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sabato 28 settembre 2024

"La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti" - Renato Caputo intervista Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura -  Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 



Videointervista alla professoressa dell'Università popolare Antonio Gramsci con cui ricostruiamo come la Cia, in piena caccia alle streghe, portava avanti una guerra sporca psicologica volta a strumentalizzare più intellettuali possibili nella crociata contro l'Unione sovietica, che avrebbe dovuto incarnare il presunto fallimento del comunismo.

                                                                            

domenica 17 marzo 2024

Hegel, la dialettica e il marxismo - Renato Caputo intervista Vladimiro Giacché

Da: la Città Futura - Vladimiro Giacché, è un filosofo e saggista italiano Si è occupato e si occupa principalmente di economia finanziaria e politica, storia dell'economia e della filosofia, con particolare riferimento all'idealismo tedesco e alla tradizione del marxismo. È Responsabile Studi e Marketing Strategico presso la Banca del Fucino (Gruppo Bancario Igea Banca) 
Leggi anche: Pensare con Hegel - Vladimiro Giacché 
“La contraddizione è ciò che muove il mondo” - Leo Essen intervista Vladimiro Giacché


Video-intervista a Vladimiro Giacché a partire dalla seconda edizione del suo libro: Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano. Nell’intervista si affronta l’attualità del pensiero di Hegel e della dialettica, il rapporto fra il marxismo e il pensiero hegeliano e la leggenda nera liberale che vuole liquidare Hegel come ideologo dell’assolutismo prussiano. 
Inauguriamo con questa video-intervista la collaborazione fra il settimanale comunista “La città futura”(lacittafutura.it) e il canale youtube Tracce di classe (Tracce Di Classe) con un podcast dedicato alla presentazione della seconda edizione riveduta e ampliata di uno degli ultimi libri di Vladimiro Giacché fra i più importanti e autorevoli intellettuali hegelo-marxisti. 
Nell’intervista Giacché ci spiega l’importanza di tornare al pensiero di Hegel e la sua attualità. Affronta in seguito la carica rivoluzionaria della dialettica hegeliana. Si passa quindi ad approfondire l’importanza della filosofia classica tedesca e del pensiero hegeliano, in particolare per il marxismo. Si conclude, dunque, con la confutazione della leggenda nera reazionaria liberale, che ha provato a liquidare il pensiero rivoluzionario di Hegel come opera di un cane morto, in quanto sarebbe espressione dell’assolutismo prussiano.
                                                                                                 

martedì 27 luglio 2021

ANTONIO LABRIOLA, primo strappo in direzione del marxismo. - Aldo Garzia

Da: www.ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/aldo.garzia. - Aldo Garzia, giornalista, ha lavorato tra l’altro nelle redazioni di "Pace e guerra" e "il manifesto". Ha diretto le riviste "Aprile" e "Palomar". Ha fatto parte dell'Associazione stampa parlamentare e ha collaborato con l'agenzia Askanews. Ha pubblicato numerosi volumi su Cuba, dove è stato corrispondente per alcune agenzie alla fine degli anni 80. I suoi ultimi libri sono: "Zapatero. Il socialismo dei cittadini" (Feltrinelli, 2006), "Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo" (Editori Riuniti, 2007); "Ingmar Bergman, The Genius" (Editori Riuniti, 2011) 

Leggi anche: Da Labriola a Gramsci, quel marxismo che ha saputo essere originale. - Marcello Mustè

Del materialismo storico - Antonio Labriola -

CENNI STORICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA - Stefano Garroni -

Vedi anche: MARX dopo MARX, da Engels a Labriola.* - Renato Caputo 



ANTONIO LABRIOLA, IL CAPOSTIPITE DEL MARXISMO ITALIANO. 

Delle idee e degli scritti di Antonio Labriola (1843-1903) si discute attualmente poco. Non è stato sempre così. Basti citare saggi e libri di Eugenio Garin, Nicola Badaloni e Cesare Luporini, tre studiosi storici della sinistra italiana del dopoguerra (fanno scuola l’introduzione del primo all’edizione di La concezione materialistica della storia e il volume di Badaloni Antonio Labriola nella cultura europea dell’ottocento, editi entrambi da Laterza). Nel 2018, la ricerca l’ha riproposta Marcello Musté in Marxismo e filosofia della prassi: da Labriola a Gramsci (Viella). 

