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sabato 23 settembre 2023

Migrazioni. Non c’è “una” soluzione - Sergio Cararo

Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.

Leggi anche: La migrazione come rivolta contro il capitale*- Prabhat Patnaik**

"CRISI DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ" - Sergio Cararo intervista Francesco Schettino - 

La complessità del fenomeno migratorio e le sue determinanti*- Alessandra Ciattini 


Gli arrivi di migranti in Italia, che fanno parlare arbitrariamente la destra e gli idioti di “invasione”, sono un sicuramente un dato rilevante sul piano nazionale, ma che diventa relativo sul piano globale.

I migranti e rifugiati arrivati in Italia nel 2023 sono circa 130.000, partiti soprattutto dalle coste della Libia e della Tunisia. In gran parte si tratta di migranti africani e mediorientali, una cifra più o meno pari allo 0,23% della popolazione italiana.

Per avere un termine di paragone, va segnalato che i rifugiati interni alla sola Africa sono circa 36 milioni, in pratica il 44% dei rifugiati a livello mondiale.

Milioni di persone che sono state costrette a spostarsi per le guerre, la siccità, le violenze tribali. I paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono Turchia Iran, Colombia, Germania e Pakistan.

Le Nazioni Unite calcolano che dal 2014 a oggi più di 2,6 milioni di persone hanno attraversato il Mediterraneo in fuga da guerre, violenze e povertà e dirette in Europa. Più di 29.100 sono morti in mare.

domenica 2 agosto 2020

Quella di Bologna fu strage fascista e di Stato, come le altre - Sergio Cararo

Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.
Leggi anche: https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/2020/07/29/strage-di-bologna-nuova-inchiesta-gelli-mandante
 COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SULLA LOGGIA MASSONICA P2 - RELAZIONE DI MAGGIORANZA dell'onorevole TINA ANSELMI

Il 2 agosto sono quaranta anni da quella strage alla stazione di Bologna che fermò il paese – spezzandolo in due – e il cuore di milioni di persone convinte che la stagione delle Stragi di Stato fosse ormai alle spalle. Il costo umano fu enorme, 85 morti e 200 feriti, solo poche settimane dopo la strage di Ustica in cui venne abbattuto un aereo civile dell’Itavia, anch’esso partito da Bologna. 

La strage della stazione di Bologna, da un lato, fu la continuazione della politica delle stragi di Stato tesa a condizionare nel profondo i rapporti politici e di classe nella società, nonché a confermare la collocazione dell’Italia nelle relazioni internazionali. Dall’altro materializzò agli occhi di tutti il significato di una guerra concepita e combattuto sul “fronte interno”, in cui i killer fascisti sono stati utilizzati come manovalanza per il lavoro sporco. 

In molti continuano a chiedersi che faccia e che logica possano avere i personaggi che collocano una bomba ad alto potenziale nella affollata sala d’attesa della principale stazione dell’Italia centrale, nei giorni della partenza per le vacanze (che allora, con un’altra organizzazione della produzione, avveniva in contemporanea quasi per tutti). 

E’ la stessa faccia di chi aveva collocato bombe in una banca nel giorno di maggiore affollamento, in una piazza riempita da una manifestazione sindacale antifascista, in un treno affollato d’agosto e negli anni successivi durante le feste natalizie. 

Li abbiamo denominati come gli esponenti della rete degli “uomini neri”. Non numerosissimi, ma operativi, pronti a fare il lavoro sporco per lo Stato; anzi per il deep state, quello secondo cui ci sono prezzi da pagare per un “fine superiore”, che può essere la stabilità o l’instabilità, a seconda delle fasi storiche e delle esigenze delle classi dominanti. 

A febbraio di quest’anno la Procura di Bologna ha chiuso le indagini sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.
Per gli inquirenti bolognesi i colpevoli che si aggiungono a quelli già condannati sono: Paolo Bellini fascista di Avanguardia nazionale, in qualità di esecutore; Licio Gelli, fascista fin dai tempi della guerra di Spagna e poi con Salò, capo della Loggia P2, in qualità di mandante e finanziatore; Umberto Ortolani banchiere e bancarottiere, in quanto finanziatore e mandante; Federico Umberto D’Amato, prefetto e capo dell’Ufficio Affari Riservati, legato alla CIA, in qualità di mandante e depistatore, e Mario Tedeschi, altro fascista della Repubblica di Salò, senatore del MSI e direttore del settimanale Il Borghese

I tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna sono stati numerosi, a cominciare dai neofascisti, così come avvenuto per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus. 

