mercoledì 13 giugno 2018

L’IDEA DI COMUNITÀ IN IVAN ILLICH - Marianna De Ceglia

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - https://www.facebook.com/dialettica.filosofia/
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/04/prometeo-tecnica-e-potenza-carlo-sini.html



 La crisi come opportunità

Ivan Illich1 è stato un filosofo, un sociologo e un sacerdote2, facente parte di quella generazione di intellettuali contestatori della modernità negli anni sessanta e settanta. Ha un senso scegliere di ripartire dalle parole di questo sovvertitore di certezze per la straordinaria attualità del suo pensiero e la sua capacità di leggere analiticamente e criticamente la società del suo tempo.

Gustavo Esteva, intellettuale deprofessionalizzato, collaboratore e traduttore di Ivan Illich a partire dal 1983, riconosce il carattere quasi “profetico” delle riflessioni di questo pensatore rivoluzionario:

Illich anticipò con stupefacente lucidità l’odierno disastro, la decadenza di tutte le istituzioni, il modo in cui, una dopo l’altra, hanno iniziato a produrre il contrario di ciò che vorrebbe giustificare la loro esistenza. Fece vedere con precisione i modi in cui la corruzione del meglio diviene il peggio. E previde anche i modi in cui la gente avrebbe reagito contro il disastro3.

Arturo Escobar4 riporta nel suo saggio L’immaginazione dissidente il giudizio formulato da Erich Fromm, celebre filosofo e psicologo tedesco, su Ivan Illich, di cui era amico e collaboratore. Egli ritiene che la caratteristica centrale del pensiero illichiano sia l’umanesimo radicale, ossia:

una prontezza ed una capacità di porre in discussione criticamente tutte le certezze e le istituzioni che sono diventate puri e semplici idoli chiamati senso comune, logica e tutto ciò che si presume essere naturale. Questo modo radicale di porre in discussione le acquisizioni del mondo in cui viviamo è possibile solo quando non si diano per scontati i concetti base della società in cui si vive o addirittura di un intero periodo storico […]. Il dubbio radicale [caratteristica del pensiero illichiano] è, al tempo stesso, svelare e scoprire […]5.

L’analisi teorica sviluppata da Ivan Illich è incentrata sulla critica dei dogmi della modernità e del mito dello sviluppo da essa promosso. La modernità è caratterizzata dalla prevalenza di un’attitudine specifica, ossia il superamento del limite; la figura mitologica paradigmatica che incarna questa attitudine è Prometeo. L’atteggiamento ribelle e arrogante, con cui Prometeo sfida gli dei, è analogo alla hybris dell’uomo moderno; egli manifesta un delirio di onnipotenza, illudendosi di detenere un potere pressoché assoluto. La specificità della società moderna è l’aspettativa di una crescita economica illimitata:

La storia dell’uomo moderno […] è la storia dell’affievolirsi della speranza e del sorgere delle aspettative. Per capire ciò che questo vuol dire dobbiamo scoprire la differenza tra speranza e aspettativa. Speranza, nell’accezione più pregnante, indica una fede ottimistica nella bontà della natura, mentre aspettativa, nel senso in cui utilizzerò questo termine, è contare su risultati programmati e controllati dall’uomo. La speranza concentra il desiderio su una persona dalla quale attendiamo un dono. L’aspettativa attende soddisfazione da un processo prevedibile, il quale produrrà ciò che è nostro diritto pretendere. Oggi l’ethos prometeico ha messo in ombra la speranza. La sopravvivenza della specie umana dipende dalla sua riscoperta come forza sociale6.

La riflessione critica, relativa al mito dello sviluppo, è degna di attenzione, nella misura in cui questo esercita un condizionamento molto forte sulla mentalità collettiva; essa prende avvio dalla considerazione intorno agli strumenti necessari all’uomo per vivere nel proprio ambiente. La crescita illimitata lo induce a cercare la propria soddisfazione nell’asservimento allo strumento. Illich riconduce l’origine della crisi odierna alla sostituzione progressiva dello strumento all’uomo:

Da parte mia, io avanzo la seguente spiegazione: la crisi ha le sue radici nel fallimento dell’impresa moderna, cioè la sostituzione della macchina all’uomo. Il grande progetto di sostituire la soddisfazione razionale e anonima alla risposta occasionale e personale si è trasformato in un implacabile processo di asservimento del produttore e di intossicazione del consumatore. La relazione dall’uomo allo strumento è divenuta una relazione dallo strumento all’uomo. Qui bisogna riconoscere il fallimento. E’ un centinaio d’anni che cerchiamo di far lavorare la macchina per l’uomo e di educare l’uomo a servire la macchina. Adesso ci si accorge che a un certo punto la macchina “non funziona”, che l’uomo non riesce a conformarsi alle sue esigenze, a farsi suo servitore a vita7.

Egli privilegia un’accezione positiva del concetto di crisi, intendendo con esso il momento nel quale viene operata una scelta, sulla base di una presa di coscienza da parte dell’individuo della possibilità di vivere in maniera differente.

