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lunedì 23 maggio 2022

DIFESA DELLA DEMOCRAZIA O DELLA "GRANDE DIVERGENZA"? - Emiliano Alessandroni

Da: https://www.facebook.com/emiliano.alessandroni - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo', redattore della rivista scientifica "Materialismo storico" (materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com).

Leggi anche: Pace: una storia lunga e tormentata, tra idee e realtà*- Emiliano Alessandroni intervista Domenico Losurdo

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni

Miseria del sovranismo. Smarrimento della dialettica e proliferazione dell'ideologia - Emiliano Alessandroni 


Gli Usa e il loro presidente Biden in questo conflitto "stanno agendo nel loro interesse, rischiando di danneggiare l'Europa e l'Italia" o "Stanno difendendo libertà e democrazia e anche il nostro interesse"? 

Naturalmente anche io, come la maggioranza degli italiani che non si lasciano abbagliare dall'ideologia della "Western Supremacy" e dalla narrazione che presenta gli Usa come i paladini della libertà, avrei optato per la prima risposta. 

Resta però un fatto che ho cercato di spiegare; sia nel mio libro "Dittature democratiche e democrazie dittatoriali - Problemi storici e filosofici" (Carocci 2021), sia nel video che carico qui sotto: secondo l'ideologia dell'"eccezionalismo americano" e del "Manifest Destiny" con cui gli Usa non hanno ancora mai realmente fatto i conti, fra le due risposte non esiste questa grande contraddizione: agli occhi dell'intellighenzia e dei politici statunitensi (Democratici o Repubblicani che siano) lo sviluppo della democrazia coincide esattamente con l'estensione delle sfere d'influenza americane, ovvero con la riduzione delle sovranità altrui (o delle sfere d'influenza altrui). 

Nei luoghi in cui i propri campi di dominio si riducono e presso i soggetti che si rendono promotori di questa riduzione, lì comincia per gli Usa lo spazio della barbarie, del dispotismo, della tirannia e lì come per missione, come se avvertissero sulle spalle "il fardello dell'uomo bianco", per dirla con Kipling, o "il fardello dell'uomo democratico", lì si sentono in diritto di intervenire, economicamente, ideologicamente, politicamente e all'occorrenza anche militarmente. 

Non può esistere secondo gli Usa una riduzione della propria supremazia che non sia un aumento della barbarie e del dispotismo. 

La tendenza verso un mondo multipolare, verso una parità di diritti e di doveri fra tutte le nazioni del mondo, costituisce già per l'ideologia dell'"eccezionalismo americano" e per i seguaci del "Project for the new american century" una forma di dispotismo che non può essere tollerata. 

La necessità storica di hegeliana memoria si muove tuttavia verso un superamento dello status quo e dei rapporti di dominio tradizionali: la necessità storica si muove verso una progressiva erosione di quella che importanti analisti hanno definito "la grande divergenza", ossia quel processo che ha visto l'Occidente a trazione sempre più americana sollevarsi e predominare sul resto del mondo. 

La necessità storica, la tendenza generale, preme ora verso un'inversione di rotta: al processo della "grande divergenza" dovrà seguire (e a ben vedere sta già seguendo, sia pure in maniera tortuosa e magmatica) il processo della "grande convergenza" (il processo che vede l'abisso fra l'Occidente a trazione americana e il resto del mondo progressivamente ridursi). 

Le forme di questo processo vanno tenute sotto sorveglianza perché possono essere brutali e mettere anche a rischio la stessa sopravvivenza dell'umanità, ma i grandi conflitti geopolitici, guerre incluse, andrebbero letti come parti di questo più ampio conflitto fra "grande divergenza" e "grande convergenza". 

È, a ben vedere, quella "Terza guerra mondiale a pezzi", di cui parlava Papa Francesco già nel 2014 e di cui la guerra in Ucraina costituisce un capitolo che potrebbe assumere le pieghe più pericolose. 

Soltanto questa lettura ci permette di comprendere perché l'aperta invasione militare di un paese sovrano e membro dell'Onu come l'Ucraina non ha ricevuto la condanna da parte della maggioranza dei paesi del Terzo Mondo, ovvero non ha ricevuto la deplorazione da parte della maggioranza del blocco extraoccidentale, il quale evidentemente non teme tanto un ipotetico progetto di espansionismo russo, ma, proprio per la storia di sottomissione e schiavizzazione da cui proviene, teme ancora le ingerenze, le guerre e il predominio dell'asse Usa-Israele, così come del suprematismo dell'Occidente nel suo complesso. 

