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domenica 17 gennaio 2021

"LA PARABOLA DEL COMUNISMO" - Angelo D'Orsi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7)

Che cosa resta del comunismo? - Luciano Canfora, Sergio Romano

"Operai, soldati, soviet, partito: chi fece la rivoluzione?"- Angelo D'Orsi, Guido Carpi

Leggi anche: STORIA DEL MARXISMO - Andras Hegedus -

Sull' URSS - Marcello Grassi

ESSERE MARXISTA, ESSERE COMUNISTA, ESSERE INTERNAZIONALISTA OGGI - Samir Amin

La missione morale del Partito comunista - György Lukács

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni

Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.

                                                                           

sabato 9 gennaio 2021

- Dossier Cina -

 Da: http://lnx.retedeicomunisti.net - https://contropiano.org 

Leggi anche: Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Egemonia come direzione o come dominio? - Tian Shigang
Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping
Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin
- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 

Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

“Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 

Vedi anche: LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci

OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? 



Proponiamo nel presente volume i materiali raccolti sulla Repubblica Popolare Cinese negli scorsi mesi, e pubblicati sul sito della Rete dei Comunisti nella sezione “DOSSIER CINA”.

Tali contributi, tradotti e preceduti da una nostra introduzione, spaziano fra diversi temi: dal ruolo dell’agricoltura nel modello cinese all’importanza del processo di internazionalizzazione del Renmimbi, dagli investimenti cinesi in Africa e in Sud-America all’evoluzione del ruolo dell’Esercito Popolare di Liberazione. Senza pretesa di esaustività in nessuno dei temi trattati, riteniamo i seguenti articoli degli spunti di riflessione interessanti per cominciare una riflessione sull’evolversi del ruolo della Repubblica Popolare all’interno della fase storica che stiamo attraversando.

Per facilitare la consultazione proponiamo di seguito l’indice dei capitoli che vanno a formare questo e-book, in cui dopo il titolo e gli autori abbiamo aggiunto una brevissima sintesi che inquadra il contenuto dei diversi articoli. 

Gruppo Internazionale Rete dei Comunisti

domenica 27 dicembre 2020

L’impatto della crisi su povertà e disuguaglianze* - Francesco Schettino

 Da: https://www.sinistrainrete.info - Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 156-176, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/index) - Francesco Schettino (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli), allievo di Gianfranco Pala. 

* Ci sembra opportuno sottolineare come questo articolo sia stato sottoposto all’at­tenzione della rivista il 7 febbraio del 2020, dunque ben prima dell’esplosione della pandemia legata al COVID19. Questo è un elemento utile ad avvalorare l’idea che essa debba essere intesa come amplificatore degli effetti della crisi attuale e giammai come la sua (unica o principale) causa. - 

Ascolta anche l'intervista di Radio Onda d'urto a Francesco Schettino: https://www.spreaker.com/user/11689128/manovra-economica-reddito-e-patrimoniale


1. All’alba del nuovo decennio

«Caro lettore, l’economia mondiale versa in una condizione di elevata fragilità. La spinta espansiva dei primi mesi del 2018 ha perso vigore prevalentemente a causa delle tensioni commerciali. A queste, vanno aggiunte le minacce provenienti dalla vulnerabilità dei mercati finanziari e dalle incertezze geopolitiche. Tali sfide privano i policy makers della possibilità di commettere passi falsi e, al contrario, gli impongono di adottare giuste politiche a livello locale, internazionale e globale». 

Questo incipit sembrerebbe essere stralciato da un articolo di uno studioso marxista nell’analisi, corretta, della fase critica del capitale. Tuttavia, la fonte è di natura profondamente distinta e per questo assume, per quanto possibile, una rilevanza ancor superiore: si tratta del messaggio dell’Acting Manager del Fmi, David Lipton, pubblicato in apertura del periodico IMF Annual Report (2019). Insomma, parafrasando Lenin, ancora una volta, a fronte di una parte della sinistra radicale alla costante ricerca di “nuovismi” teorici da cui farsi incantare, sono proprio i “borghesi onesti e sinceri” (ammesso e non concesso che loro lo siano) a fornire l’analisi materiale più aderente alla fase che il capitale mondiale sta vivendo.

