**Eather Brown è
assistente di scienze politiche alla Westfield State University. Questo
articolo è un adattamento della conclusione del suo volume Marx on Gender and the Family: A Critical Study (Haymarket,
2013), dove compare in una forma leggermente diversa.
Molte studiose femministe hanno avuto, nel migliore dei
casi, un rapporto ambiguo con Marx e il marxismo. Una delle questioni oggetto
di maggiore contesa riguarda il rapporto Marx/Engels.
Gli studi di György Lukács, Terrel Carver e altri,
hanno mostrato significative differenze tra Marx ed Engels circa la dialettica,
così come su molte altre problematiche (1). Basandomi su tali lavori, ho
esplorato le loro differenze riguardo alle questioni di genere nonché della
famiglia. Ciò è di particolare rilevanza in rapporto ai dibattiti attuali,
considerato che un certo numero di studiose femministe hanno criticato Marx ed
Engels per quello che considerano il determinismo economico di questi ultimi.
Tuttavia, Lukács e Carver indicano proprio nel grado di determinismo
economico una notevole differenza tra i due. Entrambi considerano Engels
più monistico e scientista di Marx. Raya Dunayevskaya è tra le poche a
separare Marx ed Engels riguardo al genere, indicando nel contempo la natura
maggiormente monistica e deterministica della posizione di Engels, in contrasto
con una comprensione dialetticamente più sfumata delle relazioni di genere da
parte di Marx (2).
In anni recenti, vi è stata scarsa discussione intorno agli
scritti di Marx su genere e famiglia, ma negli anni Settanta e Ottanta, essi
erano oggetto di numerosi dibattiti. In alcuni casi, elementi della più
complessiva teoria marxiana andavano a fondersi con la teoria femminista,
psicoanalitica o di altra forma, nel lavoro di studiose femministe come Nancy
Hartsock e Heidi Hartmann (3). Queste hanno visto la teoria di Marx come
primariamente chiusa rispetto alle questioni di genere, insistendo sulla
necessità di integrazioni teoriche al fine di comprendere meglio le relazioni
di genere. Ciò nonostante, hanno continuato a ritenere il materialismo storico
di Marx come un punto di partenza per comprendere la produzione. Inoltre,
un certo numero di femministe marxiste hanno fornito il loro contributo, dai
tardi anni Sessanta fino agli Ottanta, in particolare nell’ambito dell’economia
politica. Per esempio, Margaret Benston, Mariarosa Dalla Costa, Silvia Federici
e Wally Seccombe, hanno tentato una rivalutazione del lavoro domestico (4). In
aggiunta, Lise Vogel ha cercato di andare oltre il sistema duale, verso una
comprensione unitaria dell’economia politica e della riproduzione sociale (5).
Ancora, Nancy Holmstrom ha mostrato come Marx possa essere utilizzato al fine
di comprendere lo sviluppo storico della natura femminile (6).
La teoria del sistema duale di patriarcato e capitalismo,
che ha rappresentato una forma comune di femminismo socialista negli anni
Settanta e Ottanta, è stata considerato da molti, negli anni Novanta e oltre,
un progetto fallito. Ad ogni modo, la caduta del comunismo in Unione Sovietica
e nell’Europa dell’est ha probabilmente avuto un’effetto negativo sulla
popolarità del femminismo socialista. Come già argomentato da Iris Young, la
teoria del sistema duale era inadeguata in quanto basata su due teorie della
società molto diverse – una implicante lo sviluppo storico dinamico della
società, innanzitutto sociale, economico e tecnologico, e l’altra basata su una
visione psicologica statica della natura umana (7). Queste due teorie sono
estremamente difficili da riconciliare a causa di tali differenze. Tuttavia, le
loro critiche a ciò che hanno individuato come determinismo di Marx, alle
sue categorie chiuse rispetto alle questioni di genere e l’enfasi sulla
produzione a scapito della riproduzione, forniscono un punto di partenza al mio
riesame dell’opera di Marx per mezzo di una rigorosa analisi testuale – questo
in aggiunta al lavoro delle femministe marxiste già menzionate.
