*(editoriale
del num. 1 del quotidiano «L’Unità» 12 febbraio 1924). Da:
http://www.senzatregua.it/
La tragica esperienza compiuta dagli operai e dai contadini d’Italia in questi ultimi anni non deve essere perduta, essa può costituire anzi la taglia che essi hanno pagato e pagano per raggiungere la capacità politica necessaria a portare a termine lo sviluppo della loro rivoluzione. Il martirio subito può passare all’attivo della classe proletaria, se rimarrà a debellare definitivamente le illusioni che le hanno fatto segnare il passo negli anni 1919-1920. Occorre per ciò impedire che il fascismo, come già la guerra mondiale, passi senza aver trasformato radicalmente lo spirito delle masse, occorre che sotto l’assillo delle sofferenze e per l’anelito alla riscossa, non siano realizzate formule, stati d’animo e pregiudizi atti a sabotare ogni possibilità di ripresa proletaria, a precludere ogni seria prospettiva di rivincita.
Il
nostro giornale si propone a tale scopo di sondare metodicamente le
cause che hanno piegato i lavoratori sotto il peso di una gravissima
sconfitta e di farne pesare gli insegnamenti nella loro coscienza
militante. L’unità a cui noi facciamo appello non è quindi un
richiamo di ordine sentimentale e decorativo; non è il fiotto
fangoso e torbido dei consensi stagnanti e senza sbocco; essa tende a
forgiare lo strumento idoneo per la lotta del proletariato, ed ha
alla sua base una concezione politica ben definita e coerente, che vi
circola come sangue vivo, che la genera e la rinsalda.
Quali
sono le prospettive che si aprono oggi ai lavoratori? Qual è la
natura e la consistenza del regime fascista? Quali sono i mezzi,
quali le risorse, per una opposizione efficace? Per un certo tempo i
riformisti, specie dirigenti confederali hanno atteso una conversione
a sinistra di Mussolini; hanno sperato nel contrasto tra i fascisti
della prima e quelli dell’ultima ora; hanno contato sulle pressioni
degli industriali… intelligenti contro le «esagerazioni» del
regime. Oggi ancora tutta la loro attenzione, tutte le loro speranze
sono rivolte alla opposizione costituzionale, dalle cui file sperano
di veder saltare fuori il cavaliere senza macchia e senza paura, che
giunga a rompere l’incanto, a strappare i denti del drago fascista
ed a togliere dall’orrido carcere la giovinetta libertà che vi sta
piuttosto malconcia.
Una
tale speranza e la politica che se ne ispira, lungi dall’essere un
modello di avvedutezza o di abilità politica, dimostrano il totale
disorientamento dei socialisti, l’assenza in loro di ogni
fiducia nel movimento operaio. Essi si aggrappano alla corrente
borghese e democratica perché i consensi delle masse sono venuti
loro a mancar. Oggi la classe lavoratrice ha scarsa possibilità di
muoversi e di riunirsi: il lavorare con essa e per essa implica
grandi difficoltà, metodi nuovi di lavoro, e l’abbandono di tutte
le abitudini di comodità e di parassitismo che i facili successi del
passato avevano nutrito. Raggruppare dieci operai in una sezione
politica, centro in un sindacato richiede oggi un dispendio di
energie morali che i dirigenti socialisti sono ben lungi dall’aver
accumulato. Essi sono ancora oggi per la soluzione più facile,
quella che permette di continuare il gioco ristretto a cui hanno per
trent’anni affidata la loro fortuna e perciò hanno spostato il
campo della loro azione verso i praticelli meno calpestati, della
democrazia e della costituzione.
Noi
crediamo invece che la lotta di classe, la lotta cioè del
proletariato contro i capitalisti, sia la sola capace di battere in
pieno il fascismo. È perfettamente vero che la cosiddetta
fraseologia del fascismo, o meglio le varie forme che sono state
inalberate volta a volta dal fascismo, riecheggiano di affermazioni e
principi che furono in altre situazioni, adoperati nelle lotta contro
le classi dominanti. Ma ciò non fa che confermarne da un lato
l’incapacità assoluta della piccola borghesia a darsi una dottrina
peculiare ed omogenea, dall’altra la sua incapacità a portare a
termine da sola uno Stato.
L’antitesi
tra il programma fascista del 1919 e quello dell’attuale governo
non sono affatto il prodotto di una… degenerazione, di una specie
di tradimento ai «sacri principi»; essa dimostra al contrario che
gli ideali della tribù piccolo borghese non hanno resistito che
pochi mesi, crollando, ad uno ad uno, di mano in mano che il
movimento fascista prendeva maggior contatto con la grande borghesia,
di cui accettava a poco a poco mezzi e programmi, ed in cui trovava
la consistenza che senza di essa non avrebbe mai avuto.
Per
lottare contro il fascismo la strategia più intelligente è quella
che costituisce i suoi piani, che cerca le sue risorse unicamente
nelle classi lavoratrice, che non permetterà manovre molto
brillanti, ma porterà dei risultati positivi.
Come
raggiungere lo scopo di mobilitare gli operai e i contadini in una
unione di difesa dei loro interessi politici ed economici? Noi
pensiamo che i margini dell’azione possibile siano ancora
abbastanza ampi. Occorre soltanto sapere adattare la forma di
resistenza e di lotta alla situazione. La tattica del fronte unico
degli operai e dei contadini che noi ardentemente propugniamo, può
creare nuove possibilità. Già a tale scopo mirava il programma
delle sinistre sindacali che può essere utilmente ripreso e
rinnovato! Se i sindacati di mestiere sono immobilizzati dal
terrorismo fascista, dalla complice passività dei dirigenti
confederali, dalla vecchia e nuova tutela prefettizia, essi possono
rispondere col rifugiarsi nelle fabbriche, nelle aziende. Le
fabbriche devono diventare i fortilizi del sindacalismo rosso, i
fortilizi che il fascismo non potrà incendiare e dove il manganello
ed i «decreti» devono arrestarsi davanti al blocco dell’operaio e
delle sue macchine, strumenti insopprimibili della produzione.
La
politica interna del fascismo offrirà al fronte unico operaio
occasioni frequenti di agitazione e di lotte sul terreno concreto
degli interessi della classe proletaria. Dalla applicazione del
decreto per il lavoro straordinario, alla disoccupazione, dai gravami
sui consumi, alla libera contrattazione degli affitti, dalle falcidie
dei salari, al sabotaggio delle previdenze sociali; tutti i momenti
della vita degli operai e dei contadini hanno subito il contraccolpo
dell’offensiva capitalista. Piantando le sue radici e traendo le
sue ragioni di essere nelle condizioni stesse di esistenza dei
lavoratori, l’azione politica e sindacale per cui si attuerà il
fronte unico non accorcerà il suo respiro, né limiterà i propri
orizzonti…Nella situazione italiana odierna le lotte ingaggiate per
gli obiettivi più modesti impegnano a fondo, pongono ad ogni passo
il problema del regime, collegano il duro travaglio delle classi
italiane a quello del proletariato internazionale.
Per
cui il fronte unico che si salda in tale lotta non vive alla
giornata, non si spezza dopo i primi passi in comune. Quello che oggi
si costruisce sta alla base del lavoro di domani, perché una stessa
smina ci cresce dentro a mano a mano che si fanno i muscoli ed i
nervi al duro cimento. I lavoratori italiani troveranno in esso i
quadri efficienti della milizia a cui la loro coscienza di classe
imperiosamente li chiama.
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