Il colpo di stato in Ucraina
L’operazione condotta dalla Nato in Ucraina inizia quando
nel 1991, dopo il Patto di Varsavia, si disgrega anche l’Unione Sovietica di
cui essa faceva parte. Gli Stati Uniti e gli alleati europei si muovono subito
per trarre il massimo vantaggio dalla nuova situazione geopolitica. L’Ucraina –
il cui territorio di oltre 600mila km2 fa da cuscinetto tra Nato e Russia ed è
attraversato dai corridoi energetici tra Russia e Ue – non entra nella Nato,
come hanno fatto altri paesi dell’ex Urss ed ex Patto di Varsavia. Entra però a
far parte del «Consiglio di cooperazione nord-atlantica» e, nel 1994, della
«Partnership per la pace», contribuendo alle operazioni di «peacekeeping» nei
Balcani.
Nel 2002 viene adottato il «Piano di azione Nato-Ucraina» e
il presidente Kuchma annuncia l’intenzione di aderire alla Nato. Nel 2005,
sulla scia della «rivoluzione arancione» (orchestrata e finanziata agli Usa e
dalle potenze europee), il presidente Yushchenko viene invitato al summit Nato
a Bruxelles. Subito dopo viene lanciato un «dialogo intensificato
sull’aspirazione dell’Ucraina a divenire membro della Nato» e nel 2008 il
summit di Bucarest dà luce verde al suo ingresso. Nel 2009 Kiev firma un
accordo che permette il transito terrestre in Ucraina di rifornimenti per le
forze Nato in Afghanistan. Ormai l’adesione alla Nato sembra certa ma, nel
2010, il neoeletto presidente Yanukovych annuncia che, pur continuando la
cooperazione, l’adesione alla Nato non è nell’agenda del suo governo.
Nel frattempo però la Nato tesse una rete di legami
all’interno delle forze armate ucraine. Alti ufficiali partecipano per anni a
corsi del Nato Defense College a Roma e a Oberammergau (Germania), su temi
riguardanti l’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato. Nello
stesso quadro si inserisce l’istituzione, presso l’Accademia militare ucraina,
di una nuova «facoltà multinazionale» con docenti Nato. Notevolmente sviluppata
anche la cooperazione tecnico-scientifica nel campo degli armamenti per
facilitare, attraverso una maggiore interoperabilità, la partecipazione delle
forze armate ucraine a «operazioni congiunte per la pace» a guida Nato.
Inoltre, dato che «molti ucraini mancano di informazioni sul
ruolo e gli scopi dell’Alleanza e conservano nella propria mente sorpassati
stereotipi della guerra fredda», la Nato istituisce a Kiev un Centro di
informazione che organizza incontri e seminari e anche visite di
«rappresentanti della società civile» al quartier generale di Bruxelles. E
poiché non esiste solo ciò che si vede, è evidente che la Nato costruisce una
rete di collegamenti negli ambienti militari e civili molto più estesa di
quella che appare.
Sotto regia Usa/Nato, attraverso la Cia e altri servizi
segreti vengono per anni reclutati, finanziati, addestrati e armati militanti
neonazisti. Una documentazione fotografica mostra giovani militanti neonazisti
ucraini di Uno-Unso addestrati nel 2006 in Estonia da istruttori Nato, che
insegnano loro tecniche di combattimento urbano ed uso di esplosivi per sabotaggi
e attentati. Lo stesso fece la Nato durante la guerra fredda per formare la
struttura paramilitare segreta di tipo «stay-behind», col nome in codice
«Gladio». Attiva anche in Italia dove, a Camp Darby e in altre basi, vennero
addestrati gruppi neofascisti preparandoli ad attentati e a un eventuale colpo
di stato.
È questa struttura paramilitare che entra in azione a piazza
Maidan, trasformandola in campo di battaglia: mentre gruppi armati danno
l’assalto ai palazzi di governo, «ignoti»
cecchini sparano con gli stessi fucili di precisione sia sui dimostranti
che sui poliziotti (quasi tutti colpiti alla testa). Il 20 febbraio 2014 il
segretario generale della Nato si rivolge, con tono di comando, alle forze
armate ucraine, avvertendole di «restare neutrali», pena «gravi conseguenze
negative per le nostre relazioni». Abbandonato dai vertici delle forze armate e
da gran parte dell’apparato governativo, il presidente Viktor Yanukovych è
costretto alla fuga. La direzione delle forze armate viene assunta da Andriy
Parubiy, cofondatore del partito socialnazionalista ridenominato Svoboda,
divenuto segretario del Comitato di difesa nazionale, e, in veste di ministro
della difesa, da Igor Tenjukh, legato a Svoboda.
La Nato si sente ormai sicura di poter compiere un altro
passo nella sua espansione ad Est, inglobando l’Ucraina. Lo conferma la
riunione dei ministri Nato della difesa, che si svolge il 26-27 febbraio 2014
al quartier generale di Bruxelles. Primo punto all’ordine del giorno l’Ucraina,
con la quale – sottolineano i ministri
nella loro dichiarazione – la Nato ha una «distintiva partnership» nel cui
quadro continua ad «assisterla per la realizzazione delle riforme». Prioritaria
«la cooperazione militare» (grimaldello con cui la Nato è penetrata in Ucraina).
I ministri «lodano le forze armate ucraine per non essere intervenute nella
crisi politica» (lasciando così mano libera ai gruppi armati) e ribadiscono che
per «la sicurezza euro-atlantica» è fondamentale una «Ucraina stabile» (ossia
stabilmente sotto la Nato).
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