Incontro-dibattito sul libro La società artificiale. Miti e derive dell'impero virtuale, di Renato Curcio (Sensibili alle foglie, 2017), presso il Csa Vittoria, Milano, 14 settembre 2017.
Controllo
sociale, lavoro e trasformazione del sistema politico
Il
lavoro di ricerca è sempre un lavoro teso su una corda, nel senso
che stiamo cercando di affrontare dei processi sociali nuovi, che ci
sorprendo perché, come abbiamo tentato di dire soprattutto nel primo
lavoro, L'impero
virtuale (1),
sono processi ad altissima velocità storica e sorpassano la nostra
capacità di adattamento. Il tempo, la storia, dell'Ottocento e del
Novecento, per rimanere negli ultimi due secoli, aveva un passo molto
più lento: il lavoratore del sud Italia che veniva a lavorare alla
Pirelli a Milano o alla Fiat di Torino, poteva arrivare anche digiuno
di quella che era una cultura del mondo del lavoro, sindacale, di
classe ecc., e aveva poi il tempo per entrare progressivamente nei
problemi che stava vivendo insieme ai diversi contesti che
attraversava e che erano abbastanza omogenei: i contesti urbani dei
quartieri, quelli di fabbrica, i contesti sociali più organizzati.
Oggi questo non c'è più. Oggi i tempi sono talmente violenti e
veloci che ci mettono di fronte a delle dinamiche che sono mondiali,
e che solo dieci anni fa non esistevano. Facebook, per esempio, che
nel 2007 entra come processo sociale non più riferito a un piccolo
gruppo di università, e dieci anni dopo raggiunge i due miliardi di
utenti. È quindi comprensibile che le persone che vi si sono
riversate lo vivano più esperenzialmente e intuitivamente che
avendone contezza e gli strumenti per leggere che cos'è, come
funziona, come funzionano loro stessi mentre utilizzano questo tipo
di strumenti.
Ne L'impero
virtuale dunque
abbiamo cercato di affrontare l'insorgere di questo tipo di processi
sociali, legati a una tecnologia particolare, che hanno sorpreso
abitudini, consuetudini, modi di leggere la realtà e di viverla in
tutti i campi: nel lavoro, nel consumo, nello svago, nella vita di
relazione.
Come
secondo passaggio ci siamo concentrati sul terreno del mondo del
lavoro, con L'egemonia
digitale (2),
cercando di capire come e fino a che punto gli sguardi che noi
avevamo - che derivano dalla storia dell'organizzazione del lavoro
che ha caratterizzato il Novecento, una discussione partita già
nell'Ottocento con Marx e la forte elaborazione di quali erano le
dinamiche profonde del modo di produzione capitalistico rispetto al
mondo del lavoro - reggevano nella nuova situazione.
Questi
due lavori ci hanno però messo in evidenza un loro limite, che
possiamo considerare ovvio in qualche modo perché erano approcci
nuovi, e che ritengo anche un valore: entrambi nascevano da
un'esperienza prevalentemente narrativa, all'interno di cantieri
sociali. Ci eravamo appoggiati alle persone che vivevano in modo
diretto nei luoghi più significativi dei processi che volevamo
guardare, e attraverso le loro narrazioni avevamo cercato di
costruire un territorio a partire dal quale fosse poi possibile
passare a un momento di analisi più profondo. Ma questo poneva il
limite della dimensione fenomenologica: le persone raccontavano
storie che erano emblematiche, sistemate attraverso una serie di
verifiche, ed è ovvio che se lavoratrici e lavoratori raccontano,
seppur con parole diverse, sempre la stessa storia, quella storia
diventa oggetto di una riflessione e ci consente di passare dalla sua
narrazione fenomenologica a individuarne le dinamiche più profonde.
È vero però che alcuni momenti della microfisica del potere delle
storie che raccontavano erano, da un punto di vista tecnologico,
talmente complessi e talmente banalizzati dalle parole con cui
venivano narrati, che spesso si aveva la sensazione di aver capito di
cosa si stava parlando e invece, andando poi a fondo, non era così
chiaro. E quindi in quest'ultimo lavoro, La
società artificiale, fatto
insieme a gruppi di persone che a Roma e a Milano hanno voluto
accompagnare questa riflessione e con incontri svolti su territori
specifici che poi vedremo, lo sforzo è stato cercare di andare a
vedere le dinamiche più profonde dei processi che avevamo
raccontato, esplorato e cercato di capire nei due lavori precedenti.