Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query Stefano Garroni. Ordina per data Mostra tutti i post
Visualizzazione dei post in ordine di pertinenza per la query Stefano Garroni. Ordina per data Mostra tutti i post

sabato 18 luglio 2015

5. IL DEMONIACO - Stefano Garroni


 "...non esiste religione senza paura, come non esiste religione senza amore.
...non si tratta affatto di una tappa antica o recente dell'evoluzione, ma soltanto di un elemento inerente alla struttura stessa della mentalità religiosa; elemento che prevalse sovrano entro civiltà estranee e anteriori alla nostra, ma che perdura oggi fra noi, ancora vivo e vegeto."                                                                                     (G. Van der Leeuw, Fenomenologia della religione, Torino Boringhieri 1975)

 Dunque descrivendo l'esperienza religiosa vissuta, Van der Leeuw non documenta, solo, d'un tipo di mentalità arcaica, lontanissima dalla nostra, per quanto possa con questa coesistere. Fa molto di più: rende conto di un modo possibile di sperimentare il mondo e noi stessi nel mondo, che atemporalmente appartiene alla mente umana.

 Nulla di strano, quindi, che si tratti di un'esperienza presente in contesti storici  e culturali diversi e distanti. 

sabato 31 ottobre 2015

Dialettica riproposta - Stefano Garroni - LA CITTA' DEL SOLE



Sono raccolti in questo libro gli scritti cui Stefano Garroni stava lavorando prima della sua scomparsa avvenuta nell’aprile del 2014. In essi sono presenti i temi principali del suo lungo e intenso percorso di ricerca, nel corso del quale ha sempre cercato di coniugare con grande sensibilità teoria e prassi, filosofia e politica, etica e scienza. Tra questi temi ricordiamo la tesi dell’inscindibile legame tra Hegel e Marx, il quale – secondo l’autore – si sarebbe sempre mosso nel quadro della filosofia del suo grande predecessore, non attuando quel semplicistico “rovesciamento” della dialettica, su cui ha tanto insistito il materialismo scolastico e dogmatico e che scaturisce dall’interpretazione della “sinistra hegeliana”. L’altro tema, che ci preme mettere in risalto, è rappresentato dall’individuazione nel pensiero di Marx di un forte impegno etico, che si concreta nel Principio Morale di Base così definibile “la vita deve produrre vita”, che questo autore seminale impiega per indagare la società capitalistica e per delineare al contempo i tratti della futura società comunista. 


Nato a Roma nel 1939 e laureatosi in Filosofia alla Sapien­za della stessa città, Stefano Garroni è stato un brillante anima­tore del dibattito marxista sia italiano che internazionale. Ha lavorato per alcuni anni in qualità di assistente per la cattedra di Filosofia teoretica sempre alla Sapienza, per poi diventare ricercatore nel 1973 del Consiglio nazionale delle ricerche. Collaboratore della prestigiosa rivista cubana “Marx ahora”, diretta da Isabel Monal, è autore di numerose opere, in cui ha cercato di coniu­gare con grande rigore filosofia, etica e politica. Ricordiamo in particolare quegli scritti che ha dedicato all'approfondimento del pensiero di Freud come “Su Freud e la morale” (Roma 1983), “Sul perturbante” (Roma 1984), “Quaderni freudiani” (Napoli 1988).
Negli anni ’90 ha collaborato con l’Istituto italiano di Studi filosofici di Napoli e con la Casa Editrice Kappa, con cui ha pubblicato “Tra Cartesio e Hume” (1991) e “Tracciati dialettici: note di politica e di cultura” (1994). Ha tradotto alcune opere del filosofo marxista tedesco Hans Heinz Holz e ha curato sia la pubblicazione di alcuni classici della filosofia e del marxismo, come il “Manifesto del partito comunista” di Marx e Engels (Laboratorio politico, Napoli 1994). La sua collaborazione con le Edizioni La Città del Sole inizia con la cura dell’opera collettanea “Engels cento anni dopo” (1995) e prosegue fino alla sua scomparsa. A questi anni appartengono anche “Su marxismo e stagnazione” (1994) e “Dialettica e differenza” (1997). L’ultima opera filosofica pubblicata da Stefano Garroni è “Letture marxiste di Hegel” (2013), in cui ripropone la cruciale riflessione sulla dialettica, tema al centro del suo interesse sia teorico che morale. Infine, tra le sue ultime attività ricordiamo il lavoro del Collettivo di formazione marxista, con cui ha curato la pubblicazione di libri di informazione politica e di divulgazione culturale, come per esempio “Finché c’è guerra c’è speranza” (2001), “Riproposte dialettiche” (2009), “Ricerche marxiste” (2012) e “Ripensare Marx” (2014). 
---------------------------------------------------

