giovedì 1 settembre 2016

Studio su Hegel: LA LOGICA - Stefano Garroni

[1] - Hegel, 1130.1, §. 19 - La logica è la scienza (Wissenschaft) della pura (reine) idea, cioè dell’idea nell’ astratto elemento del pensare (Denken)... La logica è la scienza del pensare, delle sue determinazioni e leggi, ma il pensare in quanto tale definisce solo la determinatezza generale o l’ elemento, in cui l’idea è in quanto logica. L’idea non è il pensiero formale, ma (il pensare) in quanto la totalità sviluppantesi delle sue (del pensiero) proprie determinatezze e leggi, che esso stesso si dà -non che ha o trova già in sé.[1]

La logica può esser detta la scienza più difficile, in quanto non ha a che fare con intuizioni (Anschauung) e neppure con astratte rappresentazioni sensibili come la geometria; essa ha invece a che fare con le pure astrazioni e richiede la capacità e la forza di districarsi nel puro pensiero, di muoversi con sicurezza entro di esso, in quanto puro pensiero. (67). La differenza tra logica e matematica -l’argomento è lo stesso fatto per la geometria-, in pp. 70s (cf. Cingoli, 7464: 22).
[Quindi, la logica studia l’idea, ma nell’ astratto elemento del pensare  non nel Dasein; la logica studia l’astratto pensare, come una totalità, che produce le sue stesse leggi e determinazioni. Il tutto avviene entro lo spazio del puro pensiero astratto; qui non compare affatto il Dasein].

Ma la logica può anche esser detta la scienza più facile, in quanto il suo oggetto è il pensare e le sue famigliari (geläufig) determinazioni. -[Si può dire, in questo senso, che Hegel stabilisce una relazione fra logica e conoscenza ordinaria? Per come prosegue il testo di Hegel, per come sottolinea che nelle mani della logica  la Bekanntschaft diventa tale in un senso diverso da quello della quotidianità, direi che è legittima la tesi seguente: l’elaborazione hegeliana si applica sul <comune>, sull’<abituale> -in questo senso, sul <quotidiano>, ovviamente riplasmandolo.]

La logica è utile in quanto apprende a pensare, ad avere in testa il pensieri in quanto pensieri; ma la logica è anche la forma assoluta della verità, dunque, la verità stessa: la logica è utile in quanto assicura il formale uso del pensare.

[Zusatz 1] - Qual è l’oggetto della nostra scienza? La risposta più sensata sembra: la verità è tale oggetto. Ma subito si leva il dubbio che lo scarto sia incolmabile tra la limitatezza dell’uomo e la verità, che è in sé e per sé. “Dio è la verità e come dovremmo noi conoscerlo? Le virtù dell’umiltà (Demut) e della modestia (Bescheidenheit) sembrano un netta opposizione con tale proposito.” -[Giusta 1hegel.doc [8.95], Demut e Bescheidenheit son virtù diverse da quella della modestia/Geduld].
Ma posta la limitatezza degli scopi, che l’uomo si pone nella vita, è necessario che la verità venga conosciuta? [cf. il ‘pragmatismo’ di Locke: noi non possiamo conoscere il vero, ma dio, nella sua provvidenza, ha fatto sì, che per la nostra vita giungere alla verità non serva - cf. le note 418 e 494 nel Q/XLII e la nota 223 in Q/XLIII].
Comunque, tale modestia e cautela son cose del passato: al loro posto, ora, son subentrate oscurità e immaginazione e ci si immagina di trovarsi immediatamente nel vero; si è detto al giovane che, così come sta nella sua immediatezza (wie sie geht und steht), egli già possiede il vero nella religione e nell’etica. -[dunque, al pragmatismo, che si chiude entro la limitatezza del mondo umano, è seguito il culto del sapere immediato. Heute, osservo io, abbiamo contemporaneamente entrambi gli atteggiamenti. Cf. 6hegel.doc, per vedere come Hegel contrapponesse Platone ad ogni genere di sapere immediato]. Nota che Hegel indica bene due aspetti essenziali di questa situazione: da un lato, la riduzione delle scienze particolari a mèri strumenti per fini esterni; dall’altro, la convinzione che l’uomo già possieda la verità in sé e per sé; nota anche quello che Hegel chiama l’atteggiamento à la Pilato verso la verità - ‘ma che è mai la verità?’, cioè, la sua riduzione alla vanità del soggettivo. (68s).

