Da: https://transform-italia.it - Luciano Beolchi, Università degli Studi di Milano - State University of Milan (Italy), History, Emeritus. (https://transform-italia.it/autori)
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Il linguaggio del terrore: quando un ex parlamentare israeliano cita Hitler per Gaza.
Paolo.ConsiglioLA RIMOZIONE DEL GENOCIDIO PALESTINESE DOPO IL "CESSATE-IL-FUOCO", COME PREVEDIBILE. - Lavinia Marchetti
A metà ottobre Israele ha restituito a Gaza 120 corpi, poi altri 15, in base a un accordo con
Hamas che prevede la restituzione di 15 corpi di palestinesi per ogni corpo di ostaggio che sarà recuperato da Hamas sotto le macerie di Gaza distrutta dai bombardamenti israeliani.
I corpi restituiti erano ancora ammanettati, orrendamente offesi, con segni di torture e impiccagioni, o bendati e giustiziati con un colpo di arma da fuoco tra gli occhi.
Questo dice poco sugli autori dei misfatti, anche perché i corpi sono stati consegnati senza nome, accompagnati solo da un numero. E’ un fatto però che tutti i detenuti usciti dalle carceri israeliane denunciano sistematiche e violente torture fisiche e psichiche e lo stesso hanno fatto gli oltre quattrocento attivisti imbarcati sulla flotilla, arrestati illegalmente in acque internazionali. I venti ostaggi israeliani liberati, nelle centinaia di interviste rilasciate non hanno parlato di torture e la cosa è stata spiegata come un effetto della
sindrome di Stoccolma, il fenomeno psicologico per cui nel corso di una lunga detenzione il detenuto si affeziona al carceriere. Curioso clima, quello di Palestina e curiosa anche la sindrome di Stoccolma che ha colpito tutti e venti gli ostaggi israeliani e nessuno tra le centinaia di migliaia di palestinesi che Israele ha detenuto nelle sue carceri. E’ prevedibile che le autorità israeliane diranno e faranno dire che l’autore dell’orrendo sfregio è Hamas, ma ciò che rende le loro accuse poco credibili non è tanto che i corpi straziati vengono dai cimiteri dei numeri, dagli obitori israeliani, dalle carceri di Megiddo e di Ofer e da altri luoghi di detenzione come la base militare di Sde Teiman, ma il fatto che esse si rifiutano sistematicamente di rivelare i nomi e le circostanze, i luoghi e le date in cui quei cadaveri sono venuti nella loro disponibilità, tutte informazioni che avvicinerebbero indubbiamente alla verità e che la comunità internazionale deve richiedere con forza. Dobbiamo pretendere da Israele nomi e non numeri.
Parliamo di disponibilità perché nel gennaio del 2021 il Parlamento israeliano ha trasformato i corpi dei palestinesi uccisi in merci, e più precisamente in merci di scambio, autorizzando l’esercito e le forze di sicurezza a trattenerli in attesa di scambiarli, non necessariamente con altri corpi specie quando i palestinesi non avranno più corpi di ebrei da scambiare.
In alcuni casi si tratta di persone i cui resti sono trattenuti illegalmente da decenni fin dai tempi della
Prima Intifada, nonostante l’insistenza dei famigliari per riaverli.
Molti dei corpi portano segni di tortura, di violenza sessuale, di impiccagioni, di una violenza bruta cominciata molti decenni prima di quel 7 ottobre che secondo gli apologeti di Israele avrebbe accecato gli ebrei israeliani giustificando in qualche modo una brutalità e a una ferocia senza pari. Tutti i corpi portano i segni di una morte violenta, ma se questa violenza sia stata esercitata nelle strade o nelle case o, come è probabile per molti di loro, nelle carceri e nei campi di concentramento israeliani, non è dato di sapere e le autorità israeliane fanno di tutto per nasconderlo.
Molti corpi sono stati riconsegnati in uno stato di conservazione tale da far pensare che siano stati conservati in luoghi non deputati a ciò. Molti di loro, come detto, recano segni di torture, tutti di morte violenta e ciascuna vittima imporrebbe l’apertura di un procedimento per le violenze subite. Centinaia e forse migliaia di israeliani faranno l’oggetto di un procedimento penale per crimini contro l’umanità e crimini di tortura quando questi procedimenti saranno avviati e quando queste persone e i loro famigliari riceveranno giustizia.
