Da: https://contropiano.org - Francesco Piccioni editorialista di Contropiano.
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Il piano c’è, ora vediamo chi lo suona. Come anticipato ieri, la bozza elaborata dall’mministrazione Trump per chiamare a un “tavolo di pace” Ucraina e Russia è arrivata in mano a Zelenskij e subito dopo a tutto il mondo. 28 punti – come potrete leggerli in fondo a questo articolo – che partono dalla situazione esistente sul terreno e sul piano geopolitico.
Di conseguenza è un piano indigeribile per chi, all’inizio del conflitto, aveva scommesso sulla vittoria di Kiev, il regime change a Mosca e la frammentazione della Russia, che avrebbe spalancato le sue enormi risorse naturali a multinazionali occidentali sempre affamate.
Non c’è alcun dubbio che “il piano” consideri come persa la guerra e quindi risponda alla necessità di impedire ulteriori perdite, sia territoriali che di uomini, mezzi, investimenti, rapporti di forza.
Ma è proprio così che termina ogni guerra. Qualcuno vince, qualcuno perde. La pace non si afferma sventolando formule retoriche angelicate, ma fermando il crepitare delle armi lì dove sono in funzione. C’è sempre un certo spazio per aggiustamenti più o meno consistenti, ma non certo per rovesciamenti radicali della situazione.
Per avere poi un lungo periodo di pace serve costruire un equilibrio che possa tenere nel tempo, selezionando gruppi dirigenti che – per condizioni oggettive, interne e di vincoli esterni – sappiano tenere la barra dritta senza lasciare spazio a nostalgici, avventurieri, svalvolati e provocatori.
Da questo punto di vista la situazione non si presenta affatto facile, e non lascia grandi spazi all’ottimismo.
L’attore principale, quello che aveva dato fuoco alle polveri organizzando il Majdan e l’assalto al Donbass – gli Stati Uniti in versione “dem”, insomma – hanno cambiato le proprie priorità geopolitiche, puntando sull’area del Pacifico e il “cortile di casa” latino-americano. Scaricando di fatto sull’Unione Europea costi e rischi del conflitto ucraino. Quelli già maturati e quelli eventualmente futuri.
Il “piano” concretizza questa scelta, mettendo nero su bianco le perdite che Kiev deve accettare (Trump ha addirittura dato a Zelelnskij solo “sei giorni” per farlo) e lasciando alla UE una sola scelta: ingoiare il boccone e pagare il conto della guerra oppure proseguirla “fino all’ultimo ucraino” inseguendo il sogno della vittoria?
Che la giunta neonazista di Kiev sia “spiazzata” è quasi un eufemismo. Dopo quattro anni passati a chiedere ed ottenere soldi e armi ad libitum, si spalanca il baratro del venir meno del “protettore supremo”, quello che garantiva assistenza satellitare, armi avanzate, scudo nucleare, futuro strategico.
Non c’era probabilmente momento peggiore, visto lo scandalo corruzione che sta cancellando carriere importanti tra gli uomini del “presidente”, ma soprattutto mina la residua fiducia interna, abbatte il morale delle truppe al fronte (già scarso per come vengono “catturati” in strada i nuovi arruolati), suscita diffidenza negli “alleati europei” (persino un Salvini può dire a voce alta quello che tutti pensano) e ironie in campo nemico (“sta seduto su un cesso d’oro, non si preoccupa del suo popolo”).
Ma come sempre i guai più grossi arrivano alla fine di un percorso che era già sbagliato.
Osservatori “europeisti” hanno definito questo “piano” peggiore di quello uscito fuori quasi quattro anni fa a Istanbul, poi fatto saltare dalle iniziative di Boris Johnson. E’ vero, ma era prevedibile già allora. Se perdi terreno – lentamente, ma continuamente – non puoi sperare che poi ti venga presentato un patto più vantaggioso.
Dal punto di vista del popolo ucraino questo sarebbe il momento di cogliere l’occasione per ottenere davvero un cessate il fuoco effettivo (non una tregua per poi ricominciare), liberarsi di un gruppo dirigente corrotto e asservito all’Occidente neoliberista, cominciare a ricostruire il proprio paese.
