la più
profonda gratitudine per esse –una gratitudine che, insieme al pubblico,
mostriamo alla cura sublime che l'Autorità dedica agli Istituti pubblici di
istruzione1. –
Ci sono due rami dell'amministrazione pubblica per il cui buon ordinamento i
popoli usano essere più di ogni altra cosa riconoscenti: buona amministrazione
della giustizia e buoni istituti di istruzione; infatti soprattutto di questi
due rami, dei quali uno tocca la sua proprietà privata in generale, l'altro la
sua proprietà più cara, i suoi figli, il privato comprende e sente i vantaggi e
gli effetti immediati, vicini e individualizzati.
Questa città ha riconosciuto il bene di un nuovo ordinamento scolastico con
tanta più vivacità quanto maggiore e più universalmente sentito era il bisogno
di un cambiamento2.
Il nuovo Istituto ha poi avuto il vantaggio di seguire
Istituti non nuovi, ma antichi, durati più secoli; così
gli è si potuta connettere la pronta rappresentazione di una lunga durata, di
una permanenza, e la fiducia corrispondente non è stata disturbata dal pensiero
opposto che il nuovo ordinamento sia qualcosa di soltanto fuggevole, di
sperimentale, – un pensiero che spesso, in particolare quando si fissa negli
animi di coloro ai quali è affidata l'esecuzione immediata, finisce con lo
svilire di fatto un ordinamento a un mero esperimento3.
Un motivo interno di fiducia è però che, nel migliorare ed estendere
essenzialmente il tutto, il nuovo Istituto ha conservato il principio
dell'antico e ne è soltanto una prosecuzione. Ed è notevole che questa
circostanza costituisca il caratteristico e l'eccellenza del nuovo ordinamento4.
Poiché l'anno scolastico che si conclude è il primo e la storia del nostro
Istituto in questo anno è la storia del suo sorgere5, è
troppo vicino il pensiero di tutto il suo piano e del suo fine, perché possiamo
distoglierne la nostra attenzione e dirigerla già a suoi casi singoli. Poiché
la cosa stessa è appena nata, la sua sostanza tiene ancora occupate la
curiosità e la riflessione pensante. Quanto c'è di singolo, poi, in parte è
noto dagli annunci pubblici; in parte è contenuto insieme all'ulteriore
dettaglio (che cosa e come e a quanti alunni sia stato insegnato quest'anno),
nel catalogo scolastico stampato che sarà distribuito al pubblico. Mi sia
dunque consentito, all'alta presenza di Sua Eccellenza e di
questa eminente assemblea, di attenermi al principio del nostro Istituto e di
esporre alcuni pensieri generali sulla sua condizione, sulla sua struttura e
sul loro senso, per quello che l'attività dispersiva che in questo momento il
mio ufficio porta con sé mi permette di mettere insieme6.
Lo spirito e il fine del nostro Istituto è la preparazione allo studio
teorico, una preparazione che è costruita sulla base dei Greci e
dei Romani. Da qualche millennio è questo il terreno su cui è impiantata,
da cui è germogliata e con cui è stata in costante rapporto ogni cultura. Come
gli organismi naturali, piante e animali, si svincolano dalla gravità, ma non
possono abbandonare questo elemento della loro essenza, così ogni arte e
scienza è cresciuta su quel terreno; e sebbene sia diventata autonoma, non si è
liberata dal ricordo di quell'antica formazione. Come Anteo rinnovava le sue
forze al contatto con la Madre Terra, così ogni nuovo slancio e vigore della
scienza e della cultura è sorto dal ritorno all'antichità7.
Come però è importante la conservazione di questo terreno, così è essenziale il
cambiamento della sua situazione di un tempo. Quando ci si accorge di ciò che
di insufficiente e di nocivo hanno i principi e gli ordinamenti antichi, e i
mezzi e gli fini educativi ad essi legati, il primo pensiero che emerge è la
loro completa eliminazione. Invece la saggezza delle Autorità, superiore a
questo rimedio di facile apparenza, soddisfa nel modo più vero l'esigenza del
nostro tempo, perché pone l'antico in un rapporto nuovo col tutto e
così non solo ne conserva l'essenziale, ma lo muta e lo rinnova8.
