1. La produttività del lavoro, e dunque il livello di
sviluppo raggiunto dalle forze produttive, è storicamente alta, anzi altissima,
in occidente e dunque nei paesi europei
capitalisticamente sviluppati;
2.. La circostanza
per cui in un determinato periodo la produttività sia cresciuta in un gruppo di
paesi più che in un altro può dipendere dagli investimenti in innovazioni
tecnologiche, da scelte (o non scelte) politiche e strategiche, dalla
dimensione media o dalla specializzazione settoriale delle imprese che operano
in un determinato paese;
3... Che una maggiore produttività si traduca in più alti
salari è una evidenza che non esiste a livello empirico, mentre tipicamente
accade il contrario: un maggiore valore aggiunto prodotto per lavoratore occupato,
anche a voler prescindere dei suoi “sbocchi”, in particolare nelle fasi in cui
la domanda internazionale è debole, corrisponde da molti anni a questa parte a
una minore e più precaria occupazione che a sua volta si traduce in una
maggiore competizione sul mercato del lavoro che indebolisce la lotta per
aumenti salariali.
4.... La crisi non colpisce tutte le classi sociali allo
stesso modo: la quota di salari diminuisce e quella destinata ai profitti
cresce.
Non c’è dubbio che le aree valutarie siano uno strumento
ottimale per scaricare la crisi sul salario. In un sistema di cambi flessibili,
se le imprese localizzate in un determinato paese sperimentano un deficit di
competitività, possono tentare di riguadagnare quote di mercato (ovviamente a
spese di imprese localizzate in un paese diverso, è da non dimenticare che si
tratta in questo caso di un tipico gioco a somma zero) utilizzando la leva del
cambio. Come è noto, una riduzione del valore della valuta nazionale – coeteris
paribus – può aiutare le imprese esportatrici a vendere di più all’estero; si
tratta di manovre che storicamente le autorità monetarie e i governi hanno
attuato e che anche oggi rappresentano un’arma importante nella competizione
tra aree valutarie transnazionali. Con una sola valuta continentale che
sostituisce quelle nazionali, la manovra non è evidentemente utilizzabile per
riaggiustare differenziali di competitività interni all’area stessa, obiettivo
che in questo caso si può realizzare solo attraverso manovre di “deflazione
interna”, ossia scaricando il costo della crisi su chi lavora nei paesi che
stanno perdendo competitività.
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