** Bruno Amoroso (Roma, 11 dicembre 1936 – Copenaghen, 20
gennaio 2017) è stato un economista e saggista italiano naturalizzato danese.docente
all’università di Roskilde in Danimarca
E come scriveva Sartre: “Siamo tutti complici e vittime”. La tragedia già descritta nel passato è di tale ampiezza che “in un mondo in cui tutti fuggono a gambe levate in tutte le direzioni, anche chi cammina composto nella direzione opposta sembra che fugga”.
“Hai viaggiato attraverso i deserti e con il rischio di affogare, hai attraversato il Mediterraneo con imbarcazioni insicure, e non sei arrivato da nessuna parte: hai camminato in circolo e sei sempre arrivato nello stesso accampamento da cui sei scappato. La tenda è il tuo destino. Il tuo futuro è fuggire. Sei condannato a vita a emigrare da tenda a tenda, un condannato a vita senza fissa dimora. Renditene conto!”. (Carsten Jensen)
Redditi e rapine
La crisi politica dell’Europa – che ha raggiunto il suo
apice, per ora, con il problema dei profughi
in fuga dalla guerra e dalla fame, e della lotta al “terrorismo” –
è un dramma da tempo annunciato,
così come lo è la reazione dei popoli e dell’establishment politico, economico e militare. Il filosofo di Treviri lo aveva previsto:
non saranno le teorie o le ideologie a indirizzare le aspirazioni dei popoli, ma
il peggioramento delle loro condizioni di vita e di sicurezza. L’establishment
lo sa ed è per questo che ha rinunciato a contrastare i movimenti per la pace,
le richieste di co-sviluppo tra nord e sud, i programmi di giustizia sociale ed
equità giuridica. Per cambiare la
testa degli individui è sufficiente togliergli il tappeto sotto i piedi. Facendosi
promotore della “pace” e della “democrazia” negli altri paesi, porgendo la mano
alla protesta contro i governi e le ineguaglianze da essa stessa promosse, la
Triade ha fomentato le rivolte e le guerre civili nei paesi arabi e africani
con l’aiuto dei propri regimi fantoccio e del “terrorismo”.
Ha costruito il suo alibi con anni di campagne sulla
necessità dei tagli e dei risparmi nei paesi europei, che hanno trasformato
l’immagine di quella gioiosa macchina di pace che fu lo Stato del Benessere in una banda di spendaccioni a spese del
mercato e del capitalismo. È stato così che nei paesi europei si è
scatenato il clamore sulla generosità sconsiderata dello Stato a spese delle
imprese e dei capitali, ed è iniziata la caccia predatoria a spese dei pensionati, dei malati e dei più deboli. Anche nella felice Danimarca ci si è messi a
contare il numero delle merende dei bambini e dei minuti di assistenza ai
vecchi e malati, l’”agenzia delle entrate” si è impegnata nella
caccia all’evasione e al lavoro nero dei piccoli commercianti e dei disoccupati
dimenticando i grandi evasori.
Questo all’indomani di una “crisi” finanziaria che ha
rapinato i risparmi dei lavoratori. Alla crescente disaffezione per questo Stato delle cose si è fatto fronte
con la difesa dei “valori”
nazionali e della “democazia” rafforzando la presenza del paese sui
fronti di Guerra della Nato, costruendo al centro di Copenaghen un nuovo
mausoleo ai caduti delle guerre Nato, e con decisioni legislative per la difesa
dei “valori” nazionali che impongono la carne di “maiale” nelle colazioni
dei bambini negli asili e nelle scuole. Il ritorno del “terrorismo”, con le armi e i soldi dell’Occidente, ha
legittimato sia moralmente sia contabilmente i tagli alle politiche di aiuto
verso i paesi africani e asiatici. La reazione di sgomento e sorpresa
per la recente approvazione parlamentare della legge L87 che autorizza la perquisizione
e il sequestro da parte della polizia danese degli “ori e diamanti” che i
migranti trascinerebbero con se nelle loro valigie è stata
stigmatizzata come ipocrita da parte del governo danese. La tesi ufficiale,
ribadita anche a Bruxelles, è che questo è in linea con quanto il governo fa in
Danimarca anche verso i propri cittadini. La rapina eretta a sistema, verso i
propri e gli altri cittadini, durante la quale i risparmi di una vita non sono
distinguibili dal bottino della finanza e delle guerre, quelli mai conteggiati
e tassati.
