martedì 3 giugno 2025

Gaza è stata danneggiata? E Quanto? - Massimo Zucchetti

Da: https://zucchett.wordpress.com - Massimo Zucchetti è professore ordinario dal 2000 presso il Politecnico di Torino, Dipartimento di Energia. Attualmente è docente di Radiation Protection, Tecnologie Nucleari, Storia dell’energia, Centrali nucleari. - Massimo Zucchetti 

Lo studio è stato completato con un cenno alle vittime (le cifre attendibili sono attorno a 100.000 morti ed altrettanti feriti), con la documentazione fotografica geolocalizzata e verificata, e i dati confermati sul 70% di costruzioni distrutte e l’80% di coltivazioni devastate. 

Le conclusioni sono lapidarie: Gaza 2023-2025 è il più grave disastro provocato da una guerra, se rapportato all’esiguità della zona colpita e alla,concentrazione della popolazione: la sua entità e gravità sono senza precedenti. 

Come nell’analisi di un grande disastro industriale, come un grande incendio, le cause dell’innesco diventano, a disastro in corso, di relativa rilevanza: siano esse da valutare a partire dal 1940-45, dal 1948, dal 1967, fino al 7 ottobre 2023 – non costituiscono, innanzi a questi numeri, rilevanza alcuna ai fini della minimizzazione dell’ulteriore danno potenziale: per quanto questa limitazione appaia residuale sotto certi punti di vista, a fronte dell’entità di quanto già verificatosi, questo non esime da una richiesta netta. 

Questo disastro va immediatamente fermato, con ogni mezzo atto ad estinguerlo, al più presto possibile e senza esitazioni. Ogni giorno che passa, aggiunge ulteriori danni non ulteriormente ammissibili. 

La valutazione di quali e quanti crimini di guerra siano stati perpetrati durante questa guerra, sarà essenziale, ma non pertiene a questo lavoro.
(
Massimo Zucchetti

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Gaza è stata effettivamente danneggiata? E quanto? Vediamo di valutarlo partendo da dati oggettivi, ovvero le immagini satellitari messe a disposizione dalle Nazioni Unite.

1. Premessa
Questo progetto, al quale stiamo lavorando con alcuni studenti e collaboratori, non ha NULLA A CHE VEDERE con il Politecnico di Torino.
I dati satellitari e l’analisi iniziale sono reperibili su https://unosat.org/, che è lo United Nations Satellite Center. Pertanto, i dati non provengono da nessuna organizzazione statale o politica attualmente coinvolta nella guerra a Gaza: il “testimone oculare” è qui il satellite.
Questo non significa che i risultati di questo lavoro non possano poi essere utilizzati a “fini politici”: noi non disprezziamo la politica, ma la maniera nella quale una parte dei “politici” esercita questo mestiere. Non crediamo nella “neutralità della scienza”, un piccolo e comodo recinto nel quale, dopo l’agosto 1945, è immorale rinchiudersi, per uno scienziato.
Crediamo però nel metodo scientifico, nella citazione corretta di fonti affidabili, nella verificabilità e riproducibilità dei dati e dei risultati: i comuni ferri del mestiere per chiunque affermi di essere uno scienziato.
Questo lavoro si concentra sulle distruzioni materiali e territoriali, dato che si basa principalmente su immagini satellitari: non parla di vittime, cioè morti, feriti, senza tetto, lasciati senza assistenza sanitaria, senza scuole, senza i più essenziali servizi, in preda all’insicurezza alimentare (la fame e la sete, per parlar chiaro): vi sono già molti altri lavori riguardanti questi aspetti, che sono ovviamente quelli principali.
Partiamo da un’unica, banale fonte, per fare almeno un cenno su questo: in essa, si trovano tutti i riferimenti alle fonti più specifiche dei dati qui citati.

Le vittime israeliane dell’attacco del 7 ottobre 2023 sono tuttora oggetto di continua revisione: le cifre ufficiali dello stato israeliano, riprese dall’organizzazione Human Rights Watch (HRW), parlano di circa 1100 vittime, senza distinguere fra soldati e civili, ma sono di dubbia attendibilità data la comprovata inaffidabilità della fonte HRW: prendiamo comunque come ufficiale una stima superiore alle 1000 vittime, come ordine di grandezza, provenendo essa da uno Stato sovrano. Altre fonti arrivano a numeri pari a circa la metà di questi; quale esempio di fonte sicuramente non di parte palestinese possiamo citare quelle del sito ufficiale della Comunità ebraica di Milano, che riporta stime del Times of Israel: 764 civili, 274 militari e 95 agenti di polizia e di sicurezza. Fra i 764 civili, 14 bambini (sotto i 10 anni), 36 ragazzi (tra i 10 e i 19 anni), e 25 anziani sopra gli 80 anni. Si stima infine che una parte rilevante delle vittime civili israeliane del 7 ottobre siano state causate da “fuoco amico”, ma questa distinzione ci sembra di minor rilevanza, in quanto il fuoco amico non si sarebbe comunque verificato in assenza dell’attacco. 

