Leggi come premessa e commento: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/brzezinski-e-la-futurologia-america-in.html
"L’intenso coinvolgimento nella conoscenza applicata potrebbe gradualmente provocare l’indebolimento della tradizione di imparare solo per imparare. La comunità intellettuale, comprese le Università, potrebbe diventare un’altra ‘industria’, che recepisce i bisogni sociali come i diktat del mercato, con gli intellettuali che ricercano le ricompense materiali e politiche più consistenti. L’ansia per il potere, il prestigio e la bella vita potrebbe significare la fine dell’ideale aristocratico del distanziamento intellettuale e della ricerca disinteressata della verità."
La nostra non è più la convenzionale era rivoluzionaria; stiamo entrando in una nuova fase di trasformazione nella storia umana. Il mondo è nell’era di una trasformazione più drammatica nelle sue conseguenze storiche e umane di quelle provocate sia dalla rivoluzione francese che da quella bolscevica. Viste da una prospettiva a lungo termine, queste famose rivoluzioni hanno semplicemente scalfito la superficie della condizione umana. I cambiamenti da esse innescati hanno implicato trasformazioni nella distribuzione del potere e della proprietà all’interno della società; essi non hanno toccato l’essenza dell’esistenza individuale e sociale. La vita – personale e organizzata- è continuata quasi come prima, anche se alcune forme esterne (soprattutto politiche) furono trasformate in maniera sostanziale. Per quanto ciò possa apparire sconvolgente ai loro seguaci dovremmo convenire che Robespierre e Lenin sono stati soltanto dei riformatori morbidi, considerando i cambiamenti che si produrranno a partire dal 2000.
A
differenza delle rivoluzioni del passato la metamorfosi avanzante non avrà
leader carismatici con dottrine contrastanti, ma il suo impatto sarà molto più
profondo. La maggior parte del cambiamento che ha così tanto preso posto nella
storia umana è stato graduale, essendo le grandi ‘rivoluzioni’ meri segni di
punteggiatura in un lento, ineludibile processo. Invece, la trasformazione che
si avvicina giungerà molto più rapidamente e avrà più profonde conseguenze nel
modo e anche forse nel significato della vita umana, che qualsiasi precedente
esperienza fatta dalle generazioni che ci hanno preceduto.
L’America
sta già cominciando a sperimentare questi cambiamenti e in questa fase sta
diventando una società tecnetronica: una società che è plasmata culturalmente,
psicologicamente, socialmente ed economicamente dall’impatto della tecnologia e
dell’elettronica, in particolare dall’uso dei computer e dallo sviluppo delle
telecomunicazioni. Il processo industriale non è più la causa principale dei
cambiamenti sociali, attraverso la modificazione dei costumi, della struttura e
dei valori sociali.
Questo cambiamento sta dividendo gli Stati Uniti dal resto
del mondo, promuovendo un’ulteriore frammentazione in una umanità sempre più
differenziata, e imponendo agli americani
l’obbligo speciale di alleviare i dolori del confronto che ne
scaturisce.
La
società technetronica
Le
innovazioni di vasta portata che noi stiamo per sperimentare saranno il
risultato in primo luogo dell’impatto della scienza e della tecnologia
sull’uomo e sulla società, specialmente nel mondo sviluppato. Recentemente c’è
stata una proliferazione di una letteratura stimolante e provocatoria sul
futuro. Gran parte di essa è seria e non pura fantascienza[1].
Comunque,
sia negli Stati Uniti e, in grado minore, nell’Europa occidentale un certo
numero di studi sistematici ed eruditi sono stati rivolti a predire e cogliere
cosa ci riserva il futuro. Curiosamente molto poco ci è giunto su questo tema
dal mondo comunista, anche se gli ideologi comunisti sono i primi a sostenere
che la loro ideologia ottocentesca contiene una speciale chiave di accesso al
ventunesimo secolo. Il Work in progress indica che gli uomini che vivono nel
mondo sviluppato subiranno nei prossimi decenni una mutazione potenzialmente
così radicale come quella sperimentata attraverso il lento processo di
evoluzione dall’esperienza animale a quella umana. Tuttavia, la differenza sta
nel fatto che il processo sarà contratto nel tempo, e quindi l’effetto shock
del cambiamento può essere assai profondo. Il comportamento umano diventerà
meno spontaneo e meno misterioso, più prederminato e soggetto ad una
programmazione deliberata. Sempre più l’uomo possiederà la capacità di
determinare il sesso dei propri figli, di influenzare attraverso l’uso dei
farmaci le sue capacità intellettive e di modificare e controllare la propria
personalità. Il cervello umano acquisirà poteri maggiori perché i computer
diventeranno abitualmente un’estensione della mente umana come le automobili
hanno significato un ampliamento della mobilità. Il corpo umano migliorerà e la
sua longevità aumenterà: qualcuno pensa che durante il prossimo secolo la vita
media potrebbe raggiungere approssimativamente i 120 anni.
Questi
sviluppi avranno un impatto sociale maggiore. Il prolungamento della vita
altererà i nostri valori, i nostri criteri di carriera e le nostre relazioni
sociali. Nuove forme di controllo sociale possono essere necessarie per
limitare che gli individui esercitino in maniera indiscriminata i loro nuovi
poteri. La possibilità di un estensivo controllo chimico della mente, e il
pericolo di perdita di individualità inerente all’uso del trapianto e alla
fattibilità della manipolazione della struttura genetica richiederanno una
definizione sociale di criteri comuni di limitazione come di utilizzazione. Gli
scienziati prevedono con fiducia che dalla fine di questo secolo i computer
ragioneranno proprio come gli uomini e saranno capaci di impegnarsi nel
pensiero creativo; uniti ai robot o alle creature di laboratorio potranno
comportarsi come gli uomini. La costruzione di un più complesso – e forse più
amaro - dialogo filosofico e politico sulla natura dell’uomo è autoevidente in
questi sviluppi.
Altre
scoperte ed ulteriori raffinamenti altereranno ulteriormente la società così
come la conosciamo. La rivoluzione dell’informazione, incluso l’ampio
immagazzinamento dell’informazione ed il suo recupero istantaneo ed infine la
recuperabilità dei dati necessari sia dal punto di vista visivo che sonoro in
quasi tutte le case private, trasformerà il carattere dell’educazione
collettiva istituzionalizzata. Le stesse tecniche potrebbero servire ad imporre
una quasi totale sorveglianza politica su ogni cittadino mettendo in rilievo
maggiore di quanto sia oggi la questione della privacy. La cibernetica e
l’automatizzazione rivoluzioneranno le abitudini lavorative, facendo diventare
l’ozio la regola ed il lavoro effettivo l’eccezione e un privilegio riservato
ai più dotati di talento. La società orientata verso un fine potrebbe cedere il
passo ad una società focalizzata sul divertimento, con spettacoli
essenzialmente per spettatori (sport di massa, televisione) che forniscono un
oppiaceo per masse sempre di più senza scopo.
