La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
domenica 12 gennaio 2025
Marxismo in Cina e la via cinese al socialismo
martedì 17 dicembre 2024
Le origini dell’imperialismo - Alessandra Ciattini
Da: https://ottolinatv.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it).
Torna Alessandra Ciattini in una serie a puntate per presentare le origini del fenomeno imperialista a partire dalla crisi del feudalesimo europeo: così iberici, francesi, olandesi e inglesi partirono alla conquista dei mari esportando la violenza endogena portando avanti un processo di occidentalizzazione del mondo.
martedì 19 novembre 2024
Ripensare il marxismo, progettare la società post-capitalista - Giorgio Grimaldi
Da: https://www.dialetticaefilosofia.it - Domenico Losurdo (1941-2018) è stato uno dei massimi filosofi politici italiani. Le sue opere vedono numerose edizioni in Italia e all’estero. Pubblichiamo qui l’Introduzione al testo postumo a cura di Giorgio Grimaldi. Per chi voglia seguire la presentazione del testo cura della Fondazione Lelio e Lisli Basso, veda il seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=mydLgzvxpwQ
§1. Perché La questione comunista?
Nella genesi di un’opera agiscono le questioni, le esigenze che all’autore si presentano come elementi che decidono del movimento del proprio tempo. Possono occupare una posizione più o meno centrale, o appariscente, nel dibattito riservato a determinati circoli culturali o anche agli occhi dell’opinione pubblica, e compito dell’autore è quello in primo luogo di individuarli, isolandoli dal materiale che, seguendo la logica delle mode, è avvertito come argomento “del momento”, e che “nel momento” si esaurisce. L’opera che la moda (oppure la mera contingenza) detta non presuppone un’analisi degli aspetti decisivi del proprio tempo, ma ne riflette, con maggiore o minore eleganza, le decisioni.
Per un filosofo come Domenico Losurdo, che non ha mai seguito o assecondato le mode ma ha sempre mantenuto libero e coerente lo sguardo su un obiettivo – «l’emancipazione politica e sociale dell’umanità nel suo complesso» (infra, p. 178) –, la prima domanda che occorre porsi di fronte a questo testo inedito (il primo lavoro monografico a essere pubblicato dopo la scomparsa, avvenuta il 28 giugno del 2018) è il perché abbia scelto di proseguire nel progetto di ripensamento del marxismo che ha animato l’ultima fase del suo pensiero. Non si tratta, come invece il titolo di lavoro del volume (La questione comunista a cent’anni dalla rivoluzione d’ottobre) potrebbe suggerire, di un testo che prende avvio da un’occasione, da una contingenza. Certo, si innesta nelle discussioni nate a partire dalla ricorrenza del centenario della rivoluzione del 1917, ma, fuori da ogni intento celebrativo e apologetico, La questione comunista intende articolare un bilancio storico dell’esperienza sovietica e del marxismo nel suo complesso. Non solo: Losurdo osserva il marxismo negli elementi che in esso confluiscono e in ciò che è capace, in un futuro prossimo o remoto, di produrre.
Il primo sguardo, rivolto al passato, dispone l’esperienza del marxismo novecentesco sempre a stretto contatto con il secolo – fondativo – precedente, nel legame – critico ma profondo ed essenziale – con Hegel e la filosofia classica tedesca nel suo complesso. Losurdo affronta anche il rapporto problematico e tormentato con l’ebraismo e il cristianesimo, di cui alcuni aspetti costitutivi (uno su tutti: il messianismo) sono di primaria importanza per comprendere caratteri e limiti del marxismo stesso, del movimento comunista e del progetto di «una società post-capitalistica» (infra, p. 186). Il secondo sguardo, quello verso il futuro, non vi indugia non per una coerenza tematica del testo bensì per una questione di natura teoretica: il marxismo di Losurdo ne espunge gli elementi di carattere utopistico e messianico, vale a dire tutto ciò che rimanda a un futuro che ha le caratteristiche di un totalmente Altro rispetto all’immanenza attuale, allo stato di cose presente, e che si realizza nella forma dell’immediatezza, con la semplicità e la potenza dell’avvento del Messia. L’immediatezza dell’avvento del mondo emancipato e la visione particolare che questa forma mentis ne ha di esso – e cioè la completa assenza di conflitti e contraddizioni – sono gli elementi centrali di uno schema utopistico-messianico che (Losurdo vi insiste con grande chiarezza) può avere una funzione positiva, di mobilitazione, in una fase iniziale della lotta per l’emancipazione, ma che in un secondo momento non può più sussistere e deve lasciare spazio ai compiti concreti della gestione del potere senza il quale non è possibile «costruire» alcuna «società post-capitalistica» (infra, ibid.).
