martedì 3 novembre 2020

Essere curati - Aristide Bellacicco

  Da: https://www.lacittafutura.it Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni" 

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La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco 



La classe politica che governa l’Italia è presa nella tenaglia, da cui non sa come uscire, fra la difesa del mercato e quella della salute dei cittadini. La demolizione del servizio sanitario pubblico dovuto alle politiche di contenimento della spesa negli ultimi decenni ha seriamente compromesso la capacità, pura e semplice, di curare i malati. 


La crescita dei positivi al coronavirus è ormai fuori controllo. I tamponi di massa, in questa fase, non hanno più alcuna efficacia sul piano della prevenzione. Quando un’epidemia si diffonde – come l’attuale – su scala nazionale, e con l’andamento di cui i numeri ci danno una stima sebbene approssimativa, diventa illusorio pensare di poterla contenere attraverso misure di isolamento. Queste ultime, infatti, risultano utili quando di tratta di contenere focolai circoscritti, ma sono del tutto inefficaci, e anche inapplicabili, nel caso in cui la diffusione dei contagi abbia un andamento di massa coinvolgendo, di fatto, l’intero territorio nazionale.

La circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020 ne prende implicitamente atto quando prescrive che “i contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare: 1) un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure 2) un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo eseguito il decimo giorno”.

Ciò significa che le persone che hanno contattato direttamente un positivo al tampone possono limitarsi a osservare un periodo di isolamento di quattordici giorni allo scadere del quale, se non sono comparsi sintomi, hanno la libertà di riprendere a circolare. 

Tale periodo di isolamento può essere ridotto a dieci giorni se la persona, alla fine di questo intervallo temporale, esegue un tampone antigenico (vale a dire quello rapido, che non dosa l’Rna virale ma solo le proteine che lo avvolgono, il cosiddetto capside virale) che risulti negativo.

Non è cosa di poco conto. A questo si aggiunge l’indicazione di “non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo a eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità”.

Traducendo in prosa il linguaggio tecnico-burocratico, si evince che se, per esempio, io ho avuto un contatto con una persona che a sua volta ha avuto un contatto con un soggetto positivo al tampone, non devo fare assolutamente nulla, e non sono soggetto ad alcun genere di restrizione, a meno che la persona che ho contattato non esegua un tampone che risulti positivo (ma nulla la obbliga a farlo, fatta eccezione per casi particolari). Solo in questo caso, io divento un “primo contatto” ma, ancora, non devo fare altro che rispettare l’isolamento di quattordici giorni o solo di dieci se, allo scadere di questi, mi sottopongo a un tampone antigenico (cioè, rapido) che dia esito negativo. E questo è tutto. La prescrizione di doppio tampone negativo per escludere la persistenza dello stato di contagiosità è scomparsa.

Risulta evidente, alla semplice luce del buon senso, che l’obiettivo di queste indicazioni abbia fondamentalmente lo scopo di ridurre il numero dei tamponi, l’esecuzione dei quali sta diventando sempre più irrealizzabile visto il gran numero delle richieste e l’esiguità delle risorse disponibili.

Inoltre, “le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per i disturbi del senso del gusto e dell’olfatto che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi”.

Quest’ultima indicazione, prevista dalla circolare citata, rende chiaro che il valore diagnostico del tampone e il suo valore predittivo riguardo alla contagiosità dei soggetti positivi a lungo termine viene fortemente ridimensionata.

Mi sembra che queste indicazioni della circolare del Ministero della salute siano state assai poco diffuse. Le lunghe code ai drive in potrebbero ridursi di molto se si prendessero sul serio questi, in parte nuovi, protocolli. Una parte consistente dei cittadini continua a credere che sottoporsi al tampone sia un modo efficace per limitare i contagi. Ma a quanto pare, leggendo la circolare di cui si sta trattando, nemmeno il Ministero della salute sembra essere sicuro che questa prassi sia utile.

A ciò si aggiunga la richiesta, avanzata negli ultimi giorni da varie Regioni, di sottoporre a tampone solo i soggetti sintomatici (replicando quanto si sosteneva nella prima fase dell’epidemia). Al contrario, in quel momento i tamponi di massa, se fossero stati corredati dall’effettiva possibilità di isolare tutti o la gran parte dei positivi, avrebbero avuto una ben diversa efficacia. Ma oggi la situazione è profondamente cambiata.

La conclusione è questa: nell’attuale fase dell’epidemia la priorità deve essere assegnata al trattamento dei soggetti sintomatici attraverso una precisa stadiazione:

⁃ le persone con sintomi non gravi devono assolutamente essere trattate a domicilio evitando così di affollare i pronto soccorso;

⁃ gli ospedali devono essere riservati alla cura dei soggetti che presentano complicazioni serie e che richiedono assistenza ventilatoria (sia in forma intensiva che sub-intensiva).

La demolizione del servizio sanitario pubblico dovuto alle politiche di contenimento della spesa negli ultimi decenni ha seriamente compromesso la capacità, pura e semplice, di curare i malati. A fronte di ciò, le misure assunte con l’ultimo Dpcm sembrano avere l’unico scopo, peraltro disperato, di non superare le possibilità, che sappiamo essere esigue, di curare chi ha bisogno di assistenza ospedaliera. È un segno di fallimento e di debolezza politica mascherata dalla retorica dell’emergenza ma che in realtà riflette l’impoverimento sociale e strutturale del paese.

La classe politica che governa l’Italia è presa nella tenaglia fra la difesa del mercato e quella della salute dei cittadini e non sa come uscirne. Vuole controllare la "curva dei contagi" pur sapendo che è probabilmente impossibile. Chiude attività di scarsa rilevanza epidemiologica mentre, nel corso dell’estate, ha lasciato via libera alle vacanze. Ha chiuso le discoteche e ha aumentato a dismisura il numero degli utenti dei mezzi pubblici. Non ha provveduto alla adeguata messa in opera degli ospedali Covid aperti durante la prima emergenza. Non ha assunto medici e infermieri. Continua a vociferare di vaccini che dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno sebbene sia improbabile per non dire impossibile.

Sono bugie, mezze misure, decisioni assunte sull’onda della paura e nel segno dell’improvvisazione. Siamo davvero in pessime mani e sarebbe ora di prendere tutto nelle nostre. Non dobbiamo farci terrorizzare dai numeri inutili dei contagi ma rivendicare a gran voce, e con tutti gli strumenti possibili ed efficaci, il nostro diritto a essere curati.

N.B. È evidente che il linguaggio della circolare cui si fa riferimento risente di un gergo burocratico e spesso astruso che ne rende difficile la comprensione. Purtroppo questa è la fine che la lingua italiana ha fatto nelle mani, e nelle teste, di chi ci governa. 


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