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lunedì 15 gennaio 2018

"La società artificiale" - Renato Curcio

Da: Centro Sociale 28 Maggio - Renato Curcio è un saggista e sociologo italiano, tra i fondatori delle Brigate Rosse. 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/12/la-societa-artificiale-renato-curcio.html 

Parte prima: 


"in che rapporto sta questa innovazione tecnologica con l'idea storica di progresso? Il passo che oggi mi sento di problematizzare è proprio questo: ora io sono assolutamente convinto che siamo di fronte a una divaricazione netta tra l'innovazione tecnologica e il progresso sociale. Oggi il progresso sociale deve riprendere in mano seriamente la questione dei legami, vale a dire la questione della capacità di vivere in modo evoluto insieme, e quindi deve accoppiare l'idea di classe all'idea di specie. Oggi lotta di classe è la possibilità di evitare a questa specie una terribile deriva, che è la deriva robotica e, come dicono alcuni, cyborg, dei cittadini e di questa nostra futura società." (R. Curcio)

Parte seconda: https://www.youtube.com/watch?v=UCbtuTN7jM8

sabato 2 febbraio 2019

L'algoritmo sovrano - Renato Curcio

Da: Centro Sociale 28 Maggio - Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui:L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016; La società artificiale, 2017. http://www.sensibiliallefoglie.it

                                

sabato 14 novembre 2020

Social e capitalismo crepuscolare (living in a box) - Roberto Fineschi

 Da: https://www.lacittafutura.it Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies).

Leggi anche: Fenomenologia della Ferragni - Roberto Fineschi

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi 

Vedi anche: Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 

"Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio 

L'impatto delle tecnologie sul lavoro - Renato Curcio

Funzionamento e funzione dei social nelle dinamiche del capitalismo crepuscolare.


Che cosa ci sia dietro ai social è ormai noto a chiunque lo voglia sapere. [1] Mi permetto di fare una breve sintesi di letture e visioni in una prospettiva personale legata ad altre riflessioni recentemente sviluppate sul capitalismo crepuscolare.

1) Costruire la “scatola”

I proprietari di Facebook, Twitter e compagnia cantante sono degli scienziati sociali. Non è una mia nomina ad honorem, lo sono veramente, in particolare sono esperti di psicologia sociale e “comportamentismo”. La nuova alleanza che hanno instaurato è con web designers ed esperti di calcolo, progettisti questi ultimi dei fantomatici algoritmi. Vediamo come funziona questa triplice alleanza. 

1.1) Lo scienziato sociale

I comportamentisti mettono sul tavolo la loro psicologia sociale, ovvero lo studio del comportamento umano spontaneo, automatico, precosciente. Forti di evidenze sia teoriche sia sperimentali sulle modalità di reazione a stimoli di diverso tipo, individuano reazioni standard, soprattutto quelle legate alle pulsioni più profonde e condizionanti dell’animale uomo (piacere, dolore, paura, rabbia, autoconservazione, socialità, appartenenza ecc.). Studiano come innescare delle reazioni automatiche, utilizzando scientemente stimoli che attivino queste pulsioni profonde. In particolare sono interessati a produrre comportamenti in tutto e per tutto identici a quelle che chiamiamo “abitudini”, ovvero che si ripetono senza il ripetersi di uno stimolo esterno, ma che vengono compiuti “spontaneamente” da chi agisce: lo stimolo viene in sostanza introiettato.

sabato 23 marzo 2019

"Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio

Da: SARDEGNANOTIZIE - Renato Curcio è un saggista e sociologo italiano.
Vedi anche: La società della rete e i media (2014) - Umberto Eco

                                                             Renato Curcio, incontro alla Comunità La Collina di Serdiana su istituzioni totali. 
                                                                                         Nuovi studi e ricerche di socioanalisi pubblicati nelle edizionisensibiliallefoglie”.
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

martedì 18 settembre 2018

L’ALGORITMO SOVRANO - Renato Curcio

Da: http://www.sensibiliallefoglie.it - Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui:L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016;La società artificiale, 2017.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/04/colonizzazione-dellimmaginario-e.html