Mi occorrono solo poche parole per ricordare il posto che l'apprendimento del
latino aveva un tempo: esso non era un momento dello studio teorico, ma ne
costituiva la parte più essenziale ed era l'unico mezzo formativo superiore
offerto a chi non volesse arrestarsi a un'istruzione generica, del tutto
elementare; per acquisire altre conoscenze utili alla vita civile o valide in
sé e per sé, non erano disponibili Istituti specifici, ma che si afferrassero
un quale e un quanto anche di altre conoscenze era rimesso all'occasione
dell'apprendimento di quella lingua; – quelle conoscenze erano considerate
un'arte particolare, non un mezzo di formazione, ed erano per lo più nascoste
in quel contenitore9.
Tutti levarono la voce contro quell'apprendimento del latino divenuto
tormentoso; soprattutto si levò il sentimento che non si può considerare
acculturato un popolo che non sappia esprimere nella sua lingua tutti i tesori
della scienza, e non vi si possa muovere liberamente con ogni contenuto. Questa
intimità con cui ci appartiene la lingua materna manca alle conoscenze che
possediamo solo in una lingua straniera; le separa da noi una parete divisoria
che non consente loro di essere veramente innate nello spirito10.
Questo punto di vista, i metodi errati che spesso scadevano in puro meccanismo,
il ritardo nell'acquisizione di molte conoscenze specifiche importanti e di
molte abilità mentali, hanno poco a poco tolto alla conoscenza del latino la
pretesa di valere come scienza principale e la sua antica dignità di essere lo
strumento educativo universale e quasi esclusivo. Essa ha cessato di essere
considerata il fine, e questa attività spirituale ha dovuto vedersi sormontata
dalle cosiddette cose concrete, anche da quelle quotidiane, sensibili, incapaci
di offrire materia educativa11.
Senza addentrarci in questi contrasti e nelle loro determinazioni ulteriori,
nelle forzature o nelle collisioni esterne, basti qui rallegrarsi della
sapiente situazione statuita dalla nostra Autorità Suprema.
In primo luogo, essa ha esteso la cultura civile generale perfezionando
le scuole popolari tedesche; così a ognuno si procurano i mezzi per
imparare ciò che gli è essenziale come uomo ed è utile al suo ceto; è così
garantito il meglio a chi finora ne era privo; a chi, per ottenere qualcosa di
meglio dell'insufficiente istruzione generale, poteva ricorrere soltanto al
mezzo educativo menzionato, lo si rende meno inevitabile e lo si sostituisce
con conoscenze e competenze più funzionali. –
Anche questa città guarda colma
di attese all'organizzazione completa di quest'opera meritoria già realizzata
nella maggior parte del resto del Regno – un'opera meritoria di cui le
conseguenze rilevanti per il tutto sono incommensurabili12.
In secondo luogo, lo studio delle scienze e l'acquisizione di utili competenze
spirituali superiori, nella loroindipendenza dalla letteratura antica,
ricevono il loro strumento efficace in una propria Istituzione affine13.
In terzo luogo, infine, è conservato lo studio delle
lingue antiche. In parte, prima come dopo, è aperto a ognuno come mezzo
educativo superiore, in parte è stabilito come solida base dello studio
teorico. Poiché ora si colloca accanto a quello strumento
educativo e a quelle forme scientifiche, esso ha perduto la sua esclusività e
può aver estinto l'odio contro le sue vecchie pretese. Messosi così da parte,
ha tanto più diritto di esigere che nella sua separazione possa regolarsi
liberamente e gli siano evitate intrusioni estranee e importune14.
Separandosi e limitandosi ha acquisito la sua vera collocazione e la
possibilità di configurarsi nel modo più libero e compiuto. L'indice vero della
libertà e della forza di un'organizzazione consiste sia nel fatto che i momenti
differenti che contiene si approfondiscono in se stessi e si rendono sistemi
completi, compiono la loro funzione l'uno accanto all'altro e la vedono
compiere senza invidia e timore, sia nel fatto che tutti sono di nuovo parti di
uno stesso grande intero. Solo ciò che si rende compiuto separandosi nel suo
principio diventa un tutto conseguente, cioè diventa qualcosa;
acquisisce spessore e il forte potere di rendersi multilaterale. La
preoccupazione e il timore dell'unilateralità appartengono troppo spesso alla
debolezza che è capace soltanto della superficialità multilaterale
inconseguente15.
