lunedì 11 giugno 2018

- Julian Assange è un problema solo per l’Ecuador o anche per noi? - Alessandra Ciattini




Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.

Quale sarà il destino di Julian Assange e cosa faranno di lui Trump e Moreno? 

Il Venezuela sembra essere il paese latinoamericano che attira più di tutti l’attenzione dei media (soprattutto la TV), che invece ignorano quasi del tutto le vicende dell’Ecuador, in cui al presidente Rafael Correa è successo Lenín Moreno, eletto circa un anno fa, presentandosi come continuatore della Revolución Ciudadana, avviata dal primo. Eppure l’Ecuador costituisce il secondo produttore di petrolio in America Latina, collocandosi proprio alle spalle del Venezuela, ed inoltre continua a tenere nella sua ambasciata di Londra Julian Assange, attivista politico e fondatore di WikiLeaks, che ha svelato al mondo intero documenti militari e diplomatici statunitensi e di altri paesi e che probabilmente solo i nostri nipoti avrebbero potuto leggere.
In particolare, WikiLeaks ha pubblicato documenti relativi a come sono trattati i detenuti del carcere di Guantánamo, che Obama aveva promesso di smantellare, informazioni relative agli aspetti più oscuri della guerra in Afghanistan, come il massacro di civili, documenti connessi alla guerra in Irak, come le famose torture nel carcere di Abu Ghraib e la deliberata uccisione di civili, valutazioni dei più importanti leader politici mondiali, che quindi evidentemente debbono essere costantemente tenuti sotto osservazione. Infine, nel 2017 WikiLeaks ha reso noto che la CIA, affiancata dalla NSA (National Security Agency) spia milioni di cittadini nel mondo utilizzando cellulari, televisori impiegati come microfoni, della cui presenza ovviamente siamo inconsapevoli.
Come è noto, Assange si era rifugiato nel 2012 nell’ambasciata ecuadoriana dopo essere stato accusato di stupro dalle autorità svedesi ed era stato ben accolto con lo scopo dichiarato di difendere la libertà di espressione. Ma l’elezione di Moreno e la sua vittoria al referendum del febbraio 2018, il cui scopo principale era impedire la rielezione indefinita del presidente della Repubblica (Correa era già stato eletto 3 volte) e mettere nelle mani di Moreno l’organismo di controllo delle istituzioni, creato con la costituzione del 2008, rende assai critica la posizione di Assange. Infatti, sembra che il nuovo direttore d’orchestra (Moreno) abbia cambiato musica, togliendo per esempio all’attivista australiano la connessione internet [1] e cercando di rendergli difficile il prosieguo del soggiorno nell’ambasciata londinese.

Come si ricava da The Guardian, a questo punto l’Ecuador (o meglio Moreno) vorrebbe cacciarlo dall’ambasciata, dato che lo stesso presidente lo considera un problema ereditato e un sasso nella scarpa. Ma la questione si presenta di difficile soluzione, dato che Assange ha ricevuto la cittadinanza ecuadoriana, che però non gli ha consentito di ottenere lo status di diplomatico in Gran Bretagna; quest’ultima minaccia di arrestarlo, per non aver rispettato le condizioni di rilascio su cauzione, quando nel 2012 chiese protezione all’Ecuador, anche se ormai la Svezia ha lasciato cadere le sue accuse. E ciò nonostante che nel 2016 le Nazioni Unite abbiano definito illegale la prigionia dell’attivista australiano, costretto a vivere lontano dalla sua famiglia in due piccole stanze e impossibilitato ad uscire perché potrebbe essere estradato negli Stati Uniti, dove rischia la pena di morte per spionaggio, cospirazione, furto di beni governativi. L’accanimento degli Stati Uniti si spiega anche con il fatto che i media hanno da tempo diffuso la notizia della vicinanza di Assange alla Russia di Putin [2], di cui sarebbe addirittura una marionetta, accusandolo allo stesso tempo di aver messo in pericolo la vita di molte persone con la diffusione dei documenti, inviati da WikiLeaks ai maggiori giornali del mondo. E ovviamente non può essere accantonato il fatto che ha squadernato davanti al mondo i panni sporchi delle amministrazioni statunitensi in parte già filtrati, ma certo non massicciamente diffusi. 

