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giovedì 9 giugno 2022

Holodomor: nuovo avatar dell’anticomunismo “europeo” - Annie Lacroix-Riz

Da: www.historiographie.info/arch/holodomor08.pdf - Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare. 

Annie Lacroix-Riz, docente di Storia contemporanea all’Università di Parigi 7

Leggi anche: Annie Lacroix-Riz: "C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"  

L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente [1] - Domenico Losurdo


Dal novembre 1917 si sono succedute senza tregua campagne antibolsceviche tanto violente quanto diverse, ma quella della “carestia in Ucraina” lanciata nel 1933 ha da vent' anni preso il sopravvento. Si scatena quando i grandi imperialismi, Germania e Stati Uniti in testa, bramosi dopo il diciannovesimo secolo di saccheggiare le immense risorse dell'Ucraina, pensano di riuscirci. La congiuntura sorride al Reich nel 1932-1933, quando il sud dell'URSS (Ucraina ed altre “terre nere”, il nord del Caucaso e del Kazakistan) venne colpito da un considerevole abbassamento dei raccolti e l'insieme dell'Unione ha difficoltà di approvvigionamento che portarono al ritorno di un rigoroso razionamento. Grave “scarsità”, soprattutto durante il periodo di “soudure” (tra i due raccolti) non specificamente ucraina, secondo la corrispondenza diplomatica francese; “carestia” ucraina secondo i rapporti del 1933-1934 dei consoli tedeschi ed italiani, utilizzati dagli Stati o dai gruppi impegnati nella secessione dell'Ucraina: Germania, Polonia, con il maggiore centro di agitazione a Lwow [Leopoli - in Polonia fino al 1939, ndr], e il Vaticano.

Questa scarsità o questa carestia dipendevano da fenomeni naturali e sociopolitici: una siccità catastrofica fu raddoppiata negli effetti a causa del crescente rifiuto delle consegne (compreso l’abbattimento del bestiame), nel corso degli anni venti, da parte dei vecchi kulaki (i contadini più ricchi) ribelli verso la collettivizzazione. Questa frazione, in lotta aperta contro il governo sovietico, costituiva, in Ucraina, una delle basi del sostegno all’”autonomismo”, velo semantico della secessione, a favore del Reich, della regione agricola regina delle “terre nere” ed inoltre il primo bacino industriale del paese.
 
L'appoggio finanziario tedesco, massiccio prima del 1914, si era intensificato durante la Prima Guerra mondiale, nel corso della quale la Germania trasformò l'Ucraina, come i Paesi Baltici, in una base economica, politica e militare dello smantellamento dell'impero russo. La Repubblica di Weimar, fedele al programma di espansione del Kaiser, continuò a finanziare l'autonomismo ucraino. Gli hitleriani fissarono, al loro arrivo al potere, il piano per impadronirsi dell'Ucraina sovietica, e tutto l'autonomismo ucraino (beneficiario di risorse poliziesche, diplomatiche e militari), si riunì tra 1933 e 1935 intorno al Reich, allora più cauto nelle sue mire sul resto dell'Ucraina.

domenica 29 maggio 2022

L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente [1] - Domenico Losurdo

Da: https://www.marxismo-oggi.it - Domenico Losurdo è stato un filosofo, saggista e storico italiano. - http://domenicolosurdo.blogspot.com/

Vedi anche: Stalin oltre la doxa - Domenico Losurdo  

Ucraina: una crisi che può allargarsi - Domenico Losurdo (2014) 


  1. L’olocausto ucraino quale bilanciamento dell’olocausto ebraico

 Le due personalità criminali [Hitler e Stalin ndr], reciprocamente legate da affinità elettive, producono due universi concentrazionari tra loro assai simili: così procede la costruzione della mitologia politica ai giorni nostri imperversante. Per la verità, pur inaugurando questa linea di pensiero, Arendt fa un discorso più problematico. Per un verso accenna, sia pure in modo assai sommario, ai «metodi totalitari» preannunciati dai campi di concentramento in cui l’Inghilterra liberale rinchiude i boeri ovvero agli elementi «totalitari» presenti nei campi di concentramento che la Francia della Terza Repubblica istituisce «dopo la guerra civile spagnola». Per un altro verso, nell’istituire il confronto tra Urss staliniana e Germania hitleriana, Arendt fa valere alcune importanti distinzioni: solo a proposito del secondo paese parla di «campi di sterminio».

