domenica 25 ottobre 2015

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

*Da DIALETTICA E SOCIALITA', Stefano Garroni, BULZONI Ed. 

 E' probabilmente vero che l'esperienza storica, a partire se non altro dalla prima guerra mondiale, ci ha costretti a rinunciare ad una rappresentazione troppo semplice della dinamica di sviluppo della coscienza umana.

 Non solo sollecitandoci a veder meglio le differenze tra i suoi livelli (teorico, culturale e ideologico); ma anche - riguardo al suo livello più largamente diffuso (cioè l'ideologico) - mettendone in evidenza una dinamica del tutto particolare.

 La coscienza ideologica, infatti, sembra disponibile a compiere improvvisi, rapidi balzi "in avanti" (verso l'acquisizione di una consapevolezza realistica ed oggettiva) ma, anche, ad arresti inerziali e perfino a "ritorni indietro", almeno tanto profondi quanto possono esserlo stati i precedenti balzi in avanti. Ed è anche notevole che questo tormentato dinamismo sembra accompagnarsi ad una staticità fondamentale, nel senso che tutti i movimenti indicati sembrano svolgersi, comunque, all'interno di certi schemi fondamentali, costantemente riproposti. Un ulteriore paradosso (che può indurre, finalmente, a qualche ottimismo) è che nonostante una sostanziale ripetitività, sembra possibile affermare che, in qualche modo, l'ideologia non resta immune dall'esperienza storica: si direbbe, insomma, che le grandi svolte storiche riescano, comunque, a lasciar tracce anche sulla coscienza ideologica.

 Come dicevo è probabile che ad una rappresentazione così complessa della coscienza e dell'ideologia in particolare, si sia giunti per tappe, ovviamente drammaticissime - le guerre mondiali, il nazi-fascismo, le contraddizioni drammatiche ed il crollo, in fine, del mondo socialista.

 Naturalmente ciò non significa che tale processo di assunzione di consapevolezza si sia svolto linearmente - passando ordinatamente, questo voglio dire, da una tappa a quella successiva, e così via; né significa che il problema si sia posto sempre con la stessa intensità.

 Sembra vero, però, che nella riflessione sul Partito, di cui abbiamo tentato un disegno, esplicitamente o implicitamente, un ruolo di grosso rilievo lo giochi proprio il modo, in cui ci si rappresenta la dinamica della coscienza e della coscienza ideologica particolarmente. Già quel poco che sappiamo a proposito della riflessione di Lenin e della Luxemburg (ma anche dei comunisti di "sinistra") ci fa comprendere facilmente che, al contrario di Lenin, nella Luxemburg e negli altri l'evoluzionismo secondo-internazionalista si mantiene, forse, proprio nell'ottimistica convinzione che sulla base dell'esperienza politica e sociale - per quanto a tentoni e per prove ed errori - tuttavia la coscienza proletaria conosca un sostanzialmente continuo ritmo progrediente.

 Lenin appare, invece, assai meno convinto di questa "necessità" ed anche a tale scetticismo sembra legittimo ricondurre la sua enfatizzazione del ruolo del Partito.

 D'altronde, il marxista Lenin non poteva che esser consapevole del necessario protagonismo delle masse, se l'obiettivo era l'abbattimento del capitalismo e la costruzione del socialismo. Di qui, un problema, a cui abbiamo accennato in precedenza lasciandolo, però, senza ulteriore analisi: quali possono essere veramente e come possono sul serio funzionare organi di mediazione fra il Partito (ovvero il livello più elevato di coscienza) e le masse (necessariamente egemonizzate dal livello ideologico della coscienza)?

 E' anche qui che si pone la questione dei soviet...  




































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