I migranti sono i veri speculatori del nostro tempo
“I migranti sono i
veri speculatori cinici del nostro benessere”. Sempre alla “ricerca di
come evadere le tasse abbandonano le loro case, mogli e figli per la bramosia
del denaro”. Non c’è traccia delle guerre e dei disastri economici –
entrambi da noi promossi – in questi giudizi. Non c’è memoria dei milioni di
migranti che dall’Europa sono andati in altre parti del mondo per sopravvivere. Dovrebbero
restare nel proprio paese a lottare per la “democrazia” e cercare rifugio nei
paesi vicini più simili alla loro cultura, sostengono i ben pensanti. Benedetta
ignoranza! Questo è quello che fanno da anni laddove è possibile. Questo è
stato anche per un decennio il programma dell’Unione Europea con le politiche
mediterranee e di cooperazione. Una cooperazione (l’Accordo di Barcellona) che
passava attraverso gli Stati e includeva la società civile.
Gli obiettivi erano chiari sin dall’inizio: contrastare
i conflitti e le guerre e creare in pochi decenni i milioni di posti di lavoro
necessari a prevenire una altrimenti inevitabile migrazione biblica verso l’Europa. Un piano la cui
debolezza è consistita nel mancato riconoscimento della sua incompatibità con
il progetto di globalizzazione promosso dagli Stati Uniti e dall’Europa che si
andava affermando. Le lotte per la
democrazia sono così divenute
il cavallo di Troia della Triade per riportare la guerra in quei paesi e
distruggerne definitivamente le economie. Non a partire dai paesi
più poveri – dove poco restava da fare – ma dai paesi più forti come l’Iraq, la
Siria, l’Egitto e la Libia. La fuga da quei paesi si è rovesciata sui paesi
vicini – Libano, Giordania, Turchia – dove milioni di persone vivono in
condizioni inumane nelle tendopoli offerte dalle Nazioni Unite e ormai
trasbordano verso l’Europa.
La legge è uguale per tutti
Questo principio delle democrazie europee trova piena
applicazione nell’”accoglienza” che i paesi europei riservano ai migranti.
Infatti li trattiamo allo stesso modo dei nostri “poveri”, “disoccupati” e
“senza dimora”. I naufraghi
dall’Africa e dal Medio Oriente li mettiamo nello stesso secchio della
spazzatura perchè non pensino di “essere qualcuno”, come gli è
stato fatto credere con la propaganda sui “valori” e i “diritti umani”. Certo
qualche differenza con i nostri poveri ancora esiste. Ma vivono la stessa
sensazione di impotenza verso l’arbitrio dello Stato e del potere.
La Danimarca. Da modello sociale a discepolo preferito
della Triade
La fasi di passaggio in Danimarca nella trasfigurazione
della persona e della sua cultura sono ricondubili a tre eventi degli ultimi due
decenni. Nel 2001 con
la nomina a primo ministro di Anders Fogh Rasmussen, del partito liberale, che
portò la Danimarca dentro il sistema militare della Nato. Nel 2011 con la vittoria
socialdemocratica alle elezioni e la nomina di Helle Thorning Smith a primo
ministro. Nel 2015 con
la rivincita liberale alle elezioni e la nomina di Lars Løkke Rasmussen a primo
ministro. La prima fase completa
in Scandinavia l’abbandono della posizione di neutralità nello scontro
est-ovest e ora nord-sud. Una posizione che trovava riscontro in un
modello di società (il modello scandinavo) basato su principi di coesistenza
pacifica e di dialogo fra sistemi diversi e persone diverse.