Il rapporto, pubblicato nell’ultimo trimestre del 2019, fa da eco ai campanelli d’allarme già suonati negli anni passati, che nel frattempo si sono moltiplicati dacché una parte cospicua di analisti inizia a tenere in adeguata considerazione il fatto che il 2020 potrebbe essere l’anno in cui le bolle finanziarie (ri)gonfiatesi, almeno dal 2008, potrebbero esplodere con una violenza forse sconosciuta.

Un’avvisaglia in questo senso, che ha terrorizzato gli operatori almeno un po’ coscienti delle dinamiche dei mercati finanziari, si è materializzata il 17 settembre 2019, giorno che, per ora, racconta poco ma che in futuro potremmo trovare sui libri di storia.

lunedì 21 dicembre 2020

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

   Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: "Cina 2013" - Samir Amin

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue -

La Cina corre...

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

Il comunismo nella storia cinese: riflessioni su passato e futuro della Repubblica popolare cinese*- Maurice Meisner**

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà

Vedi anche: LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci 

- OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

Ascolta anche: L'o-Stato nel capitalismo - con Gianfranco Pala https://www.spreaker.com/user/11689128/lo-stato-nel-capitalismo-con-gianfranco-

 Il sistema economico-sociale cinese è probabilmente una forma di socialismo “di” o “con” mercato, la cui evoluzione può avere esiti diversi.


Scopo di questo articolo non è quello di svelare la natura della società cinese che, come mettono in evidenza Rémy Herrera e Zhiming Long (La Cina è capitalista? “Marx XXI”, 2020), nonostante tante dispute accese tra “esperti”, costituisce a tutt’oggi un “enigma” (p. 32). Più modestamente tenterò di dare conto dei contenuti di questo interessante volumetto, che individua nel sistema economico-sociale cinese elementi socialisti sia pure contraddittori, facendo un rapido parallelo con quanto è sostenuto in un’opera ben più densa, Il socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona? di Zhang Boying, curato in italiano da Andrea Catone.

Una prima cosa interessante da mettere in evidenza è che, contrariamente a quanto si sostiene con insistenza in Occidente, lo straordinario sviluppo della Cina, che ne fa il principale oppositore degli Stati Uniti, non è avvenuto quarant’anni fa con l’apertura ai mercati, ma poggia su una civiltà che ha cinquemila anni di storia; inoltre, il ritmo accelerato di crescita del Pil, che ha fatto del paese asiatico “la fabbrica del mondo”, è cominciato prima della morte di Mao (1976), ossia quando il paese presentava tratti più nettamente socialisti (2020: pp. 33-34). [1] Inoltre, esso non è stato prodotto solo dal basso costo della manodopera, come comunemente si sostiene, ma anche dal minore costo delle risorse produttive fornite al sistema economico dalle imprese statali. Pertanto, essi sono bassi perché sotto il controllo statale (p. 67), il quale ha nelle sue mani anche il sistema bancario. 

Occorre anche notare che tale avanzamento industriale ed economico è avvenuto in un contesto internazionale molto difficile, dovuto all’embargo imposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati nel 1952, e dalla successiva rottura delle relazioni di collaborazione con l’Unione sovietica (1960), senza scordare l’ormai quasi dimenticata guerra di Corea. Solo nel 1971 viene attribuito alla Cina il ruolo di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu prima ricoperto da Taiwan, Stato oggi riconosciuto solo da 17 paesi nel mondo. Dopo 15 anni di trattative, nel 2001 la Cina è stata ammessa all’Organizzazione mondiale del commercio, avendo accettato l’importazione di beni e servizi e l’avvio della transizione verso un’economia socialista di mercato.

