Quarta parte: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/studio-su-hegel-filosofia-storia-etica_13.html
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[8] - Lo Hegel giovane “approfondisce il progetto
schilleriano dell’educazione estetica attribuendo all’arte ed alla poesia
intesa come <maestra dell’umanità> la funzione storica di trasmissione
attraverso la bella apparenza di una razionalità divenuta sentire comune di un
popolo libero. L’azione etica è in tal senso un’azione bella, colui che la
compie è una <bella figura> ed al tempo stesso la sua esistenza è un
ideale, cioè un’idea concretamente calata nella realtà storica.” (AAVV, 7376:
201s).
Interessante Cassirer, 6508: 156-8 - «In seguito i
filosofi hanno cercato di evitare questa conclusione [la condanna platonica dell’ arte]
assegnando all’ arte una meta più elevata. Ci hanno spiegato che l’
arte riproduce non già il mondo fenomenico, ma il mondo sovrasensibile. Questa
idea prevale in tutti i sistemi dell’ estetica idealistica: da Plotino giù giù
fino a Schelling e Hegel. La bellezza, si afferma, non è una mera qualità
empirica o fisica delle cose; è un predicato intelligibile, sovrasensibile.
Nella letteratura inglese troviamo questa concezione, per es., nelle opere di
Coleridge e di Carlyle. In ogni opera d’ arte, afferma Carlyle, noi discerniamo
l’ etermità che traspare nel tempo, il divino reso visibile» (Cassirer, 6508:
158).
«... Baumgarten, sappiamo, propose con notevole successo postumo il nome
intenzionalmente filosofico di “estetica”, per molti decenni accettato però
solo in area tedesca. Kant non lo adoperò mai come nome disciplinare, non
sentendo affatto il bisogno di dare un nome quale che sia a una riflessione che
non era un sapere. Schelling tenne poi lezioni non di “estetica”, ma di
“filosofia dell’ arte”, e anche Hegel avrebbe preferito questo nome a quello,
impostosi in sostanza per ragioni di routine
accademica.» (Garroni, 6631: 37). Platonismo estico di Hegel versus Kant.
(AAVV, 7376: 203).
[8.1] - “A Jena la concezione hegeliana della
mitologia subisce però un processo di trasformazione che conduce ad un deciso
ridimensionamento del ruolo dell'arte rispetto alla religione e soprattutto
rispetto alla speculazione filosofica. Da un lato l'immagine della grecità come
totalità armonica è sostituita da un modello conflittuale in cui la religione
greca è vista come il risultato di una lotta tra dèi antichi e nuovi, tra
mitologia naturale e mitologia spirituale.
Dall'altro, nella definizione del rapporto tra mondo greco e mondo
cristiano, a quest'ultimo è attribuita una significativa preminenza in quanto
supera e riassume in sé gli elementi spirituali della religione naturale del
mondo orientale e della religione artistica dei greci. Tale posizione, che
diviene esplicita alla conclusione del periodo di Jena, nella Fenomenologia dello spirito, ha come conseguenza la non trasponibilità
nel mondo moderno, fondato sulla riflessione, del ruolo egemonico e
globalizzante che l'intuizione estetico-mitologica ricopriva nel mondo della polis.” (AAVV, 7376: 202).
[8.2] - Nel 1801, Hegel vede i rapporti fra arte e
filosofia in modo analogo a come pensa i rapporti tra l’uomo d’azione e il
filosofo. (AAVV, 7376: 202s). “Col cristianesimo (si ha) l’affermazione del
principio dell’interiorità e la conseguente assunzione di un ruolo secondario
dell’arte nell’espressione dell’interesse fondamentale dello spirito.” (AAVV,
7376: 206).