Allorché le istituzioni dominanti (come il settore finanziario, le reti di distribuzione dell’energia o la regolamentazione della distribuzione delle merci e dei servizi da parte dello Stato e del mercato) entrano in crisi, Illich non sembra aver paura di dare il benvenuto alla crisi. Saluta in essa il possibile punto di svolta nel cammino verso l’inversione istituzionale liberatrice. Però non pensa che questa inversione sia facile. Consisterà in un cambiamento politico radicale che, a suo avviso, per quanto difficile sia, è pensabile e realistico8.

Etimologicamente, il termine “crisi” rinvia al concetto di cambiamento.

Il vocabolo crisi indica oggi il momento in cui medici, diplomatici, banchieri e tecnici sociali di vario genere prendono il sopravvento e vengono sospese le libertà. Come i malati, i paesi diventano casi critici. Crisi, la parola greca che in tutte le lingue moderne ha voluto dire “scelta” o “punto di svolta” ora sta a significare: “Guidatore, dacci dentro!”. Evoca cioè una minaccia sinistra, ma contenibile mediante un sovrappiù di denaro, di manodopera e di tecnica gestionale. Ma “crisi” non ha necessariamente questo significato. Non comporta necessariamente una corsa precipitosa verso l’escalation del controllo. Può indicare l’attimo della scelta, quel momento meraviglioso in cui la gente all’improvviso si rende conto delle gabbie nelle quali si è rinchiusa e della possibilità di vivere in maniera diversa. Ed è questa la crisi, nel senso appunto di scelta, di fronte alla quale si trova oggi il mondo intero9.

 Il concetto di strumento 

Leggi tutto: http://www.dialetticaefilosofia.it/public/pdf/48deceglia.pdf  



Note dela prima parte:

1 Nato a Vienna nel 1926, è costretto con la madre ebrea e i fratelli a lasciare l’Austria nel 1941 a causa delle leggi razziali e a recarsi a Firenze, dove inizia i suoi studi. La sua vita subisce una svolta con la decisione di entrare in seminario e avviarsi al sacerdozio; nel 1951 sotto il pontificato di Pio XII è ordinato sacerdote. Viene nominato viceparroco in una comunità portoricana, dove consegue un successo educativo e pastorale. Dopo un lungo viaggio nel continente latino-americano, approda in Messico. Sceglie Cuernavaca come centro della sua attività, dove assieme a Valentine Borremans fonda nel 1966 il CIDOC, un centro di interdocumentazione culturale. Nato come una scuola, in cui ai sacerdoti missionari è data la possibilità di formarsi dal punto di vista linguistico, esso diventa un luogo di incontro di intellettuali di ogni nazionalità. L’attività di ricerca relativa alle tradizioni e alle culture latinoamericane, che qui si svolge, è finalizzata a muovere un violento attacco alla modernità.

2 Il rapporto tra Illich e la Chiesa cattolica è controverso e travagliato. Essa pone sotto stretta osservazione il CIDOC, di cui teme un’azione eccessivamente autonoma e irriverente. Il 17 giugno 1968 Illich viene chiamato a Roma davanti alla Congregazione per la dottrina della fede e viene sottoposto ad un interrogatorio processuale. Sebbene non vi sia mai stata ufficialmente una condanna o censura personale, Illich rende pubblicamente nota la separazione consensuale avvenuta con la Chiesa cattolica, in seguito ad una forte presa di posizione da parte di quest’ultima. Illich non avanzerà mai la richiesta di essere ridotto allo stato laicale.

3 G. ESTEVA (a cura di), Repensar el mundo con Ivan Illich, Taller editorial, Mexico 2012; trad. it. di A. Zanchetta e A. Cozzi, Ripensare il mondo con Ivan Illich, Hermatena, Riola 2014, p. 11

4 Antropologo colombiano, noto per i suoi contributi agli studi sulla teoria del post-sviluppo e sull’ecologia politica.

5 I. ILLICH, Rivoluzionare le istituzioni. Celebrazione della consapevolezza, Mimesis, 2012, p. 8-9 in G. ESTEVA (a cura di), Ripensare il mondo con Ivan Illich, cit., p. 59

6 I. ILLICH, Deschooling Society, Harper&Row, New York 1971; trad. it. di E. Capriolo, Descolarizzare la società, Mondadori, Milano 1975, pp. 156-157

7 I. ILLICH, Tools for Conviviality, Calder and Boyars, London 1973; trad. it. di M. Cucchi, La convivialità, Mondadori, Milano 1974, p. 29

8 G. ESTEVA (a cura di), Ripensare il mondo con Ivan Illich, cit., p. 152

9 I. ILLICH, The Right to Useful Unemployment, Marion Boyars, London 1978; trad. it. di E. Capriolo, Disoccupazione creativa, Red Edizioni, Como 1996, pp. 19-20


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