Per comprendere il percorso intrapreso dall’ex impero celeste per assurgere al ruolo di superpotenza, non bisogna dimenticare il suo più grave problema rappresentato della questione agraria, la quale si pone in questi termini: essa deve nutrire quasi il 20% della popolazione mondiale con meno del 10% delle terre coltivabili disponibili nel nostro pianeta. Problema che è stato affrontato garantendo l’accesso alla terra per i contadini; garanzia che: “rimane, fino ad oggi, il contributo più prezioso dell’eredità rivoluzionaria” (p. 26).

Oggi la speranza di vita in Cina è di 74 anni, nel 2010 il tasso di alfabetizzazione ha raggiunto il 95%, negli ultimi trent’anni il Pil pro capite è quasi quadruplicato, la popolazione quasi raddoppiata, c’è stato un significativo sviluppo del sistema produttivo e delle infrastrutture, importanti avanzamenti si sono registrati anche nell’agricoltura. Le riforme intraprese a partire dal 1978 hanno ridisegnato il volto del paese asiatico al punto che “la natura del suo sistema non può più ormai esser definita in modo semplice, anche se ufficialmente il marxismo-leninismo [2] rimane l’ideologia di riferimento dello Stato” (pp. 28-29). 

I sostenitori del neoliberismo attribuiscono lo straordinario sviluppo della Cina grazie alla sua virata verso il capitalismo, anche se restano profondamente scandalizzati dal fatto che l’organizzazione politica e sociale del paese sta completamente nelle mani del Partito comunista, la cui egemonia non consentirebbe l’emergere della tanto amata democrazia liberale. Invece, i marxisti si trovano in grande disaccordo: chi vede nella Cina un nuovo faro socialista, chi considera il suo sistema “capitalismo di Stato”, chi critica le forti disuguaglianze che la crescita ha comportato.

mercoledì 16 dicembre 2020

INTERVISTA A VLADIMIRO GIACCHÉ - Bollettino Culturale

 Da: https://bollettinoculturale.blogspot.com - Vladimiro Giacché, presidente del Centro Europa Ricerche (CER), è un filosofo ed economista italiano.

Leggi anche: Democrazia, potere e sovranità nell’Europa di oggi* - Yanis Varoufakis

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Xi Jinping: sui nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea. -

La Modern Monetary Theory - Intervista a Marco Veronese Passarella

Vedi anche: INTERVISTA A RICCARDO BELLOFIORE - Bollettino Culturale

Catastrofe o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non sarà un pranzo di gala"

PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani 


Vladimiro Giacché è nato a La Spezia nel 1963. Presidente del Centro Europa Ricerche dall’aprile 2013.

Nel settore finanziario dal 1995, sino al 2006 ha lavorato presso il Mediocredito Centrale, dove ha ricoperto nel tempo i ruoli di responsabile dell’ufficio sviluppo risorse umane, assistente del Presidente, responsabile del servizio studi e relazioni esterne e del servizio revisione interna. Dal 2006 al 2007 è stato responsabile dello staff tecnico di Matteo Arpe, Amministratore Delegato di Capitalia. In Sator dal 2008, è stato responsabile affari generali di Sator S.p.A. e della funzione di internal audit di Sator Immobiliare SGR S.p.A. É attualmente responsabile della funzione di internal audit di Arepo BP S.p.A. e membro del Consiglio di Amministrazione di Banca Profilo S.p.A.

Studi universitari svolti a Pisa e Bochum (Germania), laurea e dottorato di ricerca in filosofia con il massimo dei voti alla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Principali pubblicazioni: Finalità e soggettività. Forme del finalismo nella Scienza della logica di Hegel (1990), Storia del Mediocredito Centrale (con P. Peluffo, 1997), La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea (2008, 3a ed. 2016), Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato (2012; ed. tedesca 2013), Anschluss. L’annessione. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa (2013; ed. tedesca 2014, ed. francese. 2015) e Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile (2015). Nel corso degli anni ha curato saggi economici e politici di Marx e Lenin, pubblicando spesso articoli scientifici su riviste italiane e straniere. Il suo ultimo libro è "Hegel: la dialettica".