L’opera di Marx contiene elementi di ideologia vittoriana,
ma non mancano, sparsi in essa, quelli di interesse riguardo a genere e
famiglia. Già nel 1844, nei Manoscritti economico-filosofici, Marx
affermava che la posizione delle donne poteva essere utilizzata come
misura dello sviluppo della società più in generale. Non era certamente il primo
a sostenere qualcosa di simile – Charles Fourier viene spesso indicato come
l’ispiratore di tale dichiarazione – tuttavia, per Marx si trattava di qualcosa
di più di un semplice appello agli uomini per cambiare la condizione delle
donne. Al contrario, quello di Marx era un argomento dialettico direttamente
correlato alla sua più complessiva teoria generale della società. Affinché la
società possa avanzare oltre la sua forma capitalistica, nuovi rapporti sociali
andrebbero costituiti, rapporti non basati esclusivamente su una cruda ed
alienata formulazione del valore. Gli esseri umani dovrebbero essere in grado
di vedersi l’un l’altro come valori in sé, anziché in rapporto a ciò che
ciascun individuo può fornire ad un altro. Le donne possono avere un ruolo assai
significativo in proposito, essendo state un gruppo tendenzialmente
marginalizzato in molte, per non dire tutte, le società. Così, gli uomini e le
donne dovrebbero raggiungere un punto di sviluppo nel quale gli individui
vengono valutati per chi sono, e non sulla base di categorie astratte come
uomo, donna ecc.
Non solo, Marx sembra orientarsi verso il genere come
categoria dinamica invece che statica. Certo, egli non si esprime mai
direttamente in questi termini: ciò nonostante, nei Manoscritti del
1844 e nell’Ideologia tedesca, fornisce una potente critica, nonché
un’alternativa, al dualismo natura/società. In luogo della natura e della
società intese quali entità distinte interagenti tra loro, senza perciò
modificare fondamentalmente l’una la sostanza dell’altra, Marx ne afferma la
correlazione dialettica. Grazie all’interazione degli esseri umani con la
natura tramite il lavoro, sia l’individuo che la natura stessa vengono
modificati. Ciò accade perché l’essere umano esiste come parte della natura, ed
il processo lavorativo provvede i mezzi per questa unità temporanea. Dato che
tanto la natura quanto la società non sono entità statiche, Marx sostiene che
non vi può essere alcuna definizione transtorica di ciò che è “naturale”.
Semmai, il concetto di “naturale” può avere rilevanza solo per specifiche
circostanze storiche.
Benché non si possa fare un paragone troppo stretto tra il
dualismo natura/cultura e quello uomo/donna – il che condurrebbe ad una
reificazione di queste categorie laddove invece miriamo ad una loro modifica –
il tipo di pensiero dialettico che Marx esprime riguardo alla coppia
natura/cultura è evidente anche nella discussione, compiuta insieme
ad Engels, della divisione di genere del lavoro nell’Ideologia tedesca.
In quest’ultima opera, essi indicano la divisione del lavoro nelle prime forme
di famiglia come qualcosa di non completamente “naturale”. Invece, nella loro
breve trattazione degli ulteriori sviluppi della famiglia, affermano che tale
divisione del lavoro basata sul genere è “naturale” solo in caso di rapporti di
produzione assai poco sviluppati, in cui la diversa biologia delle donne
potrebbe rendere loro difficile svolgere alcuni compiti fisicamente
impegnativi. Ciò implica che la presunta inferiorità delle donne in tali società
è suscettibile di cambiamento esattamente al pari di queste ultime. Inoltre,
essendo coinvolto un elemento sociale, è necessaria qualcosa di più dello
sviluppo tecnologico: le donne dovranno impegnarsi al fine di modificare la
propria condizione.