       NOTA DELL’EDITORE

Stefano aveva voluto affidarmi questo testo, pur se, trattandosi di una prima stesura, ancora bisognosa di cure. Ne parlammo più volte, ma volle ugualmente che io lo custodissi.
Non so – e non ha senso parlarne – se in questa inusitata e ostinata decisione di affidarmi queste sue più recenti riflessioni ci fosse un qualche sentore o presagio del peggio. Sta di fatto che la sua scomparsa ha fatto di questo affidamento una sorta di legato testamentario al compagno ed amico editore per la pubblicazione.
Grazie all’impegno sollecito e discreto della sua compagna e moglie, Alessandra Ciattini, che ha curato il testo, oggi questo ultimo lavoro di Stefano va in stampa.
Esso conclude un sodalizio e una collaborazione – non soltanto editoriali – di molti anni nel comune percorso.
Affidiamo questo libro agli estimatori di Stefano e a tutti i lettori ancora o nuovamente interessati agli arricchimenti del pensiero critico materialistico e dialettico, soprattutto ai più giovani alla cui formazione Stefano fu sempre attento.
Non soltanto, dunque, un affettuoso ricordo del compagno e amico, ma un “testimone” che induca altri a proseguire quello stesso percorso, con altrettanto coerente impegno scientifico e politico.

             Ciao, Stefano. Grazie.
                                                 Sergio Manes 

----------------------------------------------

Indice 


Nota dell’editore
                                                                                                                                             













giovedì 12 marzo 2020

Francesco Valentini: Soluzioni hegeliane - Renato Caputo


Vedi anche:  I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (ultima parte) - Renato Caputo  
                      Le origini filosofiche del marxismo: la filosofia di G.W.F. Hegel (7-8-9) - Renato Caputo 
                      Hegel: Fenomenologia dello spirito. La questione ontologica della "cosa stessa" - Remo Bodei  
                      Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 



A poco più di 10 anni dalla morte di uno dei massimi interpreti di Hegel e a quasi 20 dalla pubblicazione della sua più significativa monografia sull’opera hegeliana, pubblichiamo un’analitica recensione di quest’ultima 


Soluzioni hegeliane è una raccolta di saggi di Francesco Valentini, dedicati in maniera diretta o indiretta a delucidare il pensiero hegeliano. Le tematiche affrontate nella prima sezione sono: la società civile, il mondo della ricchezza, la moralità, le prime categorie della Logica, l’interpretazione dell’illuminismo, il Sapere assoluto, la genesi della razionalità. Nella seconda, invece, Valentini analizza la filosofia di Eric Weil, una filosofia fortemente influenzata dal pensiero di Hegel come da quello di Kant. Il confronto tra questi due filosofi e l’interpretazione storicistica del pensiero hegeliano possono essere considerate le due caratteristiche fondamentali dell’approccio dell’autore alle differenti problematiche presenti nel suo libro.

