Da: Lavinia Marchetti - https://laviniamarchetti.altervista.org - Lavinia Marchetti -
Leggi anche: LA RIMOZIONE DEL GENOCIDIO PALESTINESE DOPO IL "CESSATE-IL-FUOCO", COME PREVEDIBILE. - Lavinia MarchettiRAID ISRAELIANO AD AIN AL-HILWEH: 14 GIOVANI UCCISI NEL CAMPO PROFUGHI PALESTINESE. 28 MORTI A GAZA SOTTO I BOMBARDAMENTI.
La Palestina, il Libano, insomma i fronti ancora attivi (tutti) dove Israele continua a bombardare e uccidere, sono silenziati dalla stampa. Sembra non interessare più a nessuno. Se il giornalismo non fa il suo lavoro, tocca a noi trovare fonti e mettere insieme i pezzi e cercare di informare.
Sidone (Libano), 19 novembre 2025, Un raid aereo israeliano ha colpito il campo profughi palestinese di Ain al-Hilweh, nel sud del Libano, uccidendo almeno 14 persone, in gran parte ragazzi che stavano giocando a calcio. L’attacco, avvenuto la sera di martedì 18 novembre, è stato il più letale in Libano dall’entrata in vigore della tregua con Hezbollah nel 2024 e ha gettato nel lutto la città di Sidone e la comunità palestinese locale. Secondo il Ministero libanese della Sanità, oltre ai morti vi sono diversi feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni. I soccorritori hanno lavorato per ore tra le macerie attorno alla moschea Khaled bin al-Walid, dove l’esplosione ha devastato auto e strutture vicine: “Nessuno dei corpi era integro”, ha riferito un medico dell’ospedale di Sidone, a testimonianza della violenza della deflagrazione.
L’esercito israeliano (IDF) ha confermato di aver condotto l’attacco, sostenendo che il bersaglio fosse un gruppo di militanti di Hamas, strano eh!, la squadra di calcio di Hamas, attivi all’interno del campo. In una nota, l’IDF ha dichiarato di aver colpito “un complesso di addestramento di Hamas” ad Ain al-Hilweh, utilizzato, secondo Israele, per pianificare attentati contro i soldati e i civili israeliani. Gli esercizi di tattica calcistica sono fondamentali nella "scuola per terroristi". “Quando diciamo che non tollereremo alcuna minaccia al nostro confine nord, ciò vale per tutti i gruppi terroristici nella regione”, ha avvertito il portavoce militare Avichay Adraee, promettendo di “continuare ad agire con forza” contro i tentativi di Hamas di stabilire basi in Libano. Fonti israeliane hanno aggiunto che prima del raid erano state prese misure per “mitigare i danni collaterali”, impiegando munizioni di PRECISIONE e sorveglianza aerea, ma ciò non ha impedito la strage di civili nel campo. Insomma ci sono andati piano...i morti ringraziano.
Dal canto suo, Hamas ha smentito categoricamente la versione israeliana, negando di avere strutture militari all’interno di Ain al-Hilweh. In un comunicato diffuso a poche ore dall’attacco, il movimento palestinese ha definito le affermazioni di Israele “pura fabbricazione e menzogna, volte a giustificare un’aggressione criminale”. Hamas ha sottolineato che l’obiettivo colpito non era un centro di addestramento, bensì “un campo sportivo all’aperto frequentato da giovani del campo”, dove al momento del raid si trovava “un gruppo di ragazzi” che giocavano a pallone. “Il bombardamento sionista è stata un’aggressione barbara contro il nostro popolo innocente e un attacco alla sovranità del Libano”, ha dichiarato Hamas, ribadendo che “non ci sono installazioni militari nei campi palestinesi in Libano”.
Testimonianze dal campo: “Hanno ucciso dei ragazzi”
Sul terreno, le scene descritte dai residenti e dai soccorritori ad Ain al-Hilweh sono strazianti. Abu Mahmoud, un abitante del campo che vive a una cinquantina di metri dal punto colpito, racconta che la sua serata è stata sconvolta all’improvviso: “Stavo bevendo il tè quando la casa ha iniziato a tremare violentemente”, ha detto, ricordando di essere caduto a terra mentre la figlia di 7 anni urlava terrorizzata: “Papà, stanno bombardando!”. Un altro residente, di guardia presso un vicino ufficio, conferma che “non c’era alcun segnale dell’arrivo di aerei”: pochi istanti dopo, “un’esplosione assordante ha scosso tutto, poi un’altra, e una terza ancora più forte”. In quei momenti concitati, molti hanno cercato rifugio: “Ho provato ad aprire la porta per fuggire, ma la paura mi paralizzava”, ricorda un padre che stava giocando con i suoi bambini, “finché la terza esplosione ha sradicato la porta dai cardini: la casa è stata devastata e riempita di fumo”.
Sull’area colpita, un piazzale accanto alla moschea, usato come campetto, non vi erano obiettivi militari evidenti, secondo chi vi abita. “In quella zona ci sono solo centri sociali legati a Hamas, la moschea, una clinica e il campo da calcio al centro del complesso”, sostiene un residente di Ain al-Hilweh, che preferisce restare anonimo. Un altro uomo ammette la presenza “di un centro di Hamas nei pressi” del bersaglio, “ma hanno ucciso ragazzini, hanno ucciso dei bambini”, lamenta indicando che le vittime erano tutte giovanissime.