1) Lei ha più volte ribadito una incompatibilità di fondo tra i Trattati Europei e la nostra Costituzione.
A suo avviso, una forza comunista dovrebbe mettere l'uscita dall'UE al primo punto del proprio programma o dovrebbe, come suggerisce ad esempio Varoufakis, lottare per una sua possibile riforma?

In realtà di recente, preso dallo sconforto per l’assenza di reazioni sensate da parte dell’UE alla crisi del Coronavirus, Varoufakis si è spinto sino ad affermare che gli Inglesi avevano fatto la cosa giusta votando Brexit, contraddicendo così sue posizioni passate in merito. Ma questo atteggiamento – apparentemente un po’ schizoide – non ha a che fare soltanto con la natura un po’ volubile del personaggio. Essa è in realtà abbastanza naturale: quanto più mi illudo che la UE sia riformabile, tanto più il mio atteggiamento ogni volta che l’UE dimostra la sua vera natura sarà di disappunto e di sdegno, da “amante tradita” per capirsi. 
Chi per contro da anni ha inteso quale sia questa natura non vede motivi per amare la UE, ma non ha neppure motivi per gridare al tradimento. L’Unione Europea è un insieme di Stati in lotta per affermare gli interessi delle rispettive grandi borghesie nazionali. Qualcuno ci è riuscito molto bene (la Germania in primis, ma anche la Francia), qualcuno altro molto meno (è il caso dell’Italia). Resta il fatto che oggi l’Unione Europea è un beggar thy neighbor club, un’accolita in cui ciascuno cerca di fregare il vicino, e dal punto di vista dei suoi Trattati qualcosa di peggio: una macchina per la deflazione salariale, per lo spostamento della competitività su questo terreno. Non si tratta di avere simpatia o antipatia nei confronti di questa Unione, ma di capire come funziona: e funziona esattamente così, attraverso la competizione al ribasso di diritti e garanzie del lavoro. La fuoriuscita da questo contesto è la condizione necessaria, anche se ovviamente non sufficiente, per poter ricominciare a parlare seriamente – e non in una stanca e rituale ripetizione di vecchi slogan ai quali nessuno crede più – di diritti del lavoro, di miglioramenti delle condizioni delle classi lavoratrici. 

sabato 5 dicembre 2020

La questione salariale in Italia - Fulvio Fammoni

 Da: https://www.fondazionedivittorio.it - Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio.

Vedi anche : Dinamica dei salari e immiserimento relativo - Maurizio Donato

Come sta andando il salario negli ultimi anni? - Maurizio Donato

Leggi anche: Miserabile accumulazione: Salari, produttività e impoverimento relativo dei lavoratori*- Maurizio Donato

Salario minimo - Gianfranco Pala 

LA FORMA DI MERCE DELLA FORZA-LAVORO*- Gianfranco Pala

Salario sociale reale - Gianfranco Pala 

Le classi nel mondo moderno III. Nuove frontiere della produzione e dello sfruttamento* - Alessandro Mazzone

Produttività e salari in Europa - Maurizio Donato 



Il report della Fondazione Di Vittorio, scritto da Nicolò Giangrande (https://www.fondazionedivittorio.), mette a confronto i salari del lavoro dipendente in Italia con quelli di cinque delle maggiori economie dell’eurozona (Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Spagna).

Nel 2019, i salari medi italiani, nella statistica OCSE, sono pari a circa 30 mila euro lordi annui, in lieve crescita rispetto al 2000, ma addirittura in diminuzione rispetto al 2007. 

Il divario rispetto agli altri paesi non solo è molto ampio, ma si è andato ancora allargando tra il 2007 e il 2019, sia in cifra totale che come dinamica. 

I salari annui tedeschi sono infatti cresciuti in modo consistente negli anni più recenti (42.421 euro nel 2019), così come in Francia (39.099 euro) e nelle altre realtà prese in esame; simile a quello italiano si presenta invece il caso della Spagna. 

Questo divario non si riduce neanche nelle retribuzioni nette relative ad alcune tipologie familiari considerate dall’OCSE. 