“L’estetica di Hegel si propone
essenzialmente come una filosofia
dell’arte o, meglio,... una filosofia dell’arte bella. A tale definizione
debbono esser ricondotti alcuni degli elementi fondamentali della teoria hegeliana:
l’interesse esclusivo per l’arte come prodotto di una specifica attività dello
spirito umano, con la conseguente esclusione dalla sfera estetica della
bellezza naturale [bello naturale],
la sua fondazione in una concezione speculativa del bello, l’affermazione della
necessità di un’esplicazione filosofica dei contenuti artistici. Il bello è per
Hegel in primo luogo una forma peculiare di estrinsecazione del vero, una
modalità di manifestazione dell’idea assoluta.” (AAVV, 7376: 210);
“Diversamente da Kant, Hegel esclude recisamente il bello naturale dalla
considerazione estetica.” (AAVV, 7376: 212); i termini in cui Hegel dà spazio
alla bellezza naturale (AAVV, 7376: 213s). Su Romanticismo e bello naturale,
cf. roman.doc.
[8.3] - “Laddove Hegel afferma
che <il sensibile è nell’arte spiritualizzato, giacché lo spirituale in essa
appare sensibilizzato>, ha in mente una reciprocità solo parziale nel
rapporto tra i due termini. Se infatti nella fantasia, che è la specifica
facoltà di produzione dell’arte, il sensibile costituisce il mezzo necessario
in cui si realizza la coscienza del contenuto ed il termine opposizionale a
partire dal quale il razionale può estrinsecarsi, si tratta tuttavia di un
sensibile di cui è messa in parentesi tanto la struttura materiale che <l’interna
compiutezza ed espansione empirica dell’organico>, elementi considerati
irrilevanti per lo spirito.” (AAVV, 7376: 214s). - [così come la ragione completa l’esistente, liberandolo delle sue particolarità, per fare
emergere/produrre il concetto; analogamente la fantasia, produttrice d’arte, semplifica il sensibile, per farne il viacolo dello
spirituale; in realtà, completamento e semplificazione si implicano e rovesciano l’uno nell’altro]. Da 1episte.doc
traggo: - Posto che conoscere
scientificamente implichi il <completare/completamento>, dovrebbe
risultarne: per poter dire <conoscenza vera>, i fattori da tener nel
conto dovrebbero essere (1) il rispetto di regole grammaticali o
logico-formali, nel senso del modo in cui una teoria (un enunciato) è costruita;
(2) il rispetto di regole di <corrispondenza>, ovviamente con la
consapevolezza del paradosso, per cui la corrispondenza riguarderebbe -ma fuori da una contrapposizione
‘intellettualistica’- entità diverse: da un lato l’ <oggetto di
pensiero>, dall’ altro l’ evento effettivo -l’ <oggetto di pensiero>
come guida per la risoluzione del geroglifico: in questo senso, è utile
Trinchero, 7336: 172b che, a proposito della teoria del significato elaborata
da Frege, sottolinea come essa sia avversa ad una concezione tipo <parola -
immagine- significato> (la contrapposizione ‘intellettualistica’ di segno e
significato, con la mediazione di una incerta immagine mentale [cf.
Wittgenstein]), in quanto, posto il nesso regola linguistica/uso/significato,
quest’ ultimo è definito, anche, all’ interno del sistema grammaticale; (3)
organicità della teoria -o enunciato- all’ interno di un corpus già acquisito
di verità; (4) consapevolezza della storicità del costrutto; qui si pone anche
la questione del rapporto fra <completamento> e il suo opposto -vale a
dire quella semplificazione, di cui
dice Peirce -giusta AAVV, 7124: 388-9-: dacché il paradosso sembra questo:
semplificare l’ oggetto complesso implica -o potrebbe implicare- un
completarlo; dovrebbe almeno esser vero che i due atti -del completamento e
della semplificazione- possono risultare le due facce di una stessa medaglia; se questo fosse vero, potrebbe risultare nello
stesso tempo vero che la teoria T completa l’ oggetto O, ma anche lo
semplifica; e viceversa. Da confrontare su questi punti quanto scrive Cesa,
5627: 59 a
proposito della posizione di Feuerbach, che è significativamente opposta a
quella del Marx (hegeliano) del 1857. Di qui, anche, la possibilità di
riconsiderare sia Hegel che Marx rispetto ai punti sopra indicati, che
andrebbero a loro volta messi a confronto con Nagel. In questo senso, tieni
presente W. Goldschmidt che -in AAVV, 7124: 335-6, polemizzando con Holz-
riconosce sì la funzione euristica o epistemeologica di un momento speculativo
all’ interno del metodo marxiano, ma rifiuta, anche, qualunque speculazione che
pretenda ‘completare’ l’ empiria (ergänzende
Spekulation). [Domanda mia: come posso individuare/descrivere un determinato
fenomeno empirico, se non presupposto una teoria, dunque, un costrutto anche
speculativo? Certo, i criteri di verifica di ciò che, posta una certa teoria, è
empirico, e di ciò che è speculativo, son diversi; ma perché <reale>
dovrebbe essere usato, solo, come sinonimo di <empirico>?]. - Da
Diderot, 0763: 899 ricavo che ciò che io chiamo il <completamento>
epistemologico può avere le sue origini in quel pensiero classico (greco), che
pensa ogni reale composto di tutti gli elementi naturali, per cui nulla è l’uno
(elemento) senza essere anche l’altro.