Almeno in altri due passi dei suoi primi scritti, Marx
discute la posizione delle donne nella società capitalistica. Nella Sacra
famiglia, egli critica il commento moralistico di Eugène Sue sul
personaggio della prostituta parigina, Fleur de Marie, in Les Mystères
de Paris. Nel romanzo, Fleur de Marie viene “salvata” dalla povertà e
dalla prostituzione da un principe tedesco. Quest’ultimo la affida alle cure di
una donna religiosa e di un prete, i quali la istruiscono sull’immoralità del
suo comportamento. Alla fine, Fleur de Marie entra in convento per morire poco
dopo.
Marx in questo passo, biasima lo scrittore francese per la
sua acritica accettazione dell’insegnamento sociale cattolico, il quale si
concentra su di un’astratta forma di moralità impossibile da raggiungere. Gli
esseri umani non sono esseri meramente spirituali che possono ignorare i propri
bisogni fisici. Ciò è di particolare rilevanza per una figura come Fleur
de Marie, la quale, come nota Marx, non dispone di alternative valide oltre
alla prostituzione per provvedere al proprio sostentamento. Malgrado ciò, il
prete espone a Marie la sua degenerazione morale, parlandole del senso di colpa
che dovrebbe provare, a dispetto del fatto che essa non ha una reale
scelta. Così, in questo testo, Marx mostra grande empatia per la difficile
situazione delle donne della classe operaia. Inoltre, egli critica
l’unilateralità del cristianesimo, il quale aspira ad innalzare la posizione di
una forma pura di spirito contro una una pura forma del corpo.
Marx, d’altra parte, non limita la propria critica alla
condizione concreta delle donne sotto il capitalismo alla sola classe operaia.
Nel suo saggio/traduzione del lavoro di Peuchet sul suicidio,
egli affronta il tema dell’oppressione famigliare nelle classi superiori
(8). Tre dei quattro casi trattati da Marx riguardano suicidi di donne dovuti
all’oppressione familiare. In un caso, una donna sposata aveva commesso
suicidio, almeno in parte perché il marito geloso l’aveva confinata in casa,
oltre ad averla sottoposta ad abusi psicologici e sessuali. Il secondo caso
coinvolgeva una donna che aveva passato la notte in casa del proprio fidanzato.
Dopo il suo ritorno venne pubblicamente umiliata dai genitori, il che la spinse
in seguito ad annegarsi. L’ultimo caso riguarda l’impossibilità per una giovane
donna di abortire a seguito di una relazione col marito di sua zia.
In due casi, Marx mostra grande empatia rispetto a
queste donne e alla loro difficile situazione, enfatizzando alcuni passaggi di
Peuchet e surrettiziamente aggiungendo le proprie osservazioni. Inoltre, egli
invoca la necessità di una totale trasformazione della famiglia borghese, dando
risalto ai seguenti passi di Peuchet: “La rivoluzione non ha abbattuto tutte
le tirannie; i mali , di cui si incolpavano le autorità dispotiche, rimangono
nelle famiglie: in queste essi provocano crisi analoghe a quelle delle
rivoluzioni” (9). In tal modo, Marx addita la famiglia nella sua forma
borghese come oppressiva, un qualcosa che dovrà cambiare significativamente se
si vorrà edificare una società migliore.
Marx ed Engels ritornano sulla critica della famiglia
borghese nel Manifesto del partito comunista. In quest’ultimo
sostengono che la famiglia nella sua forma borghese, fondata innanzitutto
sulla gestione e il trasferimento della proprietà, è in via di dissoluzione. Le
condizioni materiali che avevano condotto a questa tipologia di famiglia
stavano scomparendo presso i proletari, non avendo questi ultimi proprietà da
passare ai figli. Essi potevano forse contare una volta su piccole coltivazioni
di sussistenza, ma ciò non era più possibile con l’espropriazione delle terre
attraverso molteplici mezzi, forzandoli a trasferirsi nelle città e nelle
fabbriche per garantirsi il sostentamento. In assenza di questa capacità di
trasmettere la proprietà ai figli alla morte, e di controllare la forza lavoro
della famiglia durante la loro vita, il potere paterno diminuiva
significativamente, portando in direzione di una differente forma di famiglia.