[Zusatz 2] - Due opposte opinioni che si hanno intorno al pensiero: <questo è solo un pensiero (Gedanke)!> lo si dice, per intendere che si tratta di qualcosa di soggettivo, arbitrario e casuale, che nulla ha a che vedere con la cosa stessa, con il vero e con il reale. Oppure, si può avere del pensiero un’opinione così altra, da sostenere che solo mediante esso può conoscersi la natura di dio e non certo mediante i sensi. (69s).- Distinzione tra il sentimento (Gefühl) in quanto tale -cioè, il modo (Weise) del sentimento- ed il contenuto del sentimento. Il sentimento in quanto tale è la forma della sensibilità, che ci accomuna all’animale; quella del sentimento è la forma più vile per il contenuto spirituale (die Form des Gefühls ist die niedrigste Form für den geistigen  Inhalt). Questo contenuto -cioè, dio stesso- è nella sua verità  solo nel pensiero e in quanto pensiero. In questo senso, dunque, il pensiero non è solo pensiero, sì piuttosto il modo sommo e, se ben esaminato, l’unico, in cui l’Eterno, Ciò-che-e’-in-se-e-per-sé può esser colto.(70). 

- La logica non serve solo a pensare -cosa che si presterebbe all’obiezione che gli uomini pensano normalmente, anche senza saper nulla di logica; ma la logica non serve solo a questo, da quando si è capito che del pensiero va fatta esperienza (erfahren) anche come il Sommo, il Vero. -[il pensiero è produttivo, cf. dial.doc sull’argomento ontologico] “Se la scienza della logica analizza il pensare nella sua attività e nella sua produzione (e il pensare non è un’attività priva di contenuto, poiché produce pensati e pensati), allora il contenuto è il mondo soprasensibile (übersinnliche Welt) ed occuparsi di esso è mantenersi in tal mondo. -[Nota che se per Hegel übersinnlich è il mondo dell’astratto pensare -nel senso da lui prima precisato-, per Kant invece übersinnlich sono le leggi razionali della morale].

[Zusatz 3] - Per il testo, cf. 1puch.doc. Non è facile l’interpretazione del brano: Hegel è, certo, dalla parte del pensiero che dissolve il ‘positivo’; tuttavia, mi pare che non dovrebbe essergli estranea non tanto la problematica dei limiti del pensiero, quanto quella di precisare l’uso del pensiero. In proposito, cf. Hegel e il Terrore.

Si può dire che, sia pure in un senso particolare, anche in Hegel (come in Descartes, ma anche nella tradizione inglese. Nella Scolastica?) idea = immagine? Il che potrebbe contribuire a spiegare perché nel marxismo si parli tanto di ‘rispecchiamento’ e di ‘riflesso’. 


[1.1] Hegel, 1132.2: 245ss.
L’immediatezza del concetto è superamento della mediazione; il concetto va visto come un che di terzo fra essere ed essenza, fra immediato e riflessione. - Essere ed essenza sono in quanto momenti del concetto, esattamente del suo divenire/Werden; il concetto è il fondamento e la verità dell’essere e dell’essenza, è la loro identità, nella quale naufragano e son contenuti. Essere ed essenza sono contenuti nel concetto, in quanto questo è il loro risultato; ma non vi sono contenuti in quanto essere ed essenza: infatti, queste son determinazioni che essi hanno, fin quando non siano ritornati in questa loro unità. La logica obiettiva, che tratta dell’essere e dell’essenza, offre propriamente (cf. 2hegel.doc a proposito della <storia> da Locke ad Hegel) l’esposizione genetica del concetto. (1132.2: 245a).- Sostanza o essenza reale: il concetto ha la sostanza come suo immediato presupposto, nel senso che la sostanza è l’in sé (an sich), che nel concetto si presenta come manifestato. - [due collegamenti possibili: lo Stato è la sostanza etica ed il rapporto sostanza attributi è al centro della critica di Feuerbach ad Hegel. Tieni presente che la sostanza è sì l’essenza reale, ma solo come an sich; sembrerebbe allora chiaro quanto appare in hegel.crd, cioè possibile = zum voraus[2].] (1132.2: 245s) 