La pressione fiscale sui salari e il cuneo fiscale sul costo del lavoro non producono alcun riequilibrio per l’Italia. 

mercoledì 24 giugno 2020

"Cina 2013" - Samir Amin

Da: https://contropiano.org - Link all’articolo originale: https://monthlyreview.org/2013/03/01/china-2013/ - Introduzione a cura di Lorenzo Piccinini (Rete dei Comunisti).
Samir Amin è stato un economista, politologo, accademico e attivista politico egiziano naturalizzato francese.
Leggi anche:  Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 
                         Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 
                      Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 
                         Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 
                         Egemonia come direzione o come dominio? - Tian Shigang 
                         Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping 
                         Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin** 
                         - La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 
                         Il comunismo nella storia cinese: riflessioni su passato e futuro della Repubblica popolare cinese*- Maurice Meisner**
                         L’economia reale è sulla Via della seta - Pino Arlacchi
                         La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

Vedi anche:   LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci 

                    OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? 



Abbiamo tradotto il seguente articolo del compianto Samir Amin, pubblicato sulla rivista Monthly Review nel marzo del 2013 (Volume 64 numero 10).
Un articolo denso, che affronta con un occhio analitico tutta una serie di aspetti di quel percorso originale che sta seguendo la Repubblica Popolare Cinese dal 1950 ad oggi, e che merita una lettura attenta.
Samir Amin (SA d’ora in avanti) sin dalle prime righe affronta di petto l’annosa questione della definizione del sistema cinese, chiarendo fin da subito che non si può ridurre ad una domanda che abbia come risposta netta “socialismo” o “capitalismo”.
Una risposta adeguata non può che essere più complessa, e radicata in un’analisi concreta delle diverse fasi che la Cina ha attraversato negli ultimi decenni, nonché della dialettica delle contraddizioni che la attraversano, tanto quelle messe in moto dalle dinamiche interne al suo sviluppo quanto quelle derivanti dalla situazione globale.
L’impressione è che sin dal titolo “Cina 2013” si voglia mettere in chiaro come un giudizio non possa che essere inevitabilmente legato a quello che oggi possiamo dire, avendo studiato il passato e con un occhio verso le possibilità che riserva il futuro.
SA sostiene che la Cina stia seguendo un percorso originale, senza paragoni né tra le esperienze occidentali, né tra gli altri paesi cosiddetti “emergenti”, né nelle altre esperienze storiche di paesi guidati da partiti comunisti. Una tesi centrale del suo discorso è quella per cui questa originalità è la chiave e la ragione del suo successo attuale. 

Un corollario di questa tesi è che, qualora la Cina decidesse di abbandonare questo percorso originale per adeguarsi ad una via pienamente capitalista, il suo successo rischierebbe di venire meno.

lunedì 22 giugno 2020

Come sta andando il salario negli ultimi anni? - Maurizio Donato

Da; Ariano In Movimento - Maurizio Donato insegna Economia politica alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo. https://mrzodonato.wordpress.com
                       Salario minimo - Gianfranco Pala 
                       LA FORMA DI MERCE DELLA FORZA-LAVORO*- Gianfranco Pala
                       Salario sociale reale - Gianfranco Pala 

                                                                                
[...]
La nostra capacità di lavorare, la nostra forza-lavoro, si produce e riproduce grazie ad elementi materiali (cibo, acqua, riposo, cultura) che però a loro volta, in un ambiente dominato dalle forme capitalistiche, hanno bisogno di essere acquistati, dunque ci vuole denaro per sopravvivere e questo denaro i lavoratori se lo possono procurare legalmente solo vendendo a loro volta (a nostra volta se chi legge appartiene alla classe dei lavoratori) l’unica merce di solito in nostro possesso, la forza-lavoro.

Tale merce, specialissima, l’unica nel suo genere, non esaurisce la propria funzione con l’uso; anzi, usandola, cioè lavorando, è capace non solo di creare valore in generale, ma più valore di quanto non occorra a produrla a riprodurla. Questo, per Marx, l’elemento centrale della critica dell’economia politica, e – in quanto tale – un elemento che ha a che fare direttamente con la questione del cambiamento delle forme.