METAMORFOSI IDENTITARIE E RISCHI TOTALITARI NELLA SOCIETÀ ARTIFICIALE

Potremmo immaginare quella parte di Internet che ci è permesso frequentare come un giovane continente – non ha più di trent’anni – già ampiamente colonizzato. In esso, i coloni che si sono aggiudicati le posizioni migliori, pur continuando a essere in conflitto tra loro, come nelle migliori tradizioni capitalistiche, innalzano i vessilli dei marchi più noti dell’oligarchia digitale planetaria. In questo continente, algoritmi “intelligenti” col volto nascosto ma con grandi ambizioni classificatorie, predittive e giudicanti, si mimetizzano dentro i più diversi strumenti e negli immancabili smartphone, al servizio di piattaforme variamente specializzate nella costruzione di nuove dipendenze in molti campi: dalle comunicazioni, ai consumi, alle competizioni online, non disdegnando affatto esperimenti psico-sociali o politici di ampia portata. 

Ripercorrendo le tappe salienti della colonizzazione della rete e delle identità virtuali dei suoi frequentatori, nella prima parte del libro si porta l’attenzione su alcuni dei dispositivi nascosti che stanno velocemente dissodando il terreno di una nuova e inedita deriva totalitaria. Nella seconda parte, si spinge lo sguardo sulle frontiere opache in cui gli Stati a più alta propensione digitale, provano a difendere da questa sfida transumanista il loro stesso futuro, ma in una prospettiva cieca, “al rialzo”. Come in un incubo – documentato e niente affatto distopico – si profilano così i contorni di simil-democrazie dalle libertà sostanziali vacillanti in cui i cittadini, assoggettati biometricamente a un codice unico personale, si dispongono a riprodursi come cloni volontari di un algoritmo sovrano. Naturalmente, un’alternativa c’è ancora: prendere atto della nostra incompiutezza come specie e riportare la barra della nostra vita sociale anzitutto sui legami, sulle comunità istituenti e sulle relazioni faccia-a-faccia. Non “contro le tecnologie digitali” ma portando la critica direttamente alla radice del modo di produzione capitalistico che esse riproducono. L’homo sapiens dopotutto può e sa fare di meglio che lasciarsi guidare da un algoritmo.

domenica 15 marzo 2020

La città appestata - Michel Foucault

Da: https://antinomie.it - Tratto da Michel Foucault, Sorvegliare e punire, trad. Alcesti Tarchetti, Einaudi, Torino 1976.
Michel Foucault è stato un filosofo, sociologo, storico della filosofia, storico della scienza, accademico e saggista francese.
Leggi anche:  Michel Foucault: Sorvegliare e punire. Nascita della prigione*- by fernirosso 
                         La società artificiale - Renato Curcio  
                         Virus, emergenza e disciplinamento sociale - Pier Franco Devias
Vedi anche:   "Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio 




Michel Foucault apre il famoso capitolo di Sorvegliare e punire dedicato al Panottico con una descrizione bellissima e minuziosa delle misure amministrative e di polizia da adottare nel caso di un’epidemia di peste. Nell’economia del libro questa descrizione della quarantena, tratta dagli archivi militari di Vincennes alla fine del XVII secolo, sembra avere un ruolo analogo a quello della descrizione delle torture e dell’impiccagione di Damiens, con cui si apre la trattazione del potere disciplinare. La scena violenta e pubblica del patibolo – l’éclat des supplices – si contrappone al freddo rigore con cui il dressage dei corpi viene organizzato negli spazi sottratti allo sguardo.


Il rapporto fra la quarantena e il panottico segue una logica simile. Se la prima è finalizzata al controllo dichiarato e capillare di una popolazione intrappolata in un territorio chiuso, il panottico di Bentham segue inosservato i gesti e i movimenti dei detenuti. Sono due modi e due pratiche diverse dell’esercizio del potere disciplinare: la quarantena è il controllo pubblico, eventualmente militare, dello spazio di una moltitudine anonima, la prigione è il controllo nascosto e continuo dei comportamenti singolari di un ristretto e ben preciso gruppo di individui.

