David Harvey sostiene che gli Stati neoliberali, quali si sono formati negli ultimi decenni, sono caratterizzati dall’autoritarismo (altro che Cina e Federazione russa!), al quale è necessario ricorrere per mettere sotto controllo l’instabilità del regime neoliberale, che ha bisogno di controllare più ferocemente le masse impoverite e l’esacerbata competizione per la concentrazione del capitale e per i conflitti interimperialistici.
Ma ciò non basta. Il neoliberalismo si è imposto anche come una concezione del mondo, grazie a vari pensatori e alle università, presentandosi come strenuo difensore delle libertà individuali, volendo invece garantire ai più ricchi (definiti meritevoli) di diventare ancora più ricchi e impoverendo tutti coloro che si sono fatti abbagliare dallo slogan “il pubblico non funziona”, senza comprendere che erano proprio i loro complici a non farlo funzionare. O che hanno creduto nella tanto agitata libertà per tutti, che nei fatti era solo cancellazione dei diritti dei più deboli secondo le parole di Marx “tra diritti uguali vince il più forte”.
Per questa ragione occorre tenere sotto controllo anche il modo di pensare e quello di sentire delle masse e a ciò non sono nemmeno più considerati sufficienti i media, il cinema, i social, ma persino i libri, i classici, alcuni dei quali potrebbero suscitare sentimenti ed emozioni che finirebbero per sfociare in atteggiamenti anti-sociali, ossia non in sintonia con l’attuale regime. Del resto, il FMI, altrimenti detto Fondo miseria, ha previsto che per le nuove forme di austerità che ci imporranno i prossimi anni saranno punteggiati da sommosse e rivolte.
Sin dal 2015, apprendiamo da un articolo pubblicato dal Corriere della sera, le università statunitensi “si sono dotate di un sistema di segnalazioni dei testi che possono rievocare traumi negli studenti”. Per esempio, quell’anno la Columbia University ha “messo al bando” Le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone (43 a.C.-18 d. C.), uno dei libri più significativi della letteratura latina, certamente non di facile lettura e interpretazione. La ragione di questa proibizione starebbe nel fatto che la sua lettura “arrecherebbe gravi disturbi alla psiche dei laureandi” (la prova non viene fornita). Secondo il comitato, addetto a questo genere di sorveglianza, l’opera, che illustra molti miti del mondo antico, “al pari di molti libri del ‘canone” occidentale’, contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe”. Debbo dire che non comprendo questa giustificazione e che il suddetto comitato è intervenuto per la denuncia di una studentessa del corso di letteratura classica, che sarebbe stata vittima di violenza sessuale e che ha criticato professore, il quale nell’illustrare il testo avrebbe enfatizzato “la bellezza dello stile e lo splendore del linguaggio figurato” (del tutto condivisibile). Nulla di particolarmente colpevole e lascivo, oltre al fatto che come si suol dire tra i conoscitori del latino “Omnia munda mundis” (tutto è puro per i puri), nel senso che forse è la stessa studentessa che ha dato tanta enfasi alle spiegazioni del docente sulla base di un atteggiamento proiettivo. Non stupiamoci se poi tutto questo si verifica in un Paese in cui la pornografia costituisce un fiorente negozio e ciò non scandalizza nessuno.
Non si tratta di un caso isolato. Infatti, come scrive sempre il Corriere, “negli ultimi anni ‘materiale potenzialmente offensivo’ è stato riscontrato in decine di opere letterarie, responsabili di raccontare — senza alcun filtro protettivo nei confronti dell’uditorio — l’orrore del passato: colonialismo, tortura, pedofilia, schiavitù”. Non a caso, sono numerose le università Usa che si sono dotate di “un sistema di segnalazioni dei testi che possono rievocare traumi negli studenti.
Un altro libro di tutt’altro contenuto ha alimentato serie preoccupazioni nei neocon statunitensi, noti oppositori dell’evoluzionismo darwiniano cui contrappongono il creazionismo. Si tratta della storia della piccola Pecola Breedlove (L’occhio più azzurro), che i poverissimi genitori affidano a una famiglia di colore perché non sono nelle condizioni di mantenerla. Il romanzo, pubblicato nel 1970 e scritto dalla grande autrice statunitense Toni Morrison, narra le tristi vicende della fanciulla che, sottoposta a maltrattamenti, abusi, beffe, matura il desiderio struggente di possedere occhi azzurri, pensando che ciò le avrebbe cambiato la vita. Ovviamente in questo caso non può essere tollerato un racconto che svela la crudeltà e la spietatezza del razzismo statunitense, qualcosa che la superpotenza non è ancora riuscita ad abbandonare, e che anzi torna a rivalutare ai suoi più alti vertici a seconda delle contingenze politiche (si pensi a Trump che si sta preparando ad essere rieletto).