Del resto non poteva che essere così in quanto Labriola rappresenta il primo strappo in direzione marxista nella cultura italiana. A lui si deve infatti l’introduzione in Italia non dell’ispirazione politica socialista (il Partito socialista era stato fondato nel 1892), bensì del marxismo come metodo e riferimento teorici. È lui che opera la prima rottura nella tradizione idealista e storicista italiana. È sempre a lui si deve la prima traduzione in italiano de Il Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels. Il ruolo di capostipite del marxismo italiano glielo riconoscono anche Croce, che fu allievo di Labriola frequentando i suoi corsi di Filosofia morale all’università di Roma, e Antonio Gramsci. 



È una bella sorpresa la versione critica e accuratissima di Del materialismo storico dilucidazione preliminare di Antonio Labriola (a cura di Davide Bondi e Luigi Punzo, pp. 267, euro 40), per Bibliopolis, editore napoletano di filosofia e scienza che dal 2004 si sta occupando della riedizione delle opere dell’autore per permetterne la rilettura. 

Pubblicazione accuratissima perché alla prima stesura seguono filologicamente le altre con introduzioni, note e correzioni diverse fino all’ultima. Il che dà la possibilità al lettore e allo studioso di analizzare lo sviluppo conseguente del pensiero di Labriola.

venerdì 19 marzo 2021

"I partiti e la massa"* di Antonio Gramsci – a cura di Giorgio Gattei

 Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna.

Leggi anche: Il nostro Marx*- Antonio Gramsci

Cadaveri e idioti - Antonio Gramsci

CHE FARE? - Antonio Gramsci

«Capo» - Antonio Gramsci

L'Università popolare*- Antonio Gramsci

La via maestra*- Antonio Gramsci

Operai e contadini - Antonio Gramsci

Il numero e la qualità nei regimi rappresentativi - Antonio Gramsci

Perché studiare il latino e il greco?*- Antonio Gramsci

La Rivoluzione contro il Capitale*- Antonio Gramsci

Su Gramsci e la fondazione del Pci - PIERO GOBETTI

L'egemonia borghese c'è. Ma è invincibile? - Questioni di teoria* - Alessandro Mazzone

Gramsci e gli intellettuali

GRAMSCI E LA “RIVOLUZIONE IN OCCIDENTE”* - Renato Caputo

Vedi anche: Antonio Gramsci. Ritratto di un rivoluzionario - Angelo D'Orsi 


Dopo la scissione del Partito Socialista Italiano, che a Livorno nel gennaio 1921 aveva portato alla fondazione del Partito Comunista d’Italia, Antonio Gramsci s’interroga a settembre, sulla rivista “L’Ordine Nuovo” che era passata da settimanale a quotidiano ufficiale del nuovo partito, sulle prospettive politiche che si potevano aprire ai comunisti sulla base di un ragionamento che aveva introdotto l’anno prima, e cioè la dipendenza della sorte dei partiti politici dalle classi sociali di riferimento. Allora aveva spiegato che «i partiti politici sono il riflesso e la nomenclatura delle classi sociali» e sorgono, si sviluppano e si decompongono secondo le variazioni d’esistenza che subiscono le classi rispettive quando «acquistano una maggiore e più chiara consapevolezza di sé e dei propri vitali interessi» (O.N., 9 ottobre 1920).

Le classi dunque, che sostanzialmente sono tre: la borghesia fondiaria e industriale, che detiene il controllo dello Stato; il proletariato di fabbrica e di campagna, che sta all’opposizione; e un coacervo di “ceti medi” in cui confluiscono piccoli borghesi, sia agrari che urbani, impiegati privati e pubblici e ceti professionali e intellettuali. Data la sua eterogeneità sociale, questa “classe media” è politicamente ondivaga, costantemente pencolando tra l’adesione agli interessi della borghesia oppure a quelli del proletariato.