Per vivere o sopravvivere (elemento materiale) abbiamo bisogno del denaro (forma monetaria del valore) che ci procuriamo vendendo (scambiandola con denaro) la nostra forza-lavoro. Attraverso il lavoro cambiamo forma (fisica, materiale) al mondo, creando merci cha hanno un valore superiore a quello delle loro parti costitutive, forza-lavoro compresa. Tale valore comprensivo del plusvalore spetta al proprietario delle imprese; ai lavoratori spetta il corrispettivo in valore della forza-lavoro, il salario. Col salario (trasformazione monetaria del capitale variabile a disposizione del capitalista) i lavoratori possono acquistare merci (fisiche) che ci consentano di riprodurre la forza-lavoro e così di seguito.

Dal momento che la alieniamo, però, la forza-lavoro di cui siamo proprietari (è nostra, non vivendo in schiavitù) diventa – per alcune ore al giorno alcuni giorni la settimana per tot anni della nostra vita – di proprietà di chi ne acquista il diritto all’uso: il capitalista, che ne dispone a suo piacimento cercando di sfruttarla al massimo per poi, se riesce a vendere a prezzo pieno il prodotto del nostro lavoro (la merce), godere del plusvalore realizzato che a sua volta in parte trasforma in beni di lusso e in parte accumula come nuovo capitale, così che il ciclo continui all’infinito. O quasi...

venerdì 19 giugno 2020

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

Da: https://www.economiaepolitica.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna.
Leggi anche:  Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni 
                       https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/18076-cristina-re-riccardo-bellofiore-smith-ricardo-marx-sraffa.
                      DIALOGO SOPRA UN MINIMO SISTEMA DELL’ECONOMIA, a proposito della concezione di Sraffa e degli “economisti in libris” suoi discepoli * - Gianfranco Pala e Aurelio Macchioro 
                      Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore) 
Vedi anche:   https://www.facebook.com/watch/live/?v=300969457731929&ref=watch_permalink

(http://www.rosenbergesellier.it/scheda-libro)


