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martedì 13 giugno 2017

Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre

*Presentazione: "Il Musulmano errante" di Alberto Negri (edizioni Rosenberg e Sellier).
noirestiamo insieme all'autore e a Marco Santopadre (contropiano.org), 27/03/2017. Campus Einaudi.
Vedi anche:   https://www.internazionale.it/notizie/2016/01/05/sunniti-sciiti-differenze

sabato 22 aprile 2023

Filippine: gli USA rafforzano la tenaglia militare contro la Cina - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. 



La competizione economica e geopolitica tra Stati Uniti e Cina sta scivolando sempre più velocemente verso il confronto sul piano militare.
Mentre la tensione si alza soprattutto intorno a Taiwan – la provincia ribelle di cui Pechino pretende la reintegrazione nel territorio nazionale – Washington rafforza le sue posizioni nel quadrante Indo-Pacifico dando vita ad una vera e propria tenaglia che accerchia la Repubblica Popolare dal Giappone fino all’Australia, passando per la Corea del Sud e le Filippine.
Al di fuori del proprio territorio nazionale Washington possiede, caso unico al mondo, circa 700 installazioni militari distribuite in 80 diversi paesi nei cinque continenti. Solo in Corea del Sud gli Stati Uniti possono contare su 56 mila soldati, ai quali occorre aggiungere i 25 mila dispiegati in Giappone. 

Nelle ultime settimane, poi, gli Stati Uniti hanno rafforzato in maniera consistente la propria presenza nelle Filippine, suscitando la dura reazione di Pechino.

Per Washington quattro nuove basi militari nelle Filippine
All’inizio di aprile, il governo di Manila ha formalizzato l’ubicazione di altre quattro basi militari sul proprio territorio nelle quali le forze armate statunitensi potranno schierare le proprie truppe sulla base dell’Accordo di cooperazione militare rafforzata (Enhanced Defence Cooperation Agreement, Edca) siglato con Washington nel 2014 e dell’Accordo sulle forze in visita (Vfa) del 1998.

L’Edca, che i due paesi hanno informato di voler ulteriormente potenziare, consentiva già a un elevato numero di militari statunitensi di utilizzare cinque basi filippine per portare avanti varie attività e per realizzare piste di decollo, magazzini, alloggi ed altre infrastrutture. Washington, tra l’altro, aveva già annunciato lo stanziamento di 82 milioni di dollari per potenziare le infrastrutture nelle cinque basi già utilizzate, che formalmente rimangono sotto il controllo di Manila.
Poi, lo scorso 2 febbraio, i due governi hanno annunciato l’estensione dell’accordo dopo un incontro nella capitale filippina tra il presidente Ferdinando Marcos Jr e il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin.

lunedì 21 novembre 2022

L’Africa al centro dello scontro tra potenze - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.

L’Africa al centro dello scontro tra potenze
 L’invasione russa dell’Ucraina ha rinfocolato il conflitto tra le diverse potenze impegnate nel continente africano. Di fatto l’Africa è diventata la principale arena della competizione tra le diverse potenze e le rispettive multinazionali alla ricerca di risorse, sbocchi economici, corridoi, alleanze politiche, militari e commerciali.

