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Nonostante tutti i tentativi l’Unione Europea non riesce a rendersi indipendente dalle risorse energetiche russe e tutte le conseguenze negative delle sue scelte nefaste ricadono su noi lavoratori.
Se disinformare oggi vuol dire affermare qualcosa che i media dominanti non rendono noto, stiamo facendo disinformazione, ne siamo perfettamente consapevoli e ce ne assumiamo tutte le responsabilità. Arriviamo addirittura a citare, tra le altre, fonti russe, anche se questo non significa automaticamente che apprezziamo la Russia attuale, così come si è strutturata con la dissoluzione dell’Urss, le cui straordinarie risorse hanno sollecitato gli appetiti degli imperialisti, che pensavano di potersene approfittare senza colpo ferire. E Infatti hanno guidato la mano dei cosiddetti oligarchi a far man bassa delle proprietà collettive, appropriandosene di una parte consistente, frazionata in pacchetti azionari, e controllando direttamente il rilevante apparato militare ex sovietico. Purtroppo per loro questo processo distruttivo ha avuto termine, la Russia ha ripreso nelle proprie mani il suo destino e si è riaffacciata sullo scenario internazionale facendo presenti i suoi interessi, come fanno tutte le grandi potenze, anche se li nascondono dietro la retorica dei valori e degli ideali, la cui consistenza è più fragile della neve al sole.
Naturalmente non ci richiameremo solo a fonti russe, ma faremo dei parallelismi per verificarne l’attendibilità. Invitiamo “i guardiani della verità” a rispondere con degli argomenti ai nostri argomenti, anche per evitare di fare la figura pietosa della Sarzanini, che non è stata capace di rispondere alle semplici domande postele da Giorgio Bianchi e Manlio Dinucci sulla loro “attività disinformativa”. Sappiamo bene che l’invito è inutile, ma la buona creanza e la logica ci ispirano; sappiamo anche che i suddetti guardiani hanno ragione solo perché hanno dalla loro parte la forza, ossia lo straordinario apparato mediatico, che però comincia a convincere sempre meno persone. Siamo convinti anche di avere i loro stessi diritti di esprimerci e di convincere con argomenti, ma come ci ha insegnato Marx “tra due diritti uguali vince la forza”. Non ci resta quindi che acquisire maggiore forza, portando dalla nostra parte la maggior parte di quelli che sono colpiti dalle scelte paradossali e ipocrite dei cosiddetti “padroni del vapore” e dei loro portavoce, ossia i lavoratori.
Un’ulteriore osservazione: dato che la storia è il risultato del dispiegarsi dei rapporti di forza, la “metamorfosi” del Pci italiano ha ridotto la Costituzione a un pezzo di carta e da ciò si evince che il nostro paese, non essendo più dotato di un’opposizione e di una vera organizzazione dei lavoratori, non è più una democrazia (liberale è un aggettivo non previsto dal nostro ordinamento e aggiunto da coloro che hanno voluto cancellare le istanze di giustizia sociale presenti nella nostra Magna Carta). Non crediamo nemmeno che i servizi segreti si preoccupino di tutelare le minoranze e di difendere la democrazia, dato che abbiamo fatto tesoro di cosa ci ha insegnato Ferdinando Imposimato in particolare su Gladio Stay Behind. Vabbe’ cercheremo di non fare di tutta un’erba un fascio.
Cominciamo con le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti, in primo luogo la questione del petrolio russo. È noto che ai primi di giugno i grandi strateghi dell’Unione europea hanno deciso di rendere più acuta la crisi energetica, come se ce ne fosse bisogno, proibendo l’acquisto di tutto il petrolio russo trasportato per mare, esentando temporalmente quello che arriva a noi attraverso gli oleodotti (così la recalcitrante Ungheria continuerà a riceverlo). Nello stesso tempo – mettere d’accordo tutti è assai difficile – hanno dovuto permettere agli armatori greci e ciprioti di continuare a trasportarlo con le loro petroliere, altrimenti come avrebbero campato? Il risultato scellerato di questa decisione è che ci verranno a mancare circa i due terzi del petrolio che prima ci mandava la Russia e per la fine dell’anno, proprio per masochismo, il Consiglio della Ue ne proibirà il 90%, in una situazione in cui solo nell’ultimo mese i costi energetici sono aumentati del 39% e la crescita della zona euro nel primo trimestre del 2022 è stata dello 0,2%. E meno male che c’è stata una crescita! Come risulta da varie fonti, negli ultimi tempi l’India ha notevolmente aumentato le importazioni di carbone e petrolio russi, ottenendo straordinari sconti fino al 30% e pagando il petrolio 30/35 dollari al barile, mentre noi, soprattutto a causa della speculazione dichiarata ma non combattuta dal nostro stesso governo, lo paghiamo 115, 91 dollari e il brent ce ne costa oggi 120 [1]. Ma il subcontinente indiano è straordinariamente vorace, per cui importa anche coke e antracite e ha accresciuto i volumi delle importazioni di petrolio russo addirittura di 31 volte dalla fine di maggio, pagando sia in rupie che in dirham indiani, tanto che gli stessi russi – vedrete poi perché – hanno rallentato le loro vendite.