Il movimento dialettico della sostanza, che avviene per causalità e interazione, è la genesi immediata del concetto, mediante la quale è esposto il suo divenire. Ma il divenire del concetto -come qualunque divenire- ha il significato di essere la riflessione del passare nel proprio fondamento e così ciò che a tutta prima si presenta come l’altro, ne definisce la verità. Dunque, il concetto è la verità della sostanza e poiché il determinato modo di relazione della sostanza è la libertà, quest’ultima si mostra come la verità della necessità e come il modo di relazione del concetto.” (1132.2: 246) -[mi pare fondamentale non dimenticare che stiamo parlando della sostanza e del concetto: voglio dire che non qualunque risultato è la verità dei momenti precedenti; infatti, ciò vale solo al livello del divenire del concetto -se lo si dimenticasse risulterebbe la secca tesi che (qualunque) risultato sarebbe la verità del precedente e, dunque, dominerebbe il determinismo assoluto, la pura e semplice sanzione del dato di fatto; cf il trascendimento/recupero di Della Volpe, che, forse, va accostato al simbolismo fantastico, per come lo descrive AAVV, 7376: 224s]

La propria, necessaria ulteriore determinazione della sostanza è porre ciò che è-in-e-per-sé. A questo punto il concetto è l’unità assoluta dell’essere e della riflessione, poiché l’essere-in-e-per-sé in tanto è tale, in quanto è rilessione o esser posto e in quanto l’esser posto è l’essere-in-sé-e-per-sé. (1132.2: 246 -forte la differenza tra la mia traduzione e quella, incomprensibile, di Hegel, 1132.2: 652].- Può il feticismo rientare nella descrizione della sostanza, per come appare in 1132.2: 246a? Pensa ad es. a questo: “La prima determinazione di dio è la potenza, solo successivamente è la sapienza” (Hegel, 1146: 14). 

A sostegno della possibilità di collocare il feticismo all’interno del movimento dialettico della sostanza ed esattamente nella sua prima fase, mi pare sia citabile Hegel, 1132.2: 246s, che interpreto in questo modo: la sostanza passiva (Ansichsein) corrisponde ad un modo di concepire il reale, tale per cui esso è il luogo della possibilità senza limiti e dell’indiffereza tra reale, sogno, allucinazione, ecc.; su questa sostanza passiva agisca la sostanza attiva (Reflexion oppure Negativität sich auf sich beziehende), la quale -a sua volta- dispone di una potenzialità senza limiti, proprio per quella indifferenza tra reale e non di cui dicevo.- Così il secondo momento del movimento della sostanza, che mi pare essere quello della magia -di qui, mi si pone la domanda di quali rapporti l’antropologia, oggi, pone tra feticismo e magia: è quello del Fürsichsein, ovvero il potere si pone come negatività, che si relaziona a se stessa (Negativität sich auf sich beziehende), per cui il presupposto vien tolto. La sostanza attiva è la causa: essa agisce, dunque, è solo il porre -mentre prima era il pre-supporre, perché al potere vien data anche la parvenza del potere ed all’esser-posto anche la parvenza dell’esser-posto. Ciò che nel presupposto era originario, diviene ciò che è in sé, nella causalità mediante la relazione ad altro; la causa produce un effetto e si manifesta in un’altra sostanza: è, dunque, potere in relazione ad un altro, si presenta (erscheinen) come causa ed è, mediante questo suo presentarsi. 

