Da: http://www.rifondazione.it/formazione/ - Nata a Berlino nel 1943, Claudia von Werlhof si è laureata in economia e in seguito ha conseguito il dottorato in sociologia presso l’Università di Colonia; ha insegnato all’Università di Bielefeld e dal 1988 al 2011 come professoressa emerita (Political Science and Women ́s Studies) all’Università di Innsbruck. Nel 2010 ha dato vita alla Fondazione “Planetary Movement for Mother Earth” e nel 2015 alla rivista “BOOMERANG – Journal for the Critique of Patriarchy”. Tra le sue opere in inglese si ricorda: Women, the Last Colony, Zed London 1988; There is an Alternative, Zed, London 2001; The Failure of Modern Civilization and the Struggle for a “Deep” Alternative, Lang, Frankfurt-New York-Paris 2011. In Italiano è recentemente uscito il volume, recensito in questo numero della rivista, Nell’etá del Boomerang. Contributi alla teoria critica del patriarcato, Unicopli, Milano 2014.
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Il processo di accumulazione originaria “continuata” e la crisi della riproduzione del capitale oggi.
Era il 1976 quando, grazie al pensiero di Rosa Luxemburg, elaborai la mia prima scoperta teorica. Gli effetti sarebbero stati di ampia portata. Si tratta del nuovo concetto di “ accumulazione originaria continua” o “progressiva” (Werlhof 1978). Fino a quel momento esisteva solo il concetto di “accumulazione originaria” o “primitiva” formulata da Karl Marx (Marx 1974a), il cui presupposto era la violenta espropriazione della popolazione rurale e artigianale europea nel processo della formazione del capitale all’inizio dell’età moderna.
Il capitale è venuto al mondo “grondante sangue e fango”, come scrisse Marx. L’estorsione dei mezzi di produzione, la loro “separazione” da coloro che con essi lavoravano e la sottomissione di costoro – da ultimo nella guerra dei contadini del XVI secolo – come pure il trasferimento di tali mezzi di produzione, ovvero le terre, nelle mani di una nuova classe padronale diventarono il fondamento dell’economia moderna. In questo modo, per Marx, la questione era in linea di principio risolta perché da quel momento i contadini e gli artigiani presero di fatto a trasformarsi in “liberi lavoratori salariati”, più precisamente in proletari, diventando così doppiamente “liberi”, in quanto affrancati sia dai mezzi di produzione, sia liberi di vendere la loro forza lavoro.
Da parte sua, Marx considerava l’accumulazione originaria innanzitutto come una fase storica poi più o meno conclusasi. Essa rappresentava così la fase di accumulazione quasi anteriore, quella che aveva preceduto la fase dell’effettiva accumulazione di capitale, e quindi quella che stava alla base del lavoro salariato e della fabbrica. E mentre il lavoro salariato si fonda sull’ “obbligo economico” indiretto, che non richiede più l’uso della frusta, per Marx esso era “il mistero” del processo di accumulazione originaria, che si basava sull’obbligo diretto e politico, ovvero sulla estorsione mediante violenze e guerre.
Nei successivi dibattiti dedicati al tema dell’accumulazione originaria e della sua continuazione l’accento era sempre stato posto sul fatto che anche oggi si tratterebbe di una forma ancora precapitalistica del processo di accumulazione (per es. in Frank 1977). Il concetto era rimasto quello di un tempo: poiché i contadini e gli artigiani non si erano ancora trasformati in lavoratori salariati, più precisamente in “un esercito industriale di riserva”, da loro non può ancora venire un contributo al processo di accumulazione genuinamente capitalistica.
Come ha mostrato sia la storia sia l’inclusione nella analisi del modo di produzione e di accumulazione capitalistici di altri produttori e produttrici nonché regioni del mondo, questo voler circoscrivere il concetto di accumulazione originaria a una fase “storica” nel senso di “passata, finita” non corrispondeva alla realtà.
Rosa Luxemburg fu la prima che fece notare come su scala mondiale la fase dell’accumulazione originaria non fosse finita nemmeno all’inizio del XX secolo, e come quindi si stesse assistendo a una sorta di “continuazione” di tale processo (Luxemburg 1913). In questo modo la Luxemburg aprì la discussione su una nuova definizione del concetto di “riproduzione del capitale”, e quindi del capitalismo come modo di produzione.
Quindi noi ora, cento anni dopo Rosa Luxemburg, dobbiamo cimentarci con due temi: la questione del modo di produzione capitalistico e la sua vera essenza, posta da Rosa Luxemburg nel XX secolo, e il dibattito sul modo di produzione capitalistico e la sua “crisi” del XIX secolo, nella misura in cui è riconducibile al pensiero luxemburghiano. E lo è.
In entrambi i casi l’argomento ruota intorno alle forme dell’accumulazione capitalistica e in particolare su quella appartenente alla sfera della cosiddetta accumulazione originaria. Le contraddizioni che Rosa Luxemburg ha scoperto cento anni fa non sono affatto sparite e nemmeno superate dalla storia. Al contrario, esse si sono allargate, rafforzate, emerse in molteplici forme anche al di fuori del settore agrario. In definitiva sono contraddizioni ben rintracciabili, costituendo la base “logica” generale del capitalismo globale in sé e per sé.