venerdì 17 febbraio 2023

Grandi speranze, ovvero l’Ucraina che verrà - Stefania Fusero

Da: https://www.lacittafutura.it - https://newcoldwar.org/ - , è editorialista de La Città Futura. 


L’Occidente collettivo, sempre più direttamente coinvolto nel conflitto in Ucraina, si è dimostrato ondivago riguardo gli obiettivi della sua partecipazione alla guerra e si è più volte contraddetto sulla natura e il numero delle armi da inviare in Ucraina. Su un altro fronte ha mantenuto invece chiarezza e costanza nel tempo: la totale dedizione ad un progetto neoliberista per un’Ucraina aperta alle corporazioni occidentali in cui i lavoratori non abbiano alcuna tutela o protezione.

Come sonnambuli verso un precipizio

Non si può dire che le potenze occidentali – USA, NATO, UE – abbiano espresso posizioni univoche, coerenti e lineari sulla gestione del conflitto in Ucraina, se non un partigiano sostegno per una delle parti in causa (il governo ucraino post-Maidan), la demonizzazione della Federazione Russa ed uno sdegnoso rigetto dell’antica arte della diplomazia.

Se il presidente francese Macron, ad una settimana dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina affermava: “Non siamo in guerra contro la Russia”, dopo circa un anno la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava di fronte al parlamento UE: “Stiamo combattendo una guerra contro la Russia”.

D’altra parte, se all’inizio delle operazioni militari russe Biden si impegnava solennemente ad evitare un conflitto diretto fra USA e Russia, recentemente membri dell’intelligence USA hanno rivelato che non soltanto CIA e forze speciali statunitensi stanno conducendo operazioni militari clandestine in Ucraina, ma che la CIA, insieme con un’agenzia di spionaggio di un altro paese della NATO, è impegnata in operazioni di sabotaggio all’interno della Federazione Russa stessa.

Non parliamo poi della escalation nell’invio di armi all’Ucraina da parte dei paesi occidentali – l’esempio più eclatante è sicuramente quello della Germania, che all’inizio del conflitto aveva a malincuore annunciato che avrebbe inviato elmetti e un ospedale da campo, poi, fra lo sdegno espresso da vari paesi alleati e sottoposta a pressioni sempre più forti, è arrivata dopo neppure un anno ad annunciare l’invio di carri armati. Così la Germania in pochi mesi ha rinnegato i principi della politica estera perseguita dopo la sconfitta del nazismo, uno dei quali imponeva alla Germania di non inviare armi in zone in conflitto, politica che si può riassumere con la promessa tedesca “mai più”. È il ribaltamento totale della politica di coesistenza pacifica con la Russia e l’Europa orientale perseguita da statisti come Willy Brandt, che ha implicazioni rilevanti per l’intero continente europeo, non solo per la Germania.

Sono passati pochi anni – ma sembrano secoli – da quando, il 7 maggio del 2015, il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier celebrava solennemente a Volgograd il 70^ anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. “Qui a Stalingrado, queste persone determinarono la prima svolta decisiva della guerra. Qui a Stalingrado, queste persone iniziarono la liberazione dell’Europa dalla dittatura nazista. In tal modo, hanno fatto sacrifici incommensurabili. Come tedesco, mi inchino davanti a queste vittime con dolore. E chiedo perdono per le infinite sofferenze che i tedeschi hanno inflitto agli altri in nome della Germania, qui in questa città, in tutta la Russia, nelle parti dell’allora Unione Sovietica che ora sono Ucraina e Bielorussia, e in tutta Europa…”.

Nessuno ha descritto questa escalation meglio dell’ex ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov già nell’ottobre dello scorso anno.

“Quando sono stato a Washington a novembre, prima dell’invasione, e ho chiesto gli Stinger, mi hanno detto che era impossibile. Adesso è possibile. Quando ho chiesto pistole da 155 millimetri, la risposta è stata no. HIMARS, no. HARM, no. Ora tutto questo è un sì. Pertanto, sono certo che domani ci saranno carri armati, ATACMS e F-16.”