E noi capiremmo ben poco di quanto sta accadendo se ci ostinassimo a guardare la guerra in Ucraina con uno sguardo rigidamente eurocentrico e non la collocassimo dentro un contesto sia temporale che spaziale ben più ampio, di dimensioni planetarie. 

Qui il video (l'inizio effettivo al min. 12,05) --> https://www.facebook.com/cgilpesarourbino/videos/1462396970886229


giovedì 4 maggio 2017

Hegel, il fondamento e il postmoderno*- Remo Bodei

Introduzione di Remo Bodei (Università della California, Los Angeles) al recente volume di Emiliano Alessandroni, Potenza ed eclissi di un sistema. Hegel e i fondamenti della trasformazione, Mimesis, Milano 2016, pp. 202.                                                                                                                                                                                                         *Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane”, n° 1-2/2016, Questioni e metodo del materialismo storico, a cura di S.G. Azzarà, pp 331-334.




Le ripetute crisi che affannano il cammino della modernità tendono ad investire, per tutto il corso della loro durata, numerosi aspetti dell'esistenza umana: condizioni materiali e produzione spirituale, forme del diritto e dell'arte, filosofia e letteratura, generando spesso, nelle anime più sensibili o negli strati sociali più colpiti, un forte desiderio di cambiamento. Ma perché le cose cambiano? E come avviene di fatto la trasformazione? Ovvero, come realizzarla? Nella convinzione che essa venga favorita promuovendone non tanto il desiderio soggettivo, quanto piuttosto la comprensione dei funzionamenti oggettivi, questo volume tenta, a partire da Hegel, di esplorarne i meccanismi interni, cominciando in primo luogo dall'analisi dei suoi elementi fondamentali: i soggetti, la volontà, l'azione. Si tratta di uno studio che getta luce su molti problemi teorici del nostro tempo, ma anche su diversi lati del pensiero hegeliano, illustrato con semplicità e rigore. Autori come Fichte, Sartre, Gentile, Massolo, Severino vengono chiamati in causa per il confronto. Alle parti rivolte agli studiosi del campo sono affiancate altre, più divulgative, indirizzate a chi intenda addentrarsi per la prima volta nel vasto sistema del filosofo tedesco.



Che cosa è, in senso rigoroso, il Divenire e quale il suo rapporto con l’Essere? Attorno a questa domanda ruota il libro di Emiliano Alessandroni, che chiarisce, con pazienza e acume, le complesse problematiche che da Parmenide a Platone, da Fichte a Hegel, da Gentile a Sartre e da Massolo a Severino, hanno tormentato il pensiero filosofico.

Per comprendere questi temi, argomenta, occorre partire dalla questione, apparentemente semplice, dal perché le cose cambiano.
Attraverso una preliminare e puntuale analisi del concetto di «fondamento» (seguendo il filo della hegeliana Scienza della logica), Emiliano Alessandroni giunge alla conclusione che gli Esistenti si mostrano, nello stesso tempo, sia fondati che fondanti (fondamenti reali e condizionanti) e che il Cominciamento contiene in se stesso il negativo, da cui non può e non deve liberarsi. Al di là del gergo tecnico, ciò significa che l’uomo – inserito nella trama di una pluralità di elementi finiti e ben delimitati, di parti che compongono il tutto – trova in queste il limite della sua singolarità e della sua libertà ed è costretto alla continua mediazione con l’altro da sé.

venerdì 18 dicembre 2020

Democrazia o Bonapartismo - Emiliano Alessandroni

Da: Emiliano Alessandroni - Emiliano Alessandroni, Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo'. 


Tormentata è la storia del suffragio universale, ostacolato, ancora in pieno Novecento, dalla discriminazione di censo, di razza, di sesso, che si è rivelata particolarmente tenace proprio nei paesi di più consolidata tradizione liberale. Un nuovo modello di democrazia sembra voler divenire il regime politico del nostro tempo. Gli Stati Uniti costituiscono il privilegiato paese-laboratorio del "bonapartismo-soft" che ora si affaccia anche in Italia e di cui ci parla Losurdo.