Che lo studio delle lingue antiche, pur così limitato, resti oggi come una
volta la base della formazione teorica, è stato messo vivacemente in
discussione. Sembra un'esigenza legittima che la cultura, l'arte e la scienza
di un popolo arrivino a stare sulle proprie gambe. Non dobbiamo credere che la
cultura del mondo moderno, il nostro illuminismo, i progressi delle arti e
delle scienze siano usciti dall'infanzia greca e romana, che, sciolti dalle
vecchie dande, possano camminare sul loro terreno? Alle opere degli antichi
resti pure il loro valore più o meno consacrato – esse dovrebbero comunque
retrocedere nella galleria delle memorie, delle oziose curiosità erudite, nel
puramente storiografico, che si può coltivare o no, ma che non dovrebbe
costituire la base e l'inizio per la nostra educazione spirituale superiore16.
Se tuttavia facciamo valere il principio che si deve sempre partire
dall'eccellente, allora innanzitutto la letteratura dei Greci, poi quella dei
Romani, devono essere e restare la base dello studio superiore. La perfezione e
lo splendore di questi capolavori devono essere l'immersione spirituale, il
battesimo profano, che danno all'anima il primo tono e colore per il gusto e la
scienza. E per questa consacrazione non è sufficiente una familiarità esteriore
con gli antichi, ma dobbiamo prendere cibo e alloggio da loro, per assorbirne
l'atmosfera, le rappresentazioni, i costumi, perfino, se si vuole, gli errori e
i pregiudizi, e diventare abitanti di questo mondo, il più bello che ci sia mai
stato. Se il primo paradiso era il paradiso della natura umana,
questo è il secondo, superiore, il paradiso dello spirito umano che
avanza nella sua più bella naturalezza, libertà, profondità e serenità, come la
sposa dalla sua camera. Il primo splendore selvaggio del suo sorgere in Oriente
è arginato dallo splendore della forma e addolcito nella bellezza; lo spirito
umano ha la sua profondità non più nella confusione, nell'opacità o nell'enfasi,
ma si manifesta in disinvolta chiarezza; la sua serenità non è un gioco
infantile, è diffusa sulla malinconia che conosce la durezza del destino, ma
che la durezza non scaccia dalla libertà oltre il destino e dalla misura. Non
credo di affermare troppo se dico che ha vissuto senza conoscere la bellezza
chi non ha conosciuto le opere degli antichi17.
In tale elemento, in quanto vi prendiamo dimora, accade non solo che tutte le
forze dell'anima siano stimolate, sviluppate ed esercitate, ma l'elemento
stesso è una materia peculiare con cui ci arricchiamo e
prepariamo la nostra sostanza migliore. Si è sostenuto che l'attività
mentale si possa esercitare in ogni materia, e come
materia più adatta apparivano in parte gli oggetti esternamente utili in parte
quelli sensibili, che sarebbero adattissimi all'età infantile o fanciulla,
perché propri dell'ambito e del modo di rappresentare che queste età avrebbero
già in sé e per sé. Se anche il formale fosse così separabile dalla materia e
l'esercizio fosse così indifferente all'ambito oggettivo in cui deve svolgersi,
tuttavia non è importante soltanto l'esercizio.
Come la pianta non soltanto
esercita le forze della sua riproduzione all'aria e alla luce, ma in questi
processi succhia anche il suo nutrimento, così la materia in cui si sviluppano
e si esercitano l'intelletto e la facoltà dell'anima deve essere anche un
nutrimento. Non quella cosiddetta materia utile, quel materiatur sensibile,
quale si trova immediatamente nella facoltà rappresentativa del bambino, ma
soltanto il contenuto spirituale, che ha valore e interesse in sé e per sé
stesso, fortifica l'anima e procura quel carattere indipendente,
quell'interiorità sostanziale che è madre del contegno, della saggezza e della
presenza di spirito; dell'anima che vi matura quel contenuto spirituale fa un
nucleo di valori indipendenti, di fini assoluti, che è la base necessaria
dell'abilità in ogni cosa e che è importante impiantare in ogni ceto. Non
abbiamo visto nei tempi moderni perfino degli Stati, che avevano disprezzato e
trascurato di costruire e conservare tale retroterra interiore nell'anima dei
loro cittadini, orientandola alla semplice utilità e allo spirituale scaduto a
strumento, esporsi ai pericoli e crollare fra i loro tanti mezzi utili?18
Il più nobile nutrimento nella forma più nobile, le mele d'oro nei contenitori
d'argento, sono nelle opere degli antichi incomparabilmente più che in ogni
altra opera di qualunque epoca e nazione. Per giustificare l'affermazione che
nell'ambito di nessuna cultura furono unite tanta eccellenza, originalità,
poliedricità e ricchezza teorica, mi occorre soltanto ricordare la grandezza
dei loro intenti, la loro virtù e il loro patriottismo, liberi da ambiguità
moralistiche, lo stile grandioso delle loro azioni e dei loro caratteri, la
varietà dei loro destini, dei loro costumi e delle costituzioni.