Tuttavia, Marx ed Engels, a questo punto, non forniscono alcun dettaglio su
cosa potrebbe potenzialmente sorgere, dopo la dissoluzione di tale forma
di famiglia.
Sebbene Il capitale sia dedicato alla
critica dell’economia politica, vi si può rintracciare una grande quantità di
materiale a proposito di genere e famiglia. Marx vi riprende e concretizza ciò
che ha descritto come abolizione [Aufhebung] della famiglia
nel Manifesto del partito comunista. Con l’introduzione delle
macchine nelle fabbriche, e la conseguente minore richiesta di lavoro fisico,
le donne e i bambini diventano anch’essi importanti categorie di lavoratori.
Lavoratori particolarmente preziosi per il capitale, data la loro provenienza
da un gruppo oppresso che può essere spinto a lavorare per meno.
Diversi altri passaggi del Capitale dimostrano
come Marx avesse una visione assai più sfumata della posizione delle donne
nella forza lavoro di quanto molte femministe siano disposte a riconoscere. Per
esempio, con l’ingresso delle donne nella forza lavoro, egli scrive, queste
ultime guadagnano una forza potenziale nella loro vita privata, dato che ora
contribuiscono finanziariamente al benessere della famiglia, e non essendo
più sotto il diretto controllo dei mariti e dei padri per una buona parte della
giornata. Ciò ha avuto un significativo effetto sulla famiglia. Qui, Marx
mostra entrambe le facce di questo sviluppo. Da un lato, orari lunghi e lavoro
notturno tendono a minare le strutture familiari tradizionali, con le donne in
un certo senso mascolinizzate dal loro lavoro e impossibilitate a prendersi
cura dei figli, almeno nella stessa misura in cui ne erano state capaci nel
passato. Dall’altro, in un passo successivo, Marx nota come tale apparente
processo di deterioramento vada nel senso opposto – ossia, verso una “forma
superiore della famiglia”, nella quale le donne sarebbero realmente in una
condizione di uguaglianza con gli uomini (10).
Per quanto la trattazione di Marx sull’oppressione delle
lavoratrici sia alquanto limitata, nel primo volume del Capitale,
così come nei primi lavori preparatori, fornisce una potente critica del
concetto di lavoro produttivo in regime capitalistico. Qui egli stabilisce una
ferma distinzione tra il concetto di lavoro produttivo nel capitalismo e quello
di lavoro produttivo in quanto tale. Il primo è caratterizzato da
una comprensione unilaterale della produttività, nella quale il solo fattore
rilevante è la produzione di plusvalore per il capitalista. Viceversa, la
seconda concezione di lavoro produttivo si concentra sulla produzione di valori
d’uso. In questo secondo caso, il lavoro è valutato come tale se produce
qualcosa che può essere utilizzata dagli individui o dalla società in generale.
Ciò fornisce quantomeno una base da cui rivalutare il tradizionale lavoro delle
donne, anche se Marx non si dilunga sul tema.
Gli scritti politici di Marx mostrano una certa evoluzione
nel corso del tempo. Le sue intuizioni politiche sono spesso incorporate nelle
sua attività politica. Alcuni dei suoi primi scritti riguardo agli scioperi di
Preston, in Inghilterra tra il 1853 e il 1854, offrono una valutazione
relativamente acritica della rivendicazione dei lavoratori e delle lavoratrici
di un salario familiare peer gli uomini. Sebbene Marx non ha mai ripudiato
direttamente simili argomenti, le sue posizioni più tarde sembrano essere
cambiate, dal momento in cui ha iniziato a lavorare per integrare le donne le
donne nella Prima internazionale su un piano di eguaglianza con gli uomini
negli anni Sessanta dell’Ottocento.
