Da: materialismo storico - Caterina Genna insegna Storia della Filosofia presso l'Università degli Studi di Palermo; afferisce al Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, dove ricopre gli insegnamenti di Storia della filosofia contemporanea e di Storia della filosofia italiana contemporanea.
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Ad inizio del XXI secolo, consolidatasi la crisi delle ideologie, la memoria storica induce a ripensare alle opere di alcuni autori, che hanno caratterizzato il pensiero occidentale contemporaneo. Tra gli autori che di tanto in tanto tornano di moda, oppure sono ricordati con nostalgica memoria, trova posto Karl Marx, troppo spesso legato alle vicende storiche del XX secolo, dalla rivoluzione d’ottobre del 1917 al processo di destalinizzazione avviato in URSS con lo svolgimento del XX congresso del PCUS nel 1956; nonché dall’esplosione del movimento giovanile del 1968 alla caduta del muro di Berlino nel 1989. L’autore de Il capitale, nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di studio e di continue reinterpretazioni alla luce della riscoperta o della pubblicazione postuma di non poche opere giovanili1. Sempre nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di facili entusiasmi, sia in Europa orientale che in Europa occidentale; con la riscoperta di alcuni scritti giovanili, per un verso (in Europa occidentale), è stato osannato per avere posto al centro della sua produzione il cosiddetto problema della persona umana nell’ampio contesto della Sinistra hegeliana2; per un altro verso (in Europa orientale), è stato assunto a simbolo di un sistema politico che riteneva di potere cambiare il mondo3. Venuto meno il sistema politico del socialismo reale, l’opera di Karl Marx costituisce a pieno titolo una delle componenti più interessanti della storia della cultura contemporanea, se si presta la dovuta attenzione, oltre che agli scritti del Marx giovane, a quelli del Marx giovanissimo solitamente trascurati. Se ci si sofferma sui contenuti delle opere dedicate all’economia politica, si può riscontrare che il problema della persona umana continua a costituire il tema centrale del materialismo storico e dialettico, già posto ed elaborato nelle opere giovanili sul piano antropologico e sociologico.
Tuttavia, oltre che sulle opere del giovane Marx, è opportuno soffermarsi sulle opere del giovanissimo Marx, che dal conseguimento della licenza liceale a Treviri e dagli studi in giurisprudenza (compiuti nelle Università di Bonn e di Berlino) giunge al conseguimento della laurea in filosofia nell’Università di Jena, con una tesi incentrata sulla filosofia della natura di Democrito e di Epicuro (ossia sulla filosofia greca che transita dal periodo ellenico a quello ellenistico).
Più precisamente, il segmento cronologico e tematico, al quale intendiamo fare riferimento, è quello che dal 1835 (anno di conseguimento della licenza liceale a Treviri) conduce al 1841 (anno di conseguimento della laurea in filosofia nell’Università di Jena). In tal modo, nell’ampio contesto della produzione marxiana potremmo rilevare tre fasi: quella del Marx giovanissimo dal 1835 al 1841, quella del Marx giovane dal 1841 al 1848 e quella del Marx maturo dal 1848 al 1883. Le tre fasi consentono di riscontrare il tema di fondo della produzione marxiana, elaborata sulla parola chiave “umanismo”, strettamente correlata a quella di “materialismo storico”. Se umanismo sta per visione generale della realtà incentrata sul concetto di uomo inserito nel complesso sistema delle relazioni sociali, materialismo storico sta per interpretazione della storia che pone al centro della propria analisi la “materia umana”. D’altra parte, nel primo libro de Il capitale, il teorico della nuova economia politica sostiene: «I mezzi di lavoro non servono soltanto a misurare i gradi dello sviluppo della forza lavorativa umana, ma sono anche indici dei rapporti sociali nel cui quadro vien compiuto il lavoro»4. In questo passo del primo paragrafo (Processo lavorativo) del quinto capitolo (Processo lavorativo e processo di valorizzazione) della terza sezione (La produzione del plusvalore assoluto) del primo libro (Il processo di produzione del capitale) de Il capitale, risuona l’umanismo marxiano emblematicamente anticipato nella sesta Tesi su Feuerbach, ove si sostiene che l’essenza dell’uomo non possiede una connotazione astratta, ma concreta. «Nella sua realtà essa è l’insieme dei rapporti sociali»5.