Questa ricchezza è però legata al linguaggio, e solo in questo la
raggiungiamo in tutta la sua specificità. Le traduzioni ci danno il contenuto,
non la forma, non la sua anima eterea; somigliano alle imitazioni delle rose,
che possono essere simili a quelle naturali per forma, colore, anche per odore;
ma non raggiungono l'amabilità, la grazia e la delicatezza della vita. In altri
termini, l'esornativo e la raffinatezza appartengono solo alla copia, in cui si
fa sentire un contrasto tra il contenuto e la forma che non le è connaturata.
La lingua è l'elemento musicale, l'elemento dell'intimità che nella traduzione
svanisce, – il profumo leggero col quale la simpatia dell'anima si abbandona al
godimento, senza il quale un'opera degli antichi ha soltanto il gusto del vino
del Reno svaporato19.
Questa circostanza ci impone la necessità, in apparenza20 dura,
di studiare a fondo le lingue degli antichi, di rendercele familiari, per poter
godere delle loro opere in tutta l'estensione possibile di ogni loro aspetto ed
eccellenza. Se volessimo lamentarci della fatica che oggi dobbiamo dedicarvi e
potessimo temere o dolerci di dover procrastinare l'acquisizione di altre
conoscenze e abilità, dovremmo accusare il destino che non ci ha fatto avere
nella nostra lingua questo cerchio di opere classiche che ci avrebbero evitato
il viaggio faticoso verso l'antichità e procurato il loro sostituto.
Dopo che ho parlato della materia dell'istruzione, questo
augurio invita a dire ancora qualche parola sul formale proprio della
sua natura.
Il progredire della cultura non va visto come la continuazione quieta di una
catena, i cui membri seguenti sarebbero congiunti a quelli precedenti, con
riguardo ad essi, certo, ma a partire da una materia propria, e senza che
questo lavoro ulteriore sia diretto contro i primi. La cultura deve invece
avere una materia e un oggetto precedenti su cui lavora, che altera e forma di
nuovo21.
È necessario che acquisiamo il mondo dell'antichità non solo per possederlo,
ancor più per avere qualcosa da elaborare22.
– Ma per diventare oggetto, la sostanza della natura e dello spirito ci
si deve contrapporre, deve aver acquisito la figura di qualcosa di estraneo. –
Infelice colui al quale si è estraniato il suo mondo sentimentale immediato!
Infatti questo significa che gli sono strappati i legami individuali che tenevano
l'animo e il pensiero in santa amicizia con la vita, la fede, l'amore e la
fiducia. – L'estraniamento che condiziona la cultura teoretica non esige questo
dolore etico, non la sofferenza del cuore, ma il dolore e lo sforzo più tenui
della rappresentazione che deve occuparsi di un non-immediato, di un estraneo,
di qualcosa appartenente al ricordo, alla memoria e al pensiero23.
– Questa esigenza di separazione è però così necessaria che in noi si mostra
come un impulso universale ben noto. L'eterogeneo, il lontano portano con sé
l'interesse seducente che ci attrae all'attività e allo sforzo, e il
desiderabile è in rapporto inverso con la vicinanza in cui è e ci è comune. La
gioventù si immagina come una fortuna partire dalla patria e abitare con
Robinson un'isola lontana. Dover cercare la profondità dapprima in forma di
lontananza è un inganno necessario; ma la profondità e la forza che conseguiamo
possono essere misurate soltanto dall'ampiezza con la quale voliamo lontano dal
centro in cui prima ci trovavamo immersi e a cui aspiriamo di nuovo24.
Su questo impulso centrifugo dell'anima si fonda in generale la necessità di
offrirle quella separazione dal suo essere e dal suo stato naturali che essa
cerca e di porre nel giovane spirito un mondo lontano ed estraneo. La parete
divisoria con cui si crea questa separazione necessaria all'educazione di cui
parliamo è il mondo e la lingua degli antichi; ma essa, che ci separa da loro,
contiene anche tutti i punti di inizio e i fili del ritorno a se stessi,
dell'amicizia con essa e del ritrovare se stessi, se stessi, però, secondo il
vero essere universale dello spirito25.
Se applichiamo all'apprendimento linguistico questa necessità universale, che
abbraccia il mondo della rappresentazione e la lingua, diventa evidente che il
suo lato meccanico è più di un puro male necessario. Infatti il meccanico è
l'estraneo allo spirito, che ha interesse ad assimilare il non assimilato posto
al suo interno, a comprendere ciò che dentro di lui è ancora privo di vita e a
farne sua proprietà26.