Dal lato della sostanza passiva appare l’effetto e, dunque, essa ora appare anche come esser posto e per questo è sostanza passiva. (1132.2: 247) - “Ma qui vi è più che la semplice apparenza, ovvero, a) la causa opera sulla sostanza passiva, modificandone  la determinazione, ma la sostanza passiva è, appunto, l’esser posto, null’altro vi è in essa da cambiare; l’altra determinazione, però, che essa riceve è la causalità; la sostanza passiva diviene, dunque, causa, potere e attività. b) è l’effetto, che in essa vien posto dalla causa: ma ciò che è  posto dalla causa è la causa stessa, identica a sé nell’agire ed è questa che si pone in luogo della sostanza passiva [Insomma, se la causa opera sulla sostanza passiva mdificandola e se la sostanza passiva è caratterizzata dall’esser posto, allora la causa modifica proprio questa caratteristica o determinazione. Mediante l’intervento della causa, la sostanza passiva -in quanto modificata- diviene causa, attività ecc.] (1132.2: 247s). “Ebenso in Ansehung der aktiven Substanz ist a) das Wirken das Übersetzen der Ursache in der Wirkung, in ihr Anderes, das Gesetztsein, und b) in der Wirkung zeigt sich die Ursache als das, was sie ist; die Wirkung ist identisch mit der Ursache, nicht ein Anderes; die Ursache zeigt also im Wirken das Gesetztsein als das, was sie wesentlich ist.” (1132.2: 248). -[Un mondo dominato dal rapporto di causalità è un mondo dinamico, vivo: questo rende conto della prossimità magia/scienza; l’effetto è il finish della causa: in questo senso è meglio parlare di rapporto causale, piuttosto che separare/contrapporre causa ed effetto. Inoltre se comprendo che <causa> ed <effetto> sono momento astratti del <rapporto causale>, allora non posso più proporre la tesi della causa ultima, quale prova dell’esistenza di dio. Contro l’ andamento verticale di cui dico in des.doc?] 

La sostanza attiva, poiché mediante l’agire -dunque, in quanto si pone come il contrario di se stessa- diviene contemporaneamente il superamento della sostanza passiva, cioè, del suo presupposto esser altro, appunto perciò si manifesta come causa o sostanzialità originaria. (1132.2: 248a) 

- Il sistema di Spinoza[3] è la filosofia, che sta e si mantiene nel punto di vista della sostanza [dunque, che non sale al punto di vista del soggetto]. (1132.2: 249) - Confutazione/Widerlegung di un sistema filosofico: La rigida contrapposizione fra sistema filosofico vero e sistema filosofico falso è inadeguata ad intender le cose, in quanto uno stesso sistema può esser vero, perché espressivo di un certo momento dell’evoluzione dello spirito, e falso, se considerato dalla prospettiva di un momento ulteriore di quella stessa evoluzione. (1132.2: 249a) -[in definitiva Hegel sta dicendo che la filosofia guarda sempre le cose da una prospettiva; la quale è quella consentita dall’evoluzione dello spirito, dunque, è continuamente adeguata e non adeguata. Il che poi significa che la  filosofia mentre guarda le cose è, nello stesso momento, costitutiva di quel mondo di cose che sta guardando: le cose, che la filosofia guarda, infatti, son le cose di una certa tappa di evoluzione dello spirito, dentro la cui prospettiva la filosofia si colloca (cf. Schlegel e il durchschauen, in roman.doc)

Anche per Hegel vale il durchschauen? [Nota che -se vale AAVV, 7376: 202a- Hegel deriverebbe da Schelling la concezione, per cui il passaggio al concetto è il passaggio ad una prospettiva diversa da quella, il cui risultato è far risaltare l’Erscheinung]. Solo quando lo spirito è giunto ad una successiva e più elevata fase della sua evoluzione, la filosofia e la prospettiva precedenti potranno esser criticate in nome di una nuova tappa e prospettiva. Il che, però, significa che si ripropone il durchschauen. In proposito così Wittgenstein nel §.90 delle Philosophische Untersuchungen: “E’ come se noi dovessimo durchschauen (i fenomeni: la nostra ricerca, però, non si rivolge ai fenomeni ma, si potrebbe dire, alle ‘possibilità’ dei fenomeni. Vale a dire che noi riflettiamo sul tipo delle asserzioni, che facciamo a proposito dei fenomeni. Dunque, anche Agostino riflette sulle diverse asserzioni, che si fanno sulla durata degli eventi, sul loro passato, presente o futuro. (Naturalmente, questi non sono asserti filosofici sul tempo, sul passato, presente o futuro). Dunque, la nostra indagine è grammaticale e getta luce sul nostro problema, in quanto toglie di mezzo fraintendimenti. Fraintendimenti, che si accompagnano all’ uso delle parole -sollecitati, fra l’ altro, da certe analogie di forme espressive della nostra lingua, in ambiti diversi. . . ” - ammesso che quel <grammaticale> non vada inteso in accezione esclusivamente linguistica, ma rimandi più in generale alla Lebensform, la tesi è dialettica nel senso mio ed accostabile a quanto sopra riporto da Hegel. Nota che se è vero che per Hegel  il sapere assoluto è, solo, il sapere che lo spirito conquista delle sue proprie movenze, ma ancora privo di contenuti -cioè, non riguarda il Dasein-, allora non c’è contraddizione fra durchschauen e sapere assoluto] - Tra sistema filosofico precedente e quello successivo il rapporto è di übergreifen (1132.2: 249s) 

