*Pubblicato
sull'Avanti il
24 novembre 1917 e su Il Grido del Popolo il 5 gennaio 1918 https://www.marxists.org/
La rivoluzione dei bolscevichi
si è definitivamente innestata nella rivoluzione generale del popolo
russo. I massimalisti che erano stati fino a due mesi fa il fermento
necessario perché gli avvenimenti non stagnassero, perché la corsa
verso il futuro non si fermasse, dando luogo ad una forma definitiva
di assestamento - che sarebbe stato un assestamento borghese, - si
sono impadroniti del potere, hanno stabilito la loro dittatura, e
stanno elaborando le forme socialiste su cui la rivoluzione dovrà
finalmente adagiarsi per continuare a svilupparsi armonicamente,
senza troppi grandi urti, partendo dalle grandi conquiste già
realizzate.
La rivoluzione dei bolscevichi
è materiata di ideologie più che di fatti. (perciò, in fondo, poco
ci importa sapere più di quanto sappiamo). Essa è la rivoluzione
contro il Capitale di Carlo Marx. Il Capitale di Marx era, in Russia,
il libro dei borghesi, più che dei proletari. Era la dimostarzione
critica della fatale necessità che in Russia si formasse una
borghesia, si iniziasse un'era capitalistica, si instaurasse una
civiltà di tipo occidentale, prima che il proletariato potesse
neppure pensare alla sua riscossa, alle sue rivendicazioni di classe,
alla sua rivoluzione. I fatti hanno superato le ideologie. I fatti
hanno fatto scoppiare gli schemi critici entro i quali la storia
della Russia avebbe dovuto svolgersi secondo i canoni del
materialismo storico. I bolscevichi rinnegano Carlo Marx, affermano
con la testimonianza dell'azione esplicata, delle conquiste
realizzate, che i canoni del materialismo storico non sono così
feroci come si potrebbe pensare e come si è pensato.
Eppure c'è una fatalità
anche in questi avvenimenti, e se i bolscevichi rinnegano alcune
affermazioni del Capitale, non ne rinnegano il pensiero immanente
vivificatore. Essi non sono "marxisti", ecco tutto; non
hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore di
affermazioni dogmatiche e indiscutibili. Vivono il pensiero marxista,
quello che non muore mai, che è la continuazione del pensiero
idealistico italiano e tedesco, e che in Marx si era contaminato di
incrostazioni positivistiche e naturalistiche. E questo pensiero pone
sempre come massimo fattore di storia non i fatti economici, bruti,
ma l'uomo, ma la società degli uomini, degli uomini che si accostano
fra di loro, si intendono fra loro, sviluppano attraverso questi
contatti (civiltà) una volontà sociale, collettiva, e comprendono i
fatti economici e li giudicano e li adeguano alla loro volontà,
finché questa diventa la motrice dell'economia, la plasmatrice della
realtà oggettiva, che vive, e si muove, e acquista carattere di
materia tellurica in ebollizione, che può essere incanalata dove
alla volontà piace.
Marx ha preveduto il
prevedibile. Non poteva prevedere la guerra europea, o meglio non
poteva prevedere che questa guerra avrebbe avuta la durata e gl
effetti che ha avuto. Non poteva prevedere che questa guerra, in tre
anni di sofferenze indicibili, avrebbe suscitato in Russia la volontà
collettiva popolare che ha suscitata. Una volontà di tal fatta
normalmente ha bisogno per formarsi di un lungo processo di
infiltrazioni capillari; di una larga serie di esperienze di classe.
Gli uomini sono pigri, hanno bisogno di organizzarsi, prima
esteriormente, in corporazioni, in leghe, poi intimamente, nel
pensiero, nella volontà [...] di una incessante continuità e
molteplicità di stimoli esteriori. Ecco perché, normalmente, i
canoni di critica storica del marxismo colgono la realtà, la
irretiscono e la rendono evidente e distinta. Normalmente, è
attraverso la lotta di classe sempre più intensificata, che le due
classi del mondo capitalistico creano la storia. Il proletariato
sente la sua miseria attuale, è continuamente in istato di disasgio
e preme sulla borghesia per migliorare le proprie condizioni. Lotta,
obbliga la borghesia a migliorare la tecnica della produzione, a
rendere più utile la produzione perché sia possibile il
soddisfacimento dei suoi bisogni più urgenti. E' una corsa affannosa
verso il meglio, che accelera il ritmo della produzione, che dà
continuo incremento alla somma dei beni che serviranno alla
collettività. E in questa corsa molti cadono, e rendono più urgente
il desiderio dei rimasti, e la massa è sempre in sussulto, e da
caos-popolo diventa sempre più ordine nel pensiero, diventa sempre
più cosciente della propria potenza, della propria capacità ad
assumersi la responsabilità sociale, a diventare l'arbitro dei
propri destini.
