**(Università del Salento)
La
lotta di classe “dall’alto” si è tradotta in una rilevante compressione della
quota dei salari sul Pil , un formidabile attacco ai diritti dei lavoratori, e,
per quanto qui rileva, una riorganizzazione dei sistemi formativi pienamente
funzionale alle nuove forme di regolazione capitalistica. E ha dato luogo anche
a una ridefinizione della divisione internazionale del lavoro, che ovviamente
ha riguardato anche l’Italia.
In questo saggio si è proposta una chiave di lettura delle
cause del processo di demolizione in atto dell’università pubblica di massa in Italia,
a partire da considerazioni di carattere più generale relative ai processi di
ristrutturazione del capitalismo italiano nella crisi. In particolare, si è
rilevato che il tessuto produttivo dell’economia italiana è sempre più composto
da imprese di piccole dimensioni, poco innovative e collocate in settori
produttivi maturi. Si è argomentato che le politiche di sottofinanziamento del
sistema universitario di fatto assecondano questo modello di sviluppo, nel
quale le nostre imprese non domandano forza-lavoro altamente qualificata né
ricerca di base e applicata. Queste scelte appaiono pienamente legittimate
dalla visione dominante nella teoria economica oggi che rafforza la sua
egemonia e rende sostanzialmente impossibile la produzione di pensiero critico.
In questo scenario, non sorprende la drammatica marginalizzazione del marxismo,
e più in generale del “pensiero critico”, nella didattica e nella ricerca in
Università.
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