Da: Lidia Ravera - Lidia Ravera è una scrittrice e giornalista italiana. - Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.
“Quando il mondo dorme”, di Francesca Albanese, incomincia con Hind Rajab che se ne sta rannicchiata sul sedile posteriore della macchina degli zii con i quattro cuginetti. E’ appena arrivato l’ennesimo ordine di evacuazione nell’area ovest di Gaza. E’ pomeriggio e il fragore della bombe si avvicina, gli zii sono nervosi, la macchina all’improvviso si ritrova sotto il fuoco dell’artiglieria israeliama.Poi cala “un gelo surreale”. Hind si guarda attorno:nessuno parla e stanno tutti accartocciati su se stessi. Con le mani che stanno sicuramente tremando, Hind prende il telefono tra le dita della quindicenne Layan, colpita mentre stava parlando con gli operatori della Mezzaluna rossa e dice: “ Il carro armato è accanto a me si sta muovendo,Verrai a prendermi? Ho tanta paura” Queste poche frasi , pronunciate da una bambina di sei anni, sono rimaste registrate, a futura memoria. I soccorsi non sono arrivati in tempo, Hind è morta da sola. E tutto l’equipaggio dei soccorritori, che ha impiegato tre ore ad ottenere il permesso per andare a salvarla, è stato annientato. Il cadavere della bambina spaventata sarà ritrovato 12 giorni dopo. Crivellato di colpi. Le perizie parlano chiaro: non possono non aver visto , dal carrarmato, che il Target era una bambina. Non un pericoloso terrorista.
“Quando il mondo dorme” incomincia con Hind Rajab e finisce con Refaat Alareer, poeta, professore e grande sostenitore di “We Are Not Numbers”, una associazione di giovani scrittori palestinesi. Gente che crede ancora nelle parole, tanto da voler “ restituire alle vittime e ai sopravvissuti di ogni crimine israeliano a Gaza,la dignità di una narrazione” .
“Noi non siamo numeri”(non-siamo-numeri-le-voci-dei-giovani-di-gaza), è il grido che si leva compatto da un popolo che sta per essere sradicato dalla sua terra , vittima di una forma estrema di “colonialismo da insediamento”come lo definisce Francesca Albanese, in questo saggio pieno di Storia (informatissimo, documentatissimo) e di storie (dolore puro, da condividere con cautela, consentendoci di piangere, anche in pubblico).
Il poeta Refaat è stato ucciso in un bombardamento israeliano insieme a suo fratello sua sorella e quattro bambini il 6 dicembre del 2023. La sua battaglia ideale era “per riumanizzare gli israeliani”, questo insegnava ai suoi studenti. Il suo ultimo video, poco prima di morire, dura meno di un minuto. E’ visibilmente sconvolto, Refaat Alareer. E dice: “siamo consapevoli che la situazione è nerissima, senza speranza, senza via d’uscita. Se non c’è acqua, se non possiamo uscire da Gaza, cosa dovremmo fare? Buttarci tutti a mare e annegare? Commettere un suicidio di massa? E’ questo che vuole Israele? Bè, non lo faremo.” Francesca Albanese dedica ogni capitolo del suo libro ad una persona che l’ha aiutata nel difficile compito di capire, e poi spiegare quello che ha capito in anni di analisi sul campo, ricerca e studio. Sono tutte persone intelligenti, aperte, affamate di giustizia ma mai violente o avvelenate dall’odio.Violenta è stata invece spesso la reazione alla chiarezza della posizione di Albanese: incontri soppressi, spazi negati, minacce.
E ovviamente, come è successo a tutti noi contrari alla politica di Netanhiau , è arrivata anche per lei, puntuale, l’accusa di antisemitismo.
Non si può ancora dire che è in atto un genocidio?
Quanti morti dobbiamo aspettare? Dobbiamo tacere per non urtare la sensibilità di chi?
Gli Israeliani contrari alla politica di Netanhiau ci sono, e parlano.
Ha parlato uno storico come Ilan Pappè. Ha parlato uno studioso illustre come Raz Segal, poco dopo il 7 ottobre, valutando la sproporzione della vendetta. Hanno parlato di “incremental genocide”.
Tanti ebrei , a Israele e fuori da Israele, soffrono di essere assimilati a sionisti sanguinari e senza pietà. Anche per loro dobbiamo fare chiarezza.
Francesca Albanese, che non è una pericolosa agitatrice Propal, ma una relatrice speciale ONU sulla situazione dei diritti umani nel territorio palestinese occupato, fa chiarezza. A Gerusalemme ha vissuto per anni e sempre ha cercato di insediarsi, con suo marito e i suoi figli ancora piccoli,il più vicino possibile ai teatri della guerra che deve analizzare, dell’umanità che deve garantire.
Nelle pagine di questa ricca requisitoria in difesa dei diritti del popolo palestinese attraverso i secoli, pulsa la passione di capire, e l’urgenza di far capire. In un tempo di sconcerto e sconforto, come quello che stiamo attraversando, è un grande regalo.
(lo so, i recenti catastrofici sviluppi del conflitto hanno oscurato la luce che inquadrava e mostrava gli orrori perpetrati in Palestina. Non consentiamoci di dimenticare. I bambini continuano a morire. A Gaza, in Israele, in Iran.)
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