Quello perseguito con maggiore sfrontatezza e pervicacia è stato quello di cercare di addossare la strage alla resistenza palestinese. Un depistaggio che ha visto protagonisti non solo Cossiga, ma anche giornalisti “di sinistra” occhieggianti ai favori di Israele o di qualche cordata islamofobica e filo-Usa sempre attiva. 

Quale soluzione migliore che allontanare da sé la rabbia e le indagini? 

Per quaranta anni le autorità politiche del paese hanno cercato di tenere alla larga dallo “Stato” ogni responsabilità. Ma le sistematiche contestazioni di massa in Piazza Medaglie d’Oro hanno impedito, anno dopo anno, ogni autoassoluzione. Quest’anno non si faranno eccezioni. 

Noi, purtroppo e per fortuna, non dimentichiamo nulla. Abbiamo una memoria prodigiosa. 

domenica 12 dicembre 2021

"CRISI DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ" - Sergio Cararo intervista Francesco Schettino

Da: casa del popolo ladri di biciclette -  Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO - Francesco Schettino è un economista italiano. 



Francesco Schettino, Fabio.Clementi, Crisi, disuguaglianze e povertà. Le iniquità del capitalismo, da Lehman Brothers alla Covid-19, La Città del Sole, 2020.

                                                                         
Vi sono intere generazioni costrette a scandire l'intera esistenza con le conseguenze di crisi economiche, sociali e ambientali sempre più gravi e ravvicinate. La pandemia ha messo in luce molte iniquità del capitalismo in questa fase, innanzitutto le disuguaglianze: a fronte di un élite sempre più ricca e potente, vi sono nel nostro paese e in tutto il mondo enormi masse che vivono nell'indigenza e che non hanno accesso ai servizi essenziali. Chi desidera conoscere l'origine e l'evoluzione delle ultime crisi mondiali e locali troverà in queste pagine le analisi, le spiegazioni e le evidenze che consentono di rintracciare la verità che le classi dominanti tentano di nascondere. 

Francesco Schettino è professore di Economia politica presso l’Università della Campania “L. Vanvitelli”. È autore di monografie e pubblicazioni di respiro internazionale (World Development, Cambridge Journal of Economics, Review of Income and Wealth, Structural Change and Economic Dynamics, Journal of Economic Inequality, Journal of Policy Modeling). Redattore della rivista “La Contraddizione”(https://rivistacontraddizione.wordpress.com), è coordinatore europeo della RICDP (Rete internazionale per lo studio del debito pubblico), fondatore di Radio Quarantena, è docente e tra i fondatori dell’Università popolare A. Gramsci (https://www.unigramsci.it). 

                          

venerdì 5 marzo 2021

Il j’accuse di Manon all’occidente liberista - Sergio Cararo

Da: http://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.

E’ diventato virale il breve ma efficacissimo video dell’intervento di Manon Aubry (Paolo Benvegnù - Solidarietà Ambiente Lavoro), giovane europarlamentare di France Insoumise che, nella disfatta sui vaccini, inchioda alle loro responsabilità la commissaria europea Von der Leyen e le istituzioni che rappresenta. Il J’accuse di Manon è reso ancora più forte dal fatto che è stato lanciato “in presenza” dell’interlocutore/nemico e non è un asettico video che magari dice cose giuste e condivisibili. 

                                                                             

In pochissimi minuti, Manon Aubry ha detto cose definitive sul fallimento di un intero modello politico/economico: “sono le multinazionali che decidono, i brevetti sui vaccini sono stati finanziati dai soldi pubblici, i profitti di società come la Pfizer sono schizzati del 20/25%, la Sanofi ha licenziato 400 ricercatori ma ha distribuito dividendi agli azionisti per 4 miliardi, l’Unione Europea è stata ridotta all’impotenza dalle multinazionali, abbiamo imposto restrizioni inimmaginabile ai cittadini ma non riusciamo ad imporre niente alle società del Big Pharma. In sostanza la Commissione Europea ha portato le nostre società in un vicolo cieco”.

Conclusione? Semplice: “se i soldi sono pubblici i brevetti per i vaccini devono essere pubblici.