Nel primo saggio dedicato alla società civile Valentini muove dalle critiche rivolte da Karl Marx e Rudolf Haym al pensiero “speculativo” hegeliano, al razionale che si pretende reale e che quindi “consacra contenuti empirici, qualificandoli razionali” [1]. Valentini rigetta queste critiche in quanto ritiene che “la compenetrazione di ragione ed empiria sia la conseguenza inevitabile (e plausibile) della polemica contro le filosofie della riflessione e corrisponda a un atteggiamento umano di conciliazione con il mondo, di pacificazione con le cose” (25). Valentini ritiene che nella filosofia hegeliana non vi sia affatto un dominio della logica sul dato empirico, dato che i concetti stessi in essa non sono altro che “condensazioni di fatti, hanno la loro nascita storica e la loro vicenda storica, e poi vengono tesaurizzati come categorie del discorso” (26).

sabato 3 aprile 2021

Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma. 

                                Prima parte: 
                                                     


                                                                                                                Seconda parte: 
                                                                  

Vedi anche:  
Leggi anche: 


sabato 2 maggio 2015

DIALETTICA E DIFFERENZA - Stefano Garroni* - Prefazione di Andras Gedo**




 "Sostanzialmente, le pagine che qui raccolgo derivano da un'attività seminariale, svolta con una certa intensità negli ultimissimi anni. E' proprio questa attività, che mi ha consentito - forse - di registrare (da parte di giovani, ma non solo) la ripresa di un interesse, non banalmente politico ma sì orientato verso prospettive teoriche e morali più di fondo.
Lo scopo di queste pagine - che rielaborano spesso lezioni seminariali - è fornire elementi, che vadano nel senso della ripresa di interesse di cui dicevo.
E' ovvio che non spetti a me giudicare quanto vi riescano; spetta a me, invece, riconoscere nell'esperienza seminariale fatta l'autentica fonte di stimolazione del mio lavoro." 
(S. Garroni)

mercoledì 4 settembre 2013

Letture Marxiste di Hegel - Stefano Garroni -


Questo ultimo lavoro di Stefano Garroni ha il senso di individuare in Hans Heinz Holz colui che ha saputo liberare l'interpretazione di Hegel (e di Kant) da consolidati pregiudizi e diffidenze. Il risultato è che Holz si fa portatore anche di una lettura di Marx, innovatrice, nella stessa misura in cui rimanda ad una "rilettura" della filosofia classica tedesca e ad una corretta, puntuale filologia marxiana.                                                                                                                                                                       Nato nel 1939, Stefano Garroni, appena laureato svolse attività di assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica diretta, nell'ordine, dai Proff. U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nel 1973, vinto l'apposito concorso, entrò a far parte del Centro di Pensiero Antico del CNR, diretto dal Prof. G. Gianantoni.                                                                                                                       Partendo da un clima culturale fortemente segnato da irrazionalismo e soggettivismo, Garroni, nella prospettiva di un recupero rigoroso della problematica dialettica, ha pubblicato - tra l'altro e sempre con le Edizioni "La Città del Sole" di Napoli - Quaderno freudiano, Engels cent'anni dopo, Dialettica e differenza, nonché varie traduzioni di opere del filosofo marxista Hans Heinz Holz.                              
                                  
Stefano Garroni - Letture Marxiste di Hegel -(La citta' del sole edizioni)         

martedì 18 agosto 2020

Domenico Losurdo e la comune umanità tra categorie del pensiero e conflitto sociale. - Salvatore Favenza

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - Recensione di Salvatore Favenza a: S. G. Azzarà, La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, La Scuola di Pitagora, Napoli 2019.
Vedi anche:   L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo  
                       Hegel e la rivoluzione - Domenico Losurdo 
                       Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
                       Marx e Hegel. Contributi a una rilettura - Roberto Fineschi
Leggi anche:  Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica*- Stefano Garroni 
                         Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 
                         Nei Quaderni filosofici di Lenin: lo studio della Logica e la lettura del proprio tempo - Emiliano Alessandroni 
                         Per una rinascita del materialismo storico negli studi di filosofia, storia e scienze umane*- Stefano G. Azzarà  
                         Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni 
                         Sulla stagnazione del marxismo - Stefano Garroni 
                         Su Hegel politico. - Stefano Garroni -

La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, di Stefano G. Azzarà, precedentemente edito dalle Editions Delga di Parigi nel 2012 ed ora pubblicato da La Scuola di Pitagora in edizione italiana riveduta, ampliata ed aggiornata dalle corpose integrazioni di Emiliano Alessandroni, costituisce una privilegiata chiave d’accesso all’itinerario di pensiero di Domenico Losurdo. 