Ciò normalmente, quando i
fatti si ripetono con un certo ritmo. Quando la storia si sviluppa
per momenti sempre più complessi e ricchi di signficato e di valore,
ma pure simili. Ma in Russia la guerra ha servito a spoltrire le
volontà. Esse, attraverso le sofferenze accumulate in tre anni, si
sono trovate all'unisono molto rapidamente. La carestia era
imminente, la fame, la morte per fame poteva cogliere tutti,
maciullare d'un colpo decine di milioni di uomini. Le volontà si
sono messe all'unisono, meccanicamente prima, attivamente,
spiritualmente dopo la prima rivoluzione [di febbraio].
La predicazione socialista ha
messo il popolo russo a contatto con le esperienze degli altri
proletariati. La predicazione socialista fa vivere drammaticamente in
un istante la storia del proletariato, le sue lotte contro il
capitalismo, la lunga serie degli sforzi che deve fare per
emanciparsi idealmente dai vincoli del servilismo che lo rendevano
abietto, per diventare coscienza nuova, testimonio attuale di un
mondo da venire. La predicazione socialista ha creato la volontà
sociale del popolo russo. Perché dovrebbe egli aspettare che la
storia dell'Inghilterra si rinnovi in Russia, che in Russia si formi
una borghesia, che la lotta di classe sia suscitata, perché nasca la
coscienza di classe e avvenga finalmente la catastrofe del mondo
capitalistico? Il popolo russo è passato attraverso queste
esperienze col pensiero, e sia pure col pensiero di una minoranza. Ha
superato queste esperienze. Se ne serve per affermarsi ora, come si
servirà delle esperienze capitalistice occidentali per mettersi in
breve tempo all'altezza di produzione del mondo occidentale.
L'America del Nord è capitalisticamente più progredita
dell'Inghilterra, perché nell'America del Nord gli anglosassoni
hanno cominciato di un colpo dallo stadio in cui l'Inghilterra era
arrivata dopo lunga evoluzione. Il proletariato russo, educato
socialisticamente, incomincerà la sua storia dallo stadio massimo di
produzione cui è arrivata l'Inghilterra oggi, perché dovendo
incominciare, incomincerà dal già perfetto altrove, e da questo
perfetto riceverà l'impulso a raggiungere quella maturità economica
che secondo Marx è condizione necessaria del collettivismo. I
rivoluzionari creeranno essi stessi le condizioni necessarie per la
realizzazione completa e piena del loro ideale. Le creeranno in meno
tempo di quanto avrebbe fatto il capitalismo. Le critiche che i
socialisti hanno fatto al sistema borghese, per mettere in evidenza
le imperfezioni, le dispersioni di ricchezza, serviranno ai
rivoluzionari per far meglio, per evitare quelle dispersioni, per non
cadere in quelle deficienze. Ma le stesse condizioni di miseria e di
sofferenza sarebbero ereditate da un regime borghese. Il capitalismo
non potrebbe subito fare in Russia più di quanto potrà fare il
collettivismo. Farebbe oggi molto meno, perché avrebbe subito di
contro un proletariato scontento, frenetico, incapace ormai di
sopportare per altri i dolori e le amarezze che il disagio economico
porterebbe. Anche da un punto di vista assoluto, umano, il socialismo
immediato ha in Russia la sua giustificazione. La sofferenza che
terrà dietro alla pace potrà essere solo sopportata in quanto i
proletari sentiranno che sta nella loro volontà, nella loro tenacia
al lavoro di sopprimerla nel minor tempo possibile.
Si ha l'impressione che i
massimalisti siano stati in questo momento la espressione spontanea,
biologicamente necessaria, perché l'umanità russa non cada nello
sfacelo più orribile, perché l'umanità russa, assorbita nel lavoro
gigantesco, autonomo, della propria rigenerazione, possa sentir meno
gli stimoli del lupo affamato e la Russia non diventi un carnaio
enorme di belve che si sbranano a vicenda.
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