In questo quadro il panottico anticiperebbe piuttosto l’inventario delle tecniche contemporanee di controllo, coadiuvate da dispositivi elettronici e telematici silenti, mentre il controllo violento ed esplicito dei movimenti e del contatto fra individui sembrerebbe una misura arcaica che appartiene alla preistoria del contemporaneo. Il ricorso attuale alla quarantena non può che falsificare questa opposizione, facendo apparire la fragilità dei paradigmi, delle pretese e perfino dell’efficacia della biopolitica, se è vero che la biopolitica è inseparabile dal presupposto che un sistema sanitario degno di questo nome sia capace di dominare perfino l’irruzione di impreviste epidemie senza ledere diritti fondamentali come la libertà di movimento e l’inviolabilità dei corpi. Ma vita e politica non sono coestensive, e lo spazio e il tempo della prima sono infinitamente più estesi di quelli della seconda.

Clemens-Carl Härle

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Ecco, secondo un regolamento della fine del secolo XVII, le precauzioni da prendere quando la peste si manifestava in una città. Prima di tutto una rigorosa divisione spaziale in settori: chiusura, beninteso, della città e del «territorio agricolo» circostante, interdizione di uscirne sotto pena della vita, uccisione di tutti gli animali randagi; suddivisione della città in quartieri separati, dove viene istituito il potere di un intendente. Ogni strada è posta sotto l’autorità di un sindaco, che ne ha la sorveglianza; se la lasciasse, sarebbe punito con la morte. Il giorno designato, si ordina che ciascuno si chiuda nella propria casa: proibizione di uscirne sotto pena della vita. Il sindaco va di persona a chiudere, dall’esterno, la porta di ogni casa; porta con sé la chiave, che rimette all’intendente di quartiere; questi la conserva fino alla fine della quarantena. Ogni famiglia avrà fatto le sue provviste, ma per il vino e il pane saranno state preparate, tra la strada e l’interno delle case, delle piccole condutture in legno, che permetteranno di fornire a ciascuno la sua razione, senza che vi sia comunicazione tra fornitori e abitanti; per la carne, il pesce, le verdure, saranno utilizzate delle carrucole e delle ceste. Se sarà assolutamente necessario uscire di casa, lo si farà uno alla volta, ed evitando ogni incontro. Non circolano che gli intendenti, i sindaci, i soldati della guardia e, anche tra le cose infette, da un cadavere all’altro, i “corvi” che è indifferente abbandonare alla morte: sono «persone da poco che trasportano i malati, interrano i morti, puliscono e fanno molti servizi vili e abbietti». Spazio tagliato con esattezza, immobile, coagulato. Ciascuno è stivato al suo posto. E se si muove, ne va della vita, contagio o punizione.

domenica 4 dicembre 2016

L'EGEMONIA DIGITALE - Renato Curcio



"Io sono l'automa", così si è presentato a una visita medica obbligatoria, un lavoratore deella ACEA di Roma. "In che senso scusi?" gli ha chiesto la dottoressa. E lui, con un tono angosciato: "Nel senso che ormai non sono più una persona, il tablet personale mi comanda come un robot, nel senso che mi sento un automa, gli presto le mani è vero, ma per il resto quasi non decido più nulla; nel senso che questi ci pilotano: 'vai qua e vai là', 'inserisci il tuo numero matricola e poi segui i comandi'; nel senso che il tablet attivato mi geo-localizza e mi programma la giornata; nel senso che ogni spostamento è controllato e se mi fermo a prendere un caffè o a urinare in un luogo non previsto il tablet lo registra; nel senso che è il tablet che mi porta in giro e ho paura! Ho paura che il tablet registri anche quello che le sto dicendo adesso che siamo in visita. Ecco in che senso".