I territori perduti – peraltro abitati soprattutto da “russofoni”, non da “ucraini puri” che esistono solo nei deliri “banderisti” – non possono essere riconquistati. Il rischio di continuare la guerra è di perdere ancora di più, e più rapidamente (il fronte di Pokrovsk è ormai agli sgoccioli, così come Kupyansk, poi si aprono pianure senza grandi fortificazioni di difesa, aggirando quelle esistenti).
E’ lo stesso dilemma che dovrebbe far interrogare la classe dirigente “europea”, la quale invece si gingilla con formule retoriche prive di senso pratico (tipo: “non può essere una capitolazione”), minacciando con una pistola scarica che però adombra problemi gravi a medio termine.
L’alta rappresentante dell’Ue Kaja Kallas, per esempio, da Bruxelles avverte che per “porre fine” alla guerra in Ucraina “è necessario che anche gli ucraini e gli europei siano d’accordo su questi piani“. E se non lo sono cosa fanno? Continuano la guerra? Senza più la copertura Usa (e quindi anche della Nato) e contro la volontà di Washington?
In teoria ci si può provare, per qualche settimana. Poi si arriverebbe ad un punto militarmente peggiore di quello attuale e a porsi – come “europei” – la domanda: “mandiamo nostri soldati su quel fronte (senza copertura aerea e satellitare Usa)?”
Oppure si può fare buon viso a cattivo gioco, incentivando poi attacchi “terroristici” ucraini in territorio russo per provocare una reazione tale da riaprire la guerra, sperando che nel frattempo a Washington abbiano cambiato di nuovo atteggiamento strategico.
La domanda riguarda insomma proprio questa UE che fin qui non ha toccato palla, bistrattata da Trump al punto da non aver neanche ricevuto in forma ufficiale il “piano”, “ferma” sull’impostazione data dagli Usa di Biden e incapace di adeguarsi al nuovo scenario strategico. E dire che tutti gli indicatori economici consiglierebbero il contrario (il gas russo, per dirne una, costa un quarto del gnl statunitense…).
I popoli stanno da tempo dicendo nelle piazze che questa guerra, così come il genocidio dei palestinesi, deve finire. Solo i cani del profitto facile e del suprematismo “bianco-occidentale” possono sognare di dominare sul mondo senza incontrare resistenza.
E’ ora di convincerli a rassegnarsi. Con la lotta, oltre che con la critica…
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I 28 punti
1. La sovranità dell’Ucraina sarà confermata.
2. Sarà concluso un accordo globale di non aggressione tra Russia, Ucraina ed Europa. Tutte le ambiguità rimaste in sospeso negli ultimi 30 anni saranno considerate risolte.
3. Si prevede che la Russia non invaderà i paesi vicini e che la NATO non si espanderà ulteriormente.
4. Sarà avviato un dialogo tra la Russia e la NATO, con la mediazione degli Stati Uniti, al fine di risolvere tutte le questioni relative alla sicurezza e creare le condizioni per una distensione.
5. L’Ucraina riceverà garanzie di sicurezza affidabili.
6. Le forze armate ucraine saranno limitate a 600.000 militari.
7. L’Ucraina accetta di inserire nella sua costituzione che non aderirà alla NATO, e la NATO accetta di includere nel suo statuto una disposizione che specifica che l’Ucraina non sarà integrata in futuro.
8. La NATO accetta di non schierare truppe in Ucraina.
9. Gli aerei da combattimento europei saranno basati in Polonia.
10. Gli Stati Uniti riceveranno un compenso per la garanzia di sicurezza. Se l’Ucraina invaderà la Russia, perderà tale garanzia. Se la Russia invaderà l’Ucraina, oltre a una risposta militare coordinata e decisiva, saranno ripristinate tutte le sanzioni globali, il riconoscimento del nuovo territorio e tutti gli altri vantaggi di questo accordo saranno revocati. Se l’Ucraina lancerà un missile su Mosca o San Pietroburgo senza una valida ragione, la garanzia di sicurezza sarà considerata nulla e non valida.