Invece i partiti politici nelle elezioni del maggio 1921 erano stati sostanzialmente cinque: un Blocco Nazionale di diverse sigle di partiti borghesi che aveva raccolto 105 seggi; i due partiti del proletariato con il vecchio PSI che, nonostante la confusione d’indirizzo dimostrata nella convulsione del dopoguerra, aveva guadagnato 123 seggi, mentre il neonato PCdI si era fermato a 15 seggi; e infine le classi medie che si erano presentate con le due novità del Partito Popolare, d’ispirazione cattolica e d’espressione soprattutto contadina, che aveva ottenuto 108 parlamentari ed il Partito fascista, di estrazione più cittadina e d’ispirazione dichiaratamente eversiva, che aveva preso solo 35 parlamentari (peraltro eletti all’interno del Blocco Nazionale che aveva dato loro ospitalità).

martedì 22 dicembre 2020

L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi. - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.filosofia.it - Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI 

Leggi anche: Renato Caputo  - 1 https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-vs-limpolitico - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/losurdo-hegel-e-l-apologia-della-vita-attiva - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-centralita-della-politica-in-losurdo-e-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/le-critiche-conservatrici-e-reazionarie-alla-filosofia-di-hegel - 

https://www.lacittafutura.it/recensioni/hegel-vs-schelling-schopenhauer-e-la-scuola-liberale


Domenico Losurdo, L'ipocondria dell'impolitico. La critica di Hegel ieri e oggi, Milella, Lecce, 2001

"L'odierno panorama filosofico è largamente caratterizzato dall'ipocondria dell'impolitico; non sembra trovare ascoltatori attenti il monito di Hegel, per il quale la filosofia dovrebbe guardarsi bene dal 'voler essere edificante'. Ai suoi tempi, Kierkegaard non nascondeva il suo fastidio per 'quest'odio per l''edificante' che fa capolino dappertutto in Hegel. Ma oggi il dominio dell'edificazione è così incontrastato, che si ritiene superfluo polemizzare contro quel monito. La raccolta di saggi, che qui propongo, vorrebbe provare a richiamare l'attenzione su una grande lezione oggi largamente rimossa, ma forse più che mai attuale" ( p. XV) 
Che cosa abbia mai a che fare l'ipocondria - una forma di infondata preoccupazione per la propria salute ed esasperata melanconia rivolta al proprio interno - con la politica e soprattutto con la filosofia potrebbe non risultare immediatamente chiaro a tutti. 

Essa è la fuga dalla realtà, certo, ma ancor di più l'esasperazione di un'interiorità sentita come potenza negativa, e diremmo patologica, di fronte a tutto il resto, l'insostenibilità di ogni contenuto esterno, l'assenza di contenuti da cui affiora, e dove anzi sprofonda, il puro Io. 

Tutto questo potrebbe avere risvolti filosofici, anche politici; certo potrebbe, ma non necessariamente. 

Ma è a questo proposito che il testo di Losurdo, la raccolta di saggi che qui presentiamo, ci mostra invece una modernità necessariamente attraversata dal pensare, oltre che dal sentire, affetto da ipocondria. 

La coscienza vive nell'ansia di macchiare con l'azione e con l'esserci la gloria del suo interno; e, per conservare la purezza del suo cuore, fugge il contatto dell'effettualità e s'impunta nella pervicace impotenza di rinunziare al proprio Sé affinato fino all'ultima astrazione e di darsi sostanzialità, ovvero di mutare il suo pensiero in essere e di affidarsi alla differenza assoluta. in questa lucida purezza dei suoi momenti, una infelice anima bella, come la si suol chiamare, arde consumandosi in se stessa e dilegua qual vana caligine che si dissolve nell'aria. (Hegel, Fenomenologia dello spirito, VI, IIIC, c, § 222) 