In questa breve lectio magistralis di anticapitalismo concreto, ci sono due fattori che vanno compresi bene:

a) le classi dominanti e i loro apparati decisionali (in questo caso la Commissione Europea) di fronte alla pandemia hanno portato le nostre società in un budello senza via d’uscita (non si fanno lockdown veri, non si traccia la popolazione, non si producono i vaccini, si aspetta che siano le multinazionali a farci la grazia);

b) la supremazia degli interessi privati non solo rastrella continuamente soldi pubblici, che vengono così sottratti alle esigenze sociali, ma impedisce materialmente le soluzioni necessarie quando si presentano emergenze collettive. Questo vale per la pandemia, com’è evidente, ma anche per tutti i problemi collettivi ed universali. E così per il cambiamento climatico, che è impossibile combattere davvero se si lascia che siano i privati a decidere cosa fare e quanto e quando. Così è per il benessere di tutti, nella polarizzazione mostruosa che aumenta il numero dei poveri assoluti mentre pochissimi ricchi si arricchiscono ogni giorno di più.

In questi due concetti che Manon Aubry ha sbattuto in faccia ai vertici dell’Unione Europea – e in specifico alla prima responsabile del fallimento sulle forniture di vaccini, Ursula von der Leyen – vi è tutto un mondo.

Anzi vi sono due visioni del mondo antagoniste e contrapposte che la realtà si è incaricata – drammaticamente come è sempre stato nella storia dell’umanità – di delineare chiaramente: il fallimento di una visione privatistico-liberale e l’urgenza di una visione alternativa.

Socialista, com’è necessario.

martedì 14 maggio 2024

Il modello liberale ha un cuore fascista - Sergio Cararo

Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO. - Giorgio Cremaschi È stato presidente del Comitato Centrale della FIOM, l'organizzazione dei metalmeccanici della CGIL, dal 2010 al 2012. Dal 12 gennaio 2019 al 12 maggio 2021 è stato Portavoce nazionale di Potere al Popolo!.

Vedi anche: USB Convegno "il salario che non c'è" - GIORGIO CREMASCHI 


L’ultimo libro di Giorgio Cremaschi – “Liberal Fascismo. Come i liberali distruggono la democrazia e ci portano in guerra” nelle librerie dal prossimo 24 maggio – farà sicuramente irritare e inorridire i liberal italiani, siano essi di destra o di “sinistra” (sic!). Eppure afferma una tesi – quella secondo cui il modello liberale ha un cuore nero e fascista – che trova ampie conferme nella storia e in quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

E’ sufficiente guardare al segno e alle conseguenze dell’offensiva liberista della Thatcher e di Reagan negli anni Ottanta ma anche agli enormi danni sociali, economici, politici, culturali dell’impronta liberista impressa all’Unione Europea sin dal suo trattato costitutivo – Maastricht – entrato in vigore nel 1992.

L’egemonia liberale ha prima coltivato e poi sdoganato i fascisti in Europa fino a renderli nuovamente forza agente nell’agenda politica e di governo. In Italia ma non solo in Italia. Ma non è una deviazione dell’oggi. Lo hanno già fatto, apertamente, con il nazismo in Germania e il fascismo in Italia.

Tornano profetiche e di estrema attualità le tesi di Pietro Gobetti, anche lui liberale ma con una impronta progressista profonda, sul “fascismo come rivelazione di quello che c’era dentro il paese”, definendolo come l’autobiografia della nazione.

I livori della pancia profonda di un paese, le sue voglie di ritorsione e di vendetta sociale, le frustrazioni che non riescono a diventare coscienza di classe, vengono sistematicamente incentivate e approfondite dalle misure economiche liberiste e dalla supponenza morale ed ideologica del liberalismo contro “la plebe”.

I fascisti devono poi passare solo a raccogliere e rappresentare questo cumulo di doglianze e aspettative sociali disattese per rovesciarle contro lavoratori o studenti in cerca di riscatto o ambiti culturali (vedi la scuola) via via ritenuti parassitari rispetto alla materialità della società dei consumi. 

sabato 19 febbraio 2022

La guerra a tutti i costi è la “Caporetto” dei mass media - Sergio Cararo

Da: http://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO.