Veniamo così a un punto che ha una posizione strategica nel pensiero di Losurdo e nel suo ripensamento del marxismo, che in questo testo approda a risultati teorici determinanti: si tratta della questione del potere. È proprio l’articolazione di tale questione a contenere uno dei motivi che costituiscono la risposta alla domanda da cui abbiamo preso le mosse: perché stabilire una priorità di scrittura e di pubblicazione a un’opera intenta a ripensare il marxismo, oggi?
§2. Una nuova sezione del progetto per il ripensamento del marxismo
martedì 5 novembre 2024
La categoria di imperialismo è ancora attuale e quali sono i paesi imperialisti? - Domenico Moro
IL COLONIALISMO di ieri e di oggi. USA, RUSSIA, e CINA: quali sono realmente i PAESI IMPERIALISTI? - Alessandra Ciattini
Leggi anche: L'imperialismo. Fase suprema del capitalismo*- Vladimir Lenin (1916)
Il capitale finanziario (estratti dal capitolo XXII, 1910) - Rudolf Hilferding
Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo
Sviluppo capitalistico e Guerra. Un testo illuminante di Gianfranco Pala
Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin - Renfrey Clarke, Roger AnnisIMPERIALISMO E SOCIALISMO IN ITALIA - Vladimir Lenin (1915)
L’imperialismo nel XXI secolo - John Smith
Dalla fine dell’Ottocento, l’imperialismo moderno si sviluppa come sistema di dominio economico e politico delle potenze capitaliste occidentali. Oggi, nonostante la decolonizzazione, persistono dinamiche imperialiste che si manifestano tramite il controllo finanziario e geopolitico esercitato da Stati e multinazionali.
Il termine di imperialismo è associato ai più importanti imperi del passato come quello romano o quello persiano. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento il termine di imperialismo è stato ripreso per descrivere la nuova realtà mondiale, caratterizzata dalla formazione di diversi imperi facenti riferimento soprattutto agli stati dell’Europa occidentale. Per questo il periodo tra la seconda metà dell’Ottocento e il 1945, quando inizia la decolonizzazione, è stato definito l’età degli imperi. L’impero più vasto era quello britannico, seguito da quello francese, spagnolo, portoghese e olandese, che erano gli imperi più antichi. Tra gli ultimi Paesi a partecipare alla corsa alle colonie ci furono gli Stati Uniti, il Giappone, la Germania, il Belgio e l’Italia.
L’imperialismo moderno si differenzia da quello antico perché non rappresenta soltanto un espansionismo militare bensì un espansionismo in primo luogo economico, basato sulla conquista di territori da sfruttare e utilizzare economicamente, le colonie. L’imperialismo è una fase dello sviluppo del capitalismo, caratterizzando in modo peculiare l’economia dei Paesi imperialisti. Dal punto di vista globale l’imperialismo è un sistema basato sulla divisione tra un centro metropolitano, i Paesi imperialisti, e una periferia e una semiperiferia, entrambe sfruttate e oppresse dal centro.
Dal momento che dopo il 1945 è iniziato il processo di decolonizzazione e le ex colonie sono divenute stati indipendenti, si può parlare dell’esistenza di un imperialismo ancora oggi? Riteniamo di sì, ma con delle differenze. Quella di imperialismo rimane, quindi, una delle più importanti categorie di interpretazione della realtà. Per analizzare l’imperialismo attuale e definire le novità rispetto a quello della prima metà del Novecento dobbiamo partire da un testo che fu fondamentale nell’interpretazione dell’età degli imperi, “L’imperialismo. Fase suprema del capitalismo” di Lenin.
martedì 8 ottobre 2024
2024 o 1914? - Incontro con Luciano Canfora, introduce Federico Losurdo
mercoledì 28 agosto 2024
Dal rifiuto dell’universalità hegelomarxista alla frantumazione postmoderna - Stefano G. Azzarà
Da: https://www.dialetticaefilosofia.it - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.