Ponendo a confronto il suddetto passo de Il capitale con l’asserzione della sesta Tesi su Feuerbach, la memoria ricorre ad un altro passo de Il capitale, ove Marx pone a confronto la figura dell’architetto con quella dell’ape. Superando la dimensione istintiva della vita degli animali, l’uomo socializzato si trova a vivere all’interno di un sistema di produzione ove la sua forza-lavoro coincide tanto con l’attività materiale quanto con quella intellettuale. Il lavoro del ragno o dell’ape, per certi versi, non ha nulla da invidiare al lavoro svolto dall’uomo. «Ma ciò che fin da principio distingue il peggiore architetto dall’ape migliore è il fatto che egli ha costruito la celletta nella sua testa prima di costruirla in cera»6. Marx finalizza la sua analisi alla condizione nella quale si trova a vivere l’uomo reale, con l’obiettivo di realizzare un nuovo mondo all’interno del quale l’uomo vero trovi la sua dimensione di vita autentica, superando le barriere della diseguaglianza sociale. Il passaggio dal mondo della necessità al mondo della libertà è chiaramente presupposto nel terzo libro de Il capitale, dove Marx sostiene che «il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria»7. Non è un caso che il suddetto brano, tratto dal terzo libro de Il capitale, sia citato in termini emblematici dall’autore della Critica della ragione dialettica, quando appunto rimarca che «non appena esisterà per tutti un margine di libertà reale oltre la produzione della vita, il marxismo avrà fatto il suo tempo; una filosofia della libertà ne prenderà il posto»8. Per Sartre l’esistenzialismo correva sul medesimo binario del marxismo, essendo sia l’una che l’altra corrente di pensiero una visione generale della realtà rivolta al processo di liberazione della persona umana. Perciò, ad inizio degli anni Sessanta, il filosofo francese sosteneva che “il marxismo si è fermato”, nonostante il processo di destalinizzazione avviato in Unione Sovietica con il XX congresso del PCUS nel 1956.
Ad inizio del terzo millennio assistiamo al venir meno di ogni forma di ideologia e di filosofia critica: dal marxismo all’esistenzialismo. La dimensione storica del nostro tempo implica il consolidamento di una nuova realtà incentrata sulla persistenza di nuovi conflitti sociali, con epicentro il Mediterraneo9 nel cui contesto la presenza di diverse etnie ha determinato uno scenario mai visto, al di là della tradizionale categoria economico-politica determinatasi sulla dicotomia tra classe dominante e classi subalterne. Nel corso della seconda metà del XX secolo, Jean-Paul Sartre poteva fare ricorso alla concezione materialistica della storia, per assumere una posizione nuova rispetto all’esistenzialismo borghese o al socialismo reale; oggi corriamo il pericolo di dovere riconoscere il degrado ideologico e culturale in un mondo dominato da nuove forme di barbarie. Sopravvive la dottrina sociale della Chiesa cattolica con l’obiettivo di superare ogni forma di barriera sociale e religiosa e di conciliare le tre religioni monoteistiche nel rispetto della natura e dell’intero genere umano. «La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi»10. In questa parte iniziale della sua enciclica papa Bergoglio si richiama al contenuto del Cantico delle creature di Francesco d’Assisi, onde sostenere, per un verso, il rispetto della natura e, per un altro verso, il primato della pace sulla guerra. Il riferimento alle Sacre scritture è inevitabile, così come lo è quello all’enciclica di Paolo VI (Pacem in terris) promulgata nel 1971. Tuttavia, senza nulla obiettare al dettato della fede religiosa sostenuta da papa Bergoglio, riteniamo che non si possa rinunciare ai contenuti del pensiero filosofico, che voglia indagare sulla condizione dell’uomo nel mondo dominato dalla guerra e dalla barbarie.
La corrispondenza intercorsa nel 1932 tra Sigmund Freud e Albert Einstein sul tema inquietante Perché la guerra?, oggi più di ieri, può trovare piena giustificazione. Perciò scienza e filosofia possono concorrere al consolidamento di un pensiero critico che voglia indagare sulle condizioni reali nelle quali si trova a vivere l’umanità in un mondo globalizzato e destabilizzato. Secondo tale prospettiva, non possiamo rifugiarci nel guscio di quelle filosofie (come l’esistenzialismo borghese) o del materialismo storico (come il marxismo ortodosso) che ritenevano di potere cambiare il mondo. Ciò implicherebbe l’acquisizione o il mantenimento di una coscienza critica con la quale guardare al futuro. Pertanto, risulta più che giustificato il ritorno al materialismo storico e dialettico, esposto nel periodo della maturità sul piano dell’economia politica, ma presupposto nel concetto di umanismo, elaborato da Marx nel periodo giovanile; sicché materialismo e umanismo risultano sinonimi tanto quanto lo sono umanismo e naturalismo nel periodo in cui il giovanissimo Marx, dopo avere conseguito la licenza liceale, abbandona gli studi giuridici per dedicarsi alla filosofia e assimilare il concetto di autocoscienza. Perciò occorre riconoscere che il ricorso alla filosofia in sostituzione degli studi giuridici non coincide con la disperazione della ragione che si rifugia nell’utopia, bensì con la volontà di riscoprire i temi genuini del pensiero occidentale troppo spesso misconosciuto o mistificato.