Questo libro restituisce il percorso di un cantiere socianalitico che, partendo dalle narrazioni d’esperienza dei suoi partecipanti, si è interessato ai modi in cui l’impero virtuale cerca di costruire la sua capacità egemonica sul mondo del lavoro. Ripercorrendo la micro-fisica dei processi innescati dai dispositivi digitali che mediano l’attività lavorativa – smartphone, piattaforme, sistemi gestionali, registri elettronici – in queste pagine si esplorano alcune metamorfosi radicali che, mentre rovesciano il rapporto millenario tra gli umani e i loro strumenti, sconvolgono ciò che fino a ieri abbiamo familiarmente chiamato “lavoro”. Alcuni territori chiave – la digitalizzazione della scuola, della professione medica, dei servizi, dei trasporti condivisi, dei grandi studi legali e delle banche – assunti come analizzatori, ci raccontano l’impatto trasformativo delle nuove tecnologie e il disorientamento dei lavoratori. Ma, nello stesso tempo, fanno emergere le linee liberticide su cui questo processo procede: la cattura degli atti, la dittatura dei dati, il trionfo della quantità e le narrazioni sostitutive con cui esso si racconta. Proprio riflettendo su queste tendenze che velocemente ci attraversano fino al punto di chiamarci in causa singolarmente il libro, infine, indica quattro pericolose tendenze generali – l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti – e si chiede se non sia forse giunto il momento, dopo le ambigue interpretazioni del Novecento, di cominciare a distinguere il progresso sociale dal progresso tecnologico.

lunedì 16 marzo 2020

Capitalismo digitale. Il futuro colonizzato - Renato Curcio

Da: http://www.rivistapaginauno.it - https://www.sinistrainrete.info - Incontro-dibattito sul libro Il futuro colonizzato. Dalla virtualizzazione del futuro al presente addomesticato, di Renato Curcio (Sensibili alle foglie, 2019), presso il Csa Vittoria, Milano, 24 ottobre 2019 -
Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie, è un saggista e sociologo italiano. - https://www.libreriasensibiliallefoglie.com


Vorrei iniziare leggendo due frammenti di due interviste uscite recentemente sui giornali internazionali e italiani; sono poche righe, ma penso che potranno ben introdurci al tema che cercheremo in qualche modo di raccontare.

La prima è di Leonard Kleinrock, un uomo importante nella storia di Internet, anzi si può dire il primo uomo: è stato quel ricercatore che nel 1969 è riuscito a mettere per la prima volta in contatto due computer. Per tanti anni ha poi lavorato ai progetti di nascita della rete ed è noto agli studenti di tutte le università perché è il fondatore dell’informatica come disciplina universitaria. A ottobre ha dichiarato: 

Il nostro Internet era etico, di fiducia, gratis, condiviso. Oggi è passato da risorsa digitale affidabile a moltiplicatore di dubbi, da mezzo di condivisione a strumento con un lato oscuro. Internet consente di arrivare a milioni di utenti a costo zero in maniera anonima, e per questo è perfetto per fare cose malvagie: spam, addio alla privacy, virus, furto d’identità, pornografia, pedofilia, fake news. Il problema è nato quando si è voluto monetizzarlo: si è trasformato un bene pubblico in qualcosa con scopi privati che non ha la stessa identità del passato”. 

Kleinrock quindi afferma che ci sono due fasi: una prima in cui è nato Internet come progetto scientifico e di ricerca, che aveva comunque un’intenzione pubblica, e una seconda in cui qualcuno ha cominciato a monetizzarlo ed è diventato una cosa ‘malvagia’.

Edward Snowden, che conosciamo tutti, in un’altra intervista ha sintetizzato così il suo punto di vista:  

Alle origini Internet era il luogo in cui tutti erano uguali, un luogo dedicato alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità.
Ben presto però Internet è stata colonizzata dai governi e dalle grandi aziende per trarne profitto e potere. Oggi Internet è americana sia per l’infrastruttura che per il software. Le principali aziende, Google, Facebook, Amazon, sono americane e quindi sono soggette alla legislazione americana. Il problema è che sono soggette a politiche segrete, politiche segrete americane, che permettono al governo statunitense di sorvegliare virtualmente ogni uomo, donna o bambino che abbia mai usato un computer o fatto una telefonata, e di tenere a memoria permanente, conservare cioè tutti i dati possibili, per più tempo possibile, anzi per l’eternità. Dopo l’11 settembre 2001 si è passati dalla tradizionale intercettazione mirata a obiettivi specifici a una vera e propria sorveglianza di massa. Oggi la sorveglianza di massa è un processo di censimento infinito. Sarebbe una tragedia se ci abituassimo all’idea di una sorveglianza costante e indiscriminata: orecchie che sentono tutto, occhi che vedono tutto, memoria vigile e permanente”.