Il riferimento filosofico dell'A. è la critica circostanziata di Hegel alla figura fenomenologica dell'anima bella, ma anche alle concezioni morali del mondo, al dover essere kantiano, alla inopportuna commistione fra sentimento e filosofia e, non da ultimo, alla irresponsabilità di chi concepisce la contraddizione solo come un impaccio del dire e dell'agire. 

giovedì 12 marzo 2020

Francesco Valentini: Soluzioni hegeliane - Renato Caputo


Vedi anche:  I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (ultima parte) - Renato Caputo  
                      Le origini filosofiche del marxismo: la filosofia di G.W.F. Hegel (7-8-9) - Renato Caputo 
                      Hegel: Fenomenologia dello spirito. La questione ontologica della "cosa stessa" - Remo Bodei  
                      Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 



A poco più di 10 anni dalla morte di uno dei massimi interpreti di Hegel e a quasi 20 dalla pubblicazione della sua più significativa monografia sull’opera hegeliana, pubblichiamo un’analitica recensione di quest’ultima 


Soluzioni hegeliane è una raccolta di saggi di Francesco Valentini, dedicati in maniera diretta o indiretta a delucidare il pensiero hegeliano. Le tematiche affrontate nella prima sezione sono: la società civile, il mondo della ricchezza, la moralità, le prime categorie della Logica, l’interpretazione dell’illuminismo, il Sapere assoluto, la genesi della razionalità. Nella seconda, invece, Valentini analizza la filosofia di Eric Weil, una filosofia fortemente influenzata dal pensiero di Hegel come da quello di Kant. Il confronto tra questi due filosofi e l’interpretazione storicistica del pensiero hegeliano possono essere considerate le due caratteristiche fondamentali dell’approccio dell’autore alle differenti problematiche presenti nel suo libro.

Nel primo saggio dedicato alla società civile Valentini muove dalle critiche rivolte da Karl Marx e Rudolf Haym al pensiero “speculativo” hegeliano, al razionale che si pretende reale e che quindi “consacra contenuti empirici, qualificandoli razionali” [1]. Valentini rigetta queste critiche in quanto ritiene che “la compenetrazione di ragione ed empiria sia la conseguenza inevitabile (e plausibile) della polemica contro le filosofie della riflessione e corrisponda a un atteggiamento umano di conciliazione con il mondo, di pacificazione con le cose” (25). Valentini ritiene che nella filosofia hegeliana non vi sia affatto un dominio della logica sul dato empirico, dato che i concetti stessi in essa non sono altro che “condensazioni di fatti, hanno la loro nascita storica e la loro vicenda storica, e poi vengono tesaurizzati come categorie del discorso” (26).

giovedì 29 agosto 2019

La crisi politica italiana e la fine della politica - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Leggi anche: (U.S.)America nell'epoca Tecnetronica*- Zbigniew Brzezinski (1968) 



La crisi italiana viene da lontano ed è provocata da numerosi fattori, tra cui l’imbarbarimento culturale e il dominio delle istituzioni UE, che riducono i politici a grossolani saltimbanchi. 


Se interpretiamo il problema da un certo punto di vista, la cosiddetta fine delle ideologie costituisce un fatto concreto e reale, la cui conseguenza è stata sostanzialmente il subdolo ritorno all’ideologia liberale naturalizzata, fondata sull’individualismo, sul particolarismo, sul pragmatismo, sull’abbandono delle grandi visioni onnicomprensive (le famose metanarrazioni). Tutti aspetti che purtroppo sono stati recepiti in maniera acritica ed inconsapevole anche dalla cosiddetta sinistra radicale, alcuni settori della quale li hanno rimessi insieme per dare vita all’ambiguo sovranismo e/o costituzionalismo, basato sulla convinzione che, partendo dal basso (quale?) e dalla Costituzione (mai realizzata ed ampiamente cambiata) si possa uscire dalla crisi, la cui natura internazionale nessuno può negare. Aprendo così il cammino a posizioni politiche ambigue e confuse, non so se per ignoranza o per opportunismo, da cui potrebbero derivare conseguenze devastanti per le classi popolari. 