Saliamo però di due ordini di grandezza ed occupiamoci delle vittime dal 7 ottobre in poi. Al 27 maggio 2025, secondo i dati ufficiali del Ministero della Sanità di Gaza (GHM), circa 55.000 palestinesi sono stati uccisi, ma questo è un dato che non riesce a stimare le reali vittime.
Innanzitutto, fra i “palestinesi” includiamo anche 180 giornalisti e operatori dei media, 120 accademici e oltre 224 operatori umanitari, un numero che include 179 dipendenti dell’UNRWA. Una buona parte di costoro non era palestinese, ma si tratta di un dettaglio di scarsa rilevanza.
Gli studiosi hanno stimato che almeno l’80% dei palestinesi uccisi sono civili, ma uno studio dell’OHCHR, che ha verificato i decessi  da tre fonti indipendenti, ha trovato che il 70% dei palestinesi uccisi erano donne e bambini. La maggior parte delle vittime si è verificata nella Striscia di Gaza, con però circa 600 vittime di attacchi israeliani nella West Bank . Il conteggio totale delle vittime del GHM è il numero di morti traumatiche. direttamente causate dalla guerra ed è comunque pesantemente sottostimato, dato il deteriorarsi dei mezzi a disposizione di questo ministero con l’incrudirsi della guerra. Il conteggio GHM non include coloro che sono morti a causa di malattie prevenibili, malnutrizione e altre conseguenze della guerra. Nel gennaio 2025 è stata pubblicata su The Lancet un’analisi peer-reviewed dei decessi nella guerra di Gaza tra l’ottobre 2023 e il 30 giugno 2024. Il documento ha stimato 64.260 decessi per lesioni traumatiche durante questo periodo, numeri che probabilmente hanno superato i 70.000 entro ottobre 2024. Lo studio ha concluso che il GHM ha sottostimato i decessi legati al trauma del 41% nel suo rapporto, e ha anche osservato che i suoi risultati “sottovalutano l’intero impatto dell’operazione militare a Gaza, in quanto non tengono conto dei decessi non correlati al trauma derivanti dall’interruzione del servizio sanitario, dall’insicurezza alimentare e dall’inadeguatezza dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari”.  A gennaio 2025, una stima comparabile per i decessi per lesioni traumatiche sarebbe di circa 80.000 persone. A maggio 2025, i decessi per lesioni traumatiche devono essere stimati oltre quest’ultima cifra. II decessi finora causati dall’intero impatto dell’operazione sono di difficile valutazione, ma superano senza dubbio le 100.000 vittime, con circa 120.000 la cifra più attendibile. Un sondaggio del PCPSR ha mostrato che oltre il 60% degli abitanti di Gaza ha perso membri della famiglia dall’inizio della guerra. 
In realtà, queste cifre andranno tutte corrette, dato che migliaia di altri cadaveri sono sotto le macerie degli edifici distrutti. Il numero dei feriti è superiore a 100.000; Gaza ha il maggior numero di bambini amputati pro capite al mondo.

Qui ci fermiamo: consideriamo da qui in avanti i danni materiali.

2. Situazione attuale (4 aprile 2025) edifici

Figura 1

La figura 1 illustra una valutazione globale dei danni e della distruzione delle strutture all’interno della Striscia di Gaza, basata su immagini satellitari “un po’ datate”, dato che si riferiscono al 04 aprile 2025: si sa, in un mese e mezzo in un luogo come Gaza possono succedere molte ulteriori cose. I dati verranno aggiornati quando nuove informazioni dalla stessa fonte si renderanno disponibili.

Queste immagini sono le ultime disponibili in un vasto archivio di immagini, che vanno dalla primavera 2023 fino al febbraio 2025, più quelle “odierne” (cioè del 4 aprile)

Secondo l’analisi delle immagini satellitari reperibili su UNOSAT, si possono identificare 70.436 strutture distrutte, 18.588 strutture gravemente danneggiate, 51.962 strutture moderatamente danneggiate e 33.500 strutture potenzialmente danneggiate, per un totale di 174.486 strutture.