A questo momento meccanico dell'apprendimento della lingua si collega lo studio
grammaticale, il cui valore non può essere sopravvalutato, perché
costituisce l'inizio dell'educazione logica, – un aspetto che affronto alla
fine perché sembra che sia stato quasi dimenticato. La grammatica infatti ha
per contenuto le categorie, i prodotti e le determinazioni dell'intelletto;
dunque vi si inizia a imparare l'intelletto. Queste essenze
spirituali, che essa ci fa conoscere, possono essere apprese bene dalla
gioventù, nulla di spirituale è più facile di esse; infatti la forza non ancora
comprensiva di questa età non riesce ad assumere la ricchezza nella sua varietà27;
ma quelle astrazioni sono quanto di più semplice. Sono, per così dire, le
singole lettere, le vocali dello spirituale, con cui iniziamo per imparare a
compitarlo e poi a leggerlo. – Inoltre la grammatica le presenta in una forma
adatta a questa età, perché insegna a distinguerle tramite indici esteriori che
la lingua stessa per lo più contiene; meglio di quanto chiunque sa distinguere
rosso e blu senza saper dire le definizioni di questi colori nell'ipotesi
newtoniana o in un'altra teoria, quella conoscenza è dapprima sufficiente, ed è
importantissimo essere divenuti attenti a queste distinzioni. Infatti, se le
determinazioni intellettive, poiché siamo esseri intellettivi, sono in
noi e le intendiamo immediatamente, la prima educazione consiste nell'averle,
cioè nell'averle rese oggetto della coscienza e nel poterle distinguere tramite
indici28.
Poiché con la terminologia grammaticale impariamo a muoverci nelle astrazioni e
questo studio va visto come la filosofia elementare, esso è considerato
essenzialmente non solo come mezzo, ma come fine – tanto nella lingua latina
che in quella tedesca –29.
L'universale frivolezza banale, per scacciare la quale erano necessarie tutta
la severità e la violenza delle scosse che abbiamo vissuto, aveva invertito qui
come altrove il rapporto tra mezzo e fine, e aveva considerato la conoscenza
materiale di una lingua più importante del suo aspetto intellettivo30.
– L'apprendimento grammaticale di una lingua antica ha anche
il vantaggio di dover essere un'attività razionale durevole e ininterrotta;
infatti qui, a differenza che nella lingua materna, l'abitudine irriflessa non
evoca la giusta disposizione delle parole, ma è necessario prendere in
considerazione il valore delle parti del discorso determinato dall'intelletto e
richiamare le regole del loro collegamento. Ma così si verificano un costante
sussumere il particolare nel generale e la particolarizzazione del generale, e
la forma dell'attività razionale consiste proprio in questo. – Lo studio
grammaticale severo risulta dunque uno dei mezzi formativi più universali e più
nobili31.
Tutto questo insieme, lo studio degli antichi nella lingua loro propria e lo
studio grammaticale, costituisce itratti fondamentali del principio che caratterizza
il nostro Istituto. Questo bene importante, per quanto già
ricco in se stesso, non comprende tutta l'estensione delle conoscenze a cui
introduce il nostro Istituto preparatorio. Non solo la lettura degli antichi
classici è selezionata così da offrire un ricco contenuto didattico, l'Istituto
comprende anche l'insegnamento di ulteriori conoscenze che hanno un valore in
sé e per sé, che sono di particolare utilità o anche di ornamento. Qui mi è
sufficiente nominare queste materie; nella nota stampata che sarà distribuita
si possono vedere la loro estensione, il modo di trattarle, la loro
progressività ordinata al loro interno e nei loro rapporti alle altre materie,
gli esercizi che sono loro connessi. Queste materie in generale sono:
insegnamento religioso; lingua tedesca insieme alla conoscenza dei suoi
classici; aritmetica, in seguito algebra; geometria; geografia; storia;
fisiografia, che comprende cosmografia, storia naturale e fisica; scienze
filosofiche propedeutiche; inoltre francese, anche lingua ebraica per i futuri
teologi, disegno e calligrafia. Che queste conoscenze non siano trascurate,
risulta da questo semplice calcolo: se non contiamo le ultime quattro materie,
il tempo di insegnamento in tutte le classi è diviso esattamente a metà tra
quelle menzionate prima e le lingue antiche; incluse anche quelle, lo studio
delle lingue antiche occupa non la metà, ma solo due quinti dell'intero
insegnamento.