Se il marxismo, per un verso, ha fallito come progetto politico e ideologico, per un altro verso continua ad essere una delle componenti più significative del pensiero contemporaneo, che abbiamo il dovere di mantenere vivo quanto meno sul piano della memoria storica. Altrimenti non troverebbe alcuna giustificazione l’assunto di Rodolfo Mondolfo, per il quale il vero marxismo non è materialismo, ma umanismo: «la vera unità di teoria e praxis non può risultare nella considerazione di un individuo singolo, ma soltanto nella concezione dell’organismo collettivo dell’umanità»11. Perciò, facendo propria l’interpretazione del materialismo storico elaborata da Mondolfo, si potrebbe ridefinire la filosofia della prassi come forma peculiare di filosofia dell’uomo, il cui obiettivo è quello di riconsiderare l’uomo reale nel contesto storico del sistema di relazioni socio-economiche. La filosofia dell’uomo, di cui si è fatto sostenitore pure il marxista polacco Adam Schaff, consentirebbe di superare i limiti posti e riscontrati tanto nella filosofia dell’esistenza quanto nel socialismo reale. Richiamandosi al saggio (Il marxismo e l’esistenzialismo) che Sartre nel 1957 aveva pubblicato nella rivista polacca “Twórczość”, Schaff ha ribadito l’esigenza inderogabile anche da parte del marxismo tradizionale di porre al centro delle proprie attenzioni l’esistenza del singolo individuo. Superando le categorie dell’esistenzialismo e del marxismo tradizionali, ha sostenuto che «il connubio tra l’esistenzialismo e il marxismo è fallito»12, volendo con ciò gettare le basi per una nuova forma di umanismo o, appunto, di filosofia dell’uomo. In tal senso l’umanismo marxiano, alla luce dei fatti storici e della storiografia filosofica della seconda metà del XX secolo, non può non tener conto delle posizioni assunte da György Lukács, anche se in linea con la dottrina del leninismo. Non a caso il filosofo ungherese, ponendo a confronto marxismo e leninismo, ha sottolineato la stretta relazione tra umanismo e materialismo. Ha sostenuto che: «sobria e piena di misura, la teoria leniniana della conoscenza è – proprio perché riconosce l’esistenza oggettiva del reale – un’eclatante manifestazione di quest’umanesimo, che non si accantona sulla difensiva di fronte al capitalismo inumano e antiumano»13. Per Lukács il leninismo va considerato come «un umanesimo combattivo, che impegna gli uomini nella lotta, nella conoscenza e nella conquista del mondo e che opera, essendo nello stesso tempo teoria e pratica, per la nascita dell’uomo nuovo, che ha ritrovato la sua totalità umana»14. D’altra parte lo stesso Lukács, nella Prefazione della seconda edizione di Storia e coscienza di classe, apparsa nel 1967, ha posto a revisione storico-critica l’opera con la quale nel 1923 aveva ritenuto di potere consolidare il marxismo ortodosso risalente alla dottrina del leninismo, come legittima rilettura del marxismo.