Vedi anche: La fine della democrazia moderna - Stefano G. AzzaràDal rifiuto dell’universalità hegelomarxista alla frantumazione postmoderna delle identità: sputando troppo su Hegel si finisce prima o poi per sputare anche su Diotima
Premessa
In un’intervista rilasciata al giornale liberista-conservatore “Il Foglio”, la filosofa Adriana Cavarero – una delle maggiori teoriche italiane del femminismo della differenza sessuale – ha espresso di recente le sue preoccupazioni per gli sviluppi della «teoria del gender fluid» e per le rivendicazioni politiche maturate in seno alle «avanguardie lgbt» 1 . In questa composita «galassia», dice, è emersa via via una profonda «polemica» nei confronti del femminile e persino una volontà di censura «verso l’uso della parola donna». Nella «neolingua» che questo movimento va proponendo – con un’arroganza rafforzata dalla sintonia con le dinamiche linguistiche di stampo terroristico del “politicamente corretto” oggi dominante –, sarebbe «vietato dichiarare che i sessi sono due» e sarebbe vietato soprattutto – appunto – «l’uso della parola donna». La quale «non può essere detta né scritta», perché implicherebbe la cancellazione escludente, repressiva e genocidaria (non dissimile da quella operata dalla «destra», dai «conservatori» e dai «neocattolici») della sussistenza di una pluralità indefinita e cangiante di distinti orientamenti «intersex» e delle rispettive autopercezioni di genere, ciascuna con la propria legittimità e i propri diritti (in primo luogo il diritto alla genitorialità, tramite quella pratica che dai fautori viene chiamata “gestazione per altri” mentre dai detrattori è denigrata come “utero in affitto”).
Ecco, perciò, che queste frange «vogliono che non si dica che le donne partoriscono, ma che “le persone con utero” partoriscono», e così via. E si propongono di rompere, mediante i loro divieti morali, la «gabbia teorica» che sarebbe sottesa a quella visione binaria del mondo che si attarda a nominare i “maschi” e le “femmine” e della quale il femmminismo sarebbe appunto complice.
Nel respingere al mittente tali accuse, Cavarero scava nel significato filosofico di queste posizioni. Le quali non solo attesterebbero il proposito “consumeristico” e “ultracapitalistico”, da parte degli Lgbt, di trasformare in diritto ogni desiderio (anche momentaneo), ma costituiscono a suo avviso una vera e propria «operazione metafisica», in quanto a sua volta «fondata sulla cancellazione della realtà e della percezione», ossia sulla rimozione di una «fattualità» attestata anche dalla «scienza biologica»: «il fatto… della differenza sessuale»; il fenomeno «per cui gli esseri umani, come gli altri animali, sono divisi in individui di sesso femminile e maschile»; il «funzionamento del genere umano e animale», contestato ora in nome di un’eccezione o di una serie di eccezioni elevate a «paradigma regolativo». Inoltre, Cavarero sottolinea il significato politico complessivo di questa operazione, rivendicando la battaglia di lunga durata per l’emancipazione femminile e i suoi meriti oggi messi in discussione: «dopo duecento anni di lotte delle donne per avere una soggettività politica femminista», dice, con questa mossa «si elimina il soggetto che ha compiuto questa rivoluzione». In nome dell’indeterminatezza soggettiva, tale operazione di «cancellazione del femminile», in realtà, «neutralizza la differenza sessuale» e cela dietro artifici linguistici come lo “schwa” una sostanziale vendetta del patriarcato, dato che questa desinenza cacofonica è «un neutro universale che è in verità maschile».
domenica 21 luglio 2024
LOSURDO ed il REVISIONISMO STORICO - Alessandra Ciattini e Gianmarco Pisa
“RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon
Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi
Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi
Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi
La schiavitù, radici antiche di un male moderno - Francesco Gamba
martedì 16 luglio 2024
Un’introduzione alla lettura di Michel Clouscard: «Neofascismo e ideologia del desiderio» - Aymeric Monville
Da: https://frontepopolare.net - Michel Clouscard è stato un filosofo, sociologo e antropologo francese. Vicino al Partito Comunista Francese, è particolarmente noto per le sue critiche al liberalismo libertario come fase attuale del capitalismo. - Aymeric Monville [1] Redattore capo aggiunto della rivista La Pensée, direttore delle Éditions Delga.