Ma mentre per le masse la vita si farà più lunga e il tempo si
espanderà, per l’élite attiva il tempo diventerà una merce rara. Infatti,
persino il senso del tempo dell’élite si trasformerà. Già ora la velocità
governa il passo delle nostre vite invece del contrario. Nella misura in cui la
velocità dei trasporti aumenta soprattutto per il suo proprio impulso
tecnologico, l’uomo scopre che non ha scelta, se non di accettare egli stesso
questa accelerazione sia per tenersi al passo con gli altri sia perché pensa
che così può realizzare di più. Ciò sarà specialmente vero per l’élite per la
quale un aumento del tempo da trascorrere in ozio non sembra essere in agenda.
Pertanto, nella misura in cui la velocità si espande il tempo si contrae e le
pressioni sull’élite aumentano.
Dalla
fine di questo secolo i cittadini dei paesi più sviluppati vivranno soprattutto
nelle città, quindi in maggior parte circondati da un ambiente fatto dall’uomo.
Il confronto con la natura potrebbe essere per loro ciò che fronteggiare gli
elementi era stato per i nostri antenati: l’incontro con l’ignoto e il non
necessario apprezzamento di esso. Godendo di un livello di vita personale che
(in alcuni paesi) può raggiungere quasi i diecimila dollari pro capite,
mangiando cibo artificiale, spostandosi velocemente da un angolo del paese per
lavorare in un altro, in un contatto visivo continuo con il proprio datore di
lavoro, il proprio governo o la propria famiglia, consultando i calendari per
stabilire in quale giorno pioverà o splenderà il sole, i nostri discendenti
saranno plasmati quasi interamente da ciò che essi stessi creano e controllano.
Al
di là di questi cambiamenti ancora lontani dall’essere raggiunti, la
trasformazione, che sta ora avendo luogo, sta creando una società sempre più
diversa da quella industriale precedente[2].
Nella
società industriale la conoscenza tecnologica era applicata soprattutto ad un
obiettivo specifico: l’accelerazione ed il miglioramento delle tecniche di
produzione. Le conseguenze sociali costituivano un sottoprodotto successivo di
questa preoccupazione dominante. Nella società tecnetronica la conoscenza
tecnologica e scientifica, insieme all’aumento delle capacità produttive, si
riverserà velocemente e in maniera diretta su quasi tutti gli aspetti della
vita.
Ciò
è particolarmente evidente nel caso dell’impatto delle comunicazioni e dei
computer. Le comunicazioni creano una società straordinariamente interconnessa
nella quale c’è un continuo contatto visivo, uditivo e sempre più stretto tra
quasi tutti i suoi membri che interagiscono elettronicamente, condividendo in
maniera istantanea le esperienze sociali più intense, innescando un
coinvolgimento personale più grande, con le loro coscienze formate in maniera
sporadica (come Mc Luhan ha notato), che
sono fondamentalmente differenti da
quelle che si sono formate per influenza della trasmissione delle informazioni
attraverso della scrittura, caratteristica dell’età industriale. La crescente
capacità di calcolare istantaneamente le più complesse interazioni, e la
crescente disponibilità di mezzi
biochimici per controllare l’uomo aumentano lo scopo potenziale di un
orientamento consapevole, e quindi anche le pressioni a dirigere, a scegliere e
a cambiare. La conseguenza è una società che differisce da quella industriale
in una varietà di aspetti economici, politici e sociali. Gli esempi seguenti possono essere citati
brevemente per riassumere alcuni dei contrasti:
1. In una
società industriale il modo di produzione passa dall’agricoltura all’industria,
essendo l’uso della forza e degli animali soppiantato dalle macchine. Nella
società tecnetronica il lavoro industriale cede il passo alla sfera dei
servizi, l’automazione e la cibernetica sostituiscono l’uomo nel far funzionare
le macchine.
2. I
problemi di occupazione e di disoccupazione – per non parlare del primo stadio
della socializzazione urbana della
forza-lavoro contadina – dominano le relazioni tra imprenditori, lavoro e
mercato nella società industriale; la garanzia di un minimo benessere alle
nuove masse industriali è la fonte di maggiore preoccupazione. Nell’emergente
nuova società le questioni relative all’obsolescenza dell’abilità, alla
sicurezza, ai periodi di riposo, ozio, e condivisione dei profitti dominano le
relazioni; il problema del benessere psichico di milioni di colletti blu
relativamente sicuri, ma potenzialmente immotivati, appartenenti alla bassa
classe media, diventa un problema crescente.
3. Rompere
le tradizionali barriere all’educazione, creando così il punto di partenza
fondamentale per l’ascesa sociale costituisce l’obiettivo principale dei
riformatori sociali nella società industriale.
L’educazione
conseguibile per limitati e specifici periodi di tempo riguarda inizialmente il
superamento dell’analfabetismo, e successivamente la preparazione tecnologica
largamente basata sull’insegnamento scritto e sequenziale. Nella società
tecnetronica non solo l’educazione diventa universale, ma l’apprendimento
avanzato è disponibile per la maggior parte di coloro che hanno un talento di
base. La quantità di addestramento è rafforzata da una maggiore enfasi sulla
selezione qualitativa. Il problema di base è scoprire le tecniche più efficaci
per lo sfruttamento razionale del talento sociale. La comunicazione più recente
e le tecniche di calcolo sono applicate a questo fine. Il processo educativo,
fondandosi sempre di più su strumenti visivi e
auditivi, si espande nel tempo, mentre il flusso delle nuove conoscenze
necessita sempre più di frequenti aggiornamenti.
4. Nella
società industriale la leadership passa dalla tradizionale aristocrazia rurale
all’élite “plutocratica” urbana. La ricchezza recentemente acquisita
costituisce il suo fondamento, e la competizione intensa lo sbocco – come anche
lo stimolo – della sua energia. Nella società tecnetronica postindustriale il
predominio plutocratico subisce una forte sfida dalla leadership politica, la
quale è in maniera crescente composta da individui dotati di abilità speciali e
di talenti intellettuali. La conoscenza diventa uno strumento del potere e
l’effettiva mobilitazione del talento un importante strumento per acquisire
potere.
5. L’università
in una società industriale – in contrasto con l’epoca medievale – è una torre
d’avorio distaccata, il deposito di un sapere irrilevante anche se rispettato e
il luogo dove solo per breve tempo vengono formati i giovani membri di una
prestabilita élite sociale. Nella società tecnetronica l’università diventa un
think-tank intensamente coinvolto, la fonte della pianificazione politica molto
sostenuta e dell’innovazione sociale.
6. Lo
sconvolgimento inerente al passaggio da un’esistenza rurale rigidamente
tradizionale alla vita urbana genera una disposizione a cercare risposte totali
ai dilemmi sociali, causando così che le ideologie prosperino nella società
industriale (3).
Nella
società tecnetronica la crescente capacità di ridurre i conflitti sociali a
dimensioni quantificabili e misurabili rafforza la tendenza verso un approccio
più pragmatico per risolvere i problemi scaturiti dalla questioni sociali[3].