La parola chiave umanismo viene elaborata nei Manoscritti econo- mico-filosofici del 1844, dove il giovane Marx sostiene che umanismo e materialismo sono sinonimi tanto quanto lo sono umanismo e naturalismo; giacché umanismo, naturalismo e materialismo sono forme peculiari del comunismo. Infatti, nella seconda parte (Proprietà privata e comunismo) del terzo manoscritto sostiene: «Questo comunismo è, in quanto compiuto naturalismo, umanismo, e in quanto compiuto umanismo, naturalismo»15. Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844, il giovane Marx inizia ad elaborare i contenuti del suo “umanismo reale”, posto alla base della sua teoria economico-politica. Louis Althusser ha opportunamente sottolineato la valenza della parola chiave “umanismo”, inteso come “umanismo reale”, se riferito appunto agli scritti giovanili di Marx. Contrapponendo l’umanismo reale all’umanismo astratto, il filosofo francese scrive che: «L’umanismo reale si presenta invece come quell’umanismo che ha per contenuto non un oggetto astratto, speculativo, ma un oggetto reale»16. Questa asserzione consente di relazionare i temi degli scritti del periodo della maturità con quelli degli scritti del periodo giovanile. Non è da trascurare un dettaglio fondamentale: il concetto di umanismo, elaborato negli scritti giovanili (come i Manoscritti economico-filosofici del 1844), e poi sviluppato negli scritti della maturità (come Per la critica dell’economia politica), consente di superare l’interpretazione deterministica data del materialismo storico e dialettico. Nella Prefazione del 1859, Marx usa i termini struttura e sovrastruttura per rimarcare che il sistema di produzione rappresentato dalla struttura economica non implica alcuna forma di determinismo o di meccanicismo storico, essendo l’insieme dei rapporti sociali un contesto complesso ed articolato. Marx precisa che le sovrastrutture non dipendono dalla struttura; l’uomo si trova sempre inserito nell’insieme dei rapporti sociali, così come ha saputo interpretare Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere. Elaborando il concetto di “blocco storico”, il marxista italiano rimarca il rapporto reciproco tra struttura e sovrastrutture nel processo dialettico della realtà. «La struttura e le superstrutture formano un “blocco storico”, cioè l’insieme complesso contraddittorio e discorde delle soprastrutture è il riflesso dell’insieme dei rapporti sociali di produzione»17. Facendo ricorso ai testi canonici di Marx, Gramsci ha inteso il materialismo storico come forma peculiare di umanismo in tempi non sospetti con molti anni di anticipo rispetto a quanti avrebbero potuto leggere gli scritti giovanili negli anni del secondo dopoguerra.
D’altra parte, se ci atteniamo a Per la critica dell’economia politica di Marx, possiamo rilevare la stretta relazione tra struttura e sovrastrutture, laddove il teorico del materialismo storico sostiene che «il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita»18. Richiamandosi all’assunto della sesta Tesi su Feuerbach, Marx sottolinea lo stretto rapporto tra “vita spirituale” e “vita materiale” dell’esistenza umana, poiché (ancora in Per la critica dell’economia politica) ribadisce che «non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza»19. A questo proposito non possiamo non ricordare il testo dell’Introduzione a Per la critica della filosofia del di- ritto di Hegel, stesa e pubblicata nello stesso anno in cui Marx compone i Manoscritti economico-filosofici del 1844. Nel cuore dell’Introduzione, pubblicata nel febbraio del 1844, nel fascicolo doppio dei “Deutsch-Französische Jahrbücher”, il progetto iniziale di svolgere una critica nei confronti dell’idealismo hegeliano (avviata nel 1843 con la stesura di Per la critica della filosofia del diritto di Hegel) va oltre l’intenzione dell’autore che elabora il concetto di classe sociale. Infatti vi si legge: «quando il proletariato annunzia la dissoluzione dell’ordinamento tradizionale del mondo, esso esprime soltanto il segreto della sua propria esistenza, poiché esso è la dissoluzione effettiva di questo ordinamento del mondo»20. Tra l’altro, così come si può leggere nell’altro saggio (Sulla questione ebraica) pubblicato nei “Deutsch-Französische Jahrbücher”, la critica di natura religiosa assume la connotazione della critica alla società civile, in vista dell’elaborazione di una visione generale del mondo, che risulterà chiaramente delineata a partire dai Manoscritti economico-filosofici del 1844. Perciò asserisce: «Lo Stato democratico, lo Stato reale, non ha bisogno della religione per il proprio completamento politico. Esso può anzi astrarre dalla religione poiché in esso il fondamento umano della religione è attuato mondanamente»21. La filosofia acquisisce gradualmente il carattere dell’impegno civile, così come possiamo leggere nelle opere composte negli anni successivi, sino alla elaborazione del materialismo storico fondato sul metodo dialettico del sistema hegeliano. Tuttavia Marx, nell’Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, pronuncia la celebre espressione secondo la quale «Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice»; per cui – aggiunge – «la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso»22, laddove il teorico del materialismo storico asserisce che bisogna porre l’uomo alla base di ogni critica, tale da presupporre il cambiamento radicale dello stato di cose esistente. In questo testo, dato alle stampe nei “Deutsch-Französische Jahrbücher”, Marx denota di andare elaborando una concezione materialistica della storia fondata sulla strategia rivoluzionaria. Da un anno si trova a Parigi, dove ha iniziato ad assimilare i contenuti dell’ideologia socialista in termini netti ed inequivocabili. «L’arma della critica – egli sottolinea – non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev’essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse»23. Se ci si attiene al testo dell’Introduzione, possiamo riscontrare spunti più significativi di quelli presenti nel saggio di Per la critica della filosofia del diritto di Hegel, completato tra la primavera e l’estate del 1843, quando il nostro autore si trovava a Kreuznach per sposare Jenny von Westphalen. La critica ai Lineamenti della filosofia del diritto di Hegel è rivolta ai paragrafi 261-313, dove l’idealista tedesco espone la sua concezione dello Stato, all’interno del quale non si possono non riconoscere i singoli individui che ne fanno parte. La triade cittadino-società civile-Stato, da parte di Marx, viene sottoposta a critica serrata così come si potrà leggere nella stessa Introdu- zione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel e nei Manoscritti economico-filosofici del 1844.