Leggi anche: https://frontepopolare.net/2013/05/19/michel-clouscard-neofascismo-e-ideologia-del-desiderio
La filosofia francese contemporanea - Francesco Valentini
Da una crisi all’altra, dal fascismo di ieri a quello che si prepara, Neofascismo e ideologia del desiderio ci fa comprendere il nostro dopoguerra, i «quaranta vergognosi» che sono succeduti ai «trenta gloriosi»[2] in Occidente e che ci conducono all’impasse attuale. Benché scritto in Francia, il libro racconta una storia comune ai due versanti delle Alpi: come le conquiste sociali della Resistenza e l’immensa speranza suscitata dalla vittoria sul fascismo siano stati oggetto di un’implacabile «reconquista» da parte del capitale, a costo di camuffamenti e sordide astuzie e di una vera guerra d’accerchiamento ideologico. L’opera non è solo un testo marxista. Vero Principe delle attuali guerre sociali, questo testo di Michel Clouscard (1928-2009) merita di essere letto o riletto, più di trent’anni dopo la prima traduzione italiana[3], da tutti i repubblicani progressisti, pena non comprendere davvero l’offensiva attualmente portata avanti non solo contro il retaggio del 1917, ma anche contro quello del 1789 e della Costituzione italiana.
La distruzione generalizzata delle conquiste sociali
Senza dubbio in Francia – consiste anche in ciò l’interesse del libro – la sequenza risulta ancora più evidente che in Italia. Se la Repubblica era uscita rafforzata dalla Resistenza, la fase successiva al Maggio ’68 marcherà il declino delle due forze della Resistenza, gaullisti e comunisti. La socialdemocrazia mitterrandiana, simile in ciò a quella di Craxi, porterà a compimento la riverniciatura «di sinistra» a un processo di smantellamento delle conquiste sociali condotto a colpi d’integrazione europea nel disprezzo della democrazia, di deregolamentazione dei mercati finanziari[4] e di perseguimento sfrenato dell’imperialismo, dalla «guerra stellare» reaganiana alla Libia passando per l’Iraq, l’Africa in generale, ecc. Questa strategia è proseguita in tempi più recenti su più larga scala con la destra, legittimando l’individuazione di caratteri pre-fascisti nel sarkozismo e nel berlusconismo, per arrivare in Italia a forme compiute di autoritarismo tecnocratico con i dicasteri Monti e Letta che mostrano senza dubbio la via anche alla Francia.
Prefascismo? Gli eterni pignoli grideranno alla commistione, ma forse di meno in Italia dove l’integrazione del fascismo nella destra e della destra nel fascismo è un fenomeno patente e indecente[5]. La storia francese e quella italiana sono troppo intrecciate perché questo fenomeno cessi d’inquietare una Francia i cui anticorpi repubblicani sono sempre più fiacchi.
L’altro punto comune evidente tra i due paesi è di avere a lungo beneficiato della presenza di un partito comunista estremamente potente, capace di creare dei veri elementi di socializzazione nella vita nazionale. La loro assenza, de jure in Italia e solamente de facto in Francia, coincide perfettamente con lo smantellamento generalizzato delle conquiste sociali e richiama continuamente alla mente l’alternativa marxiana tra socialismo e barbarie.
Oggi il revisionismo è tale che non si vede più nel Maggio francese del ’68 un’immensa ondata di protesta sociale (dieci milioni di scioperanti in gran parte comunisti), mentre elementi all’epoca marginali e in realtà controrivoluzionari costituiscono il punto di riferimento ultimo, nella misura in cui hanno reso possibile l’immenso imbroglio successivo: la sostituzione dell’antagonismo capitale/lavoro con dei conflitti identitari, giovani/vecchi, uomini/donne, ecc. Di rilancio in rilancio, quel movimento pretese di rappresentare in primo luogo tutta la gioventù, poi tutta la rivolta, poi tutto il ’68. È un misterioso sintomo della cancellazione della memoria storica che nessuno abbia visto che covavano, nel seno della «rivolta» studentesca, in una forma nondimeno alquanto esplicita, i temi classici del fascismo: terrorismo dell’identità, antisindacalismo, anticomunismo, ipernaturalismo (crescita zero) e ritorno in forze dell’irrazionalismo (Heidegger deve rimpiazzare Hegel e Nietzsche deve rimpiazzare Marx).
lunedì 20 maggio 2024
Domenico Losurdo, Un mondo senza guerre: l’idea di pace dalle promesse del passato alle tragedie del presente.
PREMESSA Il sogno che si è presentato più volte nella nostra storia è quello di un mondo non più afflitto dal flagello delle guerre. In esso ci hanno creduto grandi intellettuali (Kant, Fichte, Constant, Marx) ed importanti uomini di stato (Washington, Robespierre, Wilson). Domenico Losurdo nell’indagare la storia dell’ideale di PAX PERPETUA distingue nel suo libro cinque momenti nei quali l’umanità intera si è illusa che la pace potesse realizzarsi.