7.
L’attivare le masse finora passive produce intensi conflitti politici nella
società industriale su questioni come l’emancipazione e il diritto al voto. La
questione della partecipazione politica è cruciale. Nell’età tecnetronica il
problema è sempre più quello di assicurare una reale partecipazione alle
decisioni, che sembrano troppo complesse e troppo distanti dal cittadino
medio. L’alienazione politica diventa un
problema. Analogamente la questione dell’uguaglianza politica tra i sessi
produce la lotta per l’uguaglianza sessuale delle donne. Nella società
industriale la donna – in quanto operatore delle macchine – smette di essere
psicologicamente inferiore all’uomo, un aspetto di qualche importanza nella
vita rurale, e comincia a chiedere i
suoi diritti politici. Nella società emergente l’automazione discrimina nello
stesso modo uomini e donne; il talento intellettuale è calcolabile, la pillola
incoraggia l’uguaglianza sessuale.
8.
Le masse recentemente liberate sono coordinate nella società industriale
attraverso partiti e sindacati e rese coese da programmi relativamente semplici
e in qualche misura ideologici. Tuttavia, gli atteggiamenti politici sono
influenzati dal richiamo ai sentimenti nazionalisti, veicolati attraverso la
crescita massiccia dei giornali, fondati ovviamente sulle lingue autoctone.
Nella società tecnetronica sembrerebbe svilupparsi l’aggregazione tramite
sostegno individuale di milioni di cittadini non coordinati, facilmente
raggiunti da personalità magnetiche e attraenti, che sfruttano efficacemente le
più recenti tecniche di comunicazione per manipolare le emozioni controllare la
ragione. La dipendenza dalla televisione – e da ciò la tendenza a sostituire il
linguaggio con l’immaginario, essendo quest’ultimo non limitato dai confini
nazionali (e includente la copertura di fatti come la fame in India o scene di
guerra) – tende a creare un coinvolgimento in qualche modo più cosmopolita,
sebbene fortemente impressionistico, nei problemi globali.
9.
Il potere economico nella società industriale tende ad essere personalizzato,
sia nella forma di grandi imprenditori come Henry Ford, burocrati di stato come
Kaganovich in Russia, o Minc in Polonia. La tendenza verso la
spersonalizzazione del potere economico è stimolata nello stadio successivo
dalla comparsa di un’interdipendenza altamente complessa le istituzioni
governative (incluse quelle militari), il settore scientifico e le
organizzazioni industriali. Nella misura in cui il potere economico diventa
inseparabilmente connesso al potere politico, diventa più invisibile e il senso
della futilità individuale aumenta.
10.
Per rilassarsi ed evadere nella società industriale, nelle sue forme più
intense, ci si allontana dall’usanza campagnola di bere insieme, contesto in
cui amici intimi e familiari si sarebbero incontrati. Bar e locali –
associazioni – si sforzano di ricreare un’atmosfera intima. Nella società
tecnetronica la vita sociale tende ad essere così atomizzata, anche se le
comunicazioni (specialmente la TV) rendono immediata l’esperienza sociale in
una forma mai sperimentata prima, che l’intimità del gruppo non può essere
ricreata attraverso lo stimolo artificiale prodotto dal comportamento di gruppi
esterni che si riuniscono. Il nuovo interesse
per le droghe cerca di ricreare l’intimità attraverso l’introspezione
presumibilmente, espandendo la coscienza.
Infine,
questi cambiamenti e molti altri, includendo quelli che toccano molto più
direttamente la personalità e la qualità dello stesso essere umano, rende la
società tecnetronica così diversa da quella industriale come quest’ultima si
differenzia da quella agraria.
La
transizione americana
L’America
oggi sta nel mezzo di un cambiamento. La società statunitense sta lasciando la
fase della spontaneità e sta entrando in una tappa più autocosciente; cessando
di essere una società industriale, sta diventando la prima società
tecnetronica. Ciò costituisce, almeno in parte, la causa di molte delle attuali
tensioni e violenze.
La
spontaneità genera un ottimismo quasi automatico circa il futuro, circa il
“miracolo americano”, circa la giustizia e la felicità per tutti. Questo mito
costruisce paraocchi sociali sui vari aspetti della vita americana, che non si
incastrano con la visione ottimistica, in particolare il modo di trattare i
neri e la persistenza di sacche di povertà. La spontaneità implica una fede
nell’inerente bontà nella dinamica socio-economica americana: nella misura in
cui l’America si sviluppa, cresce, diventa più ricca, i problemi persistenti e
visibili si sarebbero risolti.
Questa
fase si sta concludendo. Oggi la società americana è turbata e alcune sue parti
sono addirittura tormentate. I paraocchi sociali sono stati strappati e un
senso di inadeguatezza sta diventando più diffuso. La diffusione
dell’alfabetizzazione, e in particolare l’accesso al college e all’università
di circa il 40% dei giovani ha creato un nuovo strato, il quale rafforza gli
intellettuali urbani un tempo isolati, uno strato che non vuole tollerare né i
paraocchi sociali né condividere la compiacente credenza nella bontà spontanea
del cambiamento sociale americano.
Tuttavia,
è più facile sapere cosa è sbagliato che indicare cosa dovrebbe essere fatto.
La difficoltà non traspare solo dall’incapacità dei nuovi ribelli a costruire
un programma concreto e significativo. E’ ampliata dalla novità del problema
americano. Tornare alle ideologie del XIX secolo non costituisce una risposta,
ed è sintomatico che la “Nuova Sinistra” ha trovato molto difficile applicare
le dottrine disponibili, in particolare quelle marxiste, alla nuova
realtà. In realtà, la sua enfasi sui
diritti umani e i mali della spersonalizzazione, i pericoli inerenti ad un
governo forte – così consapevoli delle esigenze psicologiche provate –
presentano forti parallelismi con nozioni più conservatrici riguardo la
collocazione e la santità dell’individuo nella società.
In
qualche modo, c’è un’analogia tra la “Nuova Sinistra” e l’atteggiamento
scrutatore di vari gruppi disamorati nell’Europa dei primi anni del 19 secolo,
quale reazione all’incipiente industrializzazione. Non comprendendo interamente
il suo significato, non de tutto sicuri di dove si stano dirigendo, - benché
sensibili alle miseri e alle opportunità che portava con sé – molti europei
lottarono disperatamente per adattare le dottrine del 18 secolo alla nuova
realtà. Alla fine fu Marx che riuscì a costituire per parecchi milioni di
persone una sintesi significativa, combinando un idealismo utopico sul futuro
dell’età industriale con una rovente critica del presente.
La
ricerca del significato è una caratteristica dell’attuale scenario americano.
Potrebbe far presagire conflitti ideologici frantumanti e aspri, in particolare
quanto la disillusione intellettuale si collegò con il crescente rancore delle
miserabili masse di neri. Se ciò fosse portato ai suoi estremi, potrebbe
portare l’America ad una fase di conflitti violenti, distruttivi e
intolleranti, nei quali si combinerebbe l’intolleranza ideologica con quella
razziale.