1. Ho religiosamente compitato la collazione (rimaneggiata) di scritti che Riccardo Bellofiore ha testé dato alle stampe (R. Bellofiore, Smith Ricardo Marx Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Rosenberg & Sellier, Torino, 2020) e qui mi provo a recensirla. Per me è stato come compiere un viaggio a ritroso nella mia stessa vicenda intellettuale davanti alla evidenza di un identico sentire (Riccardo, come al solito, non concorderà, ma a me non importa affatto se lui non percepisce, perché io invece sì). E dire che non ci siamo mai frequentati veramente (lui a Torino e a Bergamo, io stabilmente a Bologna), sebbene entrambi avessimo da sempre condiviso l’idea generale che non c’è modo di capire l’economia politica se non se ne ripassa la storia. È stata questa la grande lezione che ha dato ad entrambi Claudio Napoleoni in quelle Considerazioni sulla storia del pensiero economico, dapprima uscite sulla “Rivista trimestrale” e poi raccolte nel 1970 sotto il titolo di Smith Ricardo Marx, che hanno segnato una intera generazione di giovanotti, allora aggressivi e irriverenti, che ambivano a farsi economisti. Poi tanti di loro si sono persi anche solo per «tirare quattro paghe per il lesso» (Giosuè Carducci, Davanti San Guido), ma non Riccardo che ha proprio voluto intitolare questa sua ultima pubblicazione a Smith Ricardo Marx+ Sraffa dove il quarto nome, che nel titolo di Napoleoni non c’era, non è affatto peregrino se proprio Napoleoni è stato il miglior divulgatore in Italia dell’unico libro di alta teoria che sia uscito nella seconda metà del Novecento: quella mitica Produzione di merci a mezzo di merci, per l’appunto, di Piero Sraffa.
Ma da dove cominciare questa mia recensione che vorrei mantenere il più possibile pirotecnica? Dalla certezza, altrettanto condivisa da Riccardo con me, che l’economia politica non tratta per niente di un agire economico in generale (sans phrase, come avrebbe detto Carlo Marx), bensì dell’agire specifico nel cosiddetto “modo capitalistico di produzione”, dove l’aggettivo è tutto un programma. E quale programma? Che il «ricambio organico tra uomo e natura» (copyright, ma piuttosto copyleft dell’inevitabile Carletto) non si pratica più utilizzando lavoro schiavile o servile, bensì con il lavoro salariato. Che tuttavia andrebbe meglio declinato come Lavoro a Salario, per mettere subito in evidenza che due sono gli elementi che entrano in gioco nella “maniera di produrre” che ci governa, ossia il lavoro, necessario affinché si dia una offerta di merci, ed il salario che ne risulta lo stimolo ma pure la domanda di quelle merci. Era ciò che Adamo Smith, “padre nobile” di tutti gli economisti, aveva ben capito introducendo quella categoria del lavoro comandato che io sul momento avevo snobbato parendomi un “pasticciaccio brutto” mettere insieme la fatica e la sua remunerazione. Ma allora ero più ricardiano che smithiano e poi ero giustificato dalla vicenda successiva del pensiero economico che i due termini aveva preso a far correre separatamente con il lavoro, promosso a “sostanza celeste” nel “lavoro contenuto astratto” da David Ricardo (con una “c” soltanto però, perché Riccardo non si allarghi troppo…) ed il salario rigettato sull’istinto di procreazione da contenere con la castità da parte del “prete” Malthus che io, figlio della generazione contraccettiva a venire, ho odiato quanti altri mai perché intendevo fottere e non astenermi! Si sa comunque che da questa divaricazione si sono aperte le due alternative possibili, verso destra, di un “lavoro senza salario” che al giorno d’oggi ha condotto a quella manna per il capitale che è il lavoro volontario (ossia gratuito!) e, verso sinistra, alla utopia (ma mai disperare!) di un “salario senza lavoro” in quel Paese di Cuccagna «dove manco si lavora, più si guadagna».

martedì 16 giugno 2020

LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx

Da: http://www.criticamente.com
Leggi anche:  Il tema del lavoro secondo Karl Marx*- Giulio Di Donato 
                        Karl Marx (una compiuta critica dell’economia politica)* - Emiliano Brancaccio 
                        Una storia complessa. La teoria dell’accumulazione in Marx - Roberto Fineschi 
                        La produzione capitalistica di fabbrica fondata sulle macchine*- Aleksandr A. Kusin 
                        Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica*- Stefano Garroni 
                        IL CAPITALE: CAPOLAVORO SCONOSCIUTO - a mo’ di allegoria da Balzac - per Marx* - Gianfranco Pala 
                        Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte* - Karl Marx (1852)
                        Das Kapital nel XXI secolo* - Giorgio Gattei 


IL CAPITALE (LIBRO I) 
SEZIONE VII IL PROCESSO DI ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE 
CAPITOLO 25 LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE[253]
L’economia politica fa confusione, in linea di principio, fra due generi assai differenti di proprietà privata, uno dei quali è fondato sul lavoro personale del produttore, l’altro sullo sfruttamento del lavoro altrui. Essa dimentica che questo ultimo genere di proprietà privata non solo costituisce l’antitesi diretta del primo, ma può crescere soltanto sulla tomba di quello.
Nell’Europa occidentale, patria dell’economia politica, il processo dell’accumulazione originaria è più o meno compiuto. Quivi il regime capitalistico o si è assoggettata direttamente tutta la produzione nazionale; o, dove le condizioni economiche sono ancora meno sviluppate, esso controlla per lo meno indirettamente gli strati della società che continuano a vegetare in decadenza accanto ad esso e che fanno parte del modo di produzione antiquato. L’economista politico applica a questo mondo capitalistico ormai compiuto le idee giuridiche e della proprietà del mondo pre-capitalistico con uno zelo tanto più ansioso e con una unzione tanto maggiore, quanto più i fatti fanno a pugni con la sua ideologia.
Nelle colonie le cose vanno altrimenti. Quivi il regime capitalistico s’imbatte dappertutto nell’ostacolo costituito dal produttore che come proprietario delle proprie condizioni di lavoro arricchisce col proprio lavoro se stesso e non il capitalista. La contraddizione fra questi due sistemi economici diametralmente opposti si attua qui praticamente nella loro lotta. Dove il capitalista ha alle spalle la potenza della madre patria, egli cerca di far con la forza piazza pulita del modo di produzione e di appropriazione fondato sul proprio lavoro.