Sin dalla fine degli anni ‘60, in seguito alle grandi trasformazioni, da cui è scaturito il tardo capitalismo, Zbigniew Brzezinski descriveva il fenomeno della disgregazione delle grandi organizzazioni di massa come uno slittamento dall’utopismo idealistico, assai critico del presente e prefigurante un futuro assai diverso, verso una politica pragmatica volta a risolvere problemi sempre più circoscritti dominati da personalità competenti (o che si presentano tali), i cosiddetti tecnocrati.
Questo processo di sfaldamento è dimostrato dalla grande astensione dal voto (alle elezioni europee del 2019 in Italia il 43,7% della popolazione non ha votato), dalla volatilità delle opinioni politiche dei votanti [1], sempre più confusi e ammaliati dalle capacità mediatiche degli “imprenditori della politica”, dalla spoliticizzazione di ogni attività “culturale”. Si pensi per esempio ai tanto celebrati talk show, dove non si fa che parlare degli scontri personali tra i grandi capi, delle loro bizze strampalate, del loro sfrenato interesse per il potere, che viene paradossalmente negato nel momento stesso in cui è affermato.

lunedì 11 marzo 2019

I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (ultima parte) - Renato Caputo

     "          "     :  Dialettica*- Eric Weil** 






Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi. 



Per favorire la comprensione dei diversi momenti della concezione di Hegel del processo conoscitivo ci serviamo del noto schema triadico di tesi, antitesi e sintesi

1. La tesi: l’intelletto astraendole dalla realtà nella sua verità, ovvero nella sua totalità, pone le differenze interne al reale l’una al di fuori dell’altra, mirando a conoscerle analiticamente una alla volta. Così coglie della realtà in generale, ma anche di ogni cosa in particolare unicamente un singolo aspetto, una singola determinazione e la fissa per definire i diversi aspetti della realtà o dell’oggetto che analizza, in modo analitico, a uno a uno, non riuscendo ancora ad avere una visione d’insieme. Questo, per quanto limitato, è il primo momento necessario di ogni conoscenza, in cui fissiamo di ogni ente quella che ci pare essere la sua caratteristica fondamentale. Per cui, ad esempio, definiamo Napoleone un grande condottiero, o definiamo il condannato a morte un criminale. In tal modo, esprimiamo il nostro modo di giudicare la realtà e, perciò, questo primo momento è definibile come la tesi posta dal nostro intelletto. 

2. L’antitesi: D’altra parte, a un’analisi appena un po’ più attenta non possiamo non cogliere l’unilateralità della nostra tesi, della determinazione fissata come assoluta dall’intelletto, che ha preteso di comprendere un aspetto della realtà senza tener presente la funzione che svolge nel tutto e i rapporti in cui è con gli altri aspetti, egualmente non trascurabili, del reale. Inoltre fissando una cosa e ancor più una persona a una sua caratteristica, per quanto essa ci possa apparire essenziale, non possiamo che averne una conoscenza parziale e unilaterale che non gli rende giustizia. Perciò, nessuno di noi ama essere giudicato, nel senso di essere fissato e definito sulla base di una singola determinazione, per quanto importante, dell’intelletto. Da questo punto di vista, diviene necessario il secondo momento del processo conoscitivo, il momento propriamente dialettico, in cui interviene la ragione che, consapevole che il vero è l’intero, non può che negare la verità del singolo aspetto che l’intelletto ha astratto dalla totalità di cui è e resta parte. Si tratta, dunque, della funzione negativa della ragione nei confronti delle astrazioni poste per sé dell’intelletto. 

giovedì 28 febbraio 2019

Egemonia come direzione o come dominio? - Tian Shigang

Da: https://medium.com/china-files - Traduzione per China files di Andrea Pira 

Leggi ancheI Quaderni del carcere Renato Caputo



Come rendere in cinese uno dei concetti fondamentali del pensiero di Gramsci? Per gli ottant’anni (82) dalla morte del leader comunista italiano, China Files traduce uno scritto del suo traduttore cinese, Tian Shigang. 