                                                                                        Prima lezione "Da Luigi Bonaparte a Nietzsche": 

                                                                             


Seconda lezione: "Bismarck, Disraeli e Gustave Le Bon" https://www.youtube.com/watch?v=DkOqk-exRHM
Terza lezione: "Da Schumpeter al 'Bonapartismo soft' degli Stati Uniti" https://www.youtube.com/watch?v=jv0VD5kWP-M
Quarta lezione: "Potere dei media, propaganda e 'Bonapartismo soft' in Europa" https://www.youtube.com/watch?v=SBROirvA9tI
Quinta lezione: "Le tendenze bonapartistiche del nostro tempo" https://www.youtube.com/watch?v=OAymzgKCeBA 

venerdì 27 gennaio 2023

Tappe e percorsi della dialettica hegeliana: la Rivoluzione d’ottobre e il pensiero di Hegel - Giovanni Sgrò

 Da: Materialismo Storico - Sinistrainrete - Giovanni Sgro è professore associato di “Storia della filosofia” presso l’Università eCampus di Novedrate. 

Leggi anche: HEGEL IN URSS. HEGELISMO E RICEZIONE DI HEGEL NELLA RUSSIA SOVIETICA - Valeria Finocchiaro  

Nei Quaderni filosofici di Lenin: lo studio della Logica e la lettura del proprio tempo - Emiliano Alessandroni 

Lenin, Quaderni filosofici - Introduzione di R. Fineschi

Lenin lettore di Hegel*- Stathis Kouvélakis 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica - Emiliano Alessandroni 

RICERCHE MARXISTE - Momenti del dibattito sulla Nep - Stefano Garroni 

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1. I contributi raccolti nel volume che qui si presenta1, ricostruiscono dettagliatamente un incontro “epocale” nella storia della filosofia (e non solo della filosofia!) contemporanea: la recezione e l’influenza della filo­sofia di Hegel nel e sul pensiero filosofico e politico russo. Questo incon­tro non inizia però - né, tanto meno, termina - con la Rivoluzione d’Ot­tobre. Infatti, prima ancora che l’opera di Hegel giungesse in Russia, fu l’intelligencija russa a recarsi a Berlino per conoscere e studiare l’opera di Hegel2. Anzi, come è stato giustamente osservato3, lo stesso incontro tra il pensiero di Hegel e gli intellettuali russi è di tipo dialettico: è avve­nuto molto presto ma, allo stesso tempo, anche molto tardi. Molto presto cronologicamente, in quanto i primi contatti si sono avuti già all’indo­mani della morte di Hegel (1831), negli anni Trenta e Quaranta dell’Ot­tocento ( Vormarz); ma a un livello di elaborazione molto tardo, in quanto l’immagine di Hegel che gli intellettuali russi assimilarono e che poi si adoperarono a diffondere e a propagandare nel loro paese era profonda­mente formata e mediata dall’interpretazione dei Giovani hegeliani.

Vissarion Grigor’evic Belinskij (1811-1848), Michail Aleksandrovic Bakunin (1814-1876) e Aleksandr Ivanovic Herzen (1812-1870) distin­guevano nettamente il metodo rivoluzionario dal sistema conservatore, consideravano quindi la dialettica hegeliana come un’arma rivoluzionaria, offrivano un’interpretazione in chiave dinamica dei rap­porti tra reale e razionale e, nel complesso, aderivano pienamente a una lettura in chiave progressista e rivoluzionaria della filosofia hegeliana4.

Questa lettura giovane-hegeliana della filosofia e, in particolare, della dia­lettica hegeliana sarà poi quasi letteralmente riformulata da Engels, più di quarant’anni dopo, nel suo famoso pamphlet di politica culturale, in cui si sofferma sul rapporto suo e di Marx con Hegel e su quell’“anello intermedio” tra la filosofia hegeliana e la concezione materialistica della storia rappresentato da Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872)5.

Per quanto riguarda i Giovani hegeliani russi, sarà soprattutto Herzen a valorizzare la categoria della mediazione per pensare - insieme a Hegel e oltre Hegel - il fallimento delle rivoluzioni del 1848. Ricorrendo a una filosofia della storia profondamente radicata nel presente, che non am­mette romantiche fughe nel passato né anticipazioni anacronistiche del futuro, Herzen rappresenta l’anello di congiunzione tra le diverse espe­rienze delle rivoluzioni europee del 18486 e l’eredità rivoluzionaria russa del Nachmàrz, ed è il primo a porre il problema della “non-contemporaneità russa”7, che costituirà il nodo teorico e politico del grande dibattito tra populismo e marxismo in Russia.

martedì 9 aprile 2024

Lenin, a cento anni dalla morte -


Jutta Scherrer m.13,47 - Luciano Canfora m.36,02 - Rita Di Leo m.50,57 - 
Etienne Balibar m.1,09,25 - Luciana Castellina m.1,34,13 - 
Giacomo Marramao m.2,03,41 - Stefano G. Azzarà m.2,24,51 -

                                                                          


giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.

