venerdì 23 ottobre 2015

Salario sociale reale - Gianfranco Pala

"Il salario non è una partecipazione dell'operaio alla merce da lui prodotta"

osservò senza esitazioni Marx; precisando che ciò che caratterizza il salario è dunque questo: quello che il lavoratore produce per sé non è la seta, l'oro, i palazzi, o le macchine, risultato del suo processo di lavoro, ma è il salario.

Ciononostante, dopo un secolo e mezzo si è costretti ancora ad assistere al trionfo dell'ideologia della partecipazione - in nome della cosiddetta qualità totale, della solidarietà, e di altre fandonie.

"Tutto questo ameno ragionamento - commenta Marx - si riduce a ciò: se i lavoratori possedessero a sufficienza lavoro accumulato, ossia il capitale per non essere costretti a vivere direttamente della vendita del loro lavoro, la forma del salario sparirebbe: cioè, se tutti i lavoratori divenissero capitalisti, ossia se anche il capitale potesse mantenersi senza il suo opposto, il lavoro salariato, senza il quale però esso non può esistere. Nondimeno, questa affermazione è da ricordare. Il salario non è una forma accidentale della produzione borghese, ma tutta la produzione borghese è una forma storica transitoria della produzione. Tutte le sue caratteristiche, il capitale come salario, la rendita, ecc., sono transitorie e suscettibili di essere soppresse a un certo punto dell'evoluzione". 

Dunque, quella forma - in quanto "forma" - risponde adeguatamente al contenuto del rapporto di capitale. Facendo così giustizia dello pseudo-criterio della partecipazione del lavoratore al risultato dell'impresa, la forma di salario rimane il perno del rapporto di lavoro col capitale: ed è precisamente questo il concetto da chiarire.






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