Prendendo in esame i quaderni delle Teorie sul plusvalore, si può rilevare che Marx nel corso degli anni rivolge un’attenzione sempre più marcata alla scienza economica, così come d’altra parte è evidente nelle altre opere della maturità, concepite e composte dopo la pubblicazione del Manifesto del partito comunista nel 1848. Ad esempio, i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, Per la critica dell’eco- nomia politica e Salario, prezzo e profitto anticipano il contenuto dei tre libri de Il capitale, evidenziando una forte caratterizzazione del Marx maturo sempre più inserito nel contesto della scienza economica, ovvero dell’economia politica. La prova di questo orientamento economicistico del Marx maturo è rappresentata dalle Teorie sul plusvalore, stese tra il mese di gennaio del 1862 e il mese di luglio del 1863, ma pubblicate postume negli anni tra il 1905 ed il 1910 a cura di Karl Kautsky. L’indice del cosiddetto quarto libro de Il capitale rivela il carattere del progetto generale, che Marx andò maturando nel corso degli anni intorno al 1850 e 1860. Gli scritti economici, con i quali il teorico del materialismo storico e dialettico intende criticare il sistema di produzione capitalistico, trovano la loro espressione più matura con i tre libri de Il capitale. I quaderni, costituenti il cosiddetto quarto libro de Il capitale, anche se stesi ad inizio degli anni intorno al 1860, testimoniano un interesse di ricerca solo apparentemente distaccato dagli scritti del periodo giovanile. Perciò, recuperando la rivalutazione operata nel secondo dopoguerra del Marx giovane posto a confronto con il Marx maturo, in primo luogo si potrebbe ribadire che in effetti sussiste un solo Marx. Se si leggono alcune opere giovanili (Per la critica della filosofia del diritto di Hegel con la relativa Introduzione, i Manoscritti economico-filosofici del 1844, le Tesi su Feuerbach, La sacra famiglia, L’ideologia tedesca, la Miseria della fi- losofia), oggi più di ieri, si può e si deve riconoscere che, all’interno dell’intera produzione di Marx, non esistono due fasi diametralmente opposte l’una all’altra.
Tuttavia, oltre che sulle opere del giovane Marx, bisogna soffermarsi su quelle del giovanissimo Marx che, conseguito il diploma nella città natale di Treviri nel 1835, così come si osservava poco sopra, si iscrive alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bonn nell’anno accademico 1835-1836, per poi trasferirsi nella Facoltà di giurisprudenza della più prestigiosa Università di Berlino nell’anno accademico 1836-1837. A Berlino il giovanissimo Marx matura la decisione di dedicarsi alla filologia classica e alla filosofia antica, conseguendo la laurea in filosofia nell’Università di Jena nel 1841. A questi anni, che vanno dal 1835 al 1841 (trascorsi tra Treviri, Bonn e Berlino), bisogna prestare la dovuta attenzione, per meglio comprendere la fase successiva del Marx giovane (degli anni 1841-1848) e, quindi, quella del Marx maturo (1848-1883), che trova il suo momento culminante nel 1867 con la pubblicazione del primo libro de Il capitale. A monte delle stesse opere giovanili, non può essere trascurata la dissertazione della tesi di laurea sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro24, oltre che gli studi svolti per approfondire talune tematiche inerenti alla filologia e alla filosofia dell’età classica; in questo caso va rimarcato il contenuto dell’Appendice alla tesi di laurea, il cui titolo Critica della polemica di Plutarco contro la teologia di Epicuro25 denota che, sebbene si tratti di un breve frammento, il giovanissimo Marx nutre un interesse particolare per la filosofia di Epicuro. Inoltre non sono da trascurare i lavori preparatori predisposti in sette Quaderni26 negli anni 1839 e 1840; infine sono da tenere in considerazione le Note 27 stese sulla dissertazione della tesi di laurea.
