Al Miur non basta proteggere questa alternanza scuola-lavoro (ora Pcto), bisogna ridurre la durata del liceo e dare spazio ai cosiddetti Ted, licei della “transizione ecologica digitale”, promossi da tante imprese. Per i giovani della generazione di Greta, grida Teachers For Future Italia, non è un sogno ma un incubo
Nel luglio 2015 il varo della riforma della scuola, fortemente voluta da Renzi, fu salutato dalla stampa confindustriale come un salutare salto verso la modernizzazione della scuola italiana. L’alternanza scuola-lavoro in particolare fu spinta dall’idea di risolvere la questione della disoccupazione ma, dopo sette anni, saremmo curiosi di conoscere i dati relativi a quanti nuovi occupati siano veramente da ricondurre alle attività di “alternanza” svolti dalle scuole. Di certo ci sono l’imponente numero di ore sottratte alla formazione scolastica, alla lettura di libri, alla visione di film, a visite nei musei, ecc. e l’altrettanto importante ammontare di euro stanziati a favore di enti, fondazioni, associazioni ecc.
Per chi come noi crede nella necessità primaria di rendere la scuola pubblica sana, efficiente, democratica e capace di formare i cittadini che ci tireranno fuori dalla catastrofe liberista va detto che l’alternanza è il B52 della scuola democratica e del futuro dei ragazzi. Peraltro, parlando di alternanza è, con dolore necessario ricordare che proprio il giovane studente Lorenzo Parelli è stato la cavia mortale della catena dello sfruttamento nelle scuole.
Ma le riforme continuano, anche se servirebbe la sospensione di ogni “sperimentazione” e di ogni intervento legislativo sull’istruzione fino a fine emergenza, perché il mondo della scuola in questo momento avrebbe bisogno di tempo per riflettere e ritrovarsi, di individuare con calma, attraverso un ampio dibattito democratico, le proprie autentiche priorità, non di improvvisate “riforme” che aggiungono confusione a confusione, proseguono sulla linea dei disastri degli ultimi venticinque anni e vengono imposte frettolosamente da pochissimi (con la scusa di un Pnrr che dovrebbe essere di tutti) a un sistema già duramente provato, senza nessuna chiarezza su motivazioni, finalità e interessi che portano avanti e sulle conseguenze che potrebbero avere.
Il Liceo quadriennale, ultima novità in ordine di arrivo, sponsorizzata con enfasi dal ministro Patrizio Bianchi ne è proprio l’esempio plastico. Ennesimo taglio drastico all’istruzione pubblica, fatto passare per innovazione, nonostante il Consiglio di Stato abbia sonoramente bocciato questa sperimentazione. Nell’ambito di questo grave rilancio della scuola superiore quadriennale appare meritevole di denuncia anche la comparsa dei cosiddetti “TED”, Licei della Transizione Ecologica Digitale, incentrati su materie STEM, promossi da tanti soggetti appartenenti al mondo delle imprese. Si andrà a scuola di transizione ecologica e digitale insomma ma per i giovani della generazione di Greta Thunberg non è tanto un sogno quanto un incubo.
Nel nostro primo Manifesto, chiedevamo al MIUR “l’aggiornamento delle linee guida per la gestione dell’emergenza climatica in modo tale da concedere spazio all’attuale emergenza ambientale ed ecologica”, parlavamo di “cambiare la scuola per cambiare il sistema”. Assistiamo invece all’entrata a gamba, non tesa ma tesissima, delle multinazionali nel sistema formativo italiano. Assistiamo al tentativo, assolutamente esplicito di trasformare le scuole italiane in fondazioni private, all’istruzione pubblica targata con i marchi di grandi aziende, all’idea nefasta di scuola completamente subordinata alle esigenze di impresa. La cosa raccapricciante è che tutte queste aziende, presentandosi come leader di sostenibilità, avranno la possibilità di intervenire direttamente nella didattica, riscrivendo i curricola scolastici, e al contempo di gestire anche i PCTO. Studenti come polli da allevamento del Capitale insomma.
A questo si aggiunga che è assurdo trasmettere nella didattica l’idea che affrontare la crisi climatica resti esclusiva delle materie scientifiche, quando dovrebbe essere piuttosto un approccio trasversale a tutte le materie di studio. Di transizione lor signori vedono con chiarezza una cosa: quella dei soldi che dalle casse dello Stato transitano verso nuove istituzioni, fondazioni, enti privati dove esercitare strategicamente un’educazione rigidamente aziendalista e liberista, dove agli alunni venga anzitutto insegnato a “credere, obbedire e combattere” per i profitti delle aziende. Il resto.. è noia mortifera e pubblicità. In definitiva, se il ministero della pubblica istruzione capisse che l’educazione è importante per far fronte alla crisi climatica, si prenderebbe in carico il progetto e lo affiderebbe a Ong e Associazioni Ambientaliste ma evidentemente sta facendo l’ennesimo favore a Confindustria.
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