L’Africa, un’arena sempre più affollata
Negli ultimi anni il numero di paesi in gara per il controllo delle risorse e dei territori africani è costantemente cresciuto. Alle tradizionali potenze coloniali – in particolare Francia e Gran Bretagna – rimaste a spadroneggiare nonostante la conquista dell’indipendenza formale da parte dei paesi africani a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, si sono uniti ben presto gli Stati Uniti, interessati a condizionare i nuovi governi contro l’influenza dell’Unione Sovietica sulle correnti nazionaliste e progressiste e a perseguire i propri interessi economici e geopolitici.
Dopo il crollo dell’Urss, l’Africa si è gradualmente affollata di nuovi attori, protagonisti di una spoliazione del continente più o meno vorace, man mano che le potenze coloniali originarie perdevano posizioni. La Cina, la Russia e la Turchia sono entrate prepotentemente nell’agone, approfittando del rinnovato risentimento delle popolazioni africane e di alcuni governi nei confronti del dominio neocoloniale e perseguendo strategie di penetrazione di diverso tipo. Mentre Pechino consolida la sua egemonia economica, basata sulla realizzazione di grandi infrastrutture, Mosca forza le tappe offrendo assistenza militare e armi a governi e aziende alle prese con l’insorgenza islamista o semplicemente con i movimenti di opposizione. Da parte sua il sultano Erdogan si propone come partner alla pari in nome delle comune osservanza musulmana e di una presunta fratellanza terzomondista.
Ma se si guarda soprattutto il fronte degli investimenti e dei partenariati, risalta la crescente presenza nell’agone africano di molti altri paesi: dall’India al Giappone, dall’Indonesia alla Corea del Sud per quanto riguarda l’Asia, a praticamente tutti i paesi arabi – in particolare Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar – fino al Canada e all’Australia. 

venerdì 22 ottobre 2021

Una Libia sparita e spartita - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - https://www.facebook.com - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017).

Leggi anche: Afghanistan: «Fallimento politico-militare ma anche ideologico» - Alberto Negri

Vedi anche: In viaggio in Medio Oriente: Iraq/Afghanistan - Alberto Negri
In Viaggio in Medio Oriente: Siria - Alberto Negri
Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre


Nel nulla di fatto la Libia è sparita e spartita. Nel decennale dell’uccisione di Gheddafi alla Sirte della Libia importa poco. Se non per elevare appelli più o meno credibili alla “stabilità”, di cui si è parlato anche ieri alla conferenza internazionale di Tripoli. 



Nel nulla di fatto la Libia è sparita e spartita. Nel decennale dell’uccisione di Gheddafi alla Sirte della Libia importa poco. Se non per elevare appelli più o meno credibili alla “stabilità”, di cui si è parlato anche ieri alla conferenza internazionale di Tripoli, la prima del genere tenuta in Libia, unica nota positiva dell’evento. Stabilità e sicurezza della Libia hanno in realtà per noi un significato assai limitato: prima di tutto bloccare le ondate migratorie, il resto viene tutto dopo, dalle elezioni al ritiro delle truppe mercenarie la cui presenza il premier Dabaiba ha definito ieri “inquietante”. Ma a Tripoli non si è giunti a nessuna conclusione né sui soldati e i mercenari turchi e russi né sulle elezioni presidenziali e legislative. 

Neppure una parola è stata spesa per le migliaia di esseri umani schiavizzati nei campi libici. Eppure i giudici di Agrigento che hanno archiviato le accuse alla nave della Ong Mediterranea _ che si rifiutò di consegnare i migranti ai libici _ sono stati espliciti: non solo è giusto non comunicare con la “guardia costiera libica” ma dalle conclusioni della magistratura emerge una stridente contraddizione. Chi finanzia e addestra la “guardia costiera libica”, ovvero l’Italia, è contro il diritto internazionale ed è complice di condotte criminali. 

domenica 22 agosto 2021

Afghanistan: «Fallimento politico-militare ma anche ideologico» - Alberto Negri

Da: https://www.ventuno.news -  Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) 

Vedi anche: In viaggio in Medio Oriente: Iraq/Afghanistan - Alberto Negri 

In Viaggio in Medio Oriente: Siria - Alberto Negri

Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre



Il fallimento in Afghanistan? Politico-militare ma anche ideologico. Dopo i sovietici, i talebani hanno sconfitto anche gli occidentali, pur con importanti differenze. E ora costruiranno l’Emirato II, con nuovi partner e una nuova struttura statale. Per capirne qualcosa di più, Ventuno ne ha parlato con Alberto Negri, giornalista tra i massimi esperti di esteri, che conosce l’Afghanistan – dove è stato una dozzina di volte a partire dagli anni ’80 – come le sue tasche. Editorialista de Il Manifesto, quotidiano che ha compiuto 50 anni, Negri è stato a lungo inviato di guerra per Il Sole 24 Ore, seguendo in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, in Somalia, in Afghanistan e in Iraq. 