Leggi anche: Stavolta l’atlantismo è nudo. Come il re - Alberto Negri


Questa mattina è addirittura il New York Times a scrivere che “Il presidente Biden e i suoi principali collaboratori riconoscono che stanno mettendo a rischio la credibilità americana mentre rinnovano costantemente l’allarme che alla Russia mancano solo ‘alcuni giorni’ per innescare una guerra non provocata in Europa, che potrebbe uccidere decine di migliaia di ucraini nella sua fase di inizio e far ripiombare il mondo in qualcosa che ricorda la Guerra Fredda”.

Nello stesso articolo il Nyt rileva che i collaboratori di Biden affermano di essere disposti a correre questo rischio. Preferirebbero essere accusati di iperbole e di spavalderia se “è quello che serve per scoraggiare il presidente russo Vladimir V. Putin dal perseguire un’invasione.

Diversamente dal quotidiano statunitense, il giornale economico Financial Times titola nuovamente “La Russia pronta a invadere l’Ucraina entro pochi giorni”. A quanto pare i britannici intendono gareggiare con gli Usa sul piano del bellicismo. Si vede che l’orologio di Londra è tornato indietro di due secoli, ai tempi della russofobia inglese e del “Grande Gioco” che per tutto l’Ottocento vide contrapporsi il Regno Unito e la Russia zarista in tutta l’Asia centrale.

Insomma, ci sono forze che spingono verso una guerra “per forza” – guerreggiata sul campo o annunciata come tale – che sembra essere diventata l’ossessione dell’amministrazione Biden e di quella di Johnson. E gran parte dei mass media, almeno in Occidente, sembra aver scelto di arruolarsi volenterosamente in questa manipolazione della realtà funzionale alla tesi che “la guerra deve esserci comunque”.

venerdì 12 aprile 2019

Con le bombe su Belgrado moriva l’Europa e nasceva l’Unione Europea - Sergio Cararo

Da: http://contropiano.org - Sergio Cararo è direttore di http://contropiano.org 

 A Bologna si è tenuto il convegno nazionale: “Le bombe sulla Jugoslavia venti anni dopo”, organizzato dal Coordinamento nazionale Jugoslavia presso il centro “Katia Bertasi”.

Particolarmente interessanti gli interventi della delegazione dei lavoratori della Zastava di Kragujevac sulla situazione sociale della Serbia e le condizioni capestro degli operai della grande fabbrica “acquisita” dalla Fiat, di Sergio Bellavita (Usb), del presidente del Forum di Belgrado Zivadin Jovanovic, dello studioso Michael Chossudovski, del responsabile esteri del Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia, di Carlo Pona e Alberto Tarozzi attivi nel gruppo degli Scienziati contro la guerra. 

Pubblichiamo qui di seguito il contributo di Sergio Cararo al convegno a nome della redazione di Contropiano:

I bombardamenti delle potenze della Nato su Belgrado e la Federazione Jugoslava venti anni fa sono stati uno spartiacque nella storia europea più recente. La velocità con cui è stata rimossa quella guerra e il silenzio sul ventesimo anniversario,  confermano oggi quanta falsa coscienza e quanti scheletri ci siano nell’armadio delle forze liberali e progressiste europee che vorrebbero rappresentare l’alternativa alle forze reazionarie che vengono crescendo in Europa.

Con i bombardamenti  su Belgrado, una capitale europea, possiamo affermare con le parole dello scrittore Peter Handke, che “è morta l’Europa ed è nata l’Unione Europea”.

Ma quale è stata la colpa della Federazione Jugoslava alla quale per 78 giorni sono stati bombardate le città, le fabbriche come a Kraugujevac e Pancevo, i ponti sul Danubio, le ferrovie mentre transitavano i treni, con centinaia di morti, di feriti, di profughi che nessuno ha voluto vedere?

venerdì 5 febbraio 2021

Retroscena di un paese “commissariato” da dieci anni - Sergio Cararo

 Da: https://contropiano.org - Sergio Cararo, Rete dei Comunisti, Direttore di CONTROPIANO. 

Ascolta anche  Emiliano Brancaccio: QUALCHE VERITA' SUL RITORNO DEL "TECNOCRATE" (https://www.youtube.com/watch?)


L’incarico a Mario Draghi di formare il governo non è stata una sorpresa. Era esattamente il coniglio che le classi dominanti italiane ed europee da mesi volevano tirare fuori dal cilindro facendo fuori il governo Conte, sia nella prima che nella seconda versione.