Naturalmente il cambiamento di atteggiamento delle autorità ecuadoriane verso Assange deve essere considerato all’interno della trasformazione politica impostasi nel paese a seguito dell’elezione di Moreno alla presidenza della repubblica, prima stretto collaboratore di Correa e successivamente uno dei suoi più feroci critici. In particolare, quest’ultimo, secondo la strategia già impiegata in altri paesi latinoamericani, viene accusato insieme ai suoi più stretti consiglieri di corruzione, benché non siano disponibili evidenze significative di tale delitto. Tuttavia, nel caso dell’Ecuador, appare un’interessante novità: chi rimette in discussione il ruolo di Correa nel miglioramento generale delle condizioni di vita della popolazione non è un suo avversario, ma un suo “amico” [3], che ha svelato il suo vero volto solo dopo aver vinto le elezioni con l’appoggio dello stesso Correa.
Il tema della corruzione è sempre stato agitato da coloro che vogliono mettere in discussione la natura pubblica di certe imprese centrali nella vita economica di un paese, come l’Empresa Pública de Hidrocarburos dell’Ecuador, che Moreno sembrerebbe intenzionato a privatizzare, sottomettendosi alle pressioni delle corporazioni petrolifere e prefigurando un riavvicinamento agli Stati Uniti. D’altra parte, nonostante che con Correa l’Ecuador si è ripreso dagli Stati Uniti la base di Manta, è dal 2000 che la sua economia è subordinata a quella statunitense per la dollarizzazione, che se ha tenuto a freno l’inflazione, per un altro verso non ha fatto che aumentare i debiti contratti dal paese latinoamericano con i relativi interessi.
Se finora abbiamo cercato di mostrare come Assange costituisca un problema assai serio per l’attuale governo ecuadoriano, ora proviamo a chiederci se egli debba stimolare anche la nostra solidarietà e, quindi, se dobbiamo porci il problema della sua liberazione. Nonostante le “chiacchere” che ho riportato su di lui, dal momento che sta in prigionia “volontaria” da più di 6 anni e che continua ad essere perseguitato dagli Stati Uniti, credo che abbia fatto un lavoro di cui dobbiamo essergli grati, aprendo anche gli occhi di coloro che ostinatamente continuavano a tenerli chiusi. Ma a mio parere c’è anche di più.
Distinguerei due aspetti della questione, che hanno a che fare con la nostra attuale condizione di individui nelle mani di un potere mastodontico, invisibile ed anonimo che si cela dietro provvedimenti, il cui scopo dichiarato è quello di regolare in maniera razionale e corretta le relazioni sociali, ma che di fatto sono piegati all’ottenimento di benefici da parte di alcuni, ben nascosti dietro questo primo livello visibile e sempre ben ostentato. In questo caso tale livello deve essere identificato con Donald Trump, che ha il compito ai attrarre la nostra attenzione con le sue stranezze e volgarità.
Da ciò ricavo che anche il caso di Assange, come quello delle cosiddette guerre umanitarie, evidenzia la paradossale scissione tra la dimensione del diritto, internazionale e nazionale, opportunamente manipolata, e quella delle reali finalità a cui si tende con la sua applicazione formale, che finisce col calpestare gli stessi diritti fondamentali degli individui. Scissione paradossale che si è fatta sempre più acuta con l’accentuarsi della stratificazione sociale, l’istituzione di una burocrazia sempre più verticale e distante, di un potere sempre più opaco e misterioso, oggetto di riflessioni sociologiche e politiche, ma anche fonte di ispirazione di celebri opere letterarie, tutte centrate sulla condizione angosciosa in cui siamo costretti a vivere e che ci trasforma in esseri totalmente inermi.
Note
[1] Ciò perché Assange avrebbe inviato messaggi in cui interferisce con la politica interna di alcuni paesi, per esempio sostenendo l’autonomia della Catalogna.
[2] Che, d’altra parte, sta ospitando Edward Snowden, che ha lavorato per la CIA e per la NSA, rendendo noti i programmi di sorveglianza di massa nell’ambito delle comunicazioni telefoniche e telematiche.
[3] È stato vicepresidente dell’Ecuador dal 2007 al 2013, quindi in un’ottima posizione per conoscere chi era corrotto o no, ma in quell’epoca non hai mai svelato nulla.


Nessun commento:

Posta un commento