martedì 18 agosto 2020

Domenico Losurdo e la comune umanità tra categorie del pensiero e conflitto sociale. - Salvatore Favenza

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - Recensione di Salvatore Favenza a: S. G. Azzarà, La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, La Scuola di Pitagora, Napoli 2019.
Vedi anche:   L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo  
                       Hegel e la rivoluzione - Domenico Losurdo 
                       Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
                       Marx e Hegel. Contributi a una rilettura - Roberto Fineschi
Leggi anche:  Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica*- Stefano Garroni 
                         Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 
                         Nei Quaderni filosofici di Lenin: lo studio della Logica e la lettura del proprio tempo - Emiliano Alessandroni 
                         Per una rinascita del materialismo storico negli studi di filosofia, storia e scienze umane*- Stefano G. Azzarà  
                         Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni 
                         Sulla stagnazione del marxismo - Stefano Garroni 
                         Su Hegel politico. - Stefano Garroni -

La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, di Stefano G. Azzarà, precedentemente edito dalle Editions Delga di Parigi nel 2012 ed ora pubblicato da La Scuola di Pitagora in edizione italiana riveduta, ampliata ed aggiornata dalle corpose integrazioni di Emiliano Alessandroni, costituisce una privilegiata chiave d’accesso all’itinerario di pensiero di Domenico Losurdo. 

I tre capitoli di cui si compone il libro riguardano il confronto storico e filosofico di Losurdo con la storia del liberalismo, con la filosofia classica tedesca e con il materialismo storico. 

Secondo le narrazioni oggi in Occidente più gettonate, il liberalismo, nato tra Sei e Settecento presso le più illuminate intellettualità europee, lottò e vinse contro l’assolutismo monarchico facendo acquisire centralità al valore dell'individuo e realizzando lo stato di diritto. Dopodiché, una volta conferita una più o meno solida struttura alla sua propensione democratica, si trovò ad affrontare nemici ancora più temibili. Un parto gemellare di natura totalitaria diede infatti vita a nazismo e comunismo che, affratellati dalla comune natura dispotica, hanno tentato entrambi di contendere al mondo liberale la guida del Novecento. Fortunatamente, tuttavia, il liberalismo vinse anche quest’ultima battaglia e a tutt'oggi si candida a prosperare sull'intero globo, esportando il proprio modello sociale e politico, garanzia di serenità e di pace. 

Domenico Losurdo ha mostrato l’inconsistenza di una simile narrazione, opponendo a questa storia sacra (la cui credibilità è stata favorita dalla sconfitta dei tentativi di costruzione del socialismo in Europa orientale) una storia profana, finora abilmente schivata dalla luce dei riflettori. La narrazione corrente sembra infatti ignorare come il liberalismo abbia costituito non già un impulso ma un ostacolo alla realizzazione della democrazia moderna, essendo stato soltanto il sopraggiunto confronto con la tradizione rivoluzionaria ad aver condotto al superamento delle tre grandi discriminazioni che contraddistinguevano le società occidentali ancora all'inizio del Novecento: la discriminazione di censo, quella di razza e quella di genere. Non si trattava tuttavia, secondo Losurdo, di opporre al “Libro nero del comunismo” di Courtois e colleghi, un “libro nero” del liberalismo, bensì di contestare al liberalismo stesso la «sua autoidentificazione con la centralità dell’individuo e con la storia della libertà moderna». 

Il liberalismo, che pure aveva formulato questi concetti, appariva contraddistinto da notevoli clausole di esclusione che ne boicottavano la portata universale: la tradizione che aveva innalzato la bandiera della libertà della società civile e su questa base aveva condotto la battaglia contro il dispotismo delle monarchie assolute, venne ad imporre a sua volta, con la propria ascesa, un potere assoluto nei confronti delle classi subalterne e dei popoli coloniali. Si trattava di un processo di de-umanizzazione su scala globale: solo per la razza dei signori, sulla base delle severe discriminazioni di razza, di genere e di censo, veniva a costituirsi una comunità di liberi e uguali. 

Losurdo ha evidenziato come il superamento di questi limiti sia stato possibile soltanto attraverso l'incontro/scontro con il movimento operaio e si sia verificato nonostante la struttura portante del discorso liberale. Questo conflitto da un lato ha mostrato la “duttilità” e la “modernità” del liberalismo, la sua capacità di adattamento e il suo realismo; dall’altro ha generato una spaccatura nell’ambito del liberalismo stesso, tra una componente che è andata saldandosi con le tendenze apertamente reazionarie e un’altra che, ripensandosi interamente a partire dal compromesso antifascista, è divenuta parte del processo di costruzione della democrazia moderna. 

martedì 14 dicembre 2021

Il revival del pensiero magico nel dibattito pubblico: tra No Vax e Censis - Stefano G. Azzarà

Da: Stefano G. Azzarà - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.