Kleinrock e Snowden sono quindi d’accordo sul paradigma principale con cui presentare la storia di Internet: c’è stato un primo momento in cui tutto era bello, pulito, limpido, trasparente, pubblico, e un secondo momento in cui la monetizzazione, oppure le esigenze strategiche, hanno fatto sì che si passasse appunto a una monetizzazione e a un sistema di sorveglianza di massa. Chi sta seguendo il lavoro che sto facendo da qualche anno su questi temi sa che le critiche di Snowden e di Kleinrock sono sostanzialmente il percorso di ricerca che abbiamo sviluppato dal 2015, e fa piacere vedere che il fondatore di Internet oggi concorda con la critica più radicale che è stata portata. Tuttavia oggi la rete non è neanche la seconda fase, non è questo inferno che viene raccontato dopo un iniziale periodo di Eden. Oggi Internet ha fatto un passo qualitativo estremamente rilevante ed estremamente coperto; rilevante perché ha modificato la sua capacità di colonizzazione sia della rete che dell’immaginario dei cittadini, coperto perché una forte campagna per la costruzione di un’egemonia culturale si è sviluppata sulle grandi testate giornalistiche e nel campo dell’editoria, allo scopo di presentare il volto di Internet come il volto del futuro, del progresso, della scienza. Si è quindi iniziato a mettere in gioco un paradigma molto importante, quello del dominio del pensiero scientifico rispetto alle titubanze etiche che spingono molte persone ad avere delle incertezze nella valutazione e nel giudizio. Il lavoro che vi porto è una riflessione sui punti cardine di questo salto di qualità, riflessione che abbiamo fatto lo scorso anno in due cantieri a Roma e a Milano.

Questo passaggio qualitativo consiste in una innovazione tecnologica di forte portata dal punto di vista tecnico-scientifico: è legata all’invenzione di algoritmi predittivi, capaci di lavorare su grandi masse di dati per realizzare dei costrutti di realtà virtuale che riguardano apparentemente il futuro, ma che sono invece la condizione del presente. Mi spiego meglio.

sabato 23 dicembre 2017

La società artificiale - Renato Curcio

Da:  http://www.rivistapaginauno.it/ - Renato Curcio è un saggista e sociologo italiano, tra i fondatori delle Brigate Rosse. 
Incontro-dibattito sul libro La società artificiale. Miti e derive dell'impero virtuale, di Renato Curcio (Sensibili alle foglie, 2017), presso il Csa Vittoria, Milano, 14 settembre 2017. 