- Che significa critica dialettica o dialektische Widerlegung: è necessario che la confutazione non venga dall’esterno, cioè non provenga da assunti, che siano esterni al sistema (che si vuol confutare), ai quali dunque quel sistema non corrisponde. In questo caso, infatti, al sistema criticato basta non riconoscere gli assunti (a partire dai quali si svolge la confutazione); un errore è tale solo per chi si muove da esigenze e richieste basate su quegli assunti... L’autentica confutazione deve misurarsi con le forze dell’avversario e muoversi nel suo ambito; attestarsi all’esterno dell’avversario ed aver ragione là dove quello non sta, ecco quanto non  è richiesto dalla faccenda. [è ovvio confrontare questa indicazione hegeliana col modo classico (Platone, Aristotele) di concepire la procedura dialettica, nonché richiamare il modo della critica marxiana alla politische Ökonomie; nota come risulta bene il carattere della critica dialettica come <corpo a corpo> coll’avversario]. 

- Chiarissimo per come condurre la critica al sistema di Spinoza (1132.2: 250a). - Due atteggiamenti verso il concetto, che Hegel stigmatizza: quello di chi ritiene che ognuno sappia già cosa sia il concetto; e di chi ne dice tutto il male possibile, in nome dell’ incomprensibile (unbegreifliche) e del non comprendere (1132.2: 252s).- Secondo la rappresentazione comune, l’<io> è un che di semplice, chiamato anche anima, al quale il concetto è inerente come un possesso o qualità [nb.: in althochdeutsch, Eiginscaft = Eigentum]: Hegel sembra rimproverare Kant di fermarsi a questa rappresentazione dell’<io>. (1132.2: 255s). 

- Intuizione/Anschauung, rappresentazione/Vorstellung e simili sono Gestalten dello spirito autocosciente. “Le pure determinazioni di essere, essenza e concetto definisono il fondamento e la semplice interna struttura delle forme (Form) dello spirito; lo spirito in quanto intuente, dunque, in quanto coscienza sensibile è nella determinazione dell’essere immediato; in quanto coscienza rappresentante (vorstellend) o percepiente, lo spirito dall’essere si è elevato al grado dell’essenza o della riflessione. (1132.2: 257).- Tutte le Gestalten della coscienza sensibile sono sì condizioni (Bedingung) del concetto, però nel senso che il concetto ha a fondamento la loro dialettica e nullità (Nichtigkeit), non la loro realtà (Realität). -[se avesse a fondamento la loro realtà, non sarebbe possibile il passaggio’, l’empirico resterebbe nella sua discretezza e le relazioni sarebbero esterne]. Il concetto/Begriff non tanto astrae dal sensibile, quanto piuttosto lo prospetta secondo l’angolazione dell’essenza e così riesce ad indicare, anche, cosa sia la parvenza/Erscheinung: di nuovo, immanentismo. -[può essere questa una maniera di indicare la differenza di Hegel con Kant? Almeno il  morale sembra dividere nettamente il mondo dell’intelletto, della regola, della legge, da quello empirico delle azioni e dei moventi effettivi, sembra -in altre parole- non condividere la prospettiva immanentistica di Hegel] (1132.2: 259b) 

- Ordine storico-naturale ed ordine logico: Un fraintendimento della massima importanza consiste nel concepire come il vero e, dunque, il primo nel concetto, quel principio naturale che, nella storia naturale e dell’individuo che si forma, è effettivamente il punto d’avvio -[evidente il rinvio a Marx. Cf anche 2hegel.doc]-; il significato specifico di Historie, che è coniugabile con Erzählung/narrazione; quando Hegel dice di come deve muoversi la filosofia, illustra quella che io chiamo <narrazione logica>. (1132.2: 260ab). 