Il lavoro successivo di Marx illustra un’ulteriore
apprezzamento delle rivendicazioni delle lavoratrici durante e dopo la Comune
di Parigi. Ciò è particolarmente evidente nel “Programma del Parti
Ouvrier” del 1880, scritto da Marx, Paul Lafargue e Jules Guesde. Il preambolo,
attribuibile al solo Marx, afferma “Che l’emancipazione della classe
produttrice è l’emancipazione di tutti gli esseri umani senza distinzione di
sesso o razza” (11). Si tratta di una dichiarazione particolarmente forte
per la Francia, nella quale la tradizione proudhoniana, alquanto sessista, era
predominante tra i socialisti.
Nei testi per la New York Tribune del 1858,
Marx riprende la sua discussione della condizione femminile tra le classi
superiori nella società capitalistica. In due articoli per il Tribune,
egli fa riferimento alla vicenda dell’internamento di un’aristocratica in un
manicomio, al fine di metterla a tacere e impedirle di imbarazzare
ulteriormente il politicamente influente marito. Marx critica tutti i coinvolti
nell’internamento di Lady Bulwer-Lytton, sostenendo che essa era tutt’altro che
folle. Per quanto Marx non discuta le modalità attraverso le quali le donne
venivano spesso internate al solo fine di controllarle, egli nota, tuttavia, la
facilità con cui ciò poteva accadere a prescindere dal loro stato psicologico
effettivo, se a richiederlo erano persone sufficientemente ricche e potenti da
indurre i medici a dare la loro approvazione. Per di più, Marx esprime grande
simpatia per Lady Bulwer-Lytton, la quale venne di fatto posta a tacere a
seguito di un accordo, sulla base del quale avrebbe riottenuto la propria
libertà solo accettando di non parlare ancora dell’incidente.
Gli ultimi anni di Marx, dal 1879 al 1883, sono tra i più
interessanti dal punto di vista teorico, specialmente per quanto concerne
genere e famiglia. Nei suoi quaderni di ricerca, così come nelle sue lettere e
scritti pubblicati, inizia ad articolarsi un modello di sviluppo sociale meno
deterministico, nel quale le società meno sviluppate possono essere le prime in
cui hanno luogo le rivoluzioni, a patto che vi facciano seguito gli stati
più avanzati. Marx, inoltre, incorpora nuovi soggetti storici nella sua teoria.
Non è solo la classe operaia come entità astratta ad essere soggetto
potenzialmente rivoluzionario. Anche i contadini, e specialmente le donne,
divengono forze importanti del cambiamento nella teoria marxiana. Questi
quaderni danno alcune indicazioni, seppur in maniera frammentaria, su come Marx
intendeva le donne in quanto soggetti nel processo storico.
Le annotazioni di Marx su Morgan sono di particolare
importanza, poiché forniscono una pietra di paragone con L’origine
della famiglia, della proprietà privata e dello Stato di Engels, per
il quale tale opera costituiva una fedele rappresentazione della lettura
marxiana di La società antica di Morgan. Ma vi sono
significative differenze. La più importante delle quali e una comprensione meno
deterministica, da parte di Marx, dello sviluppo della società, nonché una
visione maggiormente dialettica delle contraddizioni all’interno dei clan
relativamente egualitari.
Engels tendeva a concentrarsi quasi esclusivamente e
unilateralmente sul cambiamento economico e tecnologico quali fattori dello
sviluppo sociale. Marx, viceversa, assume un approccio più dialettico, secondo
il quale l’organizzazione sociale non è solo un fattore soggettivo, ma nelle
giuste condizioni può anche divenire oggettivo. Ciò è particolarmente rilevante
per comprendere le loro divergenze circa l’oppressione di genere. Engels
sosteneva che lo sviluppo della tecnica agricola, la proprietà privata e i
successivi cambiamenti nel clan, col passaggio dal diritto matriarcale a quello
patriarcale, avessero condotto alla “sconfitta sul piano storico universale del
sesso femminile”, per cui le donne sarebbero rimaste in una condizione di
assoggettamento sino alla distruzione della proprietà privata. In contrasto,
Marx non solo ha notato la posizione subordinata delle donne, ma ha anche
indicato il potenziale di cambiamento, anche in regime di proprietà privata,
nel contesto della sua discussione delle dee greche. Anche tenendo conto che la
società greca antica era decisamente oppressiva nei confronti delle donne,
confinandole nella casa, Marx afferma che le dee greche fornivano un modello
alternativo alle donne. In queste note egli richiama, inoltre, il progresso
raggiunto dalle donne romane delle classi superiori, in contrasto con le loro
controparti greche. Ancora, Marx propendeva per un approccio più sfumato e
dialettico riguardo lo sviluppo delle contraddizioni nelle prime società
egualitarie. Engels tendeva a vedere queste società comunitarie relativamente
egalitarie come prive di contraddizioni significative, specialmente a proposito
delle relazioni di genere (12). Marx, d’altra parte, ha sottolineato le
limitazioni ai diritti delle donne nella società irochese a base comunitaria.