I tre capitoli di cui si compone il libro riguardano il confronto storico e filosofico di Losurdo con la storia del liberalismo, con la filosofia classica tedesca e con il materialismo storico. 

Secondo le narrazioni oggi in Occidente più gettonate, il liberalismo, nato tra Sei e Settecento presso le più illuminate intellettualità europee, lottò e vinse contro l’assolutismo monarchico facendo acquisire centralità al valore dell'individuo e realizzando lo stato di diritto. Dopodiché, una volta conferita una più o meno solida struttura alla sua propensione democratica, si trovò ad affrontare nemici ancora più temibili. Un parto gemellare di natura totalitaria diede infatti vita a nazismo e comunismo che, affratellati dalla comune natura dispotica, hanno tentato entrambi di contendere al mondo liberale la guida del Novecento. Fortunatamente, tuttavia, il liberalismo vinse anche quest’ultima battaglia e a tutt'oggi si candida a prosperare sull'intero globo, esportando il proprio modello sociale e politico, garanzia di serenità e di pace. 

Domenico Losurdo ha mostrato l’inconsistenza di una simile narrazione, opponendo a questa storia sacra (la cui credibilità è stata favorita dalla sconfitta dei tentativi di costruzione del socialismo in Europa orientale) una storia profana, finora abilmente schivata dalla luce dei riflettori. La narrazione corrente sembra infatti ignorare come il liberalismo abbia costituito non già un impulso ma un ostacolo alla realizzazione della democrazia moderna, essendo stato soltanto il sopraggiunto confronto con la tradizione rivoluzionaria ad aver condotto al superamento delle tre grandi discriminazioni che contraddistinguevano le società occidentali ancora all'inizio del Novecento: la discriminazione di censo, quella di razza e quella di genere. Non si trattava tuttavia, secondo Losurdo, di opporre al “Libro nero del comunismo” di Courtois e colleghi, un “libro nero” del liberalismo, bensì di contestare al liberalismo stesso la «sua autoidentificazione con la centralità dell’individuo e con la storia della libertà moderna». 

Il liberalismo, che pure aveva formulato questi concetti, appariva contraddistinto da notevoli clausole di esclusione che ne boicottavano la portata universale: la tradizione che aveva innalzato la bandiera della libertà della società civile e su questa base aveva condotto la battaglia contro il dispotismo delle monarchie assolute, venne ad imporre a sua volta, con la propria ascesa, un potere assoluto nei confronti delle classi subalterne e dei popoli coloniali. Si trattava di un processo di de-umanizzazione su scala globale: solo per la razza dei signori, sulla base delle severe discriminazioni di razza, di genere e di censo, veniva a costituirsi una comunità di liberi e uguali. 

Losurdo ha evidenziato come il superamento di questi limiti sia stato possibile soltanto attraverso l'incontro/scontro con il movimento operaio e si sia verificato nonostante la struttura portante del discorso liberale. Questo conflitto da un lato ha mostrato la “duttilità” e la “modernità” del liberalismo, la sua capacità di adattamento e il suo realismo; dall’altro ha generato una spaccatura nell’ambito del liberalismo stesso, tra una componente che è andata saldandosi con le tendenze apertamente reazionarie e un’altra che, ripensandosi interamente a partire dal compromesso antifascista, è divenuta parte del processo di costruzione della democrazia moderna. 

martedì 9 aprile 2024

Lenin, a cento anni dalla morte -


Jutta Scherrer m.13,47 - Luciano Canfora m.36,02 - Rita Di Leo m.50,57 - 
Etienne Balibar m.1,09,25 - Luciana Castellina m.1,34,13 - 
Giacomo Marramao m.2,03,41 - Stefano G. Azzarà m.2,24,51 -

                                                                          


giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.

sabato 15 settembre 2018

Riflessioni 15... - Stefano Garroni

Da: Mirko Bertasi  - Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. - https://www.facebook.com/groups
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/05/riflessioni-14-stefano-garroni.html


Empirismo e sapere assoluto.