Le autorità israeliane sanno perfettamente quali nomi e cognomi corrispondano alle salme che hanno restituito e nei rari casi in cui non dovessero conoscerli sanno perfettamente dove, quando e in quali circostanze è stato raccolto e sequestrato il corpo: questi dati, confrontati con quelli delle famiglie palestinesi che da decenni cercano i loro cari, renderebbero relativamente più facile l’identificazione dei resti, attualmente affidata unicamente all’ispezione visuale dei famigliari che, salma dopo salma, vedono sfilare le fotografie di quei volti deturpati. Sono madri, padri, fratelli, figli, mogli e mariti di cui non è difficile immaginare lo strazio.
L’esame del DNA potrebbe facilitare l’identificazione delle salme: tutti i famigliari degli scomparsi sono pronti a fornire il loro DNA per confrontarlo con quello dei poveri resti: ma Israele impedisce che le apparecchiature necessarie per l’esame del DNA entrino nella Striscia di Gaza. Non sarebbe difficile per quei governi che oggi si vantano di riconoscere lo stato di Palestina imporre a Israele questo obbligo, se solo volessero. Netanyahu non è stato anche capace di chiedere scusa al Qatar? Solo Trump è capace di farsi sentire?
La comunità internazionale deve fare pressioni perché Israele accompagni i numeri che sono stati dati ad ogni cadavere con il rispettivo nome, tenuto conto che la maggior parte delle morti è avvenuta in stato di detenzione anche se l’IDF nella recente azione genocida non ha trascurato di raccogliere i corpi delle vittime dei bombardamenti, delle sparatorie e dei tiri al bersaglio. I tiri al bersaglio su palestinesi disarmati e indifesi che credevamo fossero solo frutto di una educazione criminale miravano anche a procurare quella che sappiamo essere merce di scambio legalmente riconosciuta.
Nel caso si rifiutino di farlo, governo, esercito e forze di sicurezza vedranno aggiungere un’altra serie di imputazioni per crimini di guerra e contro l’umanità alla già lunga lista di crimini di cui sono chiamati a rispondere.
Dei 120 corpi restituiti subito dopo l’inizio della tregua, 32 non sono stati identificati (il Manifesto, 18 ottobre 2025) dal reparto di medicina legale diretto dal dottor
Ahmed Thair che non è medico forense o anatomo-patologo ma un pediatra.
Walid Daqqa è uno dei morti in carcere di cui Israele si rifiuta di restituire il corpo. E’ morto il 9 aprile 2024 dopo 38 anni di detenzione (era accusato di aver partecipato all’uccisione di un soldato israeliano negli anni Ottanta). La famiglia può solo inviare petizioni alla Corte Suprema, ma non può dare inizio ad alcuna azione legale: questa è la legge dell’ ”unica democrazia del Medio Oriente”. Le autorità israeliane si rifiutano di comunicare la data in cui verrà restituito il corpo.
Questo trattenimento illegale e ingiustificato può essere spiegato solo con il fatto che si vuole impedire alla famiglia di avviare un procedimento giudiziario contro ignoti, nel caso che dall’esame del corpo nascessero i sospetti di torture o di una morte violenta o della estrazione non autorizzata di organi. Un’impiccagione, delle fratture di vertebre, l’asportazione di pelle o di altri organi restano evidenti anche a distanza di anni o di decenni. Ma senza il corpo non si può fare nulla, mentre è noto che dopo il 7 ottobre sono decine i prigionieri palestinesi uccisi in stato di detenzione per rappresaglia.
La pratica di trattenere i corpi degli attentatori suicidi raggiunse il suo apice durante la Seconda Intifada (2000-2005). Cessò momentaneamente nel 2008, ma riprese nel 2015 con la cosiddetta
intifada di Gerusalemme quando furono attuate misure che includevano la demolizione delle case, il sequestro dei corpi e restrizioni ai funerali.
E’ attiva in Palestina e nel mondo una forte Campagna per il recupero dei martiri palestinesi (coordinatore Hussein Shujaya) che ha individuato con certezza documentata 380 casi. Le loro ricerche hanno permesso di sapere che negli obitori e nei cimiteri dei numeri sono almeno 735 i corpi trattenuti. Tra questi 10 donne e 67 minori.