C’è di più: «nell’Urss i sorveglianti non erano, come le SS, una speciale élite addestrata a commettere delitti». Com’è confermato dall’analisi di una testimone passata attraverso la tragica esperienza di entrambi gli universi concentrazionari: «I russi […] non manifestarono mai il sadismo dei nazisti […] Le nostre guardie russe erano persone per bene, e non dei sadici, ma osservavano scrupolosamente le regole dell’inumano sistema»[2]. Ai giorni nostri, invece, dileguati il sia pur sommario riferimento all’Occidente liberale e l’accenno alle diverse configurazioni dell’universo concentrazionario, tutto il discorso ruota attorno all’assimilazione di Gulag e Konzentrationslager.

Perché tale assimilazione sia persuasiva, in primo luogo si dilatano le cifre del terrore staliniano. Di recente, una studiosa statunitense ha calcolato che le esecuzioni realmente avvenute ammontano a «un decimo» delle stime correnti[3]. Resta fermo, ovviamente, l’orrore di questa repressione pur sempre su larga scala. E, tuttavia, è significativa la disinvoltura di certi storici e ideologi. Né essi si limitano a gonfiare i numeri. Nel vuoto della storia e della politica la costruzione del mito dei mostri gemelli può compiere un ulteriore passo avanti: all’olocausto consumato dalla Germania nazista a danno degli ebrei a partire soprattutto dall’impantanarsi della guerra ad Est corrisponderebbe l’olocausto già in precedenza (agli inizi degli anni ’30) inflitto dall’Urss staliniana agli ucraini (il cosiddetto «Holodomor»); in questo secondo caso si sarebbe trattato di una «carestia terroristica» e pianificata, alfine sfociata in un «immenso Bergen Belsen», e cioè in un immenso campo di sterminio[4].

lunedì 23 maggio 2022

DIFESA DELLA DEMOCRAZIA O DELLA "GRANDE DIVERGENZA"? - Emiliano Alessandroni

Da: https://www.facebook.com/emiliano.alessandroni - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo', redattore della rivista scientifica "Materialismo storico" (materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com).

Leggi anche: Pace: una storia lunga e tormentata, tra idee e realtà*- Emiliano Alessandroni intervista Domenico Losurdo

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni

Miseria del sovranismo. Smarrimento della dialettica e proliferazione dell'ideologia - Emiliano Alessandroni 


Gli Usa e il loro presidente Biden in questo conflitto "stanno agendo nel loro interesse, rischiando di danneggiare l'Europa e l'Italia" o "Stanno difendendo libertà e democrazia e anche il nostro interesse"? 

Naturalmente anche io, come la maggioranza degli italiani che non si lasciano abbagliare dall'ideologia della "Western Supremacy" e dalla narrazione che presenta gli Usa come i paladini della libertà, avrei optato per la prima risposta. 

Resta però un fatto che ho cercato di spiegare; sia nel mio libro "Dittature democratiche e democrazie dittatoriali - Problemi storici e filosofici" (Carocci 2021), sia nel video che carico qui sotto: secondo l'ideologia dell'"eccezionalismo americano" e del "Manifest Destiny" con cui gli Usa non hanno ancora mai realmente fatto i conti, fra le due risposte non esiste questa grande contraddizione: agli occhi dell'intellighenzia e dei politici statunitensi (Democratici o Repubblicani che siano) lo sviluppo della democrazia coincide esattamente con l'estensione delle sfere d'influenza americane, ovvero con la riduzione delle sovranità altrui (o delle sfere d'influenza altrui). 

Nei luoghi in cui i propri campi di dominio si riducono e presso i soggetti che si rendono promotori di questa riduzione, lì comincia per gli Usa lo spazio della barbarie, del dispotismo, della tirannia e lì come per missione, come se avvertissero sulle spalle "il fardello dell'uomo bianco", per dirla con Kipling, o "il fardello dell'uomo democratico", lì si sentono in diritto di intervenire, economicamente, ideologicamente, politicamente e all'occorrenza anche militarmente. 

Non può esistere secondo gli Usa una riduzione della propria supremazia che non sia un aumento della barbarie e del dispotismo. 

La tendenza verso un mondo multipolare, verso una parità di diritti e di doveri fra tutte le nazioni del mondo, costituisce già per l'ideologia dell'"eccezionalismo americano" e per i seguaci del "Project for the new american century" una forma di dispotismo che non può essere tollerata. 