Controllo sociale, lavoro e trasformazione del sistema politico
Il lavoro di ricerca è sempre un lavoro teso su una corda, nel senso che stiamo cercando di affrontare dei processi sociali nuovi, che ci sorprendo perché, come abbiamo tentato di dire soprattutto nel primo lavoro, L'impero virtuale (1), sono processi ad altissima velocità storica e sorpassano la nostra capacità di adattamento. Il tempo, la storia, dell'Ottocento e del Novecento, per rimanere negli ultimi due secoli, aveva un passo molto più lento: il lavoratore del sud Italia che veniva a lavorare alla Pirelli a Milano o alla Fiat di Torino, poteva arrivare anche digiuno di quella che era una cultura del mondo del lavoro, sindacale, di classe ecc., e aveva poi il tempo per entrare progressivamente nei problemi che stava vivendo insieme ai diversi contesti che attraversava e che erano abbastanza omogenei: i contesti urbani dei quartieri, quelli di fabbrica, i contesti sociali più organizzati. Oggi questo non c'è più. Oggi i tempi sono talmente violenti e veloci che ci mettono di fronte a delle dinamiche che sono mondiali, e che solo dieci anni fa non esistevano. Facebook, per esempio, che nel 2007 entra come processo sociale non più riferito a un piccolo gruppo di università, e dieci anni dopo raggiunge i due miliardi di utenti. È quindi comprensibile che le persone che vi si sono riversate lo vivano più esperenzialmente e intuitivamente che avendone contezza e gli strumenti per leggere che cos'è, come funziona, come funzionano loro stessi mentre utilizzano questo tipo di strumenti.
Ne L'impero virtuale dunque abbiamo cercato di affrontare l'insorgere di questo tipo di processi sociali, legati a una tecnologia particolare, che hanno sorpreso abitudini, consuetudini, modi di leggere la realtà e di viverla in tutti i campi: nel lavoro, nel consumo, nello svago, nella vita di relazione.
Come secondo passaggio ci siamo concentrati sul terreno del mondo del lavoro, con L'egemonia digitale (2), cercando di capire come e fino a che punto gli sguardi che noi avevamo - che derivano dalla storia dell'organizzazione del lavoro che ha caratterizzato il Novecento, una discussione partita già nell'Ottocento con Marx e la forte elaborazione di quali erano le dinamiche profonde del modo di produzione capitalistico rispetto al mondo del lavoro - reggevano nella nuova situazione. 
Questi due lavori ci hanno però messo in evidenza un loro limite, che possiamo considerare ovvio in qualche modo perché erano approcci nuovi, e che ritengo anche un valore: entrambi nascevano da un'esperienza prevalentemente narrativa, all'interno di cantieri sociali. Ci eravamo appoggiati alle persone che vivevano in modo diretto nei luoghi più significativi dei processi che volevamo guardare, e attraverso le loro narrazioni avevamo cercato di costruire un territorio a partire dal quale fosse poi possibile passare a un momento di analisi più profondo. Ma questo poneva il limite della dimensione fenomenologica: le persone raccontavano storie che erano emblematiche, sistemate attraverso una serie di verifiche, ed è ovvio che se lavoratrici e lavoratori raccontano, seppur con parole diverse, sempre la stessa storia, quella storia diventa oggetto di una riflessione e ci consente di passare dalla sua narrazione fenomenologica a individuarne le dinamiche più profonde. È vero però che alcuni momenti della microfisica del potere delle storie che raccontavano erano, da un punto di vista tecnologico, talmente complessi e talmente banalizzati dalle parole con cui venivano narrati, che spesso si aveva la sensazione di aver capito di cosa si stava parlando e invece, andando poi a fondo, non era così chiaro. E quindi in quest'ultimo lavoro, La società artificiale, fatto insieme a gruppi di persone che a Roma e a Milano hanno voluto accompagnare questa riflessione e con incontri svolti su territori specifici che poi vedremo, lo sforzo è stato cercare di andare a vedere le dinamiche più profonde dei processi che avevamo raccontato, esplorato e cercato di capire nei due lavori precedenti. 

mercoledì 31 maggio 2017

DEMENZA DIGITALE* - Manfred Spitzer**

*Rischi di effetti collaterali nell'uso delle tecnologie digitali nelle scuole. Dott. Manfred Spitzer. Convegno organizzato dalla Gilda di Padova (http://www.gildatv.it/)
**Manfred Spitzer, laureato in Medicina e Psicatria, è stato visiting professor a Harvard e attualmente dirige la Clinica psichiatrica e il Centro per le Neuroscienze e l'apprendimento dell'Università di Ulm (Germania).
Vedi anche:   https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/02/sulla-nozione-di-progresso-renato-curcio.html
                         https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/02/cose-lintelligenza-numerica-nelluomo.html



Cosa sta succedendo al nostro cervello con l'uso e l'abuso della tecnologia digitale?
Non sappiamo più usare una cartina per raggiungere un luogo e ci affidiamo totalmente al navigatore.
Non usciamo mai di casa senza cellulare e i bambini e i ragazzi usano lo smartphone e il computer per un tempo doppio a quello che trascorrono a scuola.
Sono aumentati i disturbi dell'apprendimento, lo stress, le patologie depressive e la predisposizione alla violenza.