Fadi Salameh, direttore dell’Ospedale al-Hamshari di Sidone, a pochi passi dal campo, conferma con dolore che “la maggior parte dei feriti sono giovani”. “È stata una serata straziante: madri, bambini, tutti in lacrime”, ha raccontato Salameh, descrivendo la scena all’obitorio dove dieci dei caduti erano stati identificati e composti in sacchi mortuari. Un soccorritore residente nel campo, impegnato nei soccorsi, conferma che “le vittime erano ragazzi, giovanissimi, che stavano giocando a calcio” al momento dell’attacco. I familiari dei caduti sono sotto shock: tra i 14 uccisi vi sono adolescenti come Amjad Khashan, 16 anni, e Ibrahim di 17 anni. “L’avevo visto un’ora prima che morisse: stavamo ridendo e giocando a carte”, racconta un parente di Amjad, “poi mi ha detto che aveva lezione di religione in moschea e dopo sarebbe andato a giocare a pallone... Non è mai tornato”. La madre di Ibrahim, riconosciuto solo dai vestiti perché sfigurato, ricorda di aver tremato al momento dell’esplosione: “Ho sentito che Ibrahim non c’era più. Era così intelligente, ambizioso...”.
Vittime, danni e reazioni locali
All’alba del giorno seguente, Ain al-Hilweh si è svegliata in silenzio, sconvolta dalla strage. Le strade del più grande campo profughi palestinese del Libano, che ospita circa 80.000 persone, sono rimaste deserte e le serrande dei negozi abbassate in segno di lutto. Le scuole, sia all’interno del campo sia nella città di Sidone, sono state chiuse: diverse istituzioni educative e associazioni locali hanno annunciato una giornata di chiusura e lutto per commemorare le vittime dell’“inaccettabile attacco israeliano”. Le funerali collettive dei ragazzi uccisi sono state organizzate per giovedì 20 novembre, con la partecipazione commossa di familiari e residenti che hanno voluto rendere omaggio ai “martiri” del campo.
Nel frattempo, la rabbia e il dolore hanno alimentato proteste spontanee. Nella notte, decine di persone si sono radunate nel vicino campo profughi di Shatila, a Beirut, dando vita a una manifestazione nei vicoli per denunciare il massacro di Ain al-Hilweh. All’interno di Ain al-Hilweh, alcune ore dopo l’attacco, era previsto un sit-in di solidarietà nel piazzale stesso colpito dalle bombe, per “affermare la resistenza e la resilienza contro il nemico israeliano”, secondo gli organizzatori locali. Le autorità libanesi e palestinesi della zona hanno cercato di coordinare la risposta: in mattinata il muftì di Sidone, insieme a parlamentari e rappresentanti municipali, ha tenuto una riunione d’emergenza condannando “il massacro” e invocando l’unità tra libanesi e palestinesi di fronte all’aggressione.
Anche il movimento sciita Hezbollah, alleato dei palestinesi, ha reagito con fermezza. In un comunicato, Hezbollah ha definito l’attacco al campo “un crimine sanguinario e odioso, un’aggressione contro il Libano e la sua sovranità”, oltre che “una palese violazione dell’accordo di cessate-il-fuoco” del 2024. Il partito filo-iraniano ha avvertito le autorità di Beirut che “mostrare debolezza o sottomissione di fronte a questo nemico non farà che renderlo più audace e brutale”, esortando invece a “prendere una posizione ferma e unita per fermare i crimini del nemico con ogni mezzo possibile”. Hezbollah ha infine espresso “profonde condoglianze alle famiglie dei martiri, ai residenti di Ain al-Hilweh e al popolo palestinese”, auspicando una pronta guarigione per i feriti.
Nel contesto libanese, l’attacco ha riacceso il dibattito sulla fragile tregua nel sud del paese. Il Consiglio Comunale di Sidone, guidato dal sindaco Mustafa Hijazi, ha dichiarato che “il nemico israeliano ha compiuto una strage nel campo di Ain al-Hilweh, prendendo di mira adolescenti e giovani su un campo da gioco”. “Questo attacco non colpisce solo il campo, ma tutta Sidone e il Libano”, ha affermato Hijazi, chiedendo allo Stato libanese di “agire rapidamente presso gli organismi internazionali e l’ONU per fermare questi attacchi quotidiani contro civili in aree densamente popolate”. All’unisono, una riunione congiunta di esponenti politici libanesi e palestinesi a Sidone ha denunciato i raid come “sistematici contro la città e i suoi campi”, accusando gli Stati Uniti di fornire copertura a Israele e di voler trascinare i campi palestinesi e Sidone “in un ciclo di tensioni e scontri” per destabilizzare la regione.
Il 19 novembre, mentre i corpi dei ragazzini di Ain al-Hilweh venivano sollevati dalla polvere, a Gaza si contavano 28 cadaveri. Nessuno di loro portava un’uniforme. Alcuni erano bambini, altri madri, altri ancora anziani che non erano riusciti a fuggire in tempo. Sono morti tra le tende, nei vicoli, sotto i detriti delle case demolite a Khan Younis, nei pressi di un ospedale di Gaza City, e in una scuola dell’UNRWA a Rafah.
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