La necessità storica di hegeliana memoria si muove tuttavia verso un superamento dello status quo e dei rapporti di dominio tradizionali: la necessità storica si muove verso una progressiva erosione di quella che importanti analisti hanno definito "la grande divergenza", ossia quel processo che ha visto l'Occidente a trazione sempre più americana sollevarsi e predominare sul resto del mondo. 

La necessità storica, la tendenza generale, preme ora verso un'inversione di rotta: al processo della "grande divergenza" dovrà seguire (e a ben vedere sta già seguendo, sia pure in maniera tortuosa e magmatica) il processo della "grande convergenza" (il processo che vede l'abisso fra l'Occidente a trazione americana e il resto del mondo progressivamente ridursi). 

Le forme di questo processo vanno tenute sotto sorveglianza perché possono essere brutali e mettere anche a rischio la stessa sopravvivenza dell'umanità, ma i grandi conflitti geopolitici, guerre incluse, andrebbero letti come parti di questo più ampio conflitto fra "grande divergenza" e "grande convergenza". 

È, a ben vedere, quella "Terza guerra mondiale a pezzi", di cui parlava Papa Francesco già nel 2014 e di cui la guerra in Ucraina costituisce un capitolo che potrebbe assumere le pieghe più pericolose. 

Soltanto questa lettura ci permette di comprendere perché l'aperta invasione militare di un paese sovrano e membro dell'Onu come l'Ucraina non ha ricevuto la condanna da parte della maggioranza dei paesi del Terzo Mondo, ovvero non ha ricevuto la deplorazione da parte della maggioranza del blocco extraoccidentale, il quale evidentemente non teme tanto un ipotetico progetto di espansionismo russo, ma, proprio per la storia di sottomissione e schiavizzazione da cui proviene, teme ancora le ingerenze, le guerre e il predominio dell'asse Usa-Israele, così come del suprematismo dell'Occidente nel suo complesso. 

E noi capiremmo ben poco di quanto sta accadendo se ci ostinassimo a guardare la guerra in Ucraina con uno sguardo rigidamente eurocentrico e non la collocassimo dentro un contesto sia temporale che spaziale ben più ampio, di dimensioni planetarie. 

Qui il video (l'inizio effettivo al min. 12,05) --> https://www.facebook.com/cgilpesarourbino/videos/1462396970886229


giovedì 21 aprile 2022

Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA

Da: DARSI PACE · MARCO GUZZI - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni) 


DALLE OLIGARCHIE ALLA VOLONTÀ DI POTENZA - DAVIDE SABATINO IN DIALOGO CON LUCIANO CANFORA


Una delle parole che è stata sdoganata in questi giorni dai giornali mainstream è la parola “oligarchie”. Peccato però che con questo termine si è voluto indicare esclusivamente i ricchi affaristi russi, i quali - dicono i giornaloni - sono rei non solo di essere nababbi, ma anche di essere di nazionalità russa. Una discriminazione razziale che non sembra avere eguali nel resto d’Europa. 

Insieme al noto Professor Luciano Canfora abbiamo voluto scavare a fondo su questo tema del “governo dei pochi” (“oligoi” = pochi e “archè” = governo), perché siamo convinti che solo comprendendo la differenza fra democrazia e oligarchia anche il nostro orizzonte contemporaneo potrà risultare meno oscuro e ambiguo. Infatti, è inutile continuare a credere di essere i paladini della democrazia quando - di fatto - molti diritti fondamentali stanno progressivamente venendo meno. E non basta neppure paragonare il nostro sistema di relativa libertà di stampa con quello di censura più o meno dichiarata che vige da anni in Russia per poterci sentire migliori. Al massimo possono essere magre consolazioni, ma niente di più. 


L’ultimo libro di Luciano Canfora si intitola “La democrazia dei signori”, ed è proprio partendo da questo testo che abbiamo deciso di attraversare le criticità del nostro tempo, evitando in ogni modo di scadere in commenti di bassa propaganda politica che tanto vanno di moda sui quotidiani e nelle televisioni generaliste. Il quadro disegnato dal pensiero di Canfora durante il nostro dialogo mostra linee di carattere filologico fondamentali per capire la storia di oggi, senza le quali tutte le contraddizioni che questa guerra sta facendo emergere non possono che insabbiarsi. 

