*Da DIALETTICA E SOCIALITA', Stefano Garroni, BULZONI Ed.
E' probabilmente vero che l'esperienza storica, a partire se
non altro dalla prima guerra mondiale, ci ha costretti a rinunciare ad una
rappresentazione troppo semplice della dinamica di sviluppo della coscienza
umana.
Non solo sollecitandoci a veder meglio le differenze tra i
suoi livelli (teorico, culturale e ideologico); ma anche - riguardo al suo
livello più largamente diffuso (cioè l'ideologico) - mettendone in evidenza una
dinamica del tutto particolare.
La coscienza ideologica, infatti, sembra disponibile a
compiere improvvisi, rapidi balzi "in avanti" (verso l'acquisizione
di una consapevolezza realistica ed oggettiva) ma, anche, ad arresti inerziali
e perfino a "ritorni indietro", almeno tanto profondi quanto possono
esserlo stati i precedenti balzi in avanti. Ed è anche notevole che questo
tormentato dinamismo sembra accompagnarsi ad una staticità fondamentale, nel
senso che tutti i movimenti indicati sembrano svolgersi, comunque, all'interno
di certi schemi fondamentali, costantemente riproposti. Un ulteriore paradosso
(che può indurre, finalmente, a qualche ottimismo) è che nonostante una
sostanziale ripetitività, sembra possibile affermare che, in qualche modo,
l'ideologia non resta immune dall'esperienza storica: si direbbe, insomma, che
le grandi svolte storiche riescano, comunque, a lasciar tracce anche sulla
coscienza ideologica.
Come dicevo è probabile che ad una rappresentazione così complessa
della coscienza e dell'ideologia in particolare, si sia giunti per tappe,
ovviamente drammaticissime - le guerre mondiali, il nazi-fascismo, le contraddizioni
drammatiche ed il crollo, in fine, del mondo socialista.
Naturalmente ciò non significa che tale processo di
assunzione di consapevolezza si sia svolto linearmente
- passando ordinatamente, questo voglio dire, da una tappa a quella
successiva, e così via; né significa che il problema si sia posto sempre con la
stessa intensità.
Sembra vero, però, che nella riflessione sul Partito, di cui
abbiamo tentato un disegno, esplicitamente o implicitamente, un ruolo di grosso
rilievo lo giochi proprio il modo, in cui ci si rappresenta la dinamica della
coscienza e della coscienza ideologica particolarmente. Già quel poco che
sappiamo a proposito della riflessione di Lenin e della Luxemburg (ma anche dei
comunisti di "sinistra") ci fa comprendere facilmente che, al
contrario di Lenin, nella Luxemburg e negli altri l'evoluzionismo
secondo-internazionalista si mantiene, forse, proprio nell'ottimistica
convinzione che sulla base dell'esperienza politica e sociale - per quanto a
tentoni e per prove ed errori - tuttavia la coscienza proletaria conosca un
sostanzialmente continuo ritmo progrediente.
Lenin appare, invece, assai meno convinto di questa "necessità"
ed anche a tale scetticismo sembra legittimo ricondurre la sua enfatizzazione
del ruolo del Partito.
D'altronde, il marxista
Lenin non poteva che esser consapevole del necessario protagonismo delle
masse, se l'obiettivo era l'abbattimento del capitalismo e la costruzione del
socialismo. Di qui, un problema, a cui abbiamo accennato in precedenza
lasciandolo, però, senza ulteriore analisi: quali possono essere veramente e come possono sul serio funzionare organi di
mediazione fra il Partito (ovvero il livello più elevato di coscienza) e le masse (necessariamente egemonizzate
dal livello ideologico della
coscienza)?
E' anche qui che si pone la questione dei soviet...
Capitolo primo:
Capitolo secondo:
Capitolo terzo:
Capitolo quarto:
http://ilcomunista23.blogspot.it/2015/10/marx-introduzione-del-1857-schema.html#more
Capitolo quinto:
http://ilcomunista23.blogspot.it/2015/10/lenin-la-riflessione-sul-partito-un-uso.html
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