Esattamente dieci anni dopo, Mario Draghi è tornato così a commissariare dall’alto il nostro paese. Lo aveva fatto nel 2011, firmando il 5 agosto una lettera come presidente entrante della Bce che costrinse Berlusconi alle dimissioni, portò Monti al governo e introdusse misure odiose e antipopolari come la Legge Fornero sulle pensioni e i licenziamenti, l’art.81 in Costituzione, i tagli feroci alla sanità.

Dieci anni dopo è tornato sul luogo del delitto e viene presentato come l’uomo della salvezza per gestire il Recovery Fund, evitare di lasciare il paese senza un governo in un momento d’emergenza e mettere insieme un po’ di classe politica meno cialtrona di quella vista dal 1992 a oggi ( e qui ha poco o niente da scegliere).

Ma perché, quando e come hanno cominciato a fare le scarpe a Conte e preparato il terreno al Commissario Draghi?

lunedì 22 marzo 2021

Corpo biologico e corpo politico sono diventati la stessa cosa - Francesco Fistetti

Da: Nuovo Quotidiano di Puglia (Brindisi) - https://www.facebook.com/francesco.fistetti.5 -francesco fistetti insegna Storia della Filosofia Contemporanea, Università di Bari.
Leggi anche: Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze

Pandemia nel capitalismo del XXI secolo - A cura di Alessandra Ciattini, Marco Antonio Pirrone

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

"L'oblio del Covid è vicino, ma il tempo pandemico è appena iniziato" - Nicola Mirenzi intervista Telmo Pievani

Proletari di tutto il mondo, la vera pandemia è la disuguaglianza - Pasqualina Curcio

La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Come cambia l’economia dopo la pandemia? Ne parliamo con F. Schettino

I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione a cura di Alessandra Ciattini e Marco A. Pirrone

Covid e la fine del sogno americano - Alessandro Carrera

Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou

Dopo Covid, “Rischi di esplosione delle disuguaglianze” - Intervista a Joseph Halevi

Come si muove una pandemia. Il tallone d’Achille della globalizzazione

Possibili conseguenze della pandemia: dal turismo di massa a quello di classe. - Paolo Massucci

IL COVID-19 BUSSA ALLA PORTA DELLA BARBARIE, NON DEL SOCIALISMO. - Paolo Ercolani

ECON-APOCALYPSE: ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CRISI DEL CORONAVIRUS* - Riccardo Bellofiore

Il j’accuse di Manon all’occidente liberista - Sergio Cararo 



Una breve riflessione su che cosa ci sta insegnando il fenomeno mondiale della pandemia. Essa, come avrebbe detto M. Mauss, non è un episodio congiunturale, ma un "fatto sociale totale". Ma a questa dimensione totale non corrisponde ancora un "pensiero planetario" necessario per abbandonare le illusioni neo-liberiste e cambiare in senso convivialista le nostre forme di vita. 



Ad un anno esatto dal primo lockdown nazionale la situazione sanitaria non solo in Italia, ma in tutta Europa non accenna a migliorare. In Italia abbiamo già superato la soglia delle centomila vittime da Covid-19 e la scarsa disponibilità dei vaccini rende problematica l’accelerazione della campagna per debellare il virus. 

Al di là delle sterili polemiche di casa nostra tra “aperturisti” e “rigoristi” (tra sostenitori del primato dell’economia e sostenitori del primato della salute), ciò che colpisce è che a distanza di un anno è cambiata la percezione collettiva dell’evento che stiamo vivendo a livello globale. Se fino a qualche tempo fa il sentimento dominante era la paura o lo sconcerto di fronte a un fenomeno ignoto che metteva in pericolo la vita delle persone, ora sembra essere subentrato un senso di impazienza, una voglia di ritornare il prima possibile al mondo di ieri. Anche a costo di lasciare per strada coloro che per una ragione o per l’altra non ce la fanno. È come se una componente di darwinismo sociale – riassumibile nell’assunto che è naturale che i più deboli periscano - fosse penetrata di soppiatto nel senso comune senza un’esplicita articolazione linguistica. In altre parole, l’illusione che si possa ritornare alle abituali forme di vita del passato non può che generare impazienza, dal momento che il presente non viene visto nei suoi caratteri di novità, ma assume la forma della mancanza del mondo di prima: rispetto al quale lo stato d’animo predominante è l’attesa del ritorno alla cosiddetta normalità. 

lunedì 16 maggio 2022

Le ragioni della Russia - Aristide Bellacicco

Da: https://www.lacittafutura.it - Aristide Bellacicco, "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni"

Leggi anche: La fabbrica della “russofobia” in Occidente - Sergio Cararo

Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)

La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli - Francesco Schettino

Annie Lacroix-Riz: "C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa



Un esame delle ragioni del conflitto alla luce non dello “scontro fra potenze” ma della volontà di potenza statunitense.