In questo primo anno di studi trascorso è stata posta in essere e avviata la
cosa principale; nel secondo anno si potrà pensare con più dettaglio a una
maggiore determinazione ed elaborazione di singoli rami, come per esempio i
principi delle scienze fisiche, e la Suprema Grazia di Sua Maestà il Re,
come speriamo con fiduciosa certezza, ci metterà in grado di farlo. – Anche ciò
che ancora manca nell'arredamento e nel decoro esterni – in sé le Muse hanno
pochi bisogni e qui non sono male avvezze –, ciò che è ancora necessario per
attivare la sorveglianza disciplinare esterna – e la natura del carattere
locale e l'interesse dei genitori per la buona educazione dei loro figli
facilita questa cura –, e simili problemi secondari vedono già avviati i loro
rimedi32.
Attraverso gli esami il pubblico ha avuto l'opportunità di giudicare gli
effetti generali dei benevoli Ordinamenti Supremi, della sorveglianza e
dell'attività graziosissime del Commissario Generale del Re e
degli sforzi a ciò conformi degli insegnanti in questo primo anno. – L'ultimo
atto con cui lo concludiamo è questa solennità pubblica con cui la Graziosissima
Autorità vuole dare ai suoi Istituti il momento dell'onore della
testimonianza pubblica di soddisfazione per i progressi degli alunni studiosi.
Una parte di Voi, Signori, ha già ottenuto un contrassegno del Graziosissimo
Consenso nel permesso di potersi iscrivere all'Università; in ciò avete visto
che l'occhio dell'Autorità è aperto su di Voi; restate
convinti che lo sarà sempre, che dovete sempre renderle conto
dell'uso dei Vostri anni di studio e dell'accesso graziosamente voluto negli
Istituti Regali, che nella nostra Patria ogni carriera è aperta ai Vostri
talenti e alla Vostra applicazione, ma è accessibile solo al merito. Così
all'Università proseguite indefessamente l'opera che avete iniziato qui. La
maggior parte di Voi lascia per la prima volta la casa paterna; come già una
volta vi siete separati dal cuore di Vostra Madre quando siete venuti alla
luce, così ora vi sciogliete dalla vita delle Vostre Famiglie facendo il passo
nello stato di indipendenza. La gioventù guarda avanti: mai però
dimenticate lo sguardo retrospettivo del ringraziamento, dell'amore e del
dovere verso i Vostri genitori.
I giudizi degli insegnanti su ognuno degli alunni sono letti loro alla presenza
di tutti i docenti e dei compagni di classe; questa pagella è comunicata in
forma scritta anche ai genitori su loro richiesta. Il risultato sintetico di
questo giudizio è il posto progressivo che ciascuno ottiene dal parere degli
insegnanti e dalla conferma del Rettorato, secondo i suoi progressi globali tra
i compagni di classe. L'ordine di questi posti è una testimonianza di ciò che
ognuno di Voi ha già fatto; esso è manifestato qui pubblicamente e poi a
stampa.
Più solenne è la lode di quelli che si sono particolarmente segnalati tra i
loro compagni, della quale attendete compenso e premio dalle mani di Sua
Eccellenza il Signor Commissario Generale. Ricevetelo come
un segno di soddisfazione per ciò che avete fatto finora, e ancor più come un
incoraggiamento per il Vostro contegno futuro, – come un onore che Vi è
concesso, ma ancor più come una nuova richiesta del Vostro maggiore sforzo,
come un diritto superiore che i Vostri genitori, i Vostri maestri, la Patria e
l'Autorità Suprema hanno acquisito su di Voi.
Note
Note
1Non occorre attendere lo stato
sociale keynesiano perché lo Stato moderno si preoccupi dell'istruzione. Lo
hanno fatto i despoti illuminati, i rivoluzionari francesi, i riformatori
europei che hanno operato su impulso di questa. La decadenza della scuola
pubblica provoca infatti disgregazione sociale.
2Hegel sta parlando alla fine del primo anno dall'entrata in vigore della riforma della scuola. La riforma è stata opportuna innanzitutto perché c'era una forte attesa di cambiamento.