Pensiero magico è quello degli sciroccati No Vax, pensiero magico - nel senso del culto del capitale - è quello del Censis che si fa prendere in giro dai terrapiattisti e che assimila al pensiero magico anche la critica dell'economia politica.

                                                                           

lunedì 30 agosto 2021

Sul privilegio. Note critiche su Agamben-Cacciari - Roberto Finelli, Tania Toffanin

Da: https://www.sinistrainrete.info - Tania Toffanin, Università degli Studi di Padova - Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org) - 

Leggi anche: Agamben e Cacciari sul green pass. Tu chiamale se vuoi "argomentazioni" - Giovanni Boniolo 

Che cos'è la libertà? Il Covid-19 e la difesa del diritto alla vita - Emiliano Alessandroni



Abbiamo inteso di scrivere qualche riflessione insieme su quanto Giorgo Agamben e Massimo Cacciari hanno pubblicato il 26 luglio sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (A proposito del decreto sul “green pass”), perché ci sembra utile fare un poco di chiarezza sullo spirito del tempo, sul Zeitgeist, di cui i due autori citati ci appaiono essere solo l’epifenomeno più vistoso e accreditato. 

Vogliamo provare brevemente a comprendere cosa ci sia dietro una tale rivendicazione di libertà individuale, sottratta ad ogni condizionamento e mediazione con la libertà collettiva, in un richiedere verosimilmente assai dimentico della definizione data, ormai tempo addietro, da Franco Fortini, secondo cui “la mia libertà inizia, non dove finisce, ma dove inizia la libertà dell’altro”. E dunque comprendere perché il nostro tempo, storico e culturale, si sia connotato, sempre più, per una moltiplicazione e ipertrofia dei diritti individuali del singolo, di contro ai diritti comuni e sociali.

Il dibattito che l’obbligatorietà della certificazione verde ha aperto si situa, peraltro, all’interno di uno scenario internazionale che impone alcune riflessioni. Pensiamo infatti che tale dibattito sia fondamentalmente centrato sui diritti individuali, all’interno di un contesto nel quale le libertà individuali sono pienamente garantite. Per contro, quanto sta succedendo in Afghanistan ci impone di riflettere, a partire proprio dalle libertà individuali, in termini meno eurocentrici. Sforzo questo che pensiamo sia necessario per uscire dal provincialismo del dibattito italiano ed europeo in tema di diritti fondamentali e libertà personali.

L’impianto accusatorio che sostiene la vasta schiera di coloro che si oppongono all’introduzione della certificazione verde poggia in buona misura sui concetti di limitazione della libertà personale e di discriminazione.

mercoledì 27 luglio 2016

Un mondo senza guerre*- Domenico Losurdo



Una replica ad Antonio Carioti
Estratto da: Pace. Una storia tormentata tra idee e realt
                                                                          Intervista di Emiliano Alessandroni, su marx21.it

... Su «La Lettura» del «Corriere della Sera» (03/07/2016), Antonio Carioti sembra implicitamente riabilitare una logica argomentativa cara ad Ernst Nolte, sia pure aggiornata ai giorni nostri: l'Occidente e gli Stati Uniti hanno commesso crimini atroci, ma si tratta di congiunture, effetti collaterali sopportabili pur di scongiurare quella che costituisce la più grande minaccia per la pace: il superamento del sistema capitalistico. Questo, qualora si verificasse, trasformerebbe invero il pianeta in un cumulo di "formicai" o di "cimiteri". Sì che le guerre di Wilson o Bush jr sarebbero ben poca cosa in confronto alla spietatezza di Lenin o Mao, campioni, assieme al socialismo, non già dell’ideale di pace, ma dell'intolleranza e della violenza di classe. Che cosa risponderesti a queste accuse? Il sistema capitalistico resta pur sempre, come il Corriere vuole indurre a pensare, il più pacifista, il meno violento, dei sistemi realmente possibili?