L’origine della famiglia di Engels tratta solo
le annotazioni di Marx su La società anticadi Morgan. Ma i quaderni
di Marx abbracciano una numerosa serie di altre fonti. I suoi appunti su Lectures
on the Early History of Institutions di Henry Sumner Maine
e Römische Alterthümer (“Roma antica”) forniscono una
significativa trattazione su genere e famiglia nelle società
pre-capitalistiche, in particolare Irlanda, India e Roma (13). Nelle sue note
su entrambi gli autori citati, Marx sembra essersi impadronito di buona parte
della teoria di Morgan circa lo sviluppo del clan. Per quanto le sue
annotazioni su Maine tendano ad essere più critiche rispetto a quelle su Lange,
in tutti e due i casi egli rimprovera la loro acritica accettazione della
famiglia patriarcale come forma primaria.
Ciò ha particolare importanza poiché conduce in direzione di
una comprensione storica della famiglia. In questi scritti, così come nelle
note su Morgan, Marx classifica le contraddizioni presenti in ogni forma
assunta dalla famiglia, e come tali contraddizioni si acuiscono portando a
significativi cambiamenti nella struttura dell’istituzione familiare. Qui Marx sembra
vedere la famiglia come soggetta ad una dialettica simile a quella operante in
altri ambiti della società.
Una valutazione sull’attualità del lavoro di Marx su genere e
famiglia
Storicamente, il rapporto tra marxismo e femminismo è stato,
nel migliore dei casi, debole, spesso a causa della mancanza di discussione
della questioni femminili tradizionali e di quelle di genere da parte di molti
marxisti. Per di più, anche laddove genere e famiglia sono stati affrontati, si
tratta di studi che tendono a seguire gli argomenti meno sfumati , più
economicamente orientati di Engels. Tuttavia, sono convinta che l’opera di
Marx, per quanto riguarda tali tematiche, mostri significative differenze
rispetto ad Engels. Certo restano importanti interrogativi circa il punto di
vista di Marx su genere e famiglia: che cosa ha da offrire Marx ai dibattiti
femministi contemporanei? È possibile un femminismo marxista che non cada nel
determinismo economico, o che privilegi la classe sul genere nella’analizzare
la società capitalistica contemporanea?
Senza dubbio, nell’analisi di Marx su questi temi sono
riscontrabili occasionalmente segni della morale vittoriana; Ciò nonostante,
come ho già argomentato, non si tratta necessariamente di un difetto fatale
della sua opera. Vi sono un certo numero di ambiti nei quali la teoria della
società di Marx prevede la possibilità di integrare le intuizioni femministe
nel marxismo, al fine di costruire una teoria unitaria dell’oppressione di
genere e di classe, la quale non privilegi fondamentalmente una delle due.
Uno degli aspetti più importanti del lavoro di Marx, ai fini
della comprensione delle questioni di genere e della famiglia, è il suo metodo
dialettico. Le sue categorie provengono dalla sua analisi del mondo empirico,
inteso in modo dinamico, e sono fondate sui rapporti sociali anziché su
formulazioni staticamente astoriche. Dunque, tali categorie possono cambiare
col modificarsi della società.