[...] Se questo tu intendi per empirismo, cioè l’esigenza di un sapere determinato, sicuramente sia Hegel che Marx sono aperti all’empirismo. In Hegel due termini compaiono mille e mille volte: unterschied e Verschiedenheit. Unterschied vuol dire differenza e Verschiedenheit diversità, cioè l’attenzione alla differenza delle cose, cioè alla determinatezza delle cose, e quindi in questo senso all’empirismo, la diversità tra le cose (sempre empirismo). Per questo è un imbroglio quando i partiti comunisti dicevano “via nazionale al socialismo”, perché un’applicazione dialettica della politica ovviamente diversifica. È ovvio che se tu ragioni dialetticamente in politica è chiaro che il capitalismo che c’è in Vietnam non è quello che c’è in Danimarca, è ovvio. È chiaro però – riprendendo l’esempio di prima -, che a questo punto noi stiamo parlando dei parlanti cinesi, non della grammatica del cinese: stiamo parlando di come, di fatto, in contesti determinati, si usa la lingua cinese. Il filosofo si occupa della grammatica, quindi il suo è un sapere formale, vuoto di contenuti, e questo Hegel lo chiama il sapere assoluto, che però ha la caratteristica appunto, di non essere sapere determinato, perché è un sapere semplicemente grammaticale e non dell’applicazione.
INTERVENTO: Ma questo sapere assoluto, questo aggettivo assoluto, perché assoluto?
Stefano Garroni: Perché siccome è un sapere della ragione sulla grammatica della lingua, è un sapere della ragione sulla ragione della lingua: la ragione studia sé stessa, quindi è assoluta, cioè sciolta da ogni condizionamento.
               I.:Non nel senso di quantità insomma?
Stefano Garroni: No, ma che è sciolta da determinati, però appunto, Hegel chiarisce: il sapere assoluto non è mai il sapere di qualcosa di determinato, come è chiaro che l’economista per esempio che vuol studiare il sistema capitalistico di produzione ha bisogno di un sapere determinato, ma sulla base di quel sapere assoluto che gli ha dato l’impostazione.[...]

----------------------------------

[...]nei Manoscritti parigini Marx riconosce alla Fenomenologia di Hegel di aver visto il carattere propulsivo storicamente del lavoro: il lavoro umano come ciò che produce la storia dell'uomo. Per capirci, voi sapete quella breve opera di Engels sulla scimmia: il passaggio dalla scimmia all'uomo, in cui lui sottolinea come, attraverso il lavoro, si va formando la mano e quindi l'individuo acquista delle attività nuove; le quali attività nuove lo mettono in condizione di operare in maniera più sviluppata rispetto a prima; il che interviene sullo sviluppo psichico dell'individuo eccetera... Questi sono temi hegeliani, nettamente hegeliani: proprio questo discorso sulla mano, sulla trasformazione della mano attraverso il lavoro e le conseguenti trasformazioni psicologiche, morali, mentali che il rapporto lavorativo con la natura produce nell'uomo. È un tema largamente svolto nella Fenomenologia di Hegel e che a noi ci interessa perché, in realtà, è questo aspetto che poi Marx terrà particolarmente presente nelle pagine successive, anche nelle pagine che noi vedremo.
«Hegel si pone dal punto di vista della moderna economia nazionale, egli coglie il lavoro come l'essenza, come l'essenza che si va verificando dell'uomo, che verifica sé stessa; egli vede il lato positivo del lavoro, ma non anche il lato negativo» [citazione dai Manoscritti]. Il lato negativo è la produzione della miseria: i Manoscritti serviranno anche a mostrare come l'economia politica, questa scienza della produzione della ricchezza, nasconda però il fatto che la ricchezza si produce proprio sulla miseria. Però, appunto, qui viene sottolineato come Hegel coglie non solo l'importanza dell'economia politica, ma questa centralità del lavoro come l'essenza che va confermando sé stessa svolgendosi dall'uomo.[...]