martedì 30 aprile 2019

Alienazione e rivoluzione (digitale) - Enrico Donaggio

Da: Nexa Center for Internet & Society - https://nexa.polito.it/mercoledi-114
Enrico Donaggio, Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Filosofia e Scienze dell'Educazione - filosofia morale.
Vedi anche: OFFICINA MARX - https://vimeo.com -
                    "Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio -
                      DEMENZA DIGITALE* - Manfred Spitzer** -
                                                                         
                                        Il video (e la lezione) inizia solo al minuto 7,10...
                                                                         

"Questi dispositivi, questi strumenti, le innovazioni tecnologiche più rilevanti e più potenti della rivoluzione digitale, sono più potenti di noi (Dislivello Prometeico).

Farla finita con quella retorica in base alla quale tutto ciò che passa attraverso uno smartphone è autentico. Che sarebbe una sorta di cattivo surrogato di ciò che è realmente autentico cioè le relazioni umane dirette. 

Le relazioni umane sono complicatissime, pesanti, difficili. Le relazioni con le cose sono infinitamente più semplici." 

venerdì 8 gennaio 2021

Social? Soggetti in rete, oggetti nella realtà - Paolo Ercolani

Da: Festivalfilosofia - Paolo Ercolani (www.filosofiainmovimento.it) insegna filosofia all'Università di Urbino Carlo Bo.

I mass media, Gramsci e la costruzione dell’uomo eterodiretto*- Paolo Ercolani 

(U.S.)America nell'epoca Tecnetronica - Zbigniew Brzezinski (1968) https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/10/usamerica-nellepoca-tecnetronica.html

                                       L’io prevale sul noi? In che modo si costruisce la soggettività nei social media?

                                                                         

sabato 30 novembre 2019

Democrazia e Filosofia | After Democracy - Remo Bodei

Da: Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci - Remo Bodei (Cagliari, 3 agosto 1938 – Pisa, 7 novembre 2019) è stato un filosofo e accademico italiano.
Vedi anche: L'algoritmo sovrano - Renato Curcio 


"I due mali contro cui la ragione filosofica ha sempre combattuto e deve combattere ora più che mai, sono, da un lato, il non credere a nulla; dall'altro, la fede cieca. Insomma tener viva la fede nella ragione contro coloro che non credono neppure nella ragione, che io chiamo i meno che credenti, e contro coloro che credono senza ragionare, cioè i più che credenti. Questo è il compito umile, molto umile ma necessario, della filosofia: un compito da sentinella, più che presuntuosamente da 'guida'. La sentinella che deve stare ad ascoltare l'avvicinarsi del nemico, da qualunque parte provenga, e dare l'allarme prima che sia troppo tardi". (Norberto Bobbio) 

                                                                            


giovedì 23 febbraio 2017

Su “UBER”, “SHARING” E “GIG ECONOMY”*- Carlo Formenti

*Da: http://contropiano.org/     intervento di Carlo Formenti all’iniziativa organizzata da Noi Restiamo al Politecnico di Torino il 10 maggio 2016. L’intervento non è stato rivisto dal relatore ed eventuali errori sono quindi da considerarsi a carico nostro. Il titolo è redazionale.  
Vedi anche:    https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/02/sulla-nozione-di-progresso-renato-curcio.html


SHARING E GIG ECONOMY: DINAMICHE TAYLORISTICHE E SFRUTTAMENTO

Prima parte dell’intervento:

Il lavoro che ho fatto negli ultimi 10-15 anni all'Università del Salento è stato in larga misura dedicato alla sociologia della rete che oggi, da quando sono felicemente approdato alla pensione, continuo a proseguitare; il giorno dopo che ho smesso di insegnare Teoria e tecnica dei nuovi media sono felicemente tornato a quelli che sono sempre stati i miei interessi fondamentali, che riguardano il socialismo economico e la sociologia politica. E ogni volta che mi tocca sentire qualcuno che mi telefona e mi dice "Professore, perché non viene a questo incontro su Internet e la società", subito mi si rizzano i capelli sulla testa; nel senso che in qualche modo dà per scontato che esista una sfera autonoma della dimensione della tecnologia e della rete come articolazione attuale della dimensione della tecnologia non sovradeterminata dai processi economici, politici, sociali, culturali e quant'altro. E che, viceversa, oggi sia possibile ragionare dei processi economici, politici, sociali e culturali prescindendo dal fatto che ormai le tecnologie di rete sono parte della nostra vita quotidiana, del nostro lavoro e delle relazioni sociali, del nostro viaggiare, sentire, stringere amicizie, ecc. Quindi, tendo sempre a riportare il tema a degli aspetti molto più determinati e specifici; in particolare, per quanto riguarda la questione del rapporto tra nuove tecnologie e lavoro, metterò a fuoco un aspetto molto particolare, che è quello di Uber, più altre esperienze che vengono variamente denominate di "sharing economy" o, negli Stati Uniti, di "gig economy", con una apertura più ampia rispetto al discorso e secondo me più interessante per il ventaglio di fenomeni che viene preso in considerazione.

Per affrontare questo problema, partirò da una piccola apologia del luddismo e dei movimenti luddisti nella prima metà dell'Ottocento in Inghilterra; perché, come sapete, negli ultimi giorni qui in Italia in particolare a Milano c'è stata una nuova ondata di agitazioni dei tassisti contro Uber, che erano stati preceduti da movimenti e fenomeni analoghi in tutto il mondo, ma particolarmente duri sono stati quelli avvenuti a Parigi l'anno scorso. In quell'occasione il mio "amico" Dario Di Vico (Corriere della Sera) si è come al solito precipitato a scrivere una serie di articoli in cui ha fatto una critica radicale di questa arretratezza e di questa assoluta stupidità nell'opporsi a un processo tecnologico che risulta irreversibile e non può essere contrastato in nessun modo, ma che è di per sé assolutamente benefico e porta una serie di vantaggi incredibili per i consumatori, per Uber ovviamente, che fa un sacco di quattrini, ma in prospettiva anche per gli stessi tassisti. Allora questo discorso richiama esattamente il tipo di argomenti che venivano usati contro il movimento luddista nel primo Ottocento inglese; tenete conto che il movimento dei luddisti, di cui si sa molto poco in realtà perché è stato studiato relativamente poco (non da storici specialisti), è stato un movimento di dimensioni enormi; per diversi anni l'Inghilterra ha visto mobilitazioni di massa, di distruzione e di incendi di fabbriche, di telai di nuova generazione, di scontri armati, cioè i luddisti andavano in bande di 200-300 a distruggere queste fabbriche e si scontravano con l'esercito inglese, con le milizie dei padroni dell'industria tessile, ci sono state centinaia di morti, molti dei quali impiccati, perché quando li prendevano li impiccavano anche perché era ancora illegale lo sciopero, figurarsi queste forme di mobilitazione violenta.

lunedì 19 settembre 2016

"Il Pane e la Morte" - Renato Curcio

http://www.libreriasensibiliallefoglie.com/catalogo.asp?sid=76947831120131022091747&categoria=43




Questo libro propone i risultati di un cantiere socioanalitico tenuto a Brindisi nel 2013 sullo scambio salute-lavoro, al quale hanno partecipato una trentina di persone, tra lavoratori e famigliari di operai del Petrolchimico, medici epidemiologi, cittadini impegnati in comitati per la difesa dell’ambiente. Le narrazioni raccolte nel cantiere hanno fatto emergere la stretta connessione fra la produzione e disseminazione di veleni del polo industriale – le Centrali termoelettriche e il Petrolchimico – e l’aumento della mortalità e delle malattie fra i lavoratori e gli abitanti dei quartieri prossimi agli stabilimenti. Ci si è allora interrogati sui dispositivi che hanno reso impossibile, in questi ultimi 50 anni, determinare delle responsabilità e porre dei rimedi alla situazione. Il libro illustra, attraverso il sapere delle persone direttamente coinvolte, tali dispositivi e li inquadra in quella complicità istituzionale che, a Brindisi come in diverse altre parti del mondo, opera privilegiando il profitto a discapito della salute dei lavoratori e dei cittadini.