lunedì 14 luglio 2014

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi

L’occupazione della Cisgiordania, della striscia di Gaza e di Gerusalemme orientale nel 1967, mentre concretizzava gli obiettivi espansionistici verso tutta la Palestina storica tenuti in serbo da Ben Gurion durante il suo regno, faceva ribollire il pentolone, mai spento, ove cuoceva tutto l’armamentario ideologico sul mantenimento della superiorità numerica degli ebrei e quindi di un sempre possibile transfer. Fu proprio uno dei maggiori artefici delle espulsioni del 1947-‘48 e teorizzatore nel 1940 del trasferimento totale della popolazione palestinese fuori dalla sua terra a porre schiettamente il problema. In un articolo pubblicato sul giornale laburista “Davar” il 29 settembre del 1967 il vicepresidente del Fondo nazionale ebraico Joseph Weitz scrisse: “Nella Guerra dei sei giorni accadde un solo grande miracolo: una tremenda vittoria territoriale ma la maggioranza della popolazione di territori liberati [sic] è rimasta ‘fissa’ al suo posto, cosa che può causare la distruzione del nostro stato”. Quindi: “È di imperativa importanza che la pace venga stabilita sulla base di uno stato ebraico indipendente con una limitata minoranza non ebraica anche se ciò richiedesse cedere territori ottenuti e liberati una volta effettuate le modificazioni concernenti i confini esistenti e di quelli afferenti a tutta Gerusalemme. Ciò con lo scopo di rafforzare la sicurezza di Israele e la sua fisionomia e non, in alcun modo, con lo scopo di formare, in una maniera o nell’altra, uno stato palestinese”.
“La sinistra politica di ‘ingegneria demografica’ costituisce un’ulteriore manifestazione del razzismo israeliano. Per mantenere il ‘carattere ebraico’ o la ‘purezza’ dello stato d’Israele, i palestinesi sono stati presentati e trattati come se fossero una ‘minaccia demografica’. I ‘rimedi’ proposti includono il controllo forzato delle nascite e la ’gestione della popolazione’, il trasferimento di intere comunità fino agli schemi razzisti e punitivi di ‘separazione’ unilaterale attualmente discussi” (Hanan Ashrawi  - Discorso alla Conferenza di Durban)
È questo, forse, il più straordinario tra i destini di esilio: il fatto di essere stati esiliati da esiliati, di rivivere nel presente lo stesso processo di sradicamento per mano di chi l'esilio lo ha già subito. (Edward W. Said)

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