- Quando, nella rappresentazione superficiale di ciò che è il concetto,  l’intera molteplicità sta al di fuori del concetto ed a questi si riconosce solo la forma dell’universalità astratta e della vuota identità della riflessione, sarebbe opportuno ricordare che anche per i compiti di un concetto e per la definizione di un genere, che non è certamente una pura astratta generalità, si richiede espressamente anche la determinazione specifica.; il che significa che il distinguere/Unterscheiden è un momento essenziale del concetto. -[di nuovo, ovvio il rinvio a  Marx: salvare la differenza è uno scopo essenziale del concetto]- (1132.2: 260c) 

- La verità è l’identità del concetto con la cosa, in quanto l’oggetto (Gegenstand) del pensiero (Denken) non è l’oggetto empirico quale immediatamente si dà, ma quale risulta dalla modificazione che subisce, appropriandosene il pensiero appunto (l’oggetto di pensiero). Se nell’immediatezza dell’esser dato, l’ oggetto c’è, ma in quanto manifestazione/Erscheinung e casualità/Zufälligkeit; nell’esser pensato (begreifen), invece, l’oggetto è nella sua verità, nella sua obiettività o nel suo esser-in-e-per-sé - [qui sembra confermarsi che <begreifen> indica una certa illuminazione, una certa prospettiva in cui l’oggetto è posto; dunque, una è la <materia>, ma -se prospettata in un modo, è Erscheinung/Zufälligkeit; se prospettata in un’altra prospettiva, è obiettività o verità ]. (1132.2: 262s) 

- Se la verità dell’oggetto è posta nella molteplicità e varietà dei dati dell’intuizione, allora inevitabilmente non si dà conoscenza razionale[4]; la molteplicità, in quanto appartenente all’intuizione contrapposta al concetto, vien superata e, mediante il concetto, l’oggetto è ricondotto alla sua non casuale essenzialità, l’Erscheinung, infatti, non è solo mancanza di essenza, ma manifestazione dell’essenza; ed il concetto è, appunto, tale manifestazione divenuta del tutto libera.(1132.2: 263a) -questo è certamente un elemento, che accomuna Descartes, Leibniz ed Hegel: la critica alla posizione di chi identifica verità dell’oggetto con i dati dell’intuizione sensibile. In questo senso si può dire che Descartes, Leibniz ed Hegel son tre tappe del razionalismo moderno. - I due momenti della conoscenza/ conoscere: il passaggio dalla molteplicità intuitiva al concetto, ma poi il passaggio da quest’ultimo alla prima, mostrando come essa derivi dal movimento stesso del concetto. (1132.3: 263s).

[1.2] - il concetto/Begriff costituisce tanto un grado della natura, quanto dello spirito. “La vita/Leben ovvero la natura organica è quel grado della natura, in cui fa la sua comparsa i concetto, ma come concetto ancora cieco, che non afferra se stesso, ché non è concetto pensante. In quanto concetto pensante esso appare solo con lo spirito.” (1132.2: 257).

[1.3] -  [Das Endliche besteht also in Beziehung auf sein Anderes, welches seine Negation ist          und sich als dessen Grenze darstellt. Das Denken aber ist bei sich selbst, verhält sich zu sich selbst zum Gegenstand.]           

                     - Perché il pensiero è infinito.





[1] - Per la def, di idea, cf. Marini, 7180:32. Cf. Hegel, 1130. 3.§. 574: Questo concetto della filosofia è l’idea pensantesi, la verità che sa, il logico (das Logische) con il significato che esso è l’universalità, che nel contenuto concreto si verifica (sich bewähren) come nella sua realtà. In questo modo la scienza è ritornata al suo inizio e il logico è così il di lei risultato in quanto lo spirituale che, dal giudizio presupponente -in cui il concetto era solo in sé e l’inizio era solo un immediato-, dunque, dall’apparenza che aveva in sé, si è elevato al suo principio puro e, con ciò, al suo elemento.
[2] - Naturalmente, zum Voraus = in anticipo; si può anche dire im voraus, come capita in MEW, 26.1: 28.
[3] - Su Spinoza ed Hegel, cf. D’Hondt, 7836: 68a.
[4]  - Per il conoscere come conoscere l’universale -tesi aristotelica-, cf. aristo1.doc.

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