Per ricordarne il settantesimo anniversario dalla morte, la Casa editrice del popolo (Renmin chuban she) ha pubblicato le Lettere dal carcere di Antonio Gramsci, fondatore e segretario del Partito comunista d’Italia (PCd’I), uno tra i teorici marxisti più eclettici ed originali del XX secolo.
Le Lettere dal carcere (edizione integrale tradotta) raccolgono le 456 missive che, tra il novembre 1926 e il gennaio 1937, Gramsci inviò dai luoghi d’esilio e dalle carceri fasciste, ad amici e familiari. Le Lettere dal carcere sono un archivio del pensiero gramsciano, l’introduzione e la guida dei Quaderni del carcere. Le Lettere sono un “autoritratto” autentico e vivo, una “solenne sinfonia” che tocca le menti delle persone, uno “sfortunato” classico della moderna letteratura italiana, che Croce esalta perché appartenenti all’intera nazione italiana. Dopo la prima pubblicazione nel 1947, le Lettere dal carcere ebbero immediatamente una grande eco, dovuta al loro linguaggio vivo e semplice, alla capacità di toccare i reali sentimenti delle persone, alla ricchezza del contenuto ed alla profondità di pensiero, tanto da conquistare nel 1948 il più importante premio letterario italiano, il premio di Viareggio.
Per il sottoscritto, il percorso di traduzione delle Lettere dal carcere è stato allo stesso tempo un percorso di studio, che mi ha spinto ad approfondire maggiormente alcuni dei concetti peculiari di Gramsci, soprattutto quello di “egemonia”.

venerdì 15 febbraio 2019

I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (III parte) - Renato Caputo



Renato Caputo insegna storia e filosofia. 

Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi


Segue da: I concetti fondamentali della filosofia di Hegel - Renato Caputo - 
     "          : I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (II parte) - Renato Caputo - 




La struttura a spirale della verità

Lo sviluppo in tre momenti dell’assoluto – logica, filosofia della natura e dello spirito – non segue un ordine cronologico, ma un ordine logico. In effetti, dal punto di vista cronologico la logica – ossia la grammatica del reale – può essere estrapolata per astrazione sempre solo dopo che la lingua, la realtà si è sviluppata e consolidata.
Dal punto di vista cronologico avremo, quindi, prima lo sviluppo della natura, oggetto della filosofia della natura, poi lo sviluppo storico dello spirito umano, studiato dalla filosofia dello spirito e, solo infine, l’astrazione della logica in cui si articola inconsapevolmente l’evoluzione della natura e poi il suo divenire più o meno consapevole nella storia dello sviluppo dello spirito dell’umanità. Anche se, dal punto di vista sempre cronologico, si potrebbe meglio dire che viene sempre prima lo sviluppo fino al suo apice storico della filosofia dello spirito umano, che diviene così consapevole di ricostruire l’evoluzione della natura che è divenuta, consapevole di sé proprio nel genere umano e, infine, ricostruisce (estrapolandola) la logica seguita tanto dallo sviluppo naturale, che da quello storico e spirituale. Quindi, dal punto di vista temporale, è l’ultimo momento – ovvero lo spirito dell’umanità che, giunto al suo massimo sviluppo in un determinato momento storico – che, in quanto risultato, consente di porre, di ricostruire, i momenti precedenti, ovvero la natura e la logica. D’altra parte è quest’ultima a presiedere allo sviluppo tanto della storia della natura quanto di quella dello spirito umano, dal punto di vista logico ovviamente.
La verità, in effetti, ha per Hegel una struttura solo apparentemente circolare in quanto, con il compiersi della filosofia dello spirito, è possibile sì ricostruire la logica, ma si tratterà di una logica più evoluta e complessa della precedente. Dunque, il risultato solo apparentemente ritorna al suo inizio, compiendo il circolo, ma in realtà sviluppa la struttura circolare a un grado più elevato, come avviene nella spirale, che proprio per questo costituisce la migliore metafora in grado di spiegare l’articolarsi dei tre diversi momenti dell’assoluto. Del resto, anche quest’ultimo naturalmente tende a mutare essendo non qualcosa di morto, di dato una volta per tutte, ma qualcosa di vivente in un continuo sviluppo storico. Così, da un punto di vista storico più avanzato diviene, almeno possibile, sviluppare una nuova versione aggiornata e riveduta, più complessa dell’assoluto e del suo articolarsi e svilupparsi nella sua storia. Ossia saranno possibili, necessariamente, elaborare interpretazione sempre migliore, potendo prendere le mosse dalle precedenti e avendo in più una maggiore esperienza storica dell’assoluto, per cui la stessa storia della interpretazioni non può che esse anch’essa infinita.
Sottolineiamo ciò, in particolare, in polemica con i troppi che, persino oggi, continuano a equivocare, in modo più o meno consapevole, accusando a torto il sistema hegeliano di essere chiuso e di pretendere di voler dire l’ultima parola sullo sviluppo storico dell’assoluto o, addirittura, di avere l’assurda pretesa di porsi come fine della storia.