Questo potrebbe avere potenzialmente un grande valore per
un’analisi di tipo femminista. Marx non affronta mai direttamente i dualismi e
le categorie di genere, ma lascia comunque spazio nella sua teoria per un
cambiamento all’interno di esse. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda
due dualismi: quello natura/cultura e quello produzione/riproduzione. In
entrambi i casi, Marx indica la natura storica e transitoria di simili
espressioni. natura e cultura non sono opposti assoluti: sono invece momenti di
un tutto. Il lavoro, come attività indispensabile per la sopravvivenza, media
il rapporto dell’umanità con la natura attraverso modalità assi specifiche,
basate sul particolare modo di produzione in questione. Inoltre, in termini di
dualismo produzione-riproduzione, Marx è di norma prudente nel notare come
entrambi siano necessari all’umanità, ma che assumeranno differenti forme sulla
base dello sviluppo tecnologico e sociale della società considerata.
Marx evidenzia due diversi aspetti di queste categorie – gli
elementi storicamente specifici e le caratteristiche più astratte esistenti in
ogni società. Quindi, in termini di comprensione del rapporto tra le donne e
questi dualismi, una formulazione logica nel pensiero di Marx consisterebbe nel
sottolineare la rilevanza della biologia. Tuttavia, la biologia non può essere
vista come totalmente esterna ai rapporti sociali di una particolare società.
Il che può aiutare ad evitare gli argomenti biologistici e deterministici
di alcune femministe radicali e socialiste, le quali essenzializzano la “natura
femminile”, e allo stesso tempo il relativismo, poiché, dal punto di vista di
Marx, il mondo non è interamente una costruzione sociale. Semmai, la biologia e
la natura sono variabili importanti quando siano considerate all’interno di un
quadro socialmente mediato.
Questo è importante anche per un’altra ragione. La teoria di
Marx rimane non del tutto sviluppata dal punto di vista di un resoconto
includente il genere come importante ai fini della comprensione del
capitalismo, le sue categorie, tuttavia, conducono ad una
critica sistematica del patriarcato così come si manifesta nel
capitalismo, essendo in grado di separare gli elementi storicamente specifici
del patriarcato da una forma più generale dell’oppressione femminile, così come
manifestatasi in buona parte della storia dl’umanità. In questo senso, le sue
categorie rappresentano una risorsa per la teoria femminista, o quantomeno uno
spazio per un dialogo inedito, in un periodo nel quale la critica marxiana del
capitale sta ritornando alla ribalta.
Con la sua attenzione alla mediazione sociale e l’enfasi
sulla comprensioni dei sistemi sociali specifici, Marx, come dimostrato dagli
studi contemporanei, evita il determinismo economico. Certo, i fattori
economici svolgono un ruolo significativo nel suo pensiero, poiché si ritiene
condizionino altri comportamenti sociali, in particolare nel capitalismo.
Nonostante ciò, Marx è spesso attento a notare la relazione reciproca e
dialettica tra fattori economici e sociali. Come nel caso di natura e cultura,
così come di produzione e riproduzione, l’attività economica e quella sociale
sono due momenti dialettici di un tutto, nel contesto di un particolare modo di
produzione. In ultima analisi, i due aspetti non possono essere separati
completamente; come Marx mostra nel suo saggio “sul suicidio” e negli articoli
per la New York Tribune, dove evidenzia le modalità uniche
attraverso le quali l’economia e la specifica forma capitalistica del
patriarcato interagiscono nel’oppressione delle donne. Così, in questi e in
altri suoi scritti, Marx, almeno in via provvisoria, ha iniziato a discutere il
rapporto interdipendente tra classe e genere, senza conferire un
privilegio fondamentale a nessuno dei due fattori al’interno della sua analisi.