Da gwfh.doc traggo: - Hegel vuole
<<dedurre il mondo dall’ idea>>, nel senso che vuole dedurre i
principi ed assiomi delle scienza dal muoversi delle categorie. In tanto è
possibile una conoscenza teorica, in quanto si presuppone un sistema, ovvero
che le singole parti si dispongano in una rete di interconnessioni; in altre
parole, nella prospettiva della conoscenza teorica, la ‘parte’ è assunta, in
quanto si dispone ad una rete di
interconnessioni -non si tratta, dunque, dell’ immediata ‘parte’, ma sì della ‘parte’, in quanto inseribile in un contesto (l’ oggetto di pensiero) [cf. Cassirer, 521: 330a]. Come mostra
Cassirer, 521: 328a, a questo si lega il concetto di
<<integrale>> e di
<<integrazione>> -o, come, ho appuntato in altro luogo e nelle
schede- di <<completamento>> (Cassirer, 521: 330b): tutto ciò serve
bene a comprendere cosa sia l’ <<oggetto di pensiero>>, dunque, un
certo trattamento dell’esperienza, che la disponga alla ‘legalità’ (Cassirer,
521: 332).
[8.4] - Il concetto di <arte> è logico - storico e chiama in causa la Bakanntschaft. Il che appunto significa che il
sistema di intrecci fra prodotto
artistico ed una più generale fase della storia dello spirito non è puramente
intellettuale, ma implica i vari aspetti della realtà culturale. (AAVV, 7376:
216). Quella di Hegel è un’estetica del contenuto -ovviamente, spirituale.
(AAVV, 7376: 216a).
[8.5] - Simbolismo/simbolo.
Il simbolico -essenzialmente
connesso alla religione orientale- è la prima forma dell’arte, preparatoria
dell’arte classica (AAVV, 7376: 218). - Sul simbolismo, discussioni con
Creuzer, G.F. (AAVV, 7376: 219). - “E solo a partire dal 1821, successivamente
al primo corso di estetica, che Hegel estende in maniera significativa la
trattazione del simbolismo orientale, come testimonia una lettera a Creuzer del
maggio di quello stesso anno in cui dà comunicazione di una lettura
approfondita della recente seconda edizione della Symbolik und Mythologie der alten Völker ed afferma che ne farà uso
per le lezioni del semestre invemale. Lo stesso Creuzer aveva sino allora
incentrato le sue ricerche, sulla scorta di suggestioni neoplatoniche, sul
simbolismo egiziano, giungendo ad una trattazione ampia del simbolismo indiano
e persiano solo nell'edizione del 1821 della Symbolik. Il punto su cui Hegel in gran parte
concorda con la posizione creuzeriana è l'interpretazione del simbolo come
espressione del patrimonio spirituale dei popoli antichi. E ciò non nel senso
di un intenzionale, consapevole abbellimento-mascheramento di contenuti
razionali per mezzo di immagini- compiuto da dotti e destinato al
popolo, ma piuttosto dell'espressione intuitiva di una razionalità ancora in fieri, non adeguatamente chiara a se
stessa. Il simbolismo non è considerato come uno sviluppo cosciente di
pensieri ma come un tipo di produttività istintiva. Hegel prende dunque parte
per Creuzer, pur criticandone alcuni eccessi, contro l'interpretazione
puramente «storica» dei miti propugnata da Voss e da Lobeck, secondo cui la
mitologia sarebbe un insieme di storie e di figurazioni da assumere come un
sistema autonomo di significati, individuandone la genesi storica ... Ciò che
invece da Creuzer lo distacca è la convinzione che tra il simbolismo pre-artistico
dell'Oriente e il mito greco sussista una differenza di tipo strutturale e che
quindi non si possa pensare in termini di continuità, o di derivazione della
mitologia greca da quella orientale.” (AAVV, 7376: 219s).