*Queste corrispondono a circa il 70% del totale delle strutture nella Striscia di Gaza.*

Ripetiamo: nessuno di questi dati “proviene da Hamas” o da Israele: si tratta di una analisi basata sulle mappe satellitari.
Se si parla di unità abitative (“case”, per intenderci), siamo a un totale di 258.201 unità abitative danneggiate.

Il “successo” delle operazioni dell’esercito israeliano è indubbio e si fa sempre più efficace: i governatorati (qui potremmo chiamarli “province”) di Rafah e del nord di Gaza hanno registrato il più alto aumento dei danni rispetto all’analisi del 25 febbraio 2025, con circa 636 nuove strutture danneggiate a Rafah e circa 218 a nord di Gaza. All’interno del governatorato di Rafah, il comune (città) di Rafah ha avuto il maggior numero di strutture danneggiate “di recente” (nel mese di marzo, essenzialmente), per un totale di 609.

3. Situazione attuale (30 marzo 2025): coltivazione e produzione di cibo

Figura 2

La figura 2 illustra i cambiamenti rilevati dai satelliti nelle aree coltivate della Striscia di Gaza derivanti dal declino della integrità (stato di salute) e della densità delle colture a causa della guerra. UNOSAT ha condotto un’analisi utilizzando le immagini satellitari raccolte dal satellite Sentinel-2 tra marzo 2018 e il 2025, eseguendo un’analisi dell’indice di vegetazione a differenza normalizzata (NDVI) e una classificazione multitemporale per identificare i cambiamenti notevoli che si verificano nelle aree coltivate durante il periodo di tempo esaminato.
La metodologia ha valutato il danno come un calo della “salute” (integrità) e della densità delle colture nel marzo 2025, rispetto alle sette stagioni precedenti che vanno dal 2018 al 2025. Il declino della “salute” (integrità) e della densità delle colture può essere osservato a causa dell’impatto di attività come la demolizione, l’attività di veicoli pesanti, i bombardamenti, e altre operazioni belliche.
L’analisi comprende la valutazione dei danni per frutteti e altri alberi, colture in campo aperto e ortaggi.
L’analisi UNOSAT e della FAO mostra che l’estensione dei terreni coltivati nella Striscia di Gaza era stimata – prima della guerra – in 150 kmq, pari a circa il 41% della superficie totale della Striscia di Gaza, a seguito di un’ampia analisi della copertura del suolo. 

Rispetto alla media dei sette anni precedenti, nel marzo 2025 circa l’81% dei campi coltivati permanenti nella Striscia di Gaza ha mostrato un calo significativo della “salute” (integrità) e della densità. In una valutazione completa, è emerso che c’è stato un aumento dell’8% della percentuale di terreni coltivati danneggiati rispetto alla precedente analisi condotta nel dicembre 2024. Inoltre, l’analisi indica un notevole aumento della distruzione dei frutteti e di altri alberi, colture in campo e ortaggi nel governatorato di Khan Younis, con un aumento di 8 punti percentuali rispetto alla precedente analisi del dicembre 2024. Inoltre, c’è stata una notevole escalation nella distruzione dei terreni agricoli all’interno del governatorato di Rafah, con una percentuale che è passata dal 67% nel dicembre 2024 al 74% nel marzo 2025.

4. Andamento nel tempo della distruzione di strutture

Avendo a disposizione i dati a partire dall’inizio della guerra, si possono riportare e analizzare i “progressi” nell’opera di distruzione delle strutture a Gaza.

Qui sotto abbiamo una tabella riassuntiva dei dati a nostra disposizione, organizzati secondo la data di pubblicazione delle rilevazioni e dei corrispondenti giorni di guerra trascorsi (D)

D	Data calendario
0 7 ottobre 23
24 31 ottobre 23
37 13 novembre 23
66 12 dicembre 23
117 1 febbraio 2024
165 20 marzo 2024
195 19 aprile 2024
237 31 maggio 2024
298 31 luglio 2024
358 29 settembre 2024
433 13 dicembre 2024
578 7 maggio 2025

Per brevità e comodità, i dati vengono riferiti al giorno esatto dell’ultima revisione della loro pubblicazione, anche se essi si fermano ad una data antecedente: quindi qui ad esempio l’ultimo dato disponibile, datato 7 maggio 2025, fa riferimento, come abbiamo visto prima, a dati aggiornati a circa un mese prima (4 aprile).