Nel tracciare il bilancio degli ultimi due secoli di storia, l’ideologia dominante, assunta da Carioti come un dogma indiscutibile, fa astrazione dalle colonie. Se invece superiamo questa astrazione arbitraria e falsificante, ecco che il quadro cambia in modo radicale. A metà dell’Ottocento, a proposito dell’Irlanda, colonia della Gran Bretagna, Beaumont, il compagno di Tocqueville nel corso del viaggio in America, parla di «un'oppressione religiosa che supera ogni immaginazione»; le angherie, le umiliazioni, le sofferenze imposte dal «tiranno» inglese a questo «popolo schiavo» dimostrano che «nelle istituzioni umane è presente un grado d'egoismo e di follia, di cui è impossibile definire il confine». In quello stesso periodo di tempo, Herbert Spencer, filosofo liberale e neoliberista, descrive in che modo procede l’espansionismo coloniale (portato avanti in primo luogo da paesi di consolidata tradizione liberale): all'espropriazione degli sconfitti fa seguito il loro «sterminio»: a farne le spese non sono solo gli «indiani del nord-America» e i «nativi dell'Australia». Il ricorso a pratiche genocide in ogni angolo dell’Impero coloniale britannico: in India «è stata inflitta la morte a interi reggimenti», colpevoli di «aver osato disobbedire ai comandi tirannici dei loro oppressori». 

sabato 6 agosto 2022

Democrazia, bonapartismo, populismo - Michele Prospero

Da: Materialismo Storico, n°  1/2022(vol. XII)–E-ISSN 2531-9582 - https://journals.uniurb.it/index.php/materialismostorico - 
Michele Prospero  (Università di Roma “la Sapienza”) è un filosofo italiano. 


C’e un tema molto importante (quello della torsione autoritaria dei regimi politici nelle crisi di sistema) che attraversa la ricerca di Losurdo e costituisce un nucleo analitico rilevante del suo studio: dal libro della Bollati Boringhieri, Democrazia o bonapartismo, ritorna anche nell’opera postuma su La questione comunista, soprattutto nel capitolo riguardante il neopopulismo. 

Nel libro su Democrazia o bonapartismo il merito di Losurdo è quello di intrecciare la storiografia filosofica delle idee con l’analisi delle dinamiche politiche istituzionali. In particolare, Losurdo raccoglie il nucleo analitico più profondo del 18 brumaio di Marx e ne assume le categorie essenziali come fondamento possibile di un’interpretazione dei momenti critici delle democrazie occidentali. L’assunto che Losurdo sviluppa è che il bonapartismo e il populismo costituiscano fenomeni ricorrenti strutturali. Rappresentano cioè l’ombra delle democrazie di massa nelle giunture problematiche. 

Il bonapartismo emerge nell’analisi di Marx proprio a ridosso della grande crisi di modernizzazione degli istituti politici francesi che introdussero il suffragio universale maschile. Il bonapartismo e il populismo, in questo senso, sono fenomeni che riguardano la difficoltà che i ceti politici e sociali dominanti incontrano nel gestire con le risorse procedurali dell’ordinamento i grandi conflitti della modernità. In tal senso il cesarismo con la personalizzazione del potere indica l’ombra che accompagna la democrazia moderna. Losurdo coglie nel 18 brumaio un tentativo nient’affatto occasionale, ma a suo modo sistematico malgrado il taglio polemico, di evidenziare l’intreccio delle molteplici crisi che coinvolsero le istituzioni politiche della seconda repubblica francese. Vi rintraccia cioè un’interpretazione a più strati della crisi di quella esperienza di democrazia che ricomprende istituti, economia, ideologie, relazioni internazionali. Al centro della riflessione di Marx compare l’incastro della crisi economico-finanziaria, che dà un’accelerazione alla dinamica delle psicologie collettive impaurite dinanzi alla perdita di referenti politici, e della crisi istituzionale che esplode nel contrasto presidente/assemblea dovuto all’ambigua ripartizione dei poteri connaturata all’ossatura del semipresidenzialismo. Si tratta di un contrasto che esplode in tempi critici che lasciano lo scioglimento della contraddizione dell’antinomia istituzionale alla risorsa di un colpo di mano. Sull’esito della crisi politica pesò la fragilità politica degli operai, che si fecero sorprendere dagli eventi per l’assenza di capi, di una leadership adeguata, e per l’incapacità di definire le politiche di alleanze indispensabili per gestire una situazione critica di alienazione di massa. 

domenica 8 novembre 2020

50 anni di relazioni (Italia-Cina) ed un futuro tutto da scrivere - Francesco Maringiò

Da: http://italian.cri.cn - https://www.marx21.it - Francesco Maringiò, Presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta e curatore del libro "La Cina nella Nuova Era, Viaggio nel 19°Congresso del PCC", LA CITTA' SEL SOLE 

Ascolta anche: Alessandra Ciattini intervista Francesco Maringiò - USA vs Cina - La visita di Mike Pompeo in Asia (https://www.spreaker.com/user/11689128/051120-pompeo-in-asia-maringio-online-au?fbclid=IwAR3S2qsE_g9AHuLFXkkvWwlYyfngy76WX8tJKUjnwsHlCl2UEyYQ1lVjk2I)

Leggi anche: La Cina corre... 