Il programma Ahilesva di Rt, popolare soprattutto in America Latina tanto da preoccupare i propagandisti occidentali (soprattutto la Cnn in spagnolo), ci spiega molto bene per quali ragioni l’India compra tanto petrolio ai russi e disvela il comportamento paradossale della nostra lungimirante, si fa per dire, classe dirigente. Pochi sanno che l’India non ha accettato le pressioni Usa che la invitavano a non comprare gas e petrolio dalla Federazione russa, inoltre essa è dotata di numerosissime raffinerie con cui trasforma il crudo nei suoi derivati, essendo il terzo paese importatore al mondo di crudo. Ovviamente il paese non necessita di tutto il crudo raffinato e dei suoi derivati e pertanto li vende agli altri paesi che ne fanno richiesta, e tra questi spicca – ci credete? – l’Unione Europea. In conclusione, l’Unione Europea tenta di spezzare la dipendenza energetica dalla Russia, ma continua a comprare il petrolio russo, dopo che questo ha fatto un lungo periplo geografico (Russia-India-Europa) e chimico (raffinazione) per arrivare attraverso gli oleodotti (permessi) ai paesi europei. Il risultato? Invece di comprare il petrolio direttamente dal produttore, che in ogni modo ci guadagna, lo compriamo dall’intermediario e lo paghiamo molto di più, perché quest’ultimo si arricchisce alle nostre spalle e dobbiamo anche tenere conto dei costi del trasporto. Una follia? Sì una follia, tanto ci costa la megalomania dei gringos, che – come sottolinea Mirko Casale di Ahilesva – fa male soprattutto a noi, ovviamente ai più poveri di noi.
Se ci riferiamo a una fonte spagnola (Negocios Tv), non solo troviamo la conferma di quanto appena affermato, ma anche l’informazione che la Russia ha stabilito un limite alle sue vendite di petrolio all’India, affermando che è alquanto seccata dall’ipocrisia europea e che le società petrolifere indiane dicessero ai loro clienti di avere il coraggio, dopo aver varato il sesto pacchetto di sanzioni, di rivolgersi direttamente al produttore, il quale mentre è accusato (di) ritorsioni non sta con le mani (in mano) ad aspettare che siano gli occidentali a decidere il momento della sospensione totale dei rifornimenti di gas e di petrolio. Ritorsioni che non sono tali perché avvengono poi per effetto delle stesse sanzioni, dato che – come informa addirittura Bloomberg – proprio per questa ragione mancano ai russi apparecchiature fondamentali per far funzionare il Nord Stream e ciò ha fatto rallentare il flusso di gas alla Germania. Naturalmente gli europei accusano la Russia di ricatto e di usare politicamente le risorse energetiche, come se loro non facessero anche peggio con i loro mezzi a disposizione e non avessero a due passi il Nord Stream 2 pieno di gas e pronto per entrare in funzione.
Ciò nonostante personaggi come Massimo Franco, noto giornalista membro dell’International Institute for Strategic Studies, insistono nel dire che, dal momento che Putin si lamenta spesso delle sanzioni, evidentemente esse colpiscono la Russia, ma forse è bene analizzare caso per caso per valutarne i risultati. Comunque, quello che giustamente per i russi è inaccettabile è il furto di 300 miliardi di dollari depositati nelle banche occidentali, furto perpetrato in precedenza ai danni degli altri paesi recalcitranti all’ordine yankee come la Libia e l’affamato Afghanistan.
Comunque, nonostante si cerchi di occultare in tutti i modi la drammaticità della situazione per insistere sulla necessità della guerra ormai persa contro la Russia, un recente articolo dell’economista irano-statunitense Nouriel Roubini sul “Financial Times” avverte che l’Europa (in particolare Italia e Spagna) per la sua crescita inesistente, per l’inflazione, per la svalutazione dell’Euro, per il debito insostenibile, per la riduzione dei consumi interni, per l’insufficienza dei salari, per la disoccupazione ecc., potrebbe entrare nella recessione già nelle prossime settimane. Come si vede l’onnipotente Draghi non ci ha salvato come si pretendeva a gran voce, dimostrando che le sue capacità taumaturgiche sono alquanto scarse.
Tornando alla questione delle apparecchiature indispensabili per il funzionamento del gasdotto Nord Stream bloccate all'estero, si tenga presente che il Canada non può inviare a Gazprom le turbine prodotte da Siemens Energy AG, che sono state lì revisionate, perché la rotta atlantica verso la Germania è appunto bloccata dalle sanzioni. La società russa ha fatto sapere che ha dovuto ridurre i flussi del 40% a causa di problemi tecnici in una stazione di compressione che funge da punto di ingresso del collegamento sulla costa baltica. Come al solito gli occidentali inveiscono contro Putin, non si sono ancora accorti di non stare più al centro del globo terrestre e chi dà calci riceverà calci. Purtroppo, per quello che so, nessuno ha mai condiviso la riflessione dell’insigne Lucrezio, secondo cui è cosa migliore patire un torto piuttosto che infliggerlo.
Note:
[1] Per quanto riguarda il modo in cui si stabiliscono i prezzi delle materie energetiche v. l’articolo di A. Minaldi in https://www.pressenza.com/it/2022/06/bolletta-energetica-alle-stelle-e-se-la-guerra-non-centrasse-quasi-niente/.
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