Tuttavia,
sembra improbabile che un’ideologia unificante dell’azione politica, capace di
mobilitare una diffusa fedeltà, possa emergere al steso modo in cui il Marxismo
sorse in risposta alla fase industriale. A differenza dell’Europa occidentale e
del Giappone – per non parlare dell’Unione Sovietica – dove le conseguenze e
l’impatto del processo industriale stanno ancora riplasmando la vita politica,
sociale ed economica, in America la scienza e la tecnologia (in particolare
così come sono socialmente applicate attraverso le comunicazioni e la crescente
computerizzazione, entrambe prodotto dell’età industriale) sono già più
importanti nell’influenzare il comportamento sociale di una società che ha
superato la fase industriale. La scienza e la tecnologia non sono notoriamente
in sintonia con le formule semplici e assolute. Nella società tecnetronica ci
può essere spazio per un idealismo pragmatico,persino impaziente, ma
difficilmente per l’utopismo dottrinario.
Allo
stesso tempo, è di già evidente che una risoluzione di alcune delle questioni
irrisolte della fase industriale sarà più pressante. Per esempio, il nero
avrebbe dovuto essere integrato nella società statunitense durante la
rivoluzione industriale americana. Tuttavia, questa rivoluzione è venuta prima
dell’America, anche se il nero non era pronto per la piena integrazione. Se il
nero fosse stato solo un’eredità economica dell’era preindustriale, forse
sarebbe potute essere integrato più efficacemente. Oggi le regioni urbane e
industriali più avanzate dell’America, proprio perché si stanno muovendo in una
nuova e più complessa fase, che richiede addirittura abilità sociali più
evolute, stanno scoprendo che è molto difficile integrare il nero, sia come
minoranza razziale sia come “eredità feudale” dell’America. Paradossalmente si
può sostenere che l’America del Sud ha oggi un’opportunità più ampia di
integrare il nero: la coscienza americana sta cambiando, il nero si è mescolato
e il Sud si sta muovendo verso l’epoca industriale. E’ probabile che essa possa
trascinare con sé il nero.
Qualunque
sia il risultato quella americana è una società in cui le grandi questioni del
nostro tempo saranno per la prima volta verificate attraverso la pratica.
Possono l’individuo e la scienza coesistere, o il dinamismo di quest’ultima
altererà in maniera sostanziale il primo? Può l’uomo, che vive nell’età
scientifica, accrescere il suo spessore intellettuale e il suo senso
filosofico, e allo stesso tempo anche la sua libertà personale? Possono le
istituzioni della democrazia politica essere adattate alle nuove condizioni in
maniera sufficientemente veloce per affrontare le crisi, senza tuttavia
alterare il loro carattere democratico?
La
sfida nella sua essenza implica il doppio pericolo della frammentazione e
dell’eccessivo controllo. Pochi esempi. E’ già facile trovare sintomi di
alienazione e di spersonalizzazione nella società americana. Molti americani si
sentono “meno liberi”; questo sentimento sembra esser connesso con la perdita
di “scopo”; la libertà implica scegliere di agire, e l’agire richiede la
consapevolezza dei fini. Se l’attuale transizione dell’America all’età
tecnetronica non produce frutti soddisfacenti dal punto di vista personale, la
prossima fase potrebbe essere caratterizzata dalla triste rinuncia al
coinvolgimento sociale e politico,al l’allontanamento dalla responsabilità
politica e sociale attraverso l’”emigrazione interiore” (il rinchiudersi in
sé). Le frustrazioni politiche potrebbero aumentare la difficoltà di assorbire
e di interiorizzare i rapidi cambiamenti ambientali, scatenando così una
crescente instabilità psichica.
Alla
stesso tempo la capacità di confermare il controllo sociale e politico
sull’individuo aumenterà ampiamente. Come ho già notato, sarà presto possibile
imporre una sorveglianza quasi continua su ogni cittadino e conservare archivi
completi e aggiornati, contenenti persino l’informazione più personale riguardo
la salute e il comportamento del cittadino, oltre ai dati più usuali. Questi
archivi saranno istantaneamente recuperabili da parte dell’autorità. Inoltre,
il ritmo rapido del cambiamento ci consentirà di anticipare gli eventi e
elaborare pianificazioni a partire da essi (???). Il potere graviterà nelle
mani di coloro che controllano l’informazione e che potranno metterlo in
correlazione il più rapidamente possibile. Le nostre istituzioni amministrative
in opera dopo la crisi probabilmente saranno sempre più sostituite da
istituzioni amministrative precrisi, il cui compito sarà quello di individuare
in anticipi le probabili crisi sociali e di sviluppare programmi per
affrontarle. Ciò potrebbe favorire lo sviluppo di una tendenza verso una
dittatura tecnocratica nei prossimi decenni, lasciando sempre meno spazio per
le procedure politiche, così come noi ora le conosciamo.
Infine,
guardando avanti alla fine di questo secolo, la possibilità di controllare dal
punto di vista biochimico la mente e di manipolare geneticamente l’uomo,
compresa infine la creazione di esseri che agiranno come gli uomini – e
ragionare come loro – potrebbe far sorgere problemi assai difficili. Secondo
quali criteri possono tali controlli essere applicati? Qual è la distribuzione
di potere tra l’individui e la società a proposito dei mezzi che possono
modificare completamente l’uomo. Qual è lo status sociale e politico degli
esseri artificiali, se loro si avvicinano all’uomo nell’agire e nella
creatività? (non oso rispondere, se essi cominciano a superare l’uomo –
qualcosa non al di là della mera possibilità durante il prossimo secolo?)
Tuttavia,
sarebbe fortemente fuorviante costruire un’immagine unilaterale e scrivere una
nuova commedia di fiction scientifica alla Orwell. La maggior parte dei
cambiamenti della società americana sono di buon auspicio per il futuro e ci
consentono di essere un po’ ottimisti riguardo la capacità della società di
adattarsi alle richieste di questa età di cambiamento.
Pertanto,
nella sfera politica il crescente flusso di informazioni e le tecniche più
efficienti di coordinazione non hanno bisogno di una maggiore concentrazione di
potere in una qualche infausta struttura di controllo collocata all’apice del
governo. Paradossalmente questi sviluppi rendono anche possibile una più grande
distribuzione dell’autorità e della responsabilità ai livelli più bassi di
governo e società. La divisione del potere ha tradizionalmente posto problemi
di inefficienza, coordinazione e dispersione di autorità; ma oggi le nuove
forme di comunicazione e le tecniche informatiche rendono possibile sia
aumentare l’autorità ai livelli più bassi e una quasi immediata coordinazione
nazionale. E’ molto probabile che stati e governi locali saranno rafforzati nei
prossimi dieci anni, e molte funzioni attuali del governo federali saranno
assunte da loro[4]. La devoluzione delle responsabilità
finanziarie agli strati più bassi può favorire sia il flusso di talenti
migliori e accrescere la partecipazione nella formulazione delle più importanti
decisioni a livello locale. La coordinazione nazionale e la partecipazione
locale potrebbero, pertanto, unificati grazie ai nuovi sistemi di
organizzazione. Ciò è stato già tentato con successo in alcune vaste sfere
economiche. Questo sviluppo avrebbe anche
l’effetto auspicabile di minare la capacità di attrazione di una nuova
possibile ideologia coagulante che potrebbe sorgere; infatti, le ideologie prosperano
solo quando c’è un forte bisogno di risposte astratte a problemi ampi e remoti.