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 

I rischi della guerra economica Usa-Cina - Vincenzo Comito

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

"Cina 2013" - Samir Amin

L'Occidente arretrato e l'Oriente avanzato*- Emiliano Alessandroni

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

L’economia reale è sulla Via della seta - Pino Arlacchi

Vedi anche: - OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci

L’Italia e la Cina hanno avviato scambi culturali già dal II sec. a.C.: la prima legazione romana in Cina fu registrata nel 166 a.C., sessant'anni dopo le spedizioni del generale Ban Chao e l’invio di un emissario a Da Qin, esonimo con cui i cinesi indicavano l’impero romano. Questa affascinante storia si è poi arricchita di altre straordinarie gesta che sono diventate leggendarie non solo per la storia dei due paesi, ma per il confronto stesso tra Oriente ed Occidente.

È con questo importante bagaglio storico che quest’anno celebriamo il cinquantesimo delle relazioni bilaterali tra i due paesi. È una tappa importante, che merita non solo di essere approfondita tra gli esperti ma sperimentare una riflessione più vasta, come quella che sta promuovendo questa prestigiosa rivista a cui sono grato per l’invito rivoltomi a svolgere alcune riflessioni.

Possiamo individuare cinque diverse fasi nel rapporto diplomatico tra Italia e Cina: 1) dalla fondazione della RPC allo stabilimento delle relazioni nel 1970, 2) dall’apertura dell’Ambasciata italiana a Pechino ai primi anni ’90, 3) dalla fine della Prima Repubblica in Italia (1992) alla firma della partnership strategica (2004), 4) da questa al 18° Congresso del PCC ed infine 5) la fase attuale, ancora tutta da scrivere.

La prima fase (non ufficiale) delle relazioni ha posto le basi per la normalizzazione dei rapporti ed il riconoscimento della RPC e del suo governo. Sono stati anni importanti di contatti e relazioni che ci danno la percezione del lungo embargo diplomatico a cui è stato sottoposto il gruppo dirigente cinese. Alla Repubblica Popolare in quegli anni veniva negato anche il seggio alle Nazioni Unite (vi entrerà nel 1971). Il riconoscimento italiano ha favorito il percorso di riconoscimento di Pechino nella comunità internazionale.

Con l’apertura dell’Ambasciata d’Italia in Cina (1970) è iniziata per il Belpaese una fase pioneristica di conoscenza e comprensione della realtà cinese, così profondamente cambiata dall’epoca delle concessioni e della terribile esperienza coloniale. Sono stati anni intensi che hanno permesso di cogliere anche la portata delle trasformazioni che la Politica di Riforme ed Apertura aveva cominciato a produrre.

I primi anni ’90 sono stati invece un passaggio di fase molto delicato per l’Italia: lo sgretolamento dei partiti tradizionali ed i cambiamenti internazionali con la fine del mondo bipolare hanno innescato una lunga fase di transizione ed incertezza, con ripercussioni anche nelle relazioni tra i due paesi e relative occasioni mancate ed opportunità perse. La svolta si è avuta con la firma del Partenariato Strategico che ha costruito un meccanismo permanente di dialogo tra Italia e Cina. Questo avvenimento ha incentivato gli investimenti diretti esteri italiani nel paese asiatico (appena entrato nel WTO), migliorando la percezione in patria delle trasformazioni in corso e delle opportunità che si presentavano per la comunità internazionale: sono l’economia ed il commercio a suscitare principale interesse all’estero.

Questa percezione muta con il 18° Congresso del PCC e le riforme adottate: la Cina entra in una fase di “nuova normalità” modificando completamente le direttrici strategiche del suo sviluppo economico, diventa sempre più un attore globale grazie al contributo fornito alla cooperazione internazionale ed alla politica di sicurezza e, non da ultimo, si fa portatrice di una iniziativa globale che, sotto il nome di Belt and Road Initiative, è destinata ad avere un impatto sullo sviluppo di tutta l’area eurasiatica e del mondo intero. Da questo momento la classe dirigente italiana ha capito che non si poteva più restringere il campo della cooperazione bilaterale con la Cina ai soli dossier commerciali e che bisognasse dare vita ad una relazione omnicomprensiva, riguardante tutti gli aspetti centrali della diplomazia, dell’economia e della cultura. È per queste ragioni che i settori più accorti del paese hanno lavorato per giungere alla firma del Memorandum of Understanding del marzo del 2019, attestando l’Italia a primo paese del G7 ad entrare nel club delle nazioni aderenti alla BRI.