Insieme con la natura dei trasferimenti di armi, sono cambiati anche gli obiettivi, perlomeno quelli dichiarati. Siamo partiti, sembra, per aiutare l’Ucraina a difendersi dall’invasione russa, poi abbiamo cominciato a parlare di “vittoria ucraina” per infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia che l’avrebbe lasciata “indebolita”, con la caduta del governo di Putin. Ora siamo arrivati al punto che una ex ministra degli Esteri polacca, attualmente parlamentare europea, ha organizzato il 31 gennaio 2023 una riunione presso il Parlamento Europeo per “discutere le prospettive di decolonizzazione e deimperializzazione della Federazione Russa” (vale a dire un progetto di dissoluzione della Federazione Russa). Non è la prima volta, d’altra parte, che si parla apertamente di un progetto di smantellamento della Federazione Russa, sotto le mentite spoglie di un’improbabile lotta anti-imperialistica – si veda ad esempio un convegno tenutosi il 23 giugno 2022 a Washington per la cura della CSCE, agenzia governativa USA altrimenti nota come Commissione di Helsinki. La novità semmai è che iniziative simili si possano ora tenere pubblicamente e ufficialmente presso la sede istituzionale del parlamentino UE.

Se la traiettoria del coinvolgimento militare occidentale nel conflitto in Ucraina è stata apparentemente confusa e raffazzonata, per quanto riguarda il futuro economico, sociale e politico dell’Ucraina le idee si sono mantenute invece chiare e costanti nel tempo.

La tavola è imbandita

4-5 luglio 2022, Lugano: Ukraine Recovery Conference.

Rappresentanti di governi e di grandi aziende occidentali (USA, UE, UK, Giappone e Sud Corea) si sono incontrati in Svizzera per pianificare una serie di dure politiche neoliberiste da imporre all’Ucraina del dopoguerra, con la richiesta di tagliare le leggi sul lavoro, “mercati aperti”, abbassare le tariffe, deregolamentare le industrie e “vendere le imprese di proprietà statale ad investitori privati”. La URC (Conferenza sulla Ripresa dell’Ucraina) non era una nuova iniziativa, ma la continuazione della “Conferenza per la Riforma dell’Ucraina” (URC) iniziata nel 2017. Stesso acronimo, stesso spirito, vale a dire sollecitare il “rafforzamento dell’economia di mercato”, “decentramento, privatizzazione, riforma delle imprese statali, riforma agraria, riforma dell’amministrazione statale” e “integrazione euro-atlantica”.

6 settembre 2022: Volodymyr Zelensky apre virtualmente la Borsa di New York suonando simbolicamente il campanello tramite streaming video.

Lo stesso giorno Zelensky scrive un editoriale sul “Wall Street Journal” per lanciare il programma neoliberista “Advantage Ukraine”, in cui invita le società straniere a venire a sfruttare le sue abbondanti risorse e la manodopera a basso costo e offre a Wall Street “la possibilità di investire … in progetti del valore di centinaia di miliardi di dollari”.

23 gennaio 2023: discorso video di Zelensky all’Associazione USA delle Camere di Commercio Statali, riunita a Boca Raton, Florida, intitolato Dopo la fine della guerra, il business americano può diventare una locomotiva della crescita economica globale.

Una trascrizione del discorso è pubblicata sul sito istituzionale della presidenza ucraina: “E – quando riusciremo a porre fine a questa guerra cacciando gli occupanti – allo stesso modo insieme potremo iniziare il difficile lavoro di ricostruzione dell’Ucraina – le nostre città, la nostra economia, le nostre infrastrutture. È già chiaro che questo sarà il più grande progetto economico del nostro tempo in Europa. È ovvio che il business americano può diventare la locomotiva che spingerà ancora una volta in avanti la crescita economica globale.