È necessario che nella questione Ucraina si operi una scelta di campo: non soltanto da parte marxista ma da parte di tutti coloro che sono ancora in grado di confrontarsi col mondo e con la situazione internazionale sulla base di un atteggiamento razionale che tenga conto della natura storica degli avvenimenti in atto.

La fine della seconda guerra mondiale ha decretato il ruolo egemonico degli Stati Uniti d’America e, insieme, un assetto geopolitico che è stato definito “guerra fredda” nei suoi effetti militari e politici e, sul piano ideologico, ha dato luogo alla contrapposizione fra “democrazie occidentali” e “totalitarismi”.

Paradossalmente, ma non tanto, questa visione ha legittimato nel secolo scorso, e segnatamente dopo la fine dell’Unione Sovietica –vale a dire del principale paese classificato come “totalitario”- la libertà degli Stati Uniti di proporsi e agire come poliziotto del “mondo libero” intervenendo militarmente ovunque l’abbiano ritenuto opportuno in base ai propri interessi: Jugoslavia, Iraq (due volte), Afghanistan ecc.

Ma ancor prima che l’URSS implodesse, l’azione dei servizi e dell’esercito nordamericano si era rivolta con estrema determinazione contro varie esperienze riconducibili a movimenti di indipendenza nazionale e di carattere antiimperialista: basti qui ricordare il Vietnam, Cuba e il Cile.

sabato 23 aprile 2022

La conflittualità valutaria e l’enigma del gas valutato in rubli - Francesco Schettino

Da: https://www.lantidiplomatico.it - Francesco Schettino è un economista, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e all’Università Popolare Antonio Gramsci di Roma. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato uno dei maggiori collaboratori della pregevole rivista marxista La Contraddizione (https://rivistacontraddizione.wordpress.com).

Vedi anche: "CRISI DISUGUAGLIANZE E POVERTÀ" - Sergio Cararo intervista Francesco Schettino

L'attualità più stringente ci induce a pensare che la questione valutaria sia di nuovo al centro dell'attenzione. Non è un caso che essa venga adoperata come arma all’interno di un conflitto esplicito e che sembri essere la reazione più forte e più evidente che il governo russo ha messo in piedi per contrastare le sanzioni che nel frattempo continuano a mutare forma e divenire sempre più coercitive nei confronti della Russia e del popolo russo. Se ne è parlato tanto però sembra opportuno specificare alcuni elementi innanzitutto semplificando all'osso la questione. È pertanto importante tornare un po’ indietro e cercare di delineare dal punto di vista concettuale che cosa è una valuta internazionale e perché appunto il governo russo abbia pensato di attuare una mossa del genere per agire da contrappeso alle sanzioni internazionali. 

Innanzitutto, è importante districarci da quel nodo teorico perlopiù inventato dal mainstream - in altri termini la scuola liberale, conosciuta in dottrina come neoclassica o marginalista - per cui la moneta non possa influenzare le variabili reali come disoccupazione e reddito (il famoso “velo”). A livello capitalistico la moneta è una merce a tutti gli effetti disponendo di tutte le caratteristiche degli altri beni prodotti capitalisticamente e cioè di un valore d’uso, un valore di scambio. Solo le banche centrali hanno l’autorità per emetterle e dunque si può dire che esista un monopolio nella sua produzione.

Semplificando al massimo, dunque, quando si parla di due elementi fondamentali ossia delle riserve internazionali di valuta pregiata e al contempo della valutazione di alcune risorse, come per esempio il caso del gas - o potrebbe essere anche quello del petrolio -, in valute diverse si toccano questioni di un certo rilievo che vanno a far vacillare i gangli del sistema stesso. In sostanza, le riserve internazionali - che quasi tutte le banche centrali del mondo detengono - servono principalmente per tre ragioni 1) Acquistare merci straniere; 2) Agire da potenziale contrappeso (anche come deterrente) per eventuali ondate speculative al ribasso sulla valuta nazionale; 3) Onorare contratti (anche debiti) denominati in valuta pregiata straniera.

sabato 13 marzo 2021

La guerra dei vaccini - Aldo Giannuli

Da: Aldo Giannuli - Aldo Giannuli è uno storico e saggista italiano, direttore del centro studi Osservatorio Globalizzazione. - http://www.aldogiannuli.it -

Il vaccino cubano, come funziona - Fabrizio Chiodo, Domenico Somma


Come era facilmente prevedibile, sui vaccini è in corso una vera e propria guerra: uno scontro geopolitico in piena regola che influenzerà in maniera significativa il posizionamento strategico delle potenze mondiali per i prossimi anni e decenni.