Tuttavia questa consapevolezza non è ancora pienamente matura in tutta la società italiana, complice l’assenza di interessi radicati e capaci di strutturare una strategia nazionale condivisa, assieme ad una percezione esatta di cosa sia oggi la Cina contemporanea. Per queste regioni si sente l’esigenza, oggi più di ieri, della nascita di un pensatoio strategico comune tra i due paesi, capace di costruire e sedimentare un insieme di visioni ed esigenze in grado di essere raccolte dalla classe imprenditoriale e politica ed essere trasformate in una proposta strategica di grande visione prospettica.

Mentre si staglia all’orizzonte il pericolo di una recrudescenza delle relazioni internazionali, si apre un nuovo spazio di manovra per paesi che vogliono ambire ad operare attivamente per scrivere un futuro di pace e cooperazione. E l’Italia può ambire ad operare un ruolo importante in questa direzione. Anche per questo abbiamo bisogno che nasca questa fucina di idee, capace di corroborare il lavoro diplomatico ed istituzionale tra due paesi che, per storia e cultura, sono destinati a scrivere pagine importanti di mutua cooperazione e sincera amicizia.

giovedì 21 aprile 2022

Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA

Da: DARSI PACE · MARCO GUZZI - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia (Dedalo Edizioni) 


DALLE OLIGARCHIE ALLA VOLONTÀ DI POTENZA - DAVIDE SABATINO IN DIALOGO CON LUCIANO CANFORA


Una delle parole che è stata sdoganata in questi giorni dai giornali mainstream è la parola “oligarchie”. Peccato però che con questo termine si è voluto indicare esclusivamente i ricchi affaristi russi, i quali - dicono i giornaloni - sono rei non solo di essere nababbi, ma anche di essere di nazionalità russa. Una discriminazione razziale che non sembra avere eguali nel resto d’Europa. 

Insieme al noto Professor Luciano Canfora abbiamo voluto scavare a fondo su questo tema del “governo dei pochi” (“oligoi” = pochi e “archè” = governo), perché siamo convinti che solo comprendendo la differenza fra democrazia e oligarchia anche il nostro orizzonte contemporaneo potrà risultare meno oscuro e ambiguo. Infatti, è inutile continuare a credere di essere i paladini della democrazia quando - di fatto - molti diritti fondamentali stanno progressivamente venendo meno. E non basta neppure paragonare il nostro sistema di relativa libertà di stampa con quello di censura più o meno dichiarata che vige da anni in Russia per poterci sentire migliori. Al massimo possono essere magre consolazioni, ma niente di più. 


L’ultimo libro di Luciano Canfora si intitola “La democrazia dei signori”, ed è proprio partendo da questo testo che abbiamo deciso di attraversare le criticità del nostro tempo, evitando in ogni modo di scadere in commenti di bassa propaganda politica che tanto vanno di moda sui quotidiani e nelle televisioni generaliste. Il quadro disegnato dal pensiero di Canfora durante il nostro dialogo mostra linee di carattere filologico fondamentali per capire la storia di oggi, senza le quali tutte le contraddizioni che questa guerra sta facendo emergere non possono che insabbiarsi. 

Per comprendere lo scenario geopolitico attuale non possiamo solo impressionarci di fronte alle immagini criminali e di devastazione che vengono trasmesse ventiquattro ore su ventiquattro da tutte le reti televisive. Occorre saper leggere quelle immagini con le lenti d’ingrandimento della filosofia e della storia politica. Ciò che fa da sfondo alle raffigurazioni drammatiche della tragedia in atto sono infatti le (in)coscienze delle classi dirigenti globali che - come insegna Luciano Canfora - oltre ad essere molto più “internazionalistiche” e “solidaristiche” del popolo che vorrebbe insorgere, sono anche governate da quella “volontà di potenza” rispetto alla quale ci mise in guardia nel secolo scorso la filosofia del profetico Friedrich Nietzsche. 


Chissà se in queste ore turbolente e vertiginose riusciremo, come popolo, a recuperare la lezione del secolo appena trascorso, provando ad affrontare il futuro con un’ottica meno bellica e più serenamente relazionale. Noi siamo qui per provarci. 
Davide Sabatino - L'Indispensabile 

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