L’architetto di questa fase promossa da Bush fu Fogh
Rasmussen che venne ricompensato, secondo il ‘bon ton’ della Triade, con la sua promozione
a segretario generale della Nato. Una nomina che non suscitó alcun
interrogativo su possibili conflitti d’interesse. La seconda fase fu avviata
dal governo socialdemocratico, un governo “giovane” e “innovatore” e con il
giusto equilibrio di “genere”, tutte caratteristiche che si stanno
rivelando necessarie per legittimare con il dilettantismo il loro ruolo di
servi sciocchi delle élite.
Il nuovo governo distrasse l’attenzione dal problema incipiente delle
migrazioni, e scaricò le colpe di sabotaggio verso i successi danesi e il nuovo
obiettivo glorioso dello “Stato concorrenziale” sui pensionati, i disoccupati
in cassa integrazione e i socialmente assistiti. La carota dello Stato del Benessere fu brutalmente sostituita con il
bastone delle punizioni economiche. La scomparsa dei dirigenti storici
della socialdemocrazia – la rottamazione – sopravvisuti all’epurazione del 1989
e il silenzio imbarazzante dei
sindacati fecero il resto. La terza fase, (2015) con il ritorno dei liberali, grazie al
successo del partito popolare di destra, ha avviato il completamento dell’opera
senza il bisogno di orpelli ideologici e di giustificazioni. Dimostra
all’Ue di aver capito la lezione e la sua capacità di portare i danesi dentro quel progetto di potere e di guerra,
preparando cosí le nuove candidature al ruolo di maggiordomi della finanza internazionale.
Le nuove vittime della disciplina sociale: dalla caserma
alla società
Riattivate le frontiere e i controlli, la rapida e generale
messa in mora del Trattato di Shenken dimostra che i Trattati si accantonano
quando serve. L’aspetto più
drammatico di questo “nuovo corso”, con la sua retorica che rende esplicita
l’incriminazone dei migranti come una massa di potenziali criminali e
imbroglioni, è che toglie
ogni spinta alla solidarietà privandoli di quel poco che resta della loro integrità umana.
Migliaia di persone – famiglie con uomini, donne e bambini – provenienti dalla
miseria e brutalità dei campi della “comunità internazionale”, sono spinti
in pieno inverno nelle tendopoli erette nelle zone più fredde e inospitali dei
paesi del nord, in piccoli centri inabitati con scuole e istituzioni
abbandonate.
Questo a conclusione di mesi di chiacchiere
sull’integrazione della quale si rende così impossibile ogni risultato. I toni
positivi con i quali si maschera questa brutale realtà insistono sul fatto
che gli immigrati sono un buon
affare, che ci conviene ospitarli, ed è così che al discorso
sull’amicizia, l‘accoglienza e la solidarietà si sostituisce il calcolo dell’”incubo del contabile”. Nel mentre continuano indisturbate le spese
per le armi che sono l’origine della sciagura. Con le parole dello
scrittore danese Carsten Jensen:
”Hai viaggiato attraverso i deserti e con il rischio di
affogare, hai attraversato il Mediterraneo con imbarcazioni insicure, e non sei
arrivato da nessuna parte: hai camminato in circolo e sei sempre arrivato nello
stesso accampamento da cui sei scappato. La tenda è il tuo destino. Il tuo futuro è fuggire. Sei
condannato a vita a emigrare da tenda a tenda, un condannato a vita senza fissa
dimora. Renditene conto!”.
La stampa internazionale non ha avuto difficoltà a
caratterizzare questa trasformazione dall’umanesimo del welfare all’ïdiota del
villaggio europeo. E ha perfettamente ragione. Tutto il paese è insorto, i “democratici” in prima fila, a difesa dei
vignettisti che ridicolizzarono e insultarono l’Islam per farsi beffa di una
minoranza sfruttata e isolata nel paese. L’esposizione mediatica
della stupidità danese messa in evidenza dalla caricatura del vignettista
britannico del Guardian, Steve Bells, raffigurante il primo ministro danese
Lars Løkke Rasmussen nella giacca bruna dei nazisti e con la scritta: “I
Liberali – probabilmente in partito più stupido del mondo” è invece considerata
un insulto intollerabile.