Siamo già riusciti ad attirare l’attenzione e collaborare con giganti del mondo finanziario e degli investimenti internazionali come Black Rock, J.P. Morgan e Goldman Sachs. Marchi americani come Starlink o Westinghouse sono già diventati parte del nostro modo ucraino… E tutti possono avviare un grande business lavorando con l’Ucraina. In tutti i settori: dalle armi e difesa alle costruzioni, dalle comunicazioni all’agricoltura, dai trasporti all’informatica, dalle banche alla medicina.”

Capitalismo dei disastri

Nessuno è in grado di prevedere che cosa rimarrà dell’Ucraina alla fine della guerra, ma il progetto degli attori occidentali coinvolti è chiarissimo e si è già iniziato a metterlo in pratica.

L’Ucraina era già il paese più povero d’Europa e se come tutti quelli nell’area dell’ex Unione Sovietica ha subito gli effetti della brutale shock therapy [1] che li ha trasformati in economie di mercato, la terapia d’urto neoliberista imposta all’Ucraina non è stata così devastante come per la Russia. E ci sono ancora alcuni beni di proprietà statale in Ucraina che fanno gola alle corporazioni occidentali. Lo scorso agosto Zelensky ha di fatto eliminato il diritto alla contrattazione collettiva e alla rappresentanza sindacale per la maggioranza dei lavoratori ucraini, rendendoli così ancora più poveri.

O meglio, come sostiene l’economista Michael Hudson, l’Ucraina sarà sì il paese più povero d’Europa, ma lo è per il 99% dei cittadini; per il restante 1% – i corrotti cleptocrati del paese più corrotto d’Europa – può diventare invece il paese più ricco. E ovviamente l’invito a sfruttare le ricchezze del paese è esteso agli investitori della Borsa di New York. “Venite, unitevi alla festa! La perdita di qualcuno si trasforma nel gioco di qualcun altro. Ed è quello che succede in una guerra di classe. È un gioco a somma zero. Non c’è alcun tentativo di elevare il tenore di vita”.

La guerra di classe è stata dichiarata da tempo contro le classi subalterne nell’intero Occidente collettivo, non soltanto in Ucraina, ci ricordiamo quanto detto lo scorso agosto dal presidente francese Macron? “Quello che stiamo vivendo attualmente è una sorta di grande punto di svolta o di grande sconvolgimento... stiamo vivendo la fine di quella che poteva sembrare un’era di abbondanza...”

Il professor Michael Hudson commenta: “Quando ha detto la «fine dell’abbondanza», ciò che intendeva veramente era l’inizio di un programma di austerità del FMI applicato all’Europa. E la fine dell’abbondanza per il 90% è una miniera d’abbondanza per l’1%, per il settore finanziario. Stanno facendo enormi, enormi guadagni in tutto questo… L’austerità per la popolazione significa che ora metteremo in atto la guerra di classe qui… Sono salari più bassi, che consentono maggiori opportunità di profitto per le aziende. Sarà la fine dell’abbondanza per i salariati, ma sarà una miniera d’oro per i monopolisti e per le banche.”

È guerra di classe in Europa e negli USA, ma in Ucraina è al contempo una feroce cinica guerra per procura che sta triturando senza alcuna pietà gli sventurati ucraini facendone carne da cannone.


Note:

[1] La cosiddetta shock therapy (terapia d’urto) venne attuata per la prima volta nel Cile di Pinochet, poi fu ripetuta in Russia e negli altri paesi dell’URSS dopo la fine dell’Unione Sovietica per trasformarli in economie di mercato. I prezzi vennero liberalizzati eliminando al contempo ogni garanzia sociale per i cittadini, provocando un aumento della mortalità in eccesso e una diminuzione dell’aspettativa di vita, insieme a crescenti disuguaglianza economica, corruzione e povertà. Risorse e compagnie vennero comprate a prezzi stracciati da speculatori locali e stranieri che diventarono enormemente ricchi, mentre il tessuto sociale si disfaceva con l’aumento esponenziale di malattie, suicidi, criminalità.


Fonti:



German tanks in the Ukraine. Again (Maria Zakharova, Russian foreign ministry spokeswoman)





Zelensky is literally selling Ukraine to US corporations on Wall Street, Ben Norton in Geopolitical Economy, 9 Sept 2022





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