E’
anche un segno di speranza che la migliorata performance governativa e la sua
accresciuta sensibilità ai problemi sociali è stata stimolata dal crescente
coinvolgimento nei problemi nazionali di ciò che Kennet Boulding ha chiamato lo
establischement educativo e scientifico (EASE). Durante il Medioevo
l’università era una istituzione sociale chiave. I capi politici si
appoggiavano fortemente su di essa per ottenere consiglieri letterati e menbri
del gabinetto, una merce rara a quei tempi. Successivamente separatasi dalla
realtà, nei tempi recenti l’accademia ha fatto un grande ritorno nel mondo
dell’azione.
Oggi
l’università costituisce l’occhio creativo del complesso delle comunicazioni di
massa, la fonte di gran parte della pianificazione strategica, sia nazionale
che internazionale. Il suo impegno nel mondo favorisce l’emergere di una nuova
specie di intellettuali e politici, uomini che si propongono di individuare e
mettere in atto la proposta scientifica e accademica più fondata per sviluppare
i loro programmi politici. A sua volta ciò stimola la coscienza pubblica del
valore della competenza e inoltre la grande competizione politica nello
sfruttarla.
Un
cambio profondo nella comunità intellettuale stessa è implicito a questo
sviluppo. Gli intellettuali dissidenti, ampiamente orientati in senso
umanistico talvolta ideologicamente inclini, i quali ritengono in generale che
il loro ruolo sia quello di fare della critica sociale, sta per essere rapidamente
sostituito sia da esperti e specialisti, coinvolti in particolari attività
alternative, o da “integratori generalisti” i quali sostituiscono gli ideologi
dei potenti fornendo loro una visione generale complessiva delle azioni più
diverse. Una comunità di intellettuali, orientati all’organizzazione e
preoccupati delle applicazioni, che si relaziona in maniera più efficace al
sistema politico dei loro predecessori ha la funzione di introdurre nello
stesso sistema politico questioni più ampie di quelle che probabilmente possono
essere generate da esso e forse più importanti di quelle formulate dai critici
esterni[5].
L’espansione
della conoscenza e l’ingresso nella vita socio-politica della comunità
intellettuale ha l’ulteriore effetto di trasformare l’educazione in un processo
quasi continuo. Dagli anni 80 non solo approssimativamente due terzi di
cittadini statunitensi hanno il diploma superiore, ma è quasi certo che la
riqualificazione sistematica della elite sarà una regola nel sistema politico.
Sarà normale per ogni alto funzionario essere impegnato in un quasi continuo
apprendimento di nuove tecniche e di nuove
conoscenze e sottoporsi a periodi di riqualificazione. L’acquisizione
della educazione elementare obbligatoria è stata una rivoluzione compiutasi
nell’età industriale. Nella nuova società tecnetronica sarà ugualmente
necessario di chiedere ad ognuno di prendersi due anni di riqualificazione ogni
dieci anni. (Forse ci sarà persino un emendamento costituzionale, in base al
quale sarà richiesto al presidente eletto di passare almeno un anno studiando
per aggiornarsi). Altrimenti non sarà possibile tenersi al passo o acquisire
nuove conoscenze.
Giacché i bisogni sono diversi è
probabile che il sistema educativo subirà un cambiamento fondamentale nella sua
struttura. Le postazioni dei computer, in grado di fornire i processi educativi
più avanzati a casa, permetteranno un’ampia e continua rieducazione degli
adulti. Ai livelli più avanzati è probabile che le agenzie governative e le
corporazioni svilupperanno – e alcune hanno già cominciato a farlo – i loro
propri sistemi educativi avanzati, plasmati sui loro bisogni particolari. Nella
misura in cui l’educazione diventa sia un processo continuo e al tempo stesso
si orienta sempre più verso l’applicazione, il suo schema organizzativo sarà
ridisegnato per legarlo direttamente all’azione politica e sociale.
E’
del tutto possibile che una società sempre più orientata all’apprendimento
potrà assorbire meglio in maniera elastica i cambiamenti attesi nella vita
sociale individuale. La meccanizzazione del lavoro e l’introduzione dei
robot ridurrà le attività che tengono
occupate milioni di persone. Il crescente PIL (che potrebbe raggiungere
approssimativamente i 10.000 dollari pro capite l’anno), connesso all’avanzamento
educativo, potrebbe suscitare tra coloro, che sono meno implicati nella
gestione sociale e meno interessati allo sviluppo scientifico, un’onda di
interesse verso gli aspetti culturali e umanistici della vita, oltre alle
preoccupazioni puramente edonistiche. Ma persino queste ultime potrebbero
funzionare come valvola di sfogo sociale, riducendo le tensioni e le
frustrazioni politiche. Il controllo più ampio sull’ambiente esterno potrebbe
rendere più facile e meno incerta l’esistenza.
Ma la chiave di un adeguato
adattamento alle nuove condizioni sta nella selezione effettiva nella
distribuzione e nell’utilizzazione del talento sociale. Se si può dire che la
società industriale si è sviluppata attraverso la lotta per la sopravvivenza
del più adatto, la società tecnetronica – per prosperare – richiede la
mobilitazione effettiva dei più abili. I criteri oggettivi e sistematici per
selezionare i più dotati devono essere sviluppati e la più grande opportunità
della loro preparazione ed avanzamento deve essere ancora fornita. La nuova
società richiederà enormi talenti – così come una quantità di saggezza
filosofica – per gestire ed equilibrare con efficacia i cambiamenti attesi.
Altrimenti la dinamica del cambiamento potrebbe determinare in maniera caotica
le modalità della trasformazione sociale.
Fortunatamente la società
americana sta diventando più consapevole non solo del principio delle pari
opportunità per tutti ma anche del principio delle particolari opportunità per
quei pochi che hanno talento. Gli Stati Uniti che non sono mai stati uno stato
veramente aristocratico (con l’esclusione forse di alcune aree nel sud e nel
New England) che mai sono stati
realmente soggetti a una leadership ideologica e carismatica, che stanno
gradualmente cessando di essere una società plutocratica-oligarchica, stanno
diventando qualcosa che può essere definito ‘democrazia meritocratica’ . Ciò
mette insieme il rispetto continuato per la volontà popolare con il crescente
ruolo nelle istituzioni decisionali chiave degli individui che hanno raggiunto
particolari livelli intellettuali e scientifici. I sistemi educativi e sociali stanno rendendo
questo processo sempre più attraente e
agevole per quei pochi meritevoli capaci di sviluppare più a fondo il loro
particolare potenziale. Il reclutamento e lo sviluppo del talento sociale è
pronto per essere esteso ai più poveri e ai più emarginati ma ciò è solo
all’inizio. Nessuno può dire se ciò sarà sufficiente a rispondere alla sfida
attuale ma la società americana sempre più educata e programmata, governata da
una democrazia meritocratica, può offrire una possibilità migliore.