Se D sono i giorni di guerra, S le strutture distrutte, % la percentuale sul totale delle strutture esistenti prima della guerra (pari a circa 249.000) si ha:

D	S	%
0 0 0
24 10584 4
37 27076 12
66 37379 18
117 69146 30
165 88868 35
195 123706 50
237 137297 55
298 156409 63
358 163778 66
433 170812 69
578 174486 70

Più impressionante ancora, con il procedere delle devastazioni, valutare l'opera di distruzione stessa, in ogni periodo di rilevamento, operata sulle strutture ancora rimaste in piedi (all'atto del rilevamento precedente).
D siano sempre i giorni di guerra, R le strutture rimaste in piedi alla fine del periodo, %R la percentuale delle strutture abbattute nel periodo, rispetto a quelle rimaste in piedi all'inizio del periodo stesso:
D R %R
0 249000
24 238416 4.3
37 221924 6.9
66 211621 4.6
117 179854 15.0
165 160132 11.0
195 125294 21.8
237 111703 10.8
298 92591 17.1
358 85222 8.0
433 78188 8.3
578 74514 4.7

Da qui, si vede come il periodo di maggior intensità delle distruzioni non sia stato quello iniziale, ma quello fra i giorni 165 e 195, nel “terribile mese” fra marzo e aprile del 2024, durante il quale quasi un quarto (21.8%) delle strutture rimanenti è stato distrutto. Da notare anche il “terribile bimestre” giugno-luglio 2024, con il 17% delle strutture ancora rimaste in piedi andate distrutte.

Da lì in poi, giunti al 31 luglio 2024 con circa due terzi delle strutture anteguerra distrutte, il ritmo delle distruzioni ha necessariamente dovuto rallentare, iniziando a mancare i bersagli più “comodi”: un bombardamento risulta più efficace in termini di distruzione se va a colpire una zona ancora abbastanza integra; se invece si bombarda una zona semidistrutta, l’efficacia è minore in valore assoluto.

5. Quanto tempo resta a Gaza?

Per riassumere, i dati di fatto sono i seguenti: gli israeliani, tramite il loro esercito (sia aviazione che di terra) hanno già superato il 70% di costruzioni distrutte e l”80% di territorio coltivato devastato, nella Striscia di Gaza. Sappiamo però che il loro esercito è composto da veri perfezionisti.

Possiamo fornire allora una risposta a una domanda: quando l’esercito israeliano considererà soddisfacente ai suoi scopi l’opera di distruzione di Gaza? Dato che – è ormai evidente – essi si fermeranno solo a distruzione totale compiuta, quanto manca, in giorni?

Le nostre previsioni, basate su estrapolazioni elementari, mostrano che la distruzione quasi completa potrebbe comunque venire ultimata entro il 2025, diciamo i primi due mesi del 2026 al massimo. Se non verranno fermati prima.

Dopo, non ci sarà più nulla da distruggere.

6. Immagini “sul campo” (WORK IN PROGRESS)

Sono poi disponibili, le “immagini a terra”, cioè le fotografie. Materiale sul quale il nostro lavoro si è fatto, se possibile, ancora più difficile. In questa parte dei materiale, infatti, è ancora più “visivamente” immediato il collegamento fra lo schema, la fotografia, e il significato: persone, morte, ferite, o – di sicuro – perlomeno senza tetto.

Abbiamo scelto di concentrare la nostra attenzione solo su immagini senza persone morte o ferite, con una chiara geolocalizzazione e divise per tipologia (mappa per tipologia di costruzione colpita – università, chiese, ospedali, campi rifugiati, etc., con una o più fotografie di una o più di quelle costruzioni), oppure una parte esclusivamente fotografica: com’erano quei luoghi prima della guerra, come sono gli stessi luoghi adesso.

Come fonti, abbiamo privilegiato quelle al riparo da qualsiasi sospetto di essere “di parte”, come googlemaps o l’agenzia statunitense Associated Press o la BBC inglese. Vi sono poi schemi assai utili e foto pubblicate da Al Jazeera, che sono oggettivamente riconducibili senza alcun dubbio a situazioni reali e verificabili anche da altre fonti.

Un primo esempio nella foto qui sotto, della costa “balneare” nel nord di Gaza, prima e dopo, geolocalizzata.

6.1 – Le immagini da googlemaps, “prima e dopo”.

L’entità della distruzione è evidente nelle nuove immagini di googlemaps, con vaste aree di infrastrutture, case e terreni agricoli gravemente danneggiati o completamente distrutti. Qui sotto quattro esempi: “prima” e “dopo”.

6.2 Geolocalizzazione di strutture colpite, per tipologia.

Iniziamo con le Università. Nessuna università a Gaza è più esistente: si trattava di 12 Università principali, con alcuni altri luoghi facenti parti dei loro campus.

Università Islamica di Gaza

Proseguiamo con gli ospedali attaccati per bombardamento o via terra, totalmente o parzialmente distrutti.