Pertanto si potrebbe esasperare il carattere frammentario all’interno delle opere di Marx, riscontrando un primo momento segnato da un marcato interesse per la filologia e la filosofia dell’età classica, così come si deduce, oltre che dal contenuto della dissertazione di laurea sulla Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro, dagli altri studi svolti negli anni trascorsi a Berlino. Il riferimento è relativo al Frammento dell’Appendice della Dissertazione dottorale, ossia alla Critica della polemica di Plutarco contro la teologia di Epicuro. Perciò non vanno trascurati i ‘lavori preparatori’ (Vorarbeiten) della Doktordissertation, con i quali il giovanissimo Marx progetta di studiare e di approfondire il tema dell’umanismo epicureo, riscontrabile nel decimo libro delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, che egli analizza approfonditamente tenendo presente gli studi compiuti da Pierre Gassendi nel XVII secolo. A questo punto si devono ricordare i tre testi di riferimento del filosofo francese: De vita et moribus Epicuri libri octo28 (dati alle stampe nel 1647), Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri 29 e Philosophiae Epicuri syntagma30 (entrambi dati alle stampe nel 1649). Dai titoli si evince che: la prima opera è dedicata alla vita e ai costumi di Epicuro; la seconda contiene osservazioni sul decimo libro delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio; la terza risulta essere una sintesi della filosofia epicurea. Insieme denotano l’intenso e profondo lavoro svolto dal filosofo francese, sino a pubblicare tra il 1647 ed il 1649 addirittura tre opere dedicate alla filosofia della natura di Epicuro. Marx prende in esame soprattutto la seconda opera di Gassendi (Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri), così come si evince soprattutto dai lavori preparatori (in modo particolare dai Quaderni primo e secondo), ove appunto tiene conto, oltre che della vita e dei costumi, dei precetti del filosofo di Samo. Nella monografia delle Animadversiones in decimum librum Diogenis Laertii, qui est de vita, moribus, placitisque Epicuri, il giovanissimo Marx può consultare anche il decimo libro delle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio, trascritto da Gassendi per svolgerne un adeguato commento. Tutte e tre le opere di Gassendi sono testi filologici di alto profilo, che lo studente in giurisprudenza Marx utilizza in modo adeguato, evidenziando una preparazione filologica spesso trascurata o misconosciuta, che invece bisogna porre in evidenza per comprenderne tutta la produzione.
Questa fase della produzione di Marx potrebbe indurre a segmentare ulteriormente il pensiero del teorico del materialismo storico. Secondo tale chiave di lettura della produzione marxiana, paradossalmente, ci troveremmo di fronte non a due Marx, bensì a tre Marx; un Marx “giovanissimo” filologo e filosofo, un Marx “giovane” antropologo e sociologo, un Marx “maturo” teorico dell’economia politica e della scienza economica. In effetti, la produzione di Marx va letta nel suo complesso, pur distinguendo le singole fasi della sua attività svolta a partire dall’anno di conseguimento della licenza liceale nel Ginnasio di Treviri; solo in questo modo possiamo comprendere la fase matura della sua produzione, strettamente legata ai saggi e alle opere degli anni giovanili. Il Marx giovanissimo, sebbene si dedichi alla filosofia antica e alla filologia classica, anticipa i temi della persona umana, che troveremo nel Marx giovane e nel Marx maturo. Il Marx giovane, seppure in termini antropologici e sociologici, anticipa la tesi di fondo delle opere della maturità, laddove sostiene che alla filosofia speculativa bisogna contrapporre una nuova teoria coincidente con l’economia politica, posta alla base della concezione materialistica della storia. Perciò rimarca che alla “filosofia della miseria” del socialismo utopistico occorre contrapporre la “miseria della filosofia”, ossia la inutilità della filosofia idealistica, il cui ribaltamento coincide con il materialismo storico già annunciato nei primi scritti del periodo giovanile (sia in Per la critica della filosofia del diritto di Hegel che nei Manoscritti economico-filosofici del 1844). In questo senso risulta ancora attuale il contenuto dell’opera (Misère de la philosophie, Réponse à la philosophie de la misère de M. Proudhon), scritta in francese tra il dicembre del 1845 e il giugno del 1846. Nella Prefazione del 23 ottobre 1884, Engels, volendo legittimare la dimensione economico-politica della dottrina marxiana nei confronti del socialismo utopistico francese, scrive: «Se ora diciamo: è ingiusto, ciò non deve essere, ebbene, questo non ha nulla a che vedere, in via immediata, con l’economia. Noi ci limitiamo ad affermare che quel fatto economico contraddice col nostro senso morale»31. Lo stesso Engels, sulla scia di Marx, ribadisce che alla teoria speculativa della filosofia idealistica occorre contrapporre la teoria della filosofia della prassi.
Ritenere opportuno soffermarsi sul contenuto degli scritti composti dal giovanissimo Marx non comporta un ridimensionamento degli scritti del periodo giovanile o, peggio ancora, del periodo della maturità. Tale ipotesi implica una metodologia di ricerca secondo la quale occorre tenere presente tutta la produzione di un autore, il più delle volte analizzato in modo parziale. Soffermarsi sui lavori preparatori e sulla tesi di laurea consente di rilevare il processo di elaborazione della filosofia dell’autocoscienza, ricondotta tanto alle correnti del pensiero contemporaneo quanto a quelle del pensiero antico. Il presunto materialismo degli antichi filosofi del periodo ellenico ed ellenistico-romano viene letto come sinonimo di umanismo, che poi troveremo sia negli scritti del Marx giovane che in quelli del Marx maturo. Il Marx teorico della scienza economica e dell’economia politica non esclude il Marx antropologo e sociologo, così come non esclude il Marx filosofo e filologo. Il Marx maturo (degli anni 1848-1883) è da collegare sia al Marx giovane (degli anni 1841-1848) che al Marx giovanissimo (degli anni 1835-1841). Nel corso degli anni intorno al 1960 gli scritti giovanili, tenuti maggiormente in considerazione, sono stati Per la critica della filosofia del diritto di Hegel ed i Manoscritti economico-filosofici del 1844, che molti interpreti del marxismo non avevano potuto né consultare né assimilare. Il riferimento, in questo caso, va a Karl Kautsky, a Rosa Luxemburg, a Georgij Valentinovič Plechanov, a Nikolaj Lenin, ad Antonio Labriola, ad Antonio Gramsci. Nel secondo dopoguerra autori come Maximilien Rubel32 o Erich Thier33, con la rispettiva monografia sul giovane Marx, hanno contribuito ad arricchire la storiografia marxista, che Adam Schaff34 in Europa orientale o Roger Garaudy 35 in Europa occidentale avrebbero ripreso con insistenza, sino al punto di contribuire non poco alla formazione di una vera e propria moda del “giovane Marx”.
Oggi non è più tempo di mode culturali o di facili analisi di tipo antropologico e sociologico; l’opera di Karl Marx può e deve costituire oggetto di studio per una ricostruzione completa della cultura del XIX secolo nel contesto dell’età contemporanea. Nel tempo l’opera di Marx ha costituito la fonte di illusioni “tra rivoluzione e utopia”, così come si può leggere in una raccolta antologica36 di testi, che da Ernst Bloch conducono a Hans-Jürgen Krahl. L’interrogativo posto da Henri Lefebvre, Ab- bandonare Marx?, ad inizio del III millennio risulta desueto e privo di significato; tale interrogativo non lo era quando è stato posto (nel 1980) nell’edizione francese, per cui si leggeva: «Non è escluso che Il capitale di Marx e tutta la sua opera conservino un’importanza fondamentale, avendo le chiavi per interpretare la nostra epoca, ma non è neppure escluso che l’Etica di Spinoza o la Critica della ragion pura abbiano oggi altrettanta o maggiore importanza»37.
Perciò risulta opportuno, se non necessario, tornare a Marx senza illusioni o delusioni, con l’obiettivo di ricostruire uno dei pensieri più accattivanti della cultura contemporanea. Occorre rileggere le opere del Marx giovanissimo, il cui processo di formazione consente di comprendere le ulteriori fasi della sua produzione. Altrimenti la tesi di laurea sulla filosofia della natura, dedicata all’antico atomismo del periodo ellenico ed ellenistico-romano, può risultare un corpo estraneo all’interno della vasta ed articolata produzione del teorico del materialismo storico e dialettico. Secondo questa prospettiva, il materialismo storico risulta essere una forma peculiare di umanismo, da relazionare agli scritti giovanili, ma anche e non ultimo agli scritti dello studente in giurisprudenza, che a Berlino scopre e assimila la fisiologia degli antichi pensatori greci. Perciò la filosofia della natura viene acquisita e concepita come filosofia dell’uomo, laddove l’uomo fa parte e occupa la posizione centrale della realtà nel suo divenire, affatto deterministico e meccanicistico. Umanismo, materialismo e filosofia dell’autocoscienza costituiscono le fondamenta della teoria economica, che studia l’uomo reale nelle sue relazioni sociali, contro ogni forma di astratta categoria culturale della filosofia dello spirito. La comprensione del Marx maturo implica un ritorno al Marx che da Treviri si trasferisce a Bonn e quindi a Berlino. La vera rivoluzione culturale, compiuta da Marx, è quella di Berlino, ove, conseguita la licenza liceale nel 1835 a Treviri e trascorso il primo anno universitario a Bonn, negli anni intercorsi tra il 1836 ed il 1841 esercita, per così dire, la professione di filologo e di filosofo. Nella fase della maturità Marx negherà valore alla filosofia, ma dopo averla assimilata attraverso un filosofo antico, che rinnova i modelli culturali del periodo ellenico in direzione del periodo ellenistico-romano.
Il venir meno delle ideologie e di taluni sistemi politici, agli albori del XXI secolo, consente e giustifica a pieno titolo una riscrittura della storia del pensiero, tenendo conto del contributo di autori che, al di là delle mode, costituiscono il substrato della cultura contemporanea. La rilettura può coincidere con la riscoperta dell’opera di un autore che, in ogni caso, rappresenta un capitolo non marginale nella storia della cultura del nostro tempo. Perciò la filologia si integra alla storia, così come questa a quella, anche quando ci si trovi sul versante dell’interpretazione e della comprensione di un testo. Umanismo e materialismo possono essere assunti come categorie culturali di una remota filosofia della libertà, che trova le proprie radici nel modello speculativo dell’età classica. La dissertazione di laurea di Marx può costituire il presupposto della sintesi tra teoria e prassi, elaborata e assunta a sistema nel periodo della maturità. La filosofia della natura degli antichi atomisti non risulta fuori luogo, se ci si sofferma sulla composizione del sistema hegeliano incentrato anche sullo studio della natura nella posizione intermedia, che ad essa viene riconosciuta tra la logica e la filosofia dello spirito. Hegel evidenzia il primato del periodo ellenico su quello ellenistico-romano; nelle Lezioni sulla storia della filosofia i presocratici con Platone e Aristotele sono studiati e assunti come massima espressione dell’età classica; invece i post-aristotelici sono analizzati come rappresentanti del processo di crisi che si determina dalla filosofia antica a quella media. Il giovanissimo Marx, pur facendo propria la categoria della dialettica (che nel tempo trasferirà dall’ambito dell’idealismo a quello del materialismo storico), sovverte l’interpretazione hegeliana, riconoscendo alle filosofie post-aristoteliche una dignità non secondaria e non marginale. All’interno della filosofia della natura di Epicuro l’uomo occupa e svolge una funzione centrale con la dote di cui è in possesso, quella della coscienza e dell’autocoscienza, posta alla base dell’umanismo e del materialismo storico. Perciò l’atomismo non è inteso come gretta concezione della realtà in un divenire meccanicistico e deterministico; sta alla base di una visione generale del mondo ove antropologia e filosofia si coniugano nel complesso divenire della storia umana. La filosofia della natura è intesa come filosofia dell’uomo, posto alla base del concetto fondamentale di “autocoscienza” (Selbstbewusstsein) elaborato nella fase giovanile, che nella fase della maturità con gli scritti di economia politica si traduce in “coscienza di classe” (Klassenbewusstsein), ovvero come consapevolezza da parte del proletariato di essere divenuto classe sociale in contrapposizione alla classe sociale della borghesia. In ultima analisi non si ha coscienza di classe senza autocoscienza in una dimensione, oltre che pratica, teorica, nel rispetto di un modello culturale che pone in stretta relazione la conoscenza e la volontà.
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