Il Trauma del Confronto
Per
il mondo nel suo complesso l’affermarsi della nuova società tecnetronica
potrebbe avere l’effetto paradossale di creare mondi assai diversi in un
pianeta che si sta continuamente restringendo, a causa della rivoluzione nelle
comunicazioni. Mentre il cambiamento scientifico tecnologico inevitabilmente
avrà alcune ripercussioni, non solo il gap tra i mondi sviluppati e quelli
sottosviluppati probabilmente diventerà più ampio – specialmente nei termini
più misurabili degli indici economici – ma un nuovo gap potrebbe svilupparsi
all’interno del mondo industrializzato e urbano.
Il fatto è che l’America, avendo
lasciato la fase industriale sta oggi entrando in una differente epoca storica:
differente da quella dell’Europa occidentale e del Giappone. Ciò sta provocando
cambiamenti sottili e ancora indefinibili nella psiche americana, costruendo la
base psico- culturale per più evidenti contrasti politici tra i due lati
dell’Atlantico. Certamente vi sono sacche di innovazione o di ritardo in
entrambi i lati. La Svezia condivide con l’America il problema dell’ozio, del
benessere psichico, della mancanza di scopo; mentre il Mississipi sta
sperimentando l’introduzione della società industriale in un modo non diverso
da alcune regioni dell’Europa sud occidentale. Ma io credo che la
generalizzazione ampia è ancora valida: l’Europa e l’America non sono più nella
stessa epoca storica.
Ciò
che rende l’America unica ai nostro tempi è che si tratta della prima società a
sperimentare il futuro. Il confronto con il nuovo, che includerà presto gran
parte di ciò che ho delineato, fa parte della esperienza quotidiana americana.
Nel bene e nel male la parte restante del mondo apprende ciò che è pronto per
lei osservando ciò che accade negli Stati Uniti: le ultime scoperte scientifiche
di carattere spaziale, di carattere medico o lo spazzolino elettrico nel bagno;
nel’arte pop o nel LSD, nel condizionamento dell’aria o nell’inquinamento, nei
problemi degli anziani o nella delinquenza giovanile. L’evidenza è più
sfuggente in aspetti quali la musica, lo stile, i valori, i costumi; ma anche
qui il termine “americanizzazione” indica ovviamente la fonte. Oggi l’America è
la società creativa; le altre
consciamente o inconsciamente emulano.
La
leadership americana è particolarmente forte nelle cosiddette industrie di
frontiera, le quali riguardano i campi più avanzati della scienza. SI è
calcolato che l’80 per cento di tutte le scoperte scientifiche e tecnologiche
fatte negli ultimi decenni sono state realizzate negli Stati Uniti. Circa il 70
per cento di tutti i computers operano negli Stati Uniti; il predominio
americano nei laser è ancora più evidente; gli esempi del predominio
scientifico americano sono numerosissimi.
E’
ragionevole pensare che tale leadership continuerà. L’America ha quattro volte
gli scienziati e i ricercatori di tutti quelli presenti nell’intera Comunità
Economica Europea; tre volte e mezzo gli scienziati dell’Unione sovietica.
L’assorbimento dei cervelli si realizza quasi esclusivamente in una direzione.
Gli Stati Uniti spendono anche di più nella ricerca: sette volte quanto spende
la comunità Europea, tre volte e mezzo l’Unione Sovietica. Dal momento che lo
sviluppo scientifico è un processo dinamico è probabile che la distanza
aumenterà.
A
livello sociale l’innovazione americana appare ancora più sorprendentemente
nella misura in cui la nuova elite meritocratica espande il suo controllo sulla
vita americana utilizzando l’università, sfruttando le più recenti tecniche di
comunicazione appropriandosi il più velocemente possibile dei più recenti
strumenti tecnologici. La Tecnetronica domina la vita americana come nessuno
aveva fatto finora. Ciò avrà conseguenze sociali e politiche e quindi anche
psicologiche, producendo un differenziamento psicoculturale nel mondo
sviluppato.
Allo
stesso tempo le regioni arretrate del mondo stanno diventando più, piuttosto
che meno, povere in rapporto al mondo sviluppato. Possiamo calcolare
approssimativamente che il reddito pro capita del mondo sottosviluppato è circa
10 volte più basso di quello dell’America e dell’Europa (e 25 volte più basso
di quello della stessa America). Dalla fine del secolo il criterio poteva
essere circa 15 a 1 (o probabilmente 30 a 1 nel caso degli Stati Uniti), con le
nazioni arretrate nel migliore dei casi
che si stavano avvicinando all’attuale livello delle nazioni europee molto
povere, ma in molti casi (p. es. l’India) probabilmente senza nemmeno
raggiungere tale modesto livello.
Tuttavia,
le elites sociali di queste regioni tenderanno quasi naturalmente ad assimilare
ed emulare, nella misura in cui i loro mezzi e poteri glielo permettano, lo
stile di vita del mondo più avanzato, con il quale esse sono e sempre più
saranno in stretto e diretto contatto attraverso la televisione, i films, i
viaggi, l’educazione e le riviste internazionali. La differenziazione
internazionale avrà pertanto un riflesso interno, con le masse, che avranno a
disposizione anche nelle regioni più arretrate le radio a transistor e presto la
televisione e che pertanto diventeranno sempre più consapevoli della loro
deprivazione.
E’
difficile concepire come in tale contesto le istituzioni democratiche (derivate
in larga misura dall’esperienza occidentale, ma tipiche solo delle nazioni
occidentali più ricche e stabili, potranno durare in un paese come l’India o
svilupparsi altrove. Il futuro prevedibile è più probabile poti a una dittatura
personale e ad alcune dottrine unificanti, nella speranza che tale combinazione
di questi due elementi garantisca il minimo di stabilità necessaria per lo
sviluppo socio economico. Tuttavia, il problema è che mentre nel passato le
ideologie del cambiamento si muovevano dal mondo sviluppato verso quello meno
sviluppato, in modo da stimolare l’imitazione del mondo sviluppato (come nel
caso del comunismo), oggi le differenze tra i due mondi sono così forti che è
difficile cocepire una nuova ondata ideologica originantesi nel mondo
sviluppato, in cui generalmente la tradizione del pensiero utopistico sta
declinando.