---------------------------------------

[...]l'approccio di Marx è questo: quando c'è la critica a un settore dell'insieme sociale, questa critica è sempre insufficiente, se non si collega al cuore della società, quindi alla logica complessiva dell'insieme. Quello che interessa è appunto sottolineare questo fatto: il tutto ha il primato sulla parte, la comprensione della logica globale mi permette di capire effettivamente le logiche particolari dei settori. Noi sappiamo che, nella tradizione del pensiero borghese, c'è il principio opposto: la parte vale più del tutto (Pascal, per esempio) che è un principio religioso: infatti dio ha dato l'anima a ognuno, a ogni singolo, e quindi ogni singolo ha una sacralità, un valore che non può essere messo in discussione neanche dalla maggioranza numerica. Il discorso che Marx fa, invece parte da questo primato del tutto sulla parte, per cui se io non capisco la logica complessiva dell'insieme, non posso capire effettivamente le singole parti.[...]

giovedì 17 settembre 2015

POST-MODERNO E CAMBIO SOCIALE* - Stefano Garroni

*Da DIALETTICA E SOCIALITA', Stefano Garroni, BULZONI Ed.

   "Il senso di questo volume sta nella tesi, secondo cui in tanto è possibile restituire al testo di Marx tutta la sua forza teorica, in quanto (anche) se ne riconsideri il rapporto con la lezione hegeliana. Di fatto, l'impoverimento scolastico e dogmatico del marxismo si lega strettamente ad una tradizione interpretativa di Hegel, largamente posta in crisi dalla più recente e rigorosa letteratura critica. Su questa base, tento confronti fra recise pagine di Marx e di Hegel, ritrovando fra esse consonanze, che fanno giustizia - a quanto mi sembra - di accreditati luoghi comuni. L'Appendice che chiude il volume, serve a mostrare come lo stravolgimento dogmatico e scolastico del marxismo ne abbia diminuita grandemente la capacità critica innovatrice. 
   La pubblicazione di questo volume è stata possibile dall'affettuoso sostegno e dall'intelligente contributo di Francesco Valentini, Alessandro Mazzone e Enza Celluprica. Ovviamente ringrazio questi docenti del loro apporto, scusandomi della misura limitata, in cui son riuscito a farne tesoro nel mio scritto. (S. Garroni) 

venerdì 25 settembre 2020

Wittgenstein – Riflessioni sul Ramo d’oro - Stefano Garroni

 Da: http://www.figuredellimmaginario.altervista.org - Stefano Garroni (Roma, 26 gennaio 1939 – Roma, 13 aprile 2014) è stato un filosofo italiano. Assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica (Roma Sapienza) diretta, nell'ordine, dai Proff. U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nel 1973 entrò a far parte del Centro di Pensiero Antico del CNR diretto dal Prof G. Giannantoni. 

Leggi anche:  WITTGENSTEIN E FREUD* - Stefano Garroni 

                         Antropologia, dialettica e struttura. - Stefano Garroni 

                         Da Wittgenstein a Marx via Rossi-Landi - Roberto Fineschi 

                       SOCRATISMO DI WITTGENSTEIN E 'FAMILY RESEMBLANCE'* - Stefano Garroni 

                         TEMI WITTGENSTEINIANI - Stefano Garroni 

                         L. WITTGENSTEIN - LA CULTURA MEDIA CONTEMPORANEA - NOTE AL RAMO D'ORO DI FRAZER - Stefano Garroni - 09-01-97

Vedi anche:    Oltre il testo - Carlo Sini 

                        Wittgenstein e la filosofia del linguaggio – Piergiorgio Odifreddi 


Riportiamo il prezioso testo della conferenza di Stefano Garroni dal titolo Wittgenstein - Riflessioni sul Ramo d'Oro (29-04-99).