A metà luglio 2025,
Haaretz ha pubblicato che l’IDF detiene i corpi di circa 1.500 corpi della Striscia di Gaza presso la base militare di Sde Teiman, ma già dalla fine degli anni sessanta la IOA (Israeli Occupation Authority) ha istituito quelli che chiama “
cimiteri dei morti nemici”, all’interno di zone militari chiuse e segrete dove ha seppellito i corpi di palestinesi uccisi, rifiutandosi di restituirli alle loro famiglie.
I palestinesi li chiamano cimiteri dei numeri perché non hanno lapidi, solo barre numerate.
Dal 1° gennaio 2017 il governo ha approvato quella che chiama politica unificata per la gestione dei corpi dei palestinesi, consentendone l’uso ai fini di leva politica: in altre parole come merce di scambio.
Questa politica è stata approvata dalla Corte Suprema che ha concesso all’esercito di trattenere i corpi dei palestinesi e usarli come ostaggi per la trattativa, sicché quello che sembrava solo un lugubre e feroce gioco dei cecchini dell’IDF e dei coloni rivela invece uno scopo molto pratico: se gli assassini mettono le mani sul corpo assassinato procurano al loro governo una merce di scambio di valore, buona per ogni occasione; il che fa della Corte Suprema Israeliana il primo indiziato per questo crimine contro l’umanità che include il vilipendio e il sequestro di cadavere, nonché tutte le pratiche degradanti come la raccolta dei corpi con i bulldozer, il trascinamento e la profanazione su larga scala; il furto e il commercio di organi. Oltre che nei cimiteri dei numeri, l’IOA continua a detenere i corpi dei palestinesi presso il
Centro Nazionale di Medicina Legale Abu Kabir di Tel Aviv, dove i resti dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane sono conservati in celle frigorifere, che non è il caso per tutte le salme illegalmente trattenute.
Alle famiglie vengono opposte infinite difficoltà burocratiche per il loro recupero, costi rilevanti e inderogabili meticolosi impegni riguardo l’organizzazione dei funerali che non devono essere pubblici e degni di rispetto secondo le norme tradizionali.
La campagna Palestinian National Compaign for the Retrieval of Martyrs’ Bodies and the Disclosure of the Fate of Missing dichiara che IOA continua a trattenere 735 corpi di palestinesi, inclusi 67 bambini. Di questi, 256 sono sepolti nei cosiddetti cimiteri dei numeri. Il Comitato ha recentemente aggiunto che, dall’inizio del 2025, l’IOA ha trattenuto i corpi di 479 palestinesi inclusi 86 detenuti, 67 bambini e 10 donne. Le cifre delle diverse fonti non coincidono, ma questo deriva dall’assoluta mancanza di collaborazione dell’Autorità Israeliana di Occupazione
Euro-Med Human Rights Monitor è un’organizzazione indipendente e senza scopo di lucro per la protezione dei diritti umani. È presieduta da
Richard A. Falk, uno dei grandi nemici del sionismo mondiale per il quale è un quisling dei peggiori dopo aver dichiarato di essere un cittadino americano di origine ebrea e che Israele non è il suo stato e non lo sarà mai. Richard A. Falk è un professore emerito della Princenton University, Presidente del Consiglio di Amministrazione di cui fanno parte Christine Chinkin, Noura Erakat, Celso Amorin, Liza Hajjar, Jareq Ismael, John V. Whitbeck e Tanya Cariina Newbury Smith.
Euro-Med Human Rights Monitor ha chiesto la creazione di una commissione internazionale indipendente riguardo al sequestro e alla detenzione di cadaveri.
Furto di organi
Euro-Med Human Rights Monitor richiede inoltre che venga accertato se Israele ha asportato organi e pelle ai deceduti nel conflitto scoppiato il 7 ottobre, una questione drammatica già emersa venti anni fa e confermata nel 2014 dalla pubblicazione di una studiosa israeliana.
La legge sul sequestro e il trattenimento dei corpi dei palestinesi uccisi è stata approvata nel 2021 dal Parlamento israeliano.