I danesi sono diventati tutti razzisti?
Questo interrogativo può essere facilmente rivolto a tutti i
paesi dell’Ue. Quindi niente dita puntate ma guardiamoci allo specchio. La verità è che non tutti i cittadini
europei, e danesi in questo caso, sono come i politici. Resta il
fatto che i grandi partiti, di destra e di sinistra, rappresentano questa
posizione, accettano il meccanismo
automatico del finanziamento della guerra e dell’aggressione economica agli
altri paesi. E, colmo
dell’ironia, affidano la soluzione di questi problemi alle élite del potere di
Bruxelles che di questa tragedia sono la causa. È legittimo interrogarsi
su dove sono finiti i movimenti della pace e della solidarità internazionale,
gli “intellettuali” e “giornalisti” sempre attivi nel vedere la pagliuzza
nell’occhio degli altri? La
tradizione di un pensiero liberale autonomo e critico si è liquefatta,
l’opposizione socialista e progressista ha cambiato campo. Quello che prevale è
il rigor mortis.
Non c’è dubbio che
il fenomeno al quale stiamo assistendo è di immane dimensioni. Una
collisione tra continenti che presenta i caratteri di un movimento sismico che
richiede una ricomposizione della geografia umana e economica dell’Europa.
Tuttavia l’Europa non è nuova a
questi fenomeni. La crisi non è delle migrazioni ma una crisi politica
e dei sistemi economici che non sono più compatibili con il nuovo stato delle
cose. I 28 paesi dell’Ue non hanno
bisogno di un patto finanziario ma di un patto umano che ponga fine alle
aggressioni e alle guerre e offra ospitalità ai milioni di persone ormai in
fuga. Uno o due milioni di immigrati in Europa per anno durante i
prossimi cinque anni accrescerebbe la popolazione europea dell’1-2 per cento.
Il collasso dell’Ue,
ormai innegabile, è dovuto
all’interesse di alcuni gruppi di potere – la Troika – a negare l’evidenza dei
fatti. Si è negata la realtà della crisi finanziaria del 2008
scaricandone le cause sul consumo statale e l’eccesso dei consumi per salvare
il sistema finanziario irresponsabile. La linea scelta dall’Ue di politiche di austerità e tagli indiscrimati
alle spese e agli investimenti sociali è espressione della guerra in atto dei
ricchi contro i poveri e che ha definitivamente delegittimato il progetto
iniziale di pace e cooperazione.
Il risultato di
queste tendenze è la tragica alleanza tra il neoliberismo delle élite e il
populismo conservatore che insieme cavalcano il meccanismo fatale della
competizione. Si è così riusciti ancora una volta a trasferire i
problemi a una guerra tra paesi e tra poveri, mentre i centri finanziari
trasferiscono somme astronomiche mediante i loro computer.
Nel frattempo continua il reclutamento della Troika nei
movimenti, nei partiti e nei sindacati. L’ultimo ministro
socialdemocratico delle finanze in Danimarca, Corydon, dopo aver privatizzato
quote crescenti della società petrolifera nazionale – Dong – cedendole alla
Goldman Sachs è passato dal suo ruolo politico e istituzionale a quello di
direttore della società McKinsey for Government; l’ultimo primo ministro socialdemocratico ha lasciato il parlamento per
un ruolo direttivo in una grossa Ong internazionale dopo aver introdotto
politiche punitive verso gli immigrati e i bambini in particolare. La
situazione non è diversa in altri paesi. Quanti “intellettuali di
sinistra” e dirigenti della società civile sono abbarbicati oggi in ruoli istituzionali
e in partiti che della tragedia odierna sono gli artefici e corresponsabili?
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