                                                                         

Vedi anche le ricadute possibili per l'Italia e L'Europa: E' iniziato il dopo covid? il caso della Ue 


lunedì 8 marzo 2021

Geopolitica dei vaccini - Mappa Mundi



L'uso geopolitico dei vaccini anti Covid. I vaccini 'occidentali' contro quelli russo e cinesi? I casi dell'America Latina, Israele, Africa, Medio Oriente e Sud-Est asiatico 
In studio Giorgio Cuscito (Limes). In collegamento Dario Fabbri (Limes). Conduce Alfonso Desiderio. 

                                                                           

Vedi anche la puntata di Mappa Mundi: Clima e virus, emergenze (pseudo)globali e geopolitica ►https://www.youtube.com/watch?v=JUeBo...​ 
Guarda tutte le puntate di Mappa Mundi ►https://www.youtube.com/playlist?list... 

lunedì 14 dicembre 2020

50 anni fa il “Golpe Borghese”: un denso saggio di Fulvio Mazza - Guglielmo Colombero

Da: http://www.bottegaeditoriale.it - 

Leggi anche: COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SULLA LOGGIA MASSONICA P2 - RELAZIONE DI MAGGIORANZA dell'onorevole TINA ANSELMI

Quella di Bologna fu strage fascista e di Stato, come le altre - Sergio Cararo


Per Pellegrini editore una sorta di provocatorio “Quarto grado di giudizio”. Fra i tristi protagonisti, Andreotti, Gelli, Maletti… 

Nel saggio Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (Pellegrini editore, pp. 272, € 16,00) viene affrontato, con grintoso spirito giornalistico, un argomento particolarmente delicato e spinoso: la ricostruzione di quanto accadde nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 1970, quando le istituzioni democratiche del nostro paese rischiarono di essere violentemente sovvertite dai neofascisti guidati dall’ex comandante della X Mas, Junio Valerio Borghese, e manovrati nell’ombra dal “Gran Maestro” della loggia massonica deviata P2 Licio Gelli. Il tutto con la probabile (la documentazione è credibile, ma non è sufficiente per dare una parola definitiva) complicità di Giulio Andreotti.

L’autore è il nostro direttore Fulvio Mazza, che non avrebbe bisogno di ulteriori presentazioni, ma del quale evidenziamo comunque come sia un affermato storico contemporaneista, con, al suo attivo, numerosi saggi editi, fra gli altri, da: Esi, Franco Angeli, Istituto della Enciclopedia italiana (“Treccani”), Laterza, Pellegrini, Rubbettino.


Il saggio nasce e si verifica anche e soprattutto tramite la documentazione, spesso inedita, proveniente da varie fonti: innanzitutto il Sid, la Commissione parlamentare P2 e la Commissione parlamentare stragi. Una documentazione che viene anche riportata per alcuni atti più qualificanti. (Bottega editoriale) 



La demonizzazione dei “rossi” come “Antefatto” e pretesto del “Golpe”