Con
l’allargamento della distanza che impedisce ogni speranza di imitazione, lo
sviluppo più probabile sarà costituito da una ideologia di rifiuto del mondo
sviluppato. L’odio razziale potrebbe fornire la necessaria forza emotiva,
sfruttata da leader romantici e xenofobi. Gli scritti di Frantz Fanon –
violenti e razzisti – ne sono un buon esempio. Tali ideologie del rifiuto, che
mettono insieme razzismo e nazionalismo ridurrebbero ulteriormente le
possibilità di una significativa cooperazione regionale, coì essenziale se la
tecnologia e la scienza debbono essere applicate in maniera efficace. Esse
certamente amplierebbero le già esistenti differenziazioni psicologiche ed
emotive. In vero, ci si potrebbe chiedere a questo punto chi è il vero
depositario di questa indefinibile qualità che chiamiamo umana. Il dominatore
dal punto di vista tecnologico e il tecnetronico condizionato, che ha sempre
più imparato ad adeguarsi all’ozio, o il più “naturale” e arretrato
agricoltore, sempre più dominato dalle passioni razziali e continuamente
esortato a lavorare con più vigore, anche se l’obbiettivo di una buone vita
diventa più sfuggente?
Il
risultato potrebbe essere la moderna lezione su scala globale della antica
dicotomia rurale-urbano. Nel passato le difficoltà prodotte dal passaggio da
un’economia essenzialmente agricola ad una urbana hanno dato luogo a gran parte
dell’impeto che sta alla base della violenza rivoluzionaria[6].
Applicata su scala globale tale divisione potrebbe sostanziare l’audace tesi di
Lin Piao secondo la quale:
Prendendo
in considerazione l’intero pianeta, se il Nord America e l’Europa occidentale
possono essere chiamate le città del mondo, allora l’Asia, l’Africa e l’America
Latina ne costituiscono le “regioni” rurali. In un certo senso la rivoluzione
del mondo contemporaneo presenta ancora una volta il quadro dell’accerchiamento
delle città da parte delle zone rurali.
In
ogni caso anche senza prevedere tale scontro dicotomico è facile dire che le
regioni sottosviluppate dovranno fronteggiare sempre più gravi problemi di
stabilità politica e sopravvivenza sociale. In vero (per usare un formula
condensata) nel mondo sviluppato la natura dell’uomo in qianto uomo è
minacciata; in quello sottosviluppato lo è la società. L’interazione dei due
fenomeni potrebbe produrre il caos. Certamente gli stati più avanzati
possiederanno i mezzi di distruzione persino più terribili, probabilmente
perfino capaci di annientare le conseguenze della prolificazione nucleare che
sembra sempre più inevitabile. Le armi biologiche e chimiche, i raggi della
morte, le bombe ai neutroni, i gas nervini e una moltitudine di altri
strumenti, posseduti in tutte le loro sofisticate varietà (come sembra
probabile) solo dalle due superpotenze può imporre al mondo una certa stabilità.
Comunque sembra improbabile, data la rivalità tra le due principali potenze,
che un sistema completo contro la violenza internazionale possa essere
costituito. Alcune guerre locali tra le nazioni più povere, più deboli, più
inclini al nazionalismo possono scoppiare occasionalmente, dando luogo forse
persino all’estinzione nucleare totale di una o più nazioni più piccole? Prima
che un più forte controllo internazionale sia imposto sulla scia dello shock
così generato.
Tuttavia,
il problema soggiacente può essere trovato nella possibilità di evitare in
qualche modo l’ampliamento della distanza culturale psicosociale dovuta alla
crescente differenziazione del mondo. Anche con la differenziazione graduale
sviluppatasi nel corso della storia umana è soltanto con la rivoluzione
industriale che forti differenze tra le società hanno cominciato ad apparire.
Oggi8 alcune nazioni vivono ancore in condizioni non diverse da quelle dei
tempi precristiani; molte si trovano ancora nell’età medioevale. Tuttavia ben
presto poche società vivranno in forme così nuove che ora è difficile
immaginare le loro ramificazioni sociali e individuali. Se il mondo sviluppato
fa un salto – come sembra inevitabile – in una realtà che è perfino più
differente dalla nostra realtà attuale di quanto la nostra è diversa da un
villaggio indiano, la distanza e le conseguenze relative non diminuiranno.
Al
contrario, il rimescolamento elettronico istantaneo dell’umanità produrrà un
confronto intenso, forzando la pace sociale tradizionale. In passato le
differenze erano “vivibili”, a causa del tempo e della distanza che le
separavano. Oggi queste differenze si stanno di fatto ampliando, mentre la
tecnetronica sta eliminandole due dimensioni del tempo e dello spazio. Il
trauma che ne risulta potrebbe creare prospettive di vita quasi completamente
differenti, facendo sì che l’insicurezza, l’invidia e l’ostilità si trasformino
nelle emozioni dominanti per una massa sempre più ampia di individui. La
divisione tripartita in modi di vita arretrati e rurali, urbani e industriali e
tecnetronici possono soltanto ulteriormente dividere l’uomo, intensificare le
difficoltà di comprensione globale e rivitalizzare i conflitti latenti e
esistenti.
Il
ritmo dello sviluppo americano amplia la divisione all’interno dell’umanità e
allo stesso tempo contiene i germi di una risposta costruttiva. Tuttavia, né il
potere militare né la ricchezza materiale, che l’America possiede in
abbondanza, possono essere usate direttamente
per rispondere alla divisione emergente nel pensiero, nelle norme e nel
carattere degli uomini. Tutt’al più, il potere può solo garantire un ambiente
esterno relativamente stabile: l’attenuazione o il contenimento di una
potenziale e globale guerra civile; la ricchezza può lubrificare i punti di
frizione socio-economica, in tal modo facilitando lo sviluppo. Ma nella misura
in cui l’uomo – soprattutto nelle società avanzate – avanza sempre più nella
sua capacità di controllare e persino creare l’ambiente, dovremo preoccuparci
di dare all’uomo un contenuto significativo, per migliorare la sua qualità di
vita in quanto essere umano.
L’uomo non ha mai realmente cercato di usare
la scienza nel dominio dei suoi sistemi di valore. E’ difficile trasformare il
pensiero etico, ma la storia dimostra che si trasforma… in forme limitate
l’uomo dirige la sua importantissima e
sempre più rapida educazione psico-sociale. L’evoluzione di tali oggetti come
le automobili, gli aeroplani, le armi, le istituzioni giuridiche, le corporazioni,
le università e i governi democratici costituiscono esempi dello sviluppo
progressivo realizzatosi nel corso del tempo. Tuttavia noi non abbiamo mai
realmente tentato deliberatamente di creare una società migliore per l’uomo in
quanto uomo…[7]
Si
tratta di un urgente bisogno che può spingere l’America a ridefinire la sua
posizione globale. Nel periodo finale di questo secolo, data la prospettiva
futura che ho qui delineato, è probabile che l’America sia meno preoccupata di
“combattere il comunismo” o di creare “un mondo che rispetti le diversità”
piuttosto che favorire l’elaborazione di una risposta comune al resto
dell’umanità per fronteggiare le conseguenze di una era veramente nuova. Ciò
significherà fare della diffusione massiccia della conoscenza tecnologica e
scientifica il principale obiettivo del coinvolgimento americano negli problemi
mondiali.