Stefano Garroni propone una riflessione profonda e originale sulle Note sul Ramo d'oro di Frazer scritte da Wittgenstein. Il filosofo austriaco si scaglia contro l'intellettualismo di Frazer. Ma cosa comporta l'abbandono di una prospettiva logocentrica in ambito antropologico? Garroni si chiede se l'apertura al "possibile", nel senso di altri modi di vedere e concepire il mondo, non debba condurci a una riformulazione universale del concetto di mente. Ma ogni teoria della mente non è essa stessa soggetta a un'evoluzione storica? Come conciliare la pluralità dei sistemi culturali, delle Weltanschauungen, senza un'interrogazione storico-materialistica sulla questione del possibile? Queste sono solo alcune delle domande e dei temi di questa densa conferenza, il cui testo integrale è pubblicato per la prima volta in Figure dell'immaginario

La trascrizione e la revisione del testo sono state curate dalla professoressa Alessandra Ciattini e dalla dottoressa Adriana Garroni. 

E' possibile ascoltare l'audio della Conferenza su youtube: https://www.youtube.com/playlist?list=PL507095E3F22F0962 (fdi)

------------------------------------


Nel 1890 esce la prima edizione de Il ramo d'oro. Studio di religione comparata1, di James G. Frazer, opera che fu un vero e proprio successo editoriale e che continua ad essere letta ancora oggi; tuttavia, l'edizione definitiva in dodici volumi, di cui Ludwig Wittgenstein legge solo il primo, esce successivamente, nel 1911-15. Nel 1922 viene pubblicata con la prefazione di G. Cocchiara, uno studioso del folclore, l'edizione ridotta poi tradotta in italiano da Boringhieri (Milano 1965). 

È interessante notare che Frazer pose come appendice alla terza edizione della sua opera più famosa alcuni frammenti delle Lezioni sulla filosofia della religione di Georg W. F. Hegel, tratte da un manoscritto dello stesso e dagli appunti dei suoi allievi presi duranti i corsi che sul tema tenne a Berlino tra il 1821 e il 1831. L’antropologo vittoriano non aveva mai studiato l’opera di Hegel, furono il suo amico e psicologo James Ward (1843-1925) e il filosofo J. M. E. Mc Taggart (1866-1925)2 , che lo informarono della somiglianza tra il suo modo di intendere la relazione tra magia e religione e quello proprio del filosofo tedesco. 

Da parte sua, Wittgenstein conosceva Hegel solo di seconda mano; da quanto scrive uno studioso del suo pensiero, Alexander Berg, furono Bertrand Russell e C. D. Broad, che lo introdussero all’opera hegeliana durante i loro incontri e che probabilmente gli suggerirono l’espressione “gioco di parole”; espressione che Russell ed altri studiosi inglesi di Hegel impiegavano per spiegare il metodo argomentativo del filosofo tedesco3 . Ciò è documentato dagli appunti di Wittgenstein che mostrano un certo interesse per il filosofo idealista e in cui appare nel 1932 per la prima volta l’espressione “gioco di parole” (2019: § 1). Questo legame potrebbe costituire un argomento, non l’unico ovviamente, per sostenere che la critica che Wittgenstein fa del metodo esplicativo frazeriano assomiglia molto alla critica hegeliana dell’intellettualismo, come cercherò di dimostrare più avanti. 

Le note di Ludwig Wittgenstein sul Ramo d’oro, che probabilmente scrisse tra il 1930 e il 1940, sono state pubblicate solo nel 1967 da Rush Rhees, e sono state oggetto di molte interpretazioni, ma sicuramente sono centrate sulla critica all’intellettualismo; posizione interpretativa adottata da molti studiosi e filosofi della fine dell’Ottocento, tra cui i cosiddetti antropologi vittoriani, come Edward Burnett Tylor e Frazer appunto. 

La polemica di Wittgenstein, mi pare, si fonda su tre punti fondamentali.