Il primo capitolo si occupa di esaminare i fatti, la cui trattazione è approfondita in dieci paragrafi. Nel primo paragrafo, Il contesto politico: per le Forze armate il Pci e la sinistra sono i nemici e la Dc non riesce più a garantire l’ordine costituito. L’influenza delle vicine dittature, l’autore analizza i presupposti della cospirazione: la pulsione golpista fermenta all’interno di una «classe arrogante che avvertiva come prossimo il termine del proprio potere di casta». Il teorema è suggestivo quanto verosimile: il “Golpe Borghese” come ultimo colpo di coda di un’oligarchia agonizzante, che, non potendo più contare sulla prevalenza degli elementi più conservatori all’interno della Democrazia cristiana dopo la caduta del governo Tambroni, punta a riprodurre in Italia una situazione analoga a quella della Grecia dei colonnelli, dove tre anni prima, con il pretesto di una (inesistente) minaccia comunista, una cricca di militari corrotti (finanziati dietro le quinte dai ricchi armatori come Onassis e Niarchos: i corrispettivi dei nostri Calvi e Sindona) si era impadronita dello Stato, gettando in carcere migliaia di oppositori. Mazza sottolinea come nel corso degli anni ’60, dopo la prima esperienza del centrosinistra, la Dc sia diventata un «marasma correntizio sempre più oscillante fra il conservatorismo, che la permeava fortemente, e le nuove istanze progressiste che vedevano crescere i consensi tra le sue fasce giovanili, intellettuali e fra quelle legate al mondo del solidarismo cattolico e del sindacalismo cislino». Dal canto suo, l’opposizione di sinistra, egemonizzata dal Pci ancora legato ideologicamente all’Urss, è maggioritaria all’interno del sindacato più rappresentativo, la Cgil, e l’“Autunno caldo” ha dimostrato come le istanze della classe lavoratrice siano state in grado di ottenere una conquista fondamentale come lo Statuto dei lavoratori, che ha eroso notevolmente lo strapotere dei “padroni delle ferriere” italiani.

venerdì 17 giugno 2022

L’industria della menzogna quale parte integrante della macchina di guerra dell’imperialismo - Domenico Losurdo (2013)

Da: https://www.voltairenet.org - Domenico Losurdo è stato un filosofo, saggista e storico italiano. - http://domenicolosurdo.blogspot.com/

Leggi anche: L'Holodomor, la propaganda liberale e le rimozioni storiche dell'Occidente [1] - Domenico Losurdo

La fabbrica della “russofobia” in Occidente - Sergio Cararo

Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

La fabbrica del falso Strategie della menzogna nella politica contemporanea - Vladimiro Giacché



Nella storia dell’industria della menzogna quale parte integrante dell’apparato industriale-militare dell’imperialismo il 1989 è un anno di svolta. Nicolae Ceausescu è ancora al potere in Romania. Come rovesciarlo? I mass media occidentali diffondono in modo massiccio tra la popolazione romena le informazioni e le immagini del «genocidio» consumato a Timisoara dalla polizia per l’appunto di Ceausescu.

Cos’era avvenuto in realtà? Avvalendosi dell’analisi di Debord relativa alla «società dello spettacolo», un illustre filosofo italiano (Giorgio Agamben) ha sintetizzato in modo magistrale la vicenda di cui qui si tratta:

«Per la prima volta nella storia dell’umanità, dei cadaveri appena sepolti o allineati sui tavoli delle morgues [degli obitori] sono stati dissepolti in fretta e torturati per simulare davanti alle telecamere il genocidio che doveva legittimare il nuovo regime. Ciò che tutto il mondo vedeva in diretta come la verità vera sugli schermi televisivi, era l’assoluta non-verità; e, benché la falsificazione fosse a tratti evidente, essa era tuttavia autentificata come vera dal sistema mondiale dei media, perché fosse chiaro che il vero non era ormai che un momento del movimento necessario del falso. Così verità e falsità diventavano indiscernibili e lo spettacolo si legittimava unicamente mediante lo spettacolo.
Timisoara è, in questo senso, l’Auschwitz della società dello spettacolo: e come è stato detto che, dopo Auschwitz, è impossibile scrivere e pensare come prima, così, dopo Timisoara, non sarà più possibile guardare uno schermo televisivo nello stesso modo» (Agamben 1996, p. 67).

Il 1989 è l’anno in cui il passaggio dalla società dello spettacolo allo spettacolo come tecnica di guerra si manifestava su scala planetaria. Alcune settimane prima del colpo di Stato ovvero della «rivoluzione da Cinecittà» in Romania (Fejtö 1994, p. 263), il 17 novembre 1989 la «rivoluzione di velluto» trionfava a Praga agitando una parola d’ordine gandhiana: «Amore e Verità». In realtà, un ruolo decisivo svolgeva la diffusione della notizia falsa secondo cui uno studente era stato «brutalmente ucciso» dalla polizia. A vent’anni di distanza lo rivela, compiaciuto, «un giornalista e leader della dissidenza, Jan Urban», protagonista della manipolazione: la sua «menzogna» aveva avuto il merito di suscitare l’indignazione di massa e il crollo di un regime già pericolante (Bilefsky 2009).