In
qualche misura gli Stati Uniti già hanno questo ruolo semplicemente essendo ciò
che sono. L’impatto di questa realtà e il suo coinvolgimento globale spinge
all’emulazione. L’emergenza di ampie corporazioni internazionali, in maggior
parte originatesi negli Stati Uniti rende più facile il trasferimento delle
abilità, delle tecniche di gestione, delle procedure di marketing e delle
innovazioni scientifico-tecnologiche. La costituzione di queste corporazioni
nel mercato europeo ha stimolato gli europei a considerare più urgente la
necessità di integrare le loro risorse e di accelerare il ritmo della loro ricerca
e sviluppo.
Analogamente
i laureati nelle università americane, tornati nel loro paese, hanno attivato
una rivoluzione intellettuale e organizzativa nella vita accademica dei loro
paesi. Le trasformazioni nella vita accademica della Gran Bretagna, della
Germania, del Giappone, più recentemente della Francia e (persino in maggiore
misura) dei paesi meno sviluppati può essere collegata all’irruenza delle
istituzioni educative statunitensi. Invero, nel principale istituto tecnologico
turco si fanno lezioni in “americano”, ed esso imita deliberatamente i metodi
statunitensi non solo nella prospettiva ma anche nelle relazioni studente-
professore. A causa degli sviluppi nelle comunicazioni moderne non sarà a breve
possibile che gli studenti della Columbia University e quelli dell’Università
di Teheran ascolteranno simultaneamente
lo stesso professore?
L’emergenza
di una élite universale intellettuale, che condivida certi valori e aspirazioni
comuni in qualche modo compenserà l’ampliamento della differenziazione tra gli
uomini e le società. Ma ciò non risolverà il problema posta da tale
differenziazione. In molte nazioni arretrate la tensione tra ciò che è e ciò
che potrebbe essere sarà acuita. Tuttavia, come ha osservato Kenneth Boulding:
La
rete della comunicazione elettronica sta inevitabilmente producendo una super
cultura mondiale, e le relazioni tra questa super cultura e le tradizionali
culture nazionali e regionali del passato resta il grande problema dei prossimi
cinquant’anni [8].
Questa
super cultura fortemente influenzata dalla vita americana, con il suo
linguaggio universale elettronico e informatico considererà difficile
relazionarsi con “le culture più tradizionali e regionali”, specialmente se la
distanza di fondo continua ad allargarsi.
Per
controllare questa distanza, un cambiamento graduale nello stile e nel
comportamento diplomatico può comportare la ridefinizione del ruolo
dell’America nei problemi mondiali. I diplomatici professionali dovranno dare
la precedenza alla leadership intellettuale dal momento che il governo
negozierà direttamente - o invierà rapidamente dei negoziatori – ci sarà meno
bisogno di ambasciatori residenti e più di ambasciatori che sono in grado di
operare come interpreti creativi della nuova epoca, desiderosi di impegnarsi in
un significativo dialogo con la comunità intellettuale ospite e preoccupati di
promuovere la diffusione più ampia possibile della conoscenza disponibile. Il
loro compito sarà quello di stimolare e sviluppare programmi di cooperazione
scientifica e tecnologica.
La
cooperazione internazionale sarà necessaria in quasi ogni aspetto della vita:
per riformare e sviluppare sistemi educativi più moderni per promuovere nuove
fonti di rifornimenti alimentari, per accelerare lo sviluppo economico, per
stimolare la crescita tecnologica, per controllare il clima, per diffondere le
nuove conoscenze mediche. Tuttavia, poiché le nuove élite hanno un interesse
acquisito nei loro nuovi stati nazione e a causa della crescente xenofobia tra
le masse nel terzo mondo, lo stato nazione rimarrà per lungo tempo il punto
centrale della fedeltà, specialmente per i popoli economicamente arretrati e da
poco liberatisi. Predire ad alta voce la sua morte e agire spesso come se fosse
morto potrebbe provocare (come ha fatto in parte l’Europa) una reazione di
segno contrario da parte di coloro che vorremmo influenzare. Quindi, il
regionalismo deve essere favorito con il dovuto rispetto verso il significato
simbolico della sovranità nazionale, e preferibilmente anche incoraggiando coloro
che si adoperano per difendere le prospettive regionali.
Perfino
più importante sarà stimolare, per la prima volta nella storia a livello
globale, il necessario confronto su cosa della vita dell’uomo noi vogliamo
salvaguardare o promuovere e sull’importanza dei sistemi morali esistenti per
una fase che non può essere incasellata nei ristretti confini di dottrine in
declino. La ricerca di nuove direzioni – che vanno al di là del visibile
sviluppo economico – potrebbe essere un argomento appropriato per uno speciale
congresso mondiale, dedicato ai problemi tecnetronici e filosofici di questa
fase incipiente. Nessuna società, anche se avanzata, è in grado di fornire una
risposta a questi problemi.
[1] Forse la
fonte più utile si può trovare nel numero dell’estate del 1967 di Daedalus,
dedicato interamente a ‘Toward the Year 2000: Work in progress’. L’introduzione
del prof. Daniel Bell, presidente della American Academy’s Commission on the
Year 2000 (della quale l’autore è anche un membro) riassume i principali
aspetti della letteratura sull’argomento.
[2] Vedi lo studio pioneristico di
Daniel Bell ‘Notes on the Post-Industrial Society’, The Public Interest, Nos. 6
and 7, 1967.
[3] L’America fa eccezione a questa regola per l’assenza della
tradizione feudale, un aspetto ben sviluppato da Louis Hartz nel suo lavoro
‘The liberal tradition in America (1955).
[4] E’ degno
di nota che l’esercito statunitense ha talmente sviluppato i sistemi di
controllo che spesso i sergenti ordinino e coordinino i massicci attacchi aerei
e il fuoco di artiglieria – responsabilità che durante la II Guerra mondiale
avevano i colonnelli.
[5] Tuttavia, vi è un pericolo in tutto ciò che non dovrebbe essere trascurato.
L’intenso coinvolgimento nella conoscenza applicata potrebbe gradualmente
provocare l’indebolimento della tradizione di imparare solo per imparare. La
comunità intellettuale comprese le Università potrebbe diventare un’altra
‘industria’, che recepisce i bisogni sociali come i diktat del mercato, con gli
intellettuali che ricercano le ricompense materiali e politiche più
consistenti. L’ansia per il potere, il prestigio e la bella vita potrebbe
significare la fine dell’ideale aristocratico del distanziamento intellettuale
e della ricerca disinteressata della verità .
[6] V. la
documentazione di tale processo nello studio pioneristico di Barrington Moore
Social Orgins of Dictator Schip end Democracy (1967) .
[7] Hudson Hoagland, “Biology, Brains, and Insight”, Columbia University Forum, Summer 1967.
[8] Kenneth Boulding, “Expetting the Unexpetted”,
Prospective Changes in Society by 1980 (1960)
Nessun commento:
Posta un commento