Per comprendere lo scenario geopolitico attuale non possiamo solo impressionarci di fronte alle immagini criminali e di devastazione che vengono trasmesse ventiquattro ore su ventiquattro da tutte le reti televisive. Occorre saper leggere quelle immagini con le lenti d’ingrandimento della filosofia e della storia politica. Ciò che fa da sfondo alle raffigurazioni drammatiche della tragedia in atto sono infatti le (in)coscienze delle classi dirigenti globali che - come insegna Luciano Canfora - oltre ad essere molto più “internazionalistiche” e “solidaristiche” del popolo che vorrebbe insorgere, sono anche governate da quella “volontà di potenza” rispetto alla quale ci mise in guardia nel secolo scorso la filosofia del profetico Friedrich Nietzsche. 


Chissà se in queste ore turbolente e vertiginose riusciremo, come popolo, a recuperare la lezione del secolo appena trascorso, provando ad affrontare il futuro con un’ottica meno bellica e più serenamente relazionale. Noi siamo qui per provarci. 
Davide Sabatino - L'Indispensabile 

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domenica 27 marzo 2022

mercoledì 3 novembre 2021

IMPERIALISMO E SOCIALISMO IN ITALIA - Vladimir Lenin (1915)

Da: https://contropiano.org/documenti/2018/11/03/il-centenario-del-grande-massacro-non-ce-nulla-da-festeggiare- Pubblicato sul «Kommunist» N° 1-2, 1915 [LENIN, Polnoe sobranie sočinenij, 5°ed., Moskva 1962; vol. 27, pagg.14-23 – traduzione di fp]. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete - https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] -

La conferenza delle sezioni estere del Partito operaio socialdemocratico russo - Vladimir Lenin  https://www.marxists.org/italiano/lenin/1915/primav/posdrest.htm 

Il socialismo e la guerra - Vladimir Lenin (1915) 

Marxismo e revisionismo - Vladimir Lenin (1908) 

Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale*- Vladimir Lenin (1917) 

Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale - Lenin

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo 

Socialismo e rivoluzione nella concezione di Rosa Luxemburg - Lelio Basso 


Per l’interpretazione di quelle questioni che l’attuale guerra imperialista ha posto di fronte al socialismo, non è superfluo gettare uno sguardo sui diversi paesi europei, per imparare a isolare le modificazioni nazionali e i dettagli del quadro complessivo, da ciò che è basilare e sostanziale. Dal di fuori, dicono, le cose sono più evidenti. Perciò, quante meno analogie tra Italia e Russia, tanto più interessante, sotto certi aspetti, è paragonare imperialismo e socialismo in entrambi i paesi.

Nella presente nota abbiamo intenzione soltanto di evidenziare il materiale che offrono su questa questione le opere, uscite dopo l’inizio della guerra, del professore borghese Roberto Michels: «L’imperialismo italiano» e del socialista T. Barboni: «Internazionalismo o nazionalismo di classe?» (Il proletariato d’Italia e la guerra europea ). Il ciarliero Michels, rimasto superficiale come nelle altre sue opere, sfiora appena il lato economico dell’imperialismo, ma nel suo libro è raccolto un materiale di valore sulle origini dell’imperialismo italiano e su quel passaggio che costituisce la sostanza dell’epoca contempo­ranea e che, in Italia, ha un particolare risalto e precisamente: il passaggio dall’epoca delle guerre di liberazione nazionale all’epoca delle guerre imperialiste di rapina e reazionarie. L’Italia democratico-rivoluzionaria, vale a dire rivoluzionaria-borghese che abbatteva il giogo dell’Austria, l’Italia dell’epoca di Garibaldi, si trasforma definitivamente sotto i nostri occhi nell’Italia che opprime altri popoli, che saccheggia Turchia e Austria, nell’Italia di una borghesia rozza, reazionaria in misura rivoltante, sporca, che sbava per la soddisfazione di esser stata ammessa alla spartizione del bot­tino. Michels, come ogni altro decoroso pro­fessore, reputa, s’intende, «obiettività scientifica», il suo servilismo di fronte alla borghesia e definisce questa divisione del bottino una «spartizione di quella parte del mondo rimasta ancora nelle mani dei popoli deboli» ( p. 179). Respingendo in modo sprezzante, come «utopistico» il punto di vista di quei socialisti ostili a ogni politica coloniale, Michels ripete i ragionamenti di quanti ritengono che l’Italia «dovrebbe essere la seconda potenza coloniale», cedendo il primato alla sola Inghilterra, per densità di popolazione e vigore del movimento migratorio. Per quanto riguarda il fatto che in Italia il 40% della popo­lazione sia analfabeta, che ancor oggi vi scoppino rivolte per il colera, ecc. ecc., questi argomenti vengono contestati basandosi sull’esempio dell’Inghilterra: non era forse essa il paese della incredibile desolazione, dell’abiezione, della morte per fame delle masse operaie, dell’alcolismo, della miseria e della sozzura mostruose nei quartieri poveri delle città, nella prima metà del XIX secolo, quando la borghesia inglese gettava con così grande successo le basi della propria attuale potenza coloniale?