3Se il cambiamento si verifica dopo
una lunga stabilità, il nuovo non può che apparire esso stesso stabile; se si
verifica dopo cambiamenti recenti, appare caduco come ciò che lo ha preceduto,
quindi come privo di credibilità; ed è già fallito prima di iniziare. Nella
scuola italiana le riforme si sono verificate ad ogni cambio di governo: questa
rincorsa, a prescindere dal contenuto, è stata già da sola distruttiva
dell'istituzione. Invero, il fallimento di ogni riforma non era
sgradito, perché lo si poteva imputare alla scuola pubblica in quanto tale, per
suscitare la genesi della domanda di istruzione privata. Il fallimento,
programmato a freddo, di ogni riforma ha ricevuto il nome nobilitante di esperimento. Oggi
più che mai l'esperimento, dunque il fallimento didattico, è il merito
principale per cui un docente può essere incentivato. Nulla di più folle: come
l'esperimento biologico implica una cavia, ossia sacrifica una vita per la
dimostrazione di un'ipotesi, così l'esperimento didattico sacrifica
l'istruzione di chi ne è oggetto, ma, a differenza di quello, questo non
dimostra nulla, vanifica soltanto l'istituzione pubblica.
4Il senso di ogni riforma è il
miglioramento, ossia estendere un bene già presente. Una riforma che cerca la
sua legittimazione diffamando il bene già presente non può portare che a
distruggerlo senza poterlo sostituire con altro, non può che portare alla decadenza.
In Italia c'è un solo dubbio: in che misura i distruttori della scuola pubblica
(ministri, amministratori, pedagogisti, sindacalisti) abbiano voluto ciò
che hanno fatto, se abbiano agito per presuntuosa ignoranza o per
intenzione maligna.
5Ossia l'istituto ginnasiale è al suo
primo anno; raccontare la storia di questo suo primo anno è come raccontare
l'inizio dell'istituto.
6Hegel non vuole disperdersi in una
relazione sulle minuzie, vuole parlare del senso dell'istituto
ginnasiale e degli studi classici.
7Hegel non è uno storicista. Se
nell'ambito politico pensa che l'architettura dello Stato moderno, costruita
sul concettocristiano di libertà, sia una novità assoluta rispetto
al mondo classico, che, per quanto più lucido nella consapevolezza dei rapporti
etici, resta limitato a un'eticità elementare, senza differenza tra pubblico e
privato, nell'ambito dell'estetica non crede a un progresso
dell'arte – come si vedrà sotto, egli considera l'arte greca il modello
estetico eterno –, nell'ambito della filosofiacrede al suo
progresso solo nel senso della particolarizzazione, su impulso delle scienze
empiriche, dei concetti già elaborati dai pensatori greci – un progresso in cui
le basi restano ferme e sono applicate a sempre nuovi campi.
8L'eredità del passato contiene
sempre elementi invecchiati; ma eliminarla significa scivolare nella situazione
degli inizi barbarici. L'eredità del passato, la tradizione, deve essere
mutata, ossia, come è contenuto nel doppio significato dell'Aufheben,
negata e conservata.
9Un tempo il latino era considerato
la totalità del sapere; gli alunni potevano acquisire altre conoscenze solo se
queste erano incorporate in quello; le altre conoscenze erano disprezzate come
banausiche.
10Non solo Hegel riconosce come
giustificate le critiche precedenti, ne aggiunge una che sente molto
importante: ogni popolo ha diritto a esprimere la scienza nella propria lingua,
perché una lingua non è uno strumento esterno per pensieri già pronti, ma è un
insieme di forme in cui un pensiero oggettivo già sedimentato fa da base e
illumina il pensiero soggettivo.
11Oggi si chiamano ‘compiti
autentici’.
12La riforma di cui parla Hegel
arricchisce l'istruzione elementare.
13Si tratta del Realinstitut,
in cui si rinuncia alle lingue classiche, ma non alle conoscenze teoriche.
14Ossia che si continui a polemizzare
contro lo studio classico perché nel mondo moderno si devono studiare cose
moderne.
15Separarsi significa acquisire
individualità; ma l'individualità non è astratta, è un'organizzazione che non
solo articola l'organizzazione superiore, ma si articola, si differenzia.
Poiché ogni specializzazione si organizza in differenze, non occorre aver
timore che la specializzazione nello studio classico porti a un impoverimento;
anzi, voler restare nella varietà significa condannarsi alla superficialità. –
Questo va contro la tendenza alla varietà dell'offerta formativa su
cui ogni riforma ha insistito e che in effetti ha portato alla più squallida
ignoranza.
16Come i Greci studiavano Omero, come
nel Trecento si studiava Dante, così oggi occorre che la scuola faccia studiare
le canzoni di De André. Come i bambini medievali amavano le fiabe con i
principi e le principesse, così i bambini moderni amano non le fiabe belle, ma
quelle che parlano di auto e computer. Questo è il principio di contemporaneità
che deturpa la compilazione di gran parte degli odierni testi scolastici e
l'organizzazione di molta didattica.