sabato 9 maggio 2020

La missione morale del Partito comunista - György Lukács

Da: https://gyorgylukacs.wordpress.com - Scritti politici giovanili 1919-1928, Laterza, Bari 1972 [Die moralische Sendung der kommunistischen Partei, 1920]. -
Gyorgy Lukacs è stato un filosofo, sociologo, politologo, storico della letteratura e critico letterario ungherese.
Leggi anche:  EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur 
                       Vittoria del capitalismo? - Hyman Minsky                         
                       
Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
                      Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 
                       https://ilcomunista23.blogspot.com/2019/09/inefficienze-e-difetti-delleconomia.html


1. Come ogni scritto di Lenin, anche questo nuovo opuscolo1 merita lo studio più attento da parte di tutti i comunisti. Esso dimostra, ancora una volta, la straordinaria capacità di Lenin di comprendere gli elementi decisamente nuovi che esistono in un nuovo fenomeno nell’evoluzione del proletariato, di capire e di far capire in maniera essenziale l’essenza di quegli elementi. Mentre i suoi precedenti scritti erano dedicati più alla polemica, e cercavano di analizzare a fondo le organizzazioni di lotta del proletariato (in primo luogo lo Stato), quest’ultimo è invece dedicato ai germi della nuova società che stanno sbocciando. Come la forma di produzione capitalistica, con cui la disciplina del lavoro imposta dalla costrizione economica (la fame), era superiore alla nuda forma della servitù della gleba, così la libera collaborazione di uomini liberi nella nuova società supererà di gran lunga, anche in produttività, il sistema capitalistico. Appunto a questo riguardo i disfattisti socialdemocratici della rivoluzione mondiale sono estremamente scettici. Essi si richiamano all’allentamento della disciplina del lavoro, al calo della produttività, in una parola a fatti che sono i necessari fenomeni collaterali del dissolversi dell’ordinamento economico capitalistico: e con una impazienza e intolleranza paragonabili quanto a vigore solo alla loro pazienza e tolleranza nei confronti del capitalismo, essi ci dicono che questi fenomeni nella Russia sovietica non si sono modificati immediatamente. La scarsità di materie prime, le lotte intestine, le difficoltà organizzative valgono ai loro occhi come giustificazione solo per gli Stati capitalistici, mentre un ordinamento proletario della società dovrebbe secondo loro significare, nello stesso istante del suo nascere, un capovolgimento di tutti i rapporti tanto all’interno quanto all’esterno, il miglioramento della situazione in tutti i campi. I rivoluzionari autentici, e primo fra tutti Lenin, si distinguono da questo utopismo piccolo-borghese per l’assenza di illusioni. Essi sanno che cosa ci si può aspettare da un’economia distrutta dalla guerra, e soprattutto che cosa ci si può aspettare da uomini educati all’egoismo, spiritualmente depravati e corrotti dal capitalismo. Per il vero rivoluzionario una mancanza di illusioni non può mai significare avvilimento e disperazione, bensì fede, rinvigorita dalla conoscenza, nella missione storico-mondiale del proletariato; si tratta di una fede che non può mai essere scossa dalla lentezza e dalle circostanze spesso più che avverse della sua realizzazione, di una fede che mette in conto tutto ciò e che, nonostante tutti questi sconvolgimenti e ostacoli, non perde mai di vista il proprio obiettivo ed il processo di avvicinamento ad esso.