Il primo momento si apre nel 1789 con le promesse della Rivoluzione francese (in base alle quali il rovesciamento dell’Antico regime avrebbe posto fine non solo alle tradizionali guerre dinastiche e di gabinetto, ma al flagello della guerra in quanto tale), e termina con le incessanti guerre di conquista dell’età napoleonica.
Il secondo momento si verifica quando la Santa Alleanza tenta di impadronirsi della bandiera della pace perpetua, al fine di legittimare le guerre da essa intraprese contro i paesi colpevoli di mettere in crisi la Restaurazione e l’ordine consacrato dal Congresso di Vienna.
Il terzo momento vede lo sviluppo del commercio mondiale e della società industriale moderna andare di pari passo con l’illusione (espressa in modo classico da Benjamin Constant), in base alla quale la nuova realtà economica e sociale avrebbe comportato la scomparsa dello spirito di conquista mediante la guerra.
Il quarto momento, inaugurato dalla rivoluzione bolscevica russa dell’ottobre 1917, scoppiata sull’onda della lotta contro la guerra, individua nel capitalismo-colonialismo-imperialismo il sistema da abbattere, al fine di spianare la strada alla realizzazione della pace perpetua, e si conclude con i conflitti sanguinosi e con le vere e proprie guerre che lacerano lo stesso «campo socialista».
Infine il quinto momento inizia con l’intervento degli U.S.A. nella Prima guerra mondiale, deciso da Wilson in nome della pax definitiva e conosce il suo culmine con la vittoria dell’Occidente e del suo paese guida nella Guerra fredda (gli Stati Uniti appunto).
Dunque cinque grandi momenti o fasi della storia dell’ideale di pax perpetua finiti non nel modo sperato. Losurdo si domanda se tutti e cinque sono completamente fallimentari. Rendendosi conto di no, inizia a fare una distinzione tra le cinque epoche, riportando il bilancio solamente alla fine dell’opera. Solo due aspetti sono anticipati. Nel primo Losurdo ci mostra che chi ha un ideale di un possibile mondo senza guerre farebbe bene a ricredersi subito, anche perché non esiste soltanto lo scontro bellico tra gli stati ma è possibile anche uno scontro di ideali, i quali non sono qualcosa di platonico, poiché hanno un supporto di massa alle spalle. Molto più inquietante è invece, secondo Losurdo, il secondo aspetto. L’autore sostiene che non è detto che chi sostiene la guerra sia in realtà un vero guerrafondaio e così anche chi sostiene la pace non vuol dire la voglia veramente, anzi è possibile che quest’ultimo sia più guerrafondaio di chi sostiene la guerra e potrebbe trarci in inganno. Per Losurdo pace e guerra dal punto di vista politico sono intercambiabili.
CAPITOLO 1 Kant, la rivoluzione francese e la «pace perpetua»
lunedì 22 aprile 2024
La Rivoluzione d'ottobre e il pensiero di Hegel - Emiliano Alessandroni
martedì 9 aprile 2024
Lenin, a cento anni dalla morte -
mercoledì 3 aprile 2024
ERA PREBELLICA? ALL'ARMI SIAM POLACCHI - Raniero La Valle
Da: (il Fatto Quotidiano del 2 aprile 2024) Raniero La Valle - Raniero La Valle è un giornalista, politico e intellettuale italiano.
Leggi anche: Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina - JOHN J. MEARSHEIMER
Annie Lacroix-Riz: "C'è un contesto storico che spiega perché la Russia è stata messa all'angolo"
LE QUATTRO LEZIONI DELL'UCRAINA. I DOPPI STANDARD OCCIDENTALI - Ilan Pappé
"La messa in scena come metodo della politica occidentale" - S.V. Lavrov
«Concentrare tutte le forze» contro «il nemico principale»*- Domenico Losurdo
Telesur intervista Noam Chomsky - Alessandra Ciattini
Vedi anche: STORICA INTERVISTA A VLADIMIR PUTIN - TUCKER CARLSON
giovedì 25 gennaio 2024
Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi
Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano.
Leggi anche: Lenin - Opere complete
Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)
LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni
LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni
RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni
RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco
RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco
Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel
l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron
Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**
La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006
Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni
Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo
Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi
Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi
Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora
Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo
Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi.
Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.
Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.
A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.