sabato 21 gennaio 2017

L'imperialismo. Fase suprema del capitalismo*- Vladimir Lenin (1916)


[...] Una delle particolarità dell'imperialismo, collegata all'accennata cerchia di fenomeni, è la diminuzione dell'emigrazione dai paesi imperialisti e l'aumento dell'immigrazione in essi di individui provenienti da paesi più arretrati, con salari inferiori. Secondo Hobson l'emigrazione inglese è scesa da 242 mila persone nel 1884 a sole 169 mila nel 1900. L'emigrazione della Germania raggiunse il punto culminante nel decennio 1881-1890, con 1.453.000, e nei due decenni successivi scese a 544 e 341 mila. Invece crebbe il numero dei lavoratori accorsi in Germania dall'Austria, dall'Italia, dalla Russia, ecc. Secondo il censimento del 1907 vivevano allora in Germania 1.342.294 stranieri, di cui 440.800 lavoratori industriali e 257.329 lavoratori della terra [*10]. In Francia i lavoratori delle miniere sono "in gran parte" stranieri: polacchi, italiani, spagnuoli [*11]. Negli Stati Uniti gli immigrati dall'Europa orientale e meridionale coprono i posti peggio pagati, mentre i lavoratori americani danno la maggior percentuale di candidati ai posti di sorveglianza e ai posti meglio pagati [*12]. L'imperialismo tende a costituire tra i lavoratori categorie privilegiate e a staccarle dalla grande massa dei proletari.

Occorre rilevare come in Inghilterra la tendenza dell'imperialismo a scindere la classe lavoratrice, a rafforzare in essa l'opportunismo, e quindi a determinare per qualche tempo il ristagno del movimento operaio, si sia manifestata assai prima della fine del XIX e degli inizi del XX secolo. Ivi, infatti, le due importanti caratteristiche dell'imperialismo, cioè un grande possesso coloniale e una posizione di monopolio nel mercato mondiale, apparvero fin dalla metà del secolo XIX. Marx ed Engels seguirono per decenni, sistematicamente, la connessione dell'opportunismo in seno al movimento operaio con le peculiarità imperialiste del capitalismo inglese. Per esempio Engels scriveva a Marx il 7 ottobre 1858:

"... l'effettivo, progressivo imborghesimento del proletariato inglese, di modo che questa nazione, che è la più borghese di tutte, sembra voglia portare le cose al punto da avere un'aristocrazia borghese e un proletariato accanto alla borghesia. In una nazione che sfrutta il mondo intero, ciò è in certo qual modo spiegabile".

Circa un quarto di secolo più tardi, in una lettera dell'11 agosto 1881 egli parla delle "peggiori Trade-unions inglesi che si lasciano guidare da uomini che sono venduti alla borghesia o per lo meno pagati da essa".

In una lettera a Kautsky del 12 settembre 1882, Engels scriveva:

"Ella mi domanda che cosa pensino gli operai della politica coloniale. Ebbene: precisamente lo stesso che della politica in generale. In realtà non esiste qui alcun partito operaio, ma solo radicali, conservatori e radicali-liberali, e gli operai si godono tranquillamente insieme con essi il monopolio commerciale e coloniale dell'Inghilterra sul mondo" [*13].

Lo stesso dice Engels anche nella prefazione alla seconda edizione (1892) della Situazione della classe operaia in Inghilterra.

Qui sono svelati chiaramente cause ed effetti. Cause: 1) sfruttamento del mondo intero per opera di un determinato paese; 2) sua posizione di monopolio sul mercato mondiale; 3) suo monopolio coloniale. Effetti: 1) imborghesimento di una parte del proletariato inglese; 2) una parte del proletariato si fa guidare da capi che sono comprati o almeno ,pagati dalla borghesia. L'imperialismo dell'inizio del XX secolo ha ultimato la spartizione del mondo tra un piccolo pugno di Stati, ciascuno dei quali sfrutta attualmente (nel senso di spremerne soprapprofitti) una parte del " mondo" quasi altrettanto vasta che quella dell'Inghilterra nel 1858; ciascuno di essi ha sul mercato mondiale una posizione di monopolio grazie ai trust, ai cartelli, al capitale finanziario e ai rapporti da creditore a debitore; ciascuno possiede, fino ad un certo punto, un monopolio coloniale (vedemmo che dei 75 milioni di chilometri quadrati di tutte le colonie del mondo, ben 65 milioni, cioè l'86 % sono nelle mani delle sei grandi potenze; 61 milioni, cioè l'81 % appartengono a tre sole potenze).

La situazione odierna è contraddistinta dall'esistenza di condizioni economiche e politiche tali da accentuare necessariamente l'inconciliabilità dell'opportunismo con gli interessi generali ed essenziali del movimento operaio. L'imperialismo, che era virtualmente nel capitalismo, s'è sviluppato in sistema dominante i monopoli capitalistici hanno preso il primo posto nell'economia e nella politica; la spartizione del mondo è ultimata, e d'altro lato in luogo dell'indiviso monopolio dell'Inghilterra osserviamo la lotta di un piccolo numero di potenze imperialistiche per la partecipazione al monopolio, lotta che caratterizza tutto l'inizio del XX secolo. In nessun paese l'opportunismo può più restare completamente vittorioso nel movimento operaio per una lunga serie di decenni, come fu il caso per l'Inghilterra nella seconda metà del secolo XIX; ma invece in una serie di paesi l'opportunismo è diventato maturo, stramaturo e fradicio, perché esso, sotto l'aspetto di socialsciovinismo, si è fuso interamente con la politica borghese [*14]




Prefazioni





L'imperialismo, fase suprema del capitalismo

I:
II:
III:
IV:
V:
VI:
VII:
VIII:
IX:
X:

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