lunedì 28 gennaio 2019

I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (II parte) - Renato Caputo

Da: https://www.lacittafutura.it - Approfondimenti teorici (Unigramsci) - Renato Caputo insegna storia e filosofia. 
Link al video della lezione tenuta per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi

La filosofia come comprensione del proprio tempo con il pensiero
La verità, secondo Hegel, non è mai qualche cosa di dato, di finito, ma è il risultato di un processo e dei momenti necessari che sono stati superati dialetticamente – ovvero tolti in ciò che c’era di non più attuale e tesaurizzati per quanto c’era di ancora vitale – per raggiungere tale risultato. La filosofia hegeliana è filosofia reale e, perciò, segna una cesura con il pensiero utopistico, improntato non alla conoscenza scientifica della realtà storica, ma alla pura aspirazione del dover essereL’idea in effetti non è, sottolinea Hegel, così impotente da restare un mero dover essere, una pura aspirazione, un mero concetto astratto in quanto tale soggettivo.
Al contrario la filosofia ha come missione fondamentale quella di far comprendere la realtà nella sua razionalità, nella sua necessità, ovvero in modo scientifico. Deve dunque, innanzitutto, consentire di comprendere concettualmente la propria epoca storica – comprese le leggi, la morale e la religione di cui occorre intendere la razionalità-necessità – per consentire così all’uomo d’azione, al Politico di intervenire in modo razionale su di essa, con profitto, per razionalizzare ulteriormente l’esistente, realizzando nell’idea il concetto che ne costituiva, in modo generalmente non del tutto consapevole, il movente. Una volta ricompresa razionalmente la nuova realtà storica, diverrà la base per elaborare un nuovo concetto, che richiedere, per essere a sua volta realizzato, una nuova azione storica.
L’indissolubile nesso dialettico fra filosofia e storia, pensiero e azione, teoria e prassi
Hegel utilizza, per rappresentare la filosofia, la metafora della Nottola (la civetta) di Atena-Minerva, l’uccello notturno posto come simbolo della Dea della ragione, che indica la visione dall’alto che consente al filosofo di comprendere la realtà nella sua verità, ovvero nel suo insieme, nella sua totalità, levandosi in volo sul far della sera, ossia quando l’azione storica, che necessariamente la precede, si è compiuta. Più grande è l’azione storica più significativa sarà, dunque, la sua comprensione filosofica e, proprio per questo, secondo Hegel i grandi sistemi filosofici, che sintetizzano in sé tutti i precedenti sviluppi delle scienze filosofiche compendiandole, sono realizzabili solo quando un’intera epoca storica si è compiuta e si è così giunti nella notte che precede l’alba di un nuovo mondo. La grande azione storica su cui riflette la filosofia di Hegel è la Rivoluzione francese e la sua affermazione in Europa – prima con le imprese napoleoniche e poi con la lotta dei popoli nazionali contro l’impero bonapartista – e la coeva rivoluzione industriale che segnano il tramonto della grande epoca storica cristiano-medievale, dal cui compimento-superamento nascerà il mondo moderno capitalista-borghese.