Il mondo fino alla Rivoluzione francese si è retto su
meccanismi automatici, che sostanzialmente implicano la prevalenza del più
forte, la prevalenza di chi riesce a raccogliere più potere. Hegel vede il
carattere nuovo della nostra epoca nata con la Rivoluzione francese nel fatto
che l’uomo prende nelle proprie mani il processo di sviluppo dei rapporti
sociali e si mette a dirigerlo secondo una progettualità, cioè secondo la
ragione: «Dacché il sole è nel firmamento e i pianeti gli ruotano intorno, non
si era visto che l’uomo poggia sulla testa, cioè sul pensiero, e, in base ad
esso, edifica la realtà [...]. Ora solo l’uomo è arrivato a conoscere che il pensiero deve governare la
realtà spirituale. Fu una splendida aurora. Tutti gli esseri pensanti hanno festeggiato
quest’epoca». L’età contemporanea non si è ancora chiusa, noi viviamo ancora
nell’età aperta dalla Rivoluzione francese. Il processo che Hegel ha visto
iniziare con la Rivoluzione francese non si è ancora compiuto: il mondo umano
non è ancora plasmato, anzi purtroppo è ben lungi dall’essere plasmato dalle
forze della ragione, dalla progettualità razionale. In una filosofia così forte
l’uomo può conoscere tutta la realtà, l’uomo crea una seconda natura, questa
seconda natura può essere modellata pienamente dalla progettualità razionale: è
chiaro che si tratta di una filosofia ottimistica, possibile in un momento di
grande espansione degli orizzonti umani. Quando, nel 1830‑’48, tutto questo fulgore viene meno, si manifesta chiaramente che la
grande speranza dell’emancipazione complessiva dell’umanità non è stata
realizzata; nelle barricate del ’48 per la prima volta la borghesia si vede con
disappunto contrapposta un’altra classe sociale che le è ostile, il
proletariato, e perde la convinzione di poter essere la classe che ha
emancipato l’umanità e l’ha liberata definitivamente, inizia un ripiegamento
che dà luogo a forme di irrazionalismo, all’esistenzialismo, da cui non si è
ancora usciti. [...]
L’Illuminismo ha fallito perché pretendeva di calare ideali
dalla mente dei filosofi nella realtà, invece gli ideali li partorisce la
storia stessa: la storia è autocontraddittoria e genera da sé il nuovo. Questo
è l’aspetto che verrà sviluppato in particolare da Marx. «Ma la separazione
della realtà dall’idea è specialmente cara all’intelletto». La tendenza a
separare reale da razionale è una delle funzioni dell’intelletto, cioè della
facoltà non pienamente matura dell’uomo che tende a vedere le cose come
separate, razionale da una parte e reale dall’altra: la mentalità
illuministica. [...]
lo spirito è l’autoconsapevolezza di sé che la natura
acquisisce nell’uomo, lo spirito è l’uomo razionale. «Questo possesso di sé
dello spirito, questo suo venire a se stesso può dirsi il suo scopo supremo,
assoluto, questo soltanto è il suo ruolo e nient’altro. Tutto ciò che avviene
in cielo ed in terra, che eternamente avviene, la vita di Dio e tutto ciò che
si opera nel tempo, tende soltanto a far sì che lo spirito riconosca se stesso,
che si oggettivi a se stesso, che trovi se stesso, che divenga per sé, che si
ricongiunga con sé. Lo spirito è sdoppiamento, è estraniamento, ma soltanto per
poter ritrovare se stesso». [...]
l’assoluto si rivela nella storia della filosofia, la storia
della filosofia culmina nel pensiero hegeliano, Hegel quindi ha la pretesa di
essere il momento di autorivelazione dell’assoluto. Hegel in qualche modo
questa pretesa l’aveva: lo spirito assoluto culmina nella filosofia e con Hegel
l’assoluto arriva all’autocomprensione di sé, quindi il circolo in qualche modo
si chiude, il sistema hegeliano ha una sua chiusura. Però Hegel non era ignaro
del fatto che altri materiali empirici, altri elementi vitali sarebbero emersi
e avrebbero avuto bisogno di una sintesi ulteriore: si può dire 170 anni dopo
la sua morte che una sintesi ulteriore poi non c’è stata, quindi finora la
filosofia hegeliana rimane la filosofia suprema, cioè la filosofia che è
riuscita meglio a sintetizzare in una strutturazione logica coerente tutto il
pensiero precedente, tutta la comprensione che l’umanità ha avuto della realtà
e del corso storico stesso. Ma si deve rilevare che, se il sistema hegeliano si
può considerare una sintesi, è pur vero che il metodo dialettico implica che
ogni sintesi si riproduce sempre come tesi e dà luogo a un ulteriore sviluppo
storico: Hegel, che è il filosofo del divenire, non pretende di chiudere col
proprio pensiero il divenire, Hegel è un filosofo aperto invece sullo sviluppo
ulteriore della realtà.
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