- Per il rapporto apparenza/essenza, traggo questo da gwfh.doc: "Es
it das Wesen, wodurch das Dasein Erscheinung ist, oder bestimmter ausgedrückt:
was in Erscheinung scheint, ist das Wesen, aber zugleich ist sie auch nur Erscheinung; sie enthält zugleich in
Einem die Bestimmung, nicht das Wesen zu sein." (Hegel, 1134.3:501b) - quindi l'Erscheinung è l'Erscheinung
del Wesen ma, contemporaneamente, ha la determinazione di non essere Wesen: dal
punto di vista formale, richiama di fatto le argomentazioni del Parmenide. Ovviamente, è significativo
che, di seguito, Hegel svolga l'argomento anti-'intellettualistico' a proposito
della mitologia: evidentemente, ciò significa ribadire che l'Erscheinung non è riducibile al Wesen (nota anche i
toni anti-riduzionistici, a proposito delle religioni primitive, presenti in
Carlyle, 6413:16-7); anche una lettura 'intellettualistica' dell'Erscheinung va
rifiutata, l'anti - 'intellettualismo' vale anche per l'Erscheinung in generale; il 'riduzionismo' è da Hegel rifiutato. [Sulla questione del significato di
Erscheinung, cf. anche § 48] Come conferma dell'anti-riduzionismo hegeliano,
leggo la p.508 dello stesso testo: "Die Idee, welche das philosophische
System einer Zeit ausdrückt, hat dies Verhältnis zu seiner übrigen Gestaltung, daß sie die Substanz
seines Universums, sein allgemeines Wesen, [seine] Blüte ist, das
wissende Leben im reinen Denken des
einfachen Selbstbewußtseins [serve
per Bakanntschaft? Cf. anche la nota 222, in Q/L.]. Aber der Geist ist nicht nur dies,
sondern...eine vielseitige Entwicklung seines Deseins; und die Stufe des
Selbstbewußseins, die er erreicht hat, ist das Prinzip, das er in der
Geschichte, in den Verhältnissen seines Daseins offenbart." -
Modernità della concezione hegeliana del simbolico (AAVV, 7376: 220s). -
Differenza tra simbolo e segno (AAVV, 7376: 221s). - E’ accostabile al
feticismo il simbolismo incosciente della religione della luce? (AAVV, 7376: 223)
[8.6] - [Arte
classica/arte romantica] “L’arte assolutamente perfetta è per Hegel quella
classica, mentre la vicenda del romantico annuncia piuttosto la dissoluzione e
la fine della destinazione veritativa dell’arte nel mondo contemporaneo, in
chiarissima antitesi con la filosofia romantica della storia dell’arte, che
attraverso la vicenda storica di
essa preconizzava... una nuova grande
arte progressista.” (D’Angelo,
7582:53).
[8.7] - “... la tesi hegeliana della morte dell’arte può anche
essere letta come una presa di posizione antiromantica, come lo schierarsi
dalla parte del protestantesimo, della sua diffidenza nei confronti delle
immagini e della pompa del culto, contro la rinascita del cattolicesimo tramite
l’estetizazione della religione.” (D’Angelo, 7582: 54s). L’inglese T.L. Peacock
sostiene anch’egli la tesi della morte dell’arte, per la sua incapacità di
seguire il passo moderno dello sviluppo tecnico e scientifico. (D’Angelo, 7582:
76).
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