17L'educazione non deve lasciare il
discente com'è, deve procurarne non tanto la crescita in un senso astratto o
quantitativo, ma il miglioramento, cioè il germogliare del gusto e
del pensiero oggettivo. È dunque indispensabile che la didattica proponga uno
sforzo sull'eccellente, anziché l'avvoltolarsi nel fango del volgare.
18Il contenuto dell'esercitazione non
deve entrare in contrasto con la forma. Le competenze superiori hanno bisogno
di un contenuto superiore, affinché si educhi non alla supponenza e allo
scetticismo ma alla consapevolezza dei principi.
19Il raggiungimento dell'eccellente
implica la fatica dell'apprendimento del linguaggio in cui è espresso, perché
una traduzione è una forma autonoma rispetto all'originale, un'eco nella
diversa lingua che non può sostituirlo. La lingua classica rende evidente ciò
che altrimenti resterebbe solo implicito: non si può godere Omero, se non si
padroneggia il greco; ma è altrettanto vero che non si può godere Montale se
non si padroneggia l'italiano, né si padroneggia l'italiano senza latino. La
cultura è difficile sia dove appare tale, sia dove appare semplice.
20‘In apparenza’ perché, come Hegel
spiegherà più sotto, l'apprendimento della lingua è il momento
dell'estraniazione necessario alla realizzazione dello spirito.
21Entra qui in gioco il concetto
hegeliano di progresso, che non ha un significato indeterminato, quantitativo,
ma coincide con il cuore del metodo, con la negazione determinata.
Il progresso è il falsificarsi dell'immediato, che però non termina nel nulla,
ma in qualcosa di determinato. Progredire significa dunque, non aggiungere un
nuovo elemento all'elemento preesistente, ma porre il significato positivo
della negazione di ciò da cui si progredisce.
22La conoscenza consiste
nell'estraniarsi nell'oggetto, cioè nel negare sé, e nell'elaborarlo, cioè nel
negare la sua estraneità in modo da scoprire se stessi in esso; solo in questa
elaborazione che presuppone una estraniazione si verifica un progresso.
23Senza estraniazione, senza
l'oggetto sentito nella sua totale indipendenza, non ci può essere
elaborazione, cioè ritorno in sé, non ci può essere maturità spirituale.
24La necessità di apprendere la
lingua è dura solo in apparenza, perché la natura ha provvisto l'uomo della
passione per la lontananza, perché il suo spirito non è altro che un
recuperarsi dalla dispersione nella lontananza.
25La conoscenza, lo stesso imparare è
un superare il disagio dell'estraniazione, detto in altri termini è il venire a
capo di una situazione problematica. Senza l'esperienza della difficoltà non
c'è apprendimento, non c'è spirito.
26Lo spirito non è una realtà prima,
originaria, è il ritorno in sé dall'essere altro; la meccanicità all'inizio
dello studio non è una necessità esterna, casuale, è una necessità inscritta
nella natura di mediazione assoluta dello spirito.
27È propria della gioventù la
tendenza verso il semplice, quindi l'incapacità di abbracciare la ricchezza
della verità.
28La grammatica è il primo passo
verso la logica. Essa non solo contiene le categorie come tutto il resto, ma le
formula nel loro isolamento, e tuttavia le rappresenta in modo meno astratto
che nelle logica vera e propria, quindi più vicino alla rappresentazione. Così,
attraverso la grammatica, la mente diventa capace non solo di pensare
logicamente, ma di riflettere sulle determinazioni di pensiero, cioè di
focalizzare gli universali da cui dipende il pensiero.
29La capacità di cogliere l'astratto
in quanto tale e di muoversi all'interno delle astrazioni non è soltanto uno
strumento di conoscenza del concreto, è un fine in sé e per sé. Nei riferimenti
astratti è contenuta la trama logica che costituisce la prima forma di
esposizione della verità.
30È l'allergia per l'astratto di cui
è sempre stata preda una parte consistente della pedagogia.
31Mentre l'intelletto è
la trama degli universali, delle leggi, delle regole costanti delle cose, la ragione è
la corrispondenza tra universale e particolare, dunque a) il sussumere e b) il
particolarizzare. L'attività di traduzione, in quanto applicazione intelligente
al contesto particolare delle regole generali è tra le forme più
pedagogicamente feconde di attività razionale.
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