11. L’Ucraina è idonea all’adesione all’UE e beneficerà di un accesso preferenziale a breve termine al mercato europeo mentre la questione è allo studio.
12. Un potente pacchetto globale di misure per ricostruire l’Ucraina, che include la creazione di un Fondo di sviluppo per l’Ucraina, la ricostruzione delle infrastrutture del gas ucraine, la riabilitazione delle zone colpite dalla guerra, lo sviluppo di nuove infrastrutture e la ripresa dell’estrazione di minerali e risorse naturali, il tutto accompagnato da un programma di finanziamento speciale elaborato dalla Banca Mondiale.
13. La Russia sarà reintegrata nell’economia mondiale, con discussioni previste sulla revoca delle sanzioni, la reintegrazione nel G8 e la conclusione di un accordo di cooperazione economica a lungo termine con gli Stati Uniti.
14. 100 miliardi di dollari di beni russi congelati saranno investiti in progetti guidati dagli Stati Uniti per ricostruire e investire in Ucraina, con gli Stati Uniti che riceveranno il 50% dei profitti dell’iniziativa. L’Europa aggiungerà 100 miliardi di dollari per aumentare l’importo degli investimenti disponibili per la ricostruzione dell’Ucraina. I fondi europei congelati saranno sbloccati e il resto dei fondi russi congelati sarà investito in un veicolo di investimento americano-russo separato.
15. Sarà istituito un gruppo di lavoro congiunto americano-russo sulle questioni di sicurezza al fine di promuovere e garantire il rispetto di tutte le disposizioni del presente accordo.
16. La Russia sancirà per legge la sua politica di non aggressione nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina.
17. Gli Stati Uniti e la Russia concorderanno di prorogare la validità dei trattati sulla non proliferazione e il controllo delle armi nucleari, compreso il trattato START I.
18. L’Ucraina accetta di non essere uno Stato dotato di armi nucleari in conformità con il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari.
19. La centrale nucleare di Zaporijjia sarà messa in funzione sotto la supervisione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) e l’elettricità prodotta sarà distribuita in parti uguali tra Russia e Ucraina al 50%.
20. I due paesi si impegnano ad attuare programmi educativi nelle scuole e nella società volti a promuovere la comprensione e la tolleranza reciproca.
21. La Crimea, Lugansk e Donetsk saranno riconosciute come regioni russe de facto, anche dagli Stati Uniti. Kherson e Zaporijjia saranno congelate lungo la linea di contatto, il che significherà un riconoscimento de facto lungo tale linea. La Russia rinuncerà agli altri territori che controlla al di fuori delle cinque regioni. Le forze ucraine si ritireranno dalla parte della regione di Donetsk che attualmente controllano, che sarà poi utilizzata per creare una zona cuscinetto.
22. Dopo aver concordato le future disposizioni territoriali, la Federazione Russa e l’Ucraina si impegnano a non modificare tali disposizioni con la forza. In caso di violazione di tale impegno non si applicherà alcuna garanzia di sicurezza.
23. La Russia non impedirà all’Ucraina di utilizzare il Dnepr per scopi commerciali e saranno conclusi accordi sul libero trasporto di cereali attraverso il Mar Nero.
24. Sarà istituito un comitato umanitario per risolvere le questioni relative allo scambio di prigionieri, alla restituzione delle salme, al ritorno degli ostaggi e dei detenuti civili, e sarà attuato un programma di ricongiungimento familiare.
25. L’Ucraina organizzerà le elezioni entro 100 giorni.
26. Tutte le parti coinvolte in questo conflitto beneficeranno di un’amnistia totale per le loro azioni durante la guerra e si impegneranno a non avanzare alcuna richiesta di risarcimento né a presentare alcuna denuncia in futuro.
27. Il presente accordo sarà giuridicamente vincolante. La sua attuazione sarà controllata e garantita dal Consiglio di pace, presieduto dal presidente Donald J. Trump. In caso di violazione saranno imposte sanzioni.
28. Una volta che tutte le parti avranno accettato il presente memorandum, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente dopo il ritiro delle due parti nei punti concordati per dare inizio all’attuazione dell’accordo.
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