Malgrado non tutti gli aspetti degli scritti di Marx su
genere e famiglia siano oggi rilevanti, alcuni portandosi dietro le
limitazioni del pensiero del XIX secolo, essi offrono comunque importanti
intuizioni sulle questioni di genere e il pensiero politico. Anche considerando
che Marx non ha scritto molto su questo tema, e non ha sviluppato una teoria
sistematica su genere e famiglia, si tratta comunque, dal suo punto di vista,
di una categoria essenziale per comprendere la divisione del lavoro, la
produzione e la società in generale. La discussione di Marx su genere e
famiglia si è estesa ben oltre il semplice includere le donne come
lavoratrici nelle fabbriche. Marx ha rimarcato la persistenza dell’oppressione
nella famiglia borghese e la necessità di costruire una nuova forma di
famiglia. Inoltre, il supporto da parte di Marx nei confronti delle
rivendicazioni femminili per l’uguaglianza nel posto di lavoro, nei sindacati e
nella prima internazionale, è divenuto sempre più crescente, parallelamente al
suo studio del capitalismo e al suo essere testimone del ruolo delle donne in
importanti eventi come la Comune di Parigi del 1871. Nonostante il loro
carattere frammentario, le annotazioni di Marx sull’etnologia sono
particolarmente significative, dato che egli richiama abbastanza esplicitamente
il carattere storico della famiglia, tramite la sua selezione dall’opera di
Morgan, Maine e Lange. Non solo, l’uso che fa Marx della dialettica costituisce
un importante contributo metodologico per il femminismo e la ricerca sociale in
generale, poiché sembra vedere il genere come soggetto al cambiamento e allo
sviluppo, anziché come un concetto statico.
Note
- Si veda György Lukács, Storia e coscienza di classe (Milano, SugarCo, 1997), originariamente 1923; e Terrell Carver, Marx & Engels: The Intellectual Relationship(Bloomington: Indiana University Press, 1983).
- Raya Dunayevskaya,Rosa
Luxemburg, Women’s Liberation, and Marx’s Philosophy of Revolution(Chicago:
University of Illinois Press, 1991), originariamente 1981.
- Heidi Hartmann, “The Unhappy
Marriage of Marxism and Feminism: Towards a More Progressive Union’, in
Linda Nicholson, a cura di., The Second Wave: A Reader in Feminist
Theory (New York: Routledge, 1997), originariamente 1981; Nancy
Hartsock, Money, Sex, and Power: Toward A Feminist Historical
Materialism (Londra: Longman, 1983).
- Margaret Benston, “The
Political Economy of Women’s Liberation,”Monthly Review 21, no. 4
(1969): 13–27; Mariarosa Dalla Costa and Selma James,The Power of Women
and the Subversion of the Community(Brooklyn: Petroleuse Press, 1971);
Silvia Federici, Wages Against Housework (Bristol:
Falling Wall Press, 1975); Wally Seccombe, “The Housewife and Her Labour
under Capitalism,”New Left Review I, no. 83 (1974): 3–24.
- Lise Vogel, Marxism and
the Oppression of Women: Toward a Unitary Theory(New Brunswick:
Rutgers University Press, 1983).
- Nancy Holmstrom, “A Marxist
Theory of Women’s Nature,”Ethics 94, no. 3 (1984): 456–73.
- Iris Young, ‘Socialist Feminism
and the Limits of Dual Systems Theory,”Socialist Review 10,
nos. 2–3 (1980): 169–88.
- Karl Marx, Jacques Peuchet , del ” suicidio “.
- Ibid.
- Karl Marx, Il capitale (Torino, Einaudi, 1975), 599, originariamente 1867-75.
- Karl Marx in David Fernbach, a cura di.,The First International and After, Political Writings, vol. 3 (Londra: Penguin Books. 1992), 376.
- Questo aspetto viene sviluppato
in Heather Brown, Marx on Gender and the Family: A Critical
Study (Chicago: Haymarket Books, 2013), capitolo 5.
- Le annotazioni su Maine si trovano in Karl Marx, Quaderni antropologici. Appunti da L.H. Morgan e da H.S. Maine (Milano, Unicopli, 2009). Gli appunti di Marx su Lange non sono stati pubblicati; una traduzione in inglese è stata gentilmente fornita da coloro che stanno lavorando al progetto MEGA.
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