Questo fenomeno, che ha preso vigore in tutta Europa con la russofobia scatenata contro autori del calibro di F. M. Dostoeskij e P. I. Tchaikovky, non è sconosciuto in Gran Bretagna. In virtù del Freedom of Information Act, che rende libero l’accesso ai documenti pubblici (2000), abbiamo appreso che molte università britanniche – tra le quali le otto del prestigioso Russell Group come Cambridge e Oxford - hanno eliminato dalla lettura molti libri, i cui contenuti sono considerati “provocatori” (challenging), preoccupandosi del “danno” che avrebbero potuto ingenerare negli studenti.
Per esempio, l’università dell’Essex ha eliminato in maniera permanente il romanzo The Underground Railroad di Colson Whitehead, autore premiato più volte, per la rapresentazione terribile della schiavitù nel sud statunitense attraverso le tragiche vicende di Cora, una giovane schiava fuggita da una piantagione e perseguitata da un rabbioso cacciatore di schiavi; mentre quella del Sussex ha cancellato l’opera classica La signorina Julie di August Strindberg del 1888, che all’epoca suscitò molto scalpore nella società svedese per aver messo in evidenza le aberranti relazioni tra le classi e tra uomo e donna. Motivo della sua attuale cancellazione è il suicidio della sua protagonista, cui è spinta dal suo stesso amante, offertale come unica via di uscita alla sua violazione delle convenzioni sociali.
Come si può ricavare dal titolo dell’articolo, la preoccupazione principale di queste misure è quella di “proteggere” gli studenti da informazioni che documentano gli episodi più oscuri della storia fatta dal cosiddetto civile uomo bianco, provocando in essi per i censori una qualche forma inaccettabile di rigetto. Ma forse c’è anche qualcosa di più sottile, di cui gli stessi “eliminatori” non sono consapevoli e che ha addirittura a che fare con la tradizione psicoanalitica. Spero che sia ancora noto che il fondamento di quest’ultima, che poi non costituisce una novità ottocentesca, sta nella scoperta che in ognuno di noi c’è un lato oscuro (l’inconscio), in cui si muovono latenti sentimenti e istinti contraddittori, il cui dispiegamento complessivo inevitabilmente irruento metterebbe a rischio la stessa convivenza sociale. Tale lato oscuro è ovviamente ineliminabile, ma può esser per così dire addomesticato attraverso un continuo lavoro di autoconoscenza e di ammorbidimento dei conflitti su cui si è costituita la mostra personalità, trasformandolo in una fonte di ampliamento delle nostre potenzialità psichiche e delle nostre capacità di comprensione degli altri, anche nelle forme autodistruttive e devastanti. Scopo di questi processi, che costituiscono appunto l’educazione sentimentale di ognuno di noi e in cui hanno un grande ruolo non solo i romanzi, ma l’arte in generale con tutte le sue manifestazioni, non è il raggiungimento della banale felicità, ma la costruzione di una persona vera e propria in grado di affrontare le tempeste della vicenda umana e di comprenderne la logica tortuosa con atteggiamento compassionevole e al contempo critico. Se mi è concessa un’altra citazione dal latino, ricordo il famoso nihil humani a me alienum puto (nulla di umano considero altro da me), che sostanzialmente riassume il fondamento dei diritti umani.
Sempre in Gran Bretagna sono considerate inquietanti opere e autori celebri come alcune di William Shakespeare, di Jane Austen, Charlotte Bronte, Charles Dickens, forse perché illustrano le complessità della dimensione psicologica in una società che ha bisogno di personalità piatte, uniformi e asservite.
Le parole della Truss hanno svelato l’innegabile aspetto politico della vicenda, che d’altra parte è stato messo in risalto dalla lista compilata nel 2021 da Matt Krauss, presidente della Commissione di indagine del Senato del Texas, nella quale sono indicati 850 libri. La lista è stata inviata con una lettera all’Agenzia di Educazione e ai distretti scolastici, per sapere se le scuole possedevano questi libri e quanto erano costati. Il caso del Texas, non esclusivo di questo Stato, ha fatto trapelare la notizia ed ha chiarito che tale tendenza si deve inserire nel contesto dello scontro generato dalle nuove leggi approvate sulla sessualità e sulla teoria critica della razza. Leggi che alcuni genitori considerano addirittura “marxiste”, così come i dittatori argentini ritenevano elogiativi di Cuba i libri sul cubismo. Come si vede in questi settori sociali regnano sovrane la paura irrazionale e la crassa ignoranza.
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