Euro-Med Human Rights Monitor ha documentato che, in occasione dell’attacco all’ospedale Al Shifa, l’esercito israeliano ha sequestrato i corpi di dozzine di pazienti palestinesi deceduti senza riconsegnarli alle famiglie e ha dissotterrato i corpi già sotterrati in una fossa comune in uno dei cortili dello stesso complesso ospedaliero. Operazioni simili sono state denunciate nell’ospedale indonesiano nel Nord della Striscia e nei pressi del cosiddetto corridoio sicuro (Salah al-din Road) che era destinato a sfollare i palestinesi verso il Sud della Striscia e dove i cecchini israeliani si esercitavano al tiro al bersaglio. L’Osservatorio riferisce che, mentre decine di cadaveri sono stati consegnati alla CRI altre decine non sono stati consegnati.
Euro-Med Human Rights Monitor ha potuto documentare, da parte sua, che Israele detiene i resti di almeno 145 palestinesi nei suoi obitori e altri 255 nel cimitero dei numeri. Vi sono poi 75 persone scomparse non identificate da Israele.
Anche in questo caso i numeri sono discordanti con quelli di altre fonti e fanno pensare che la cifra di 145 si riferisca al solo Centro Nazionale forense di Abu Kabir.
Secondo l’Osservatorio, Israele ha non solo reso legale il trattenimento e il traffico dei cadaveri come merce ma con la stessa legge della fine del 2021, autorizza il prelievo degli organi.
Nashat al Wehidi, che nell’agosto 2023 era coordinatore della Campagna per il recupero dei martiri palestinesi, in quella data denunciò su una emittente palestinese che lo Stato ebraico espianta pelle e organi da detenuti vivi e morti. Senza autorizzazione né degli interessati, né dei famigliari.
Questa pratica criminale coinvolge evidentemente anche personale medico che concorre con le forze di sicurezza e il personale carcerario. L’IMA (Israel Medical Association, equivalente dell’’Ordine italiano dei Medici) che nonostante le ripetute e documentate denunce non è intervenuto in alcun modo (pur essendo in questi casi obbligatoria l’azione disciplinare) dovrebbe essere sospeso per questo solo fatto ed escluso da tutte le attività internazionali della categoria. Allo stesso modo e per lo stesso motivo l’organizzazione israeliana per l’espianto di organi deve essere esclusa con effetto immediato dalla rete europea per il trapianto degli Organi (Eurotrasplant), tenendo conto che organi prelevati dall’organizzazione israeliana possono anche essere richiesti e utilizzati da organizzazioni europee e viceversa.
Già nel 2009 la CNN aveva documentato che Israele prelevava gli organi dei detenuti palestinesi senza autorizzazione delle famiglie.
Il dottor Yehuda Hiss, dal 1988 al 2004 direttore dell’Abu Kabir, confermò questa pratica. L’espianto che avveniva nella sede da lui diretta riguardava cornee, valvole cardiache, ossa e pelle. La stessa inchiesta confermò che Tel Aviv era un mercato florido per il traffico illegale di organi: un rene costava all’epoca circa 100.000 dollari e gli ebrei americani erano tra i clienti che maggiormente approfittavano dell’opportunità.
Nel 2014 la professoressa Meira Weiss, antropologa dell’Università ebraica, ha rivelato nel libro Over their dead bodies quanto aveva visto e fatto come ricercatrice all’Abu Kabir dal 1996 al 2002, confermando che gli organi erano prelevati ai palestinesi morti sia per essere trapiantati a pazienti israeliani sia per scopi di ricerca medica nelle facoltà di medicina delle università israeliane. Questo farebbe della rete israeliana dei trapianti se non la più grossa organizzazione criminale nel settore, certamente quella che vanta le più profonde estese e radicate complicità con le Istituzioni governative, statali e professionali: Governo, Parlamento, Corte Suprema, IMA, oltre all’ente Ente preposto agli espianto di organi (Israeli National Transplant Center), alle Università di Medicina e agli Istituti di trapianti. Cosa bisogna ancora aspettare perché le istituzioni italiane rompano i rapporti con le equivalenti istituzioni israeliane? Perché la Federazione Italiana degli Ordini Ordine dei Medici non si decide ad aprire gli occhi e a fare quello che il suo codice deontologico le impone di fare? E perché non fanno il loro dovere la Sito (Società Italiana trapianti d’organo), Eurotransplant, che dal 2011 ha un accordo con Israele per lo scambio di organi, l’Aido (associazione Italiana Donatore di Organi)?
E perché la Federazione Internazionale degli Studenti di medicina che aveva sospeso l’Associazione Israeliana nell’agosto del 2024 l’ha riammessa nel marzo del 2025 senza spiegazioni?
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