giovedì 8 luglio 2021

Hegel e il capitalismo - Costanzo Preve

Da: Diego Fusaro - Costanzo Preve è stato un filosofo, saggista, insegnante e politologo italiano.


                                                   Prima parte:
                                                                           

A seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=PC97Vql5yI4 

venerdì 2 luglio 2021

Sulla Cooperazione - Vladimir Lenin (1923)

Da: https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] - 
Pubblicato nella Pravda, nn. 115 e 116, 26 e 27 maggio 1923. Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003

Leggi anche: Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 

Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 

L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala 

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinpin

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo 

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Socialismo con caratteristiche cinesi 


I

Mi pare che da noi non si stimi abbastanza la cooperazione. Non tutti comprenderanno che ora, dopo la rivoluzione d'Ottobre e indipendentemente dalla Nuova politica economica (al contrario, a questo riguardo dobbiamo dire: proprio grazie alla Nuova politica economica), la cooperazione acquista da noi un'importanza del tutto esclusiva. I sogni dei vecchi cooperatori abbondano di chimere. Essi sono sovente ridicoli, con le loro fantasticherie. Ma in che consiste la loro irrealtà? Nel non comprendere l'importanza principale, radicale della lotta politica della classe operaia per l'abbattimento del dominio degli sfruttatori. Ora quest'abbattimento da noi ha avuto luogo, ed ora molto di quanto sembrava fantastico, perfino romantico, perfino banale nei sogni dei vecchi cooperatori, diventa una realtà delle più autentiche.

Infatti, da noi, una volta che il potere dello Stato è nelle mani della classe operaia, una volta che a questo potere dello Stato appartengono tutti i mezzi di produzione, da noi, effettivamente, non ci resta che da organizzare la popolazione in cooperative. Nelle condizioni di un massimo raggruppamento della popolazione nelle cooperative, si arriva automaticamente a quel socialismo, che prima aveva suscitato un'ironia legittima, dei sorrisi, del disprezzo fra le persone convinte a giusta ragione della necessità della lotta di classe, della lotta per il potere politico, ecc. Ed ecco che non tutti i compagni si rendono conto dell'importanza gigantesca, incommensurabile che acquista ora per noi l'organizzare la popolazione della Russia in un sistema di cooperative. Con la Nep abbiamo fatto una concessione al contadino in quanto mercante, al principio del commercio privato; appunto da ciò deriva (contrariamente a quanto si crede) l'importanza gigantesca della cooperazione. In sostanza, l'organizzare in misura sufficientemente ampia e profonda la popolazione russa in cooperative nel periodo della Nep, è tutto quanto ciò occorre, dato che ora abbiamo trovato quel grado di coordinazione dell'interesse privato, dell'interesse commerciale privato, con la verifica, e con il controllo da parte dello Stato, quel grado di subordinazione dell'interesse privato all'interesse generale che prima rappresentava un ostacolo insormontabile per molti, per moltissimi socialisti. In realtà, il potere dello Stato su tutti i grandi mezzi di produzione, il potere dello Stato nelle mani del proletariato, l'alleanza di questo proletariato con milioni e milioni di contadini poveri e poverissimi, la garanzia della direzione dei contadini da parte del proletariato, ecc., non è forse questo tutto ciò che occorre per potere, con la cooperazione, con la sola cooperazione, che noi una volta consideravamo dall'alto in basso come affare da bottegai e che ora, durante la Nep, abbiamo ancora il diritto, in un certo senso, di considerare allo stesso modo, non è forse questo tutto ciò che è necessario per condurre a termine la costruzione di una società socialista integrale? Questo non è ancora la costruzione della società socialista, ma è tutto ciò che è necessario e sufficiente per condurre a termine la costruzione.