Cosa sta succedendo in Afghanistan?

«Per dirlo in maniera dettagliata bisognerebbe essere sul posto. Abbiamo sempre un taglio della realtà afghana che proviene soprattutto da Kabul, la capitale. Sappiamo poco, però, di quello che accade nelle province. Questo è un limite dell’informazione attuale che ci dovrebbe far riflettere, perché la storia dell’Afghanistan non è solo quella di una guerra sbagliata, ma anche di una narrativa sbagliata. Per esempio si ignora che i talebani controllavano già il 40-50% del territorio quattro-cinque anni fa. Soprattutto nelle province. Questo spiega perché c’è stata una loro rapida avanzata, dovuta ovviamente alla dissoluzione dell’esercito nazionale afghano, ma anche al fatto che in questi anni i talebani hanno consolidato la loro presenza, stando molto più attenti che in passato ai rapporti con la popolazione civile».

martedì 20 settembre 2022

Armenia sotto shock, scontri anche tra Kirghizistan e Tagikistan - Marco Santopadre

 Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.


Pagine Esteri, 17 settembre 2022 – La settimana che si chiude ha visto una nuova escalation nello scontro bellico infinito tra Armenia e Azerbaigian; in contemporanea, alla frontiera tra Kirghizistan e Tagikistan, si è riacceso l’annoso conflitto tra le due ex repubbliche sovietiche. Il Caucaso e l’Asia Centrale rischiano seriamente di esplodere e di trascinare con sé le varie potenze regionali e internazionali che manovrano nella regione. 

Dopo la cocente sconfitta dell’autunno 2020, l’Armenia si lecca nuovamente le ferite, scioccata dall’isolamento  internazionale riscontrato dopo l’aggressione militare da parte azera. 

Mentre Baku denuncia 77 perdite, ieri il primo ministro di Erevan, Nikol Pashinyan, ha elevato a 135 il bilancio delle vittime – in gran parte militari – provocate dalle incursioni e dai bombardamenti delle truppe azere contro numerose località nel sud-est del paese. «Sappiamo che questa cifra è destinata a crescere perché ci sono molti feriti, anche gravi» ha detto il premier. Numerosi militari armeni, inoltre, sarebbero stati catturati dalle truppe nemiche nel corso delle incursioni compiute dagli azeri.

Grazie ai droni da bombardamento “Bayraktar TB2” forniti da Ankara, gli azeri hanno di nuovo avuto velocemente la meglio sulle deboli difese armene. L’esercito di Erevan, rifornito principalmente da Mosca, può contare infatti su armi obsolete, mentre le truppe azere da tempo dispongono di armi pesanti e dispositivi di ultima generazione acquistati dalla Turchia e da Israele (oltre che dalla stessa Russia) grazie ai rilevanti introiti dell’industria petrolifera. 

L’assalto di Baku non si è fermato neanche dopo il raggiungimento, mercoledì mattina, di un primo cessate il fuoco mediato da Mosca. Bombardamenti e incursioni sono continuate fino a giovedì mattina finché Russia, Stati Uniti, Francia e Turchia non hanno aumentato la pressione sui contendenti ottenendo la sospensione dei violenti combattimenti.

venerdì 7 ottobre 2022

"Il prezzo del gas è in aumento da marzo 2021" - Giorgio Bianchi intervista Demostenes Floros

Da: Visione TV - 
Giorgio-Bianchi è un fotoreporter che ha girato il mondo, documentando con il suo lavoro storie da Siria, Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India e tutta l'Europa, compresa l’Ucraina, che segue fin dal 2013. https://www.facebook.com/giorgio.bianchi.photojournalist - 
Demostenes Floros è un analista geopolitico ed economico. E’ docente a contratto presso il Master in Relazioni Internazionali d’Impresa Italia-Russia, dell’Università di Bologna Alma Mater, oltre ad essere responsabile e docente del IX corso di Geopolitica istituito presso l’Università Aperta di Imola (Bologna). https://www.facebook.com/demostenes.floros.7