Ed è appunto questa condizione che viene sottovalutata da molti dei nostri attivisti nel loro lavoro pratico. Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, anzitutto, dal punto di vista di principio (i mezzi di produzione appartengono allo Stato), in secondo luogo, dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile e accessibile ai contadini.

sabato 3 aprile 2021

Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma. 

                                Prima parte: 
                                                     


                                                                                                                Seconda parte: 
                                                                  

Vedi anche:  
Leggi anche: 


sabato 23 gennaio 2021

Socialismo con caratteristiche cinesi

                                                                             

Xi Jinping: sui nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea. 

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 

martedì 22 dicembre 2020

L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi. - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.filosofia.it - Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI 

Leggi anche: Renato Caputo  - 1 https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-vs-limpolitico - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-hegel-e-l-apologia-della-vita-attiva - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-centralita-della-politica-in-losurdo-e-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/le-critiche-conservatrici-e-reazionarie-alla-filosofia-di-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/hegel-vs-schelling-schopenhauer-e-la-scuola-liberale


Domenico Losurdo, L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001

"L'odierno panorama filosofico è largamente caratterizzato dall'ipocondria dell'impolitico; non sembra trovare ascoltatori attenti il monito di Hegel, per il quale la filosofia dovrebbe guardarsi bene dal 'voler essere edificante'. Ai suoi tempi, Kierkegaard non nascondeva il suo fastidio per 'quest'odio per l''edificante' che fa capolino dappertutto in Hegel. Ma oggi il dominio dell'edificazione è così incontrastato, che si ritiene superfluo polemizzare contro quel monito. La raccolta di saggi, che qui propongo, vorrebbe provare a richiamare l'attenzione su una grande lezione oggi largamente rimossa, ma forse più che mai attuale" ( p. XV) 
Che cosa abbia mai a che fare l'ipocondria - una forma di infondata preoccupazione per la propria salute ed esasperata melanconia rivolta al proprio interno - con la politica e soprattutto con la filosofia potrebbe non risultare immediatamente chiaro a tutti. 

Essa è la fuga dalla realtà, certo, ma ancor di più l'esasperazione di un'interiorità sentita come potenza negativa, e diremmo patologica, di fronte a tutto il resto, l'insostenibilità di ogni contenuto esterno, l'assenza di contenuti da cui affiora, e dove anzi sprofonda, il puro Io. 

Tutto questo potrebbe avere risvolti filosofici, anche politici; certo potrebbe, ma non necessariamente. 

Ma è a questo proposito che il testo di Losurdo, la raccolta di saggi che qui presentiamo, ci mostra invece una modernità necessariamente attraversata dal pensare, oltre che dal sentire, affetto da ipocondria. 

La coscienza vive nell'ansia di macchiare con l'azione e con l'esserci la gloria del suo interno; e, per conservare la purezza del suo cuore, fugge il contatto dell'effettualità e s'impunta nella pervicace impotenza di rinunziare al proprio Sé affinato fino all'ultima astrazione e di darsi sostanzialità, ovvero di mutare il suo pensiero in essere e di affidarsi alla differenza assoluta. in questa lucida purezza dei suoi momenti, una infelice anima bella, come la si suol chiamare, arde consumandosi in se stessa e dilegua qual vana caligine che si dissolve nell'aria. (Hegel, Fenomenologia dello spirito, VI, IIIC, c, § 222) 

Il riferimento filosofico dell'A. è la critica circostanziata di Hegel alla figura fenomenologica dell'anima bella, ma anche alle concezioni morali del mondo, al dover essere kantiano, alla inopportuna commistione fra sentimento e filosofia e, non da ultimo, alla irresponsabilità di chi concepisce la contraddizione solo come un impaccio del dire e dell'agire. 

lunedì 21 dicembre 2020

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

   Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: "Cina 2013" - Samir Amin

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue -

La Cina corre...

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

Il comunismo nella storia cinese: riflessioni su passato e futuro della Repubblica popolare cinese*- Maurice Meisner**

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà

Vedi anche: LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci 

- OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

Ascolta anche: L'o-Stato nel capitalismo - con Gianfranco Pala https://www.spreaker.com/user/11689128/lo-stato-nel-capitalismo-con-gianfranco-

 Il sistema economico-sociale cinese è probabilmente una forma di socialismo “di” o “con” mercato, la cui evoluzione può avere esiti diversi.


Scopo di questo articolo non è quello di svelare la natura della società cinese che, come mettono in evidenza Rémy Herrera e Zhiming Long (La Cina è capitalista? “Marx XXI”, 2020), nonostante tante dispute accese tra “esperti”, costituisce a tutt’oggi un “enigma” (p. 32). Più modestamente tenterò di dare conto dei contenuti di questo interessante volumetto, che individua nel sistema economico-sociale cinese elementi socialisti sia pure contraddittori, facendo un rapido parallelo con quanto è sostenuto in un’opera ben più densa, Il socialismo con caratteri cinesi. Perché funziona? di Zhang Boying, curato in italiano da Andrea Catone.

Una prima cosa interessante da mettere in evidenza è che, contrariamente a quanto si sostiene con insistenza in Occidente, lo straordinario sviluppo della Cina, che ne fa il principale oppositore degli Stati Uniti, non è avvenuto quarant’anni fa con l’apertura ai mercati, ma poggia su una civiltà che ha cinquemila anni di storia; inoltre, il ritmo accelerato di crescita del Pil, che ha fatto del paese asiatico “la fabbrica del mondo”, è cominciato prima della morte di Mao (1976), ossia quando il paese presentava tratti più nettamente socialisti (2020: pp. 33-34). [1] Inoltre, esso non è stato prodotto solo dal basso costo della manodopera, come comunemente si sostiene, ma anche dal minore costo delle risorse produttive fornite al sistema economico dalle imprese statali. Pertanto, essi sono bassi perché sotto il controllo statale (p. 67), il quale ha nelle sue mani anche il sistema bancario. 

Occorre anche notare che tale avanzamento industriale ed economico è avvenuto in un contesto internazionale molto difficile, dovuto all’embargo imposto dagli Stati Uniti e dai loro alleati nel 1952, e dalla successiva rottura delle relazioni di collaborazione con l’Unione sovietica (1960), senza scordare l’ormai quasi dimenticata guerra di Corea. Solo nel 1971 viene attribuito alla Cina il ruolo di membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu prima ricoperto da Taiwan, Stato oggi riconosciuto solo da 17 paesi nel mondo. Dopo 15 anni di trattative, nel 2001 la Cina è stata ammessa all’Organizzazione mondiale del commercio, avendo accettato l’importazione di beni e servizi e l’avvio della transizione verso un’economia socialista di mercato.

Per comprendere il percorso intrapreso dall’ex impero celeste per assurgere al ruolo di superpotenza, non bisogna dimenticare il suo più grave problema rappresentato della questione agraria, la quale si pone in questi termini: essa deve nutrire quasi il 20% della popolazione mondiale con meno del 10% delle terre coltivabili disponibili nel nostro pianeta. Problema che è stato affrontato garantendo l’accesso alla terra per i contadini; garanzia che: “rimane, fino ad oggi, il contributo più prezioso dell’eredità rivoluzionaria” (p. 26).

Oggi la speranza di vita in Cina è di 74 anni, nel 2010 il tasso di alfabetizzazione ha raggiunto il 95%, negli ultimi trent’anni il Pil pro capite è quasi quadruplicato, la popolazione quasi raddoppiata, c’è stato un significativo sviluppo del sistema produttivo e delle infrastrutture, importanti avanzamenti si sono registrati anche nell’agricoltura. Le riforme intraprese a partire dal 1978 hanno ridisegnato il volto del paese asiatico al punto che “la natura del suo sistema non può più ormai esser definita in modo semplice, anche se ufficialmente il marxismo-leninismo [2] rimane l’ideologia di riferimento dello Stato” (pp. 28-29). 

I sostenitori del neoliberismo attribuiscono lo straordinario sviluppo della Cina grazie alla sua virata verso il capitalismo, anche se restano profondamente scandalizzati dal fatto che l’organizzazione politica e sociale del paese sta completamente nelle mani del Partito comunista, la cui egemonia non consentirebbe l’emergere della tanto amata democrazia liberale. Invece, i marxisti si trovano in grande disaccordo: chi vede nella Cina un nuovo faro socialista, chi considera il suo sistema “capitalismo di Stato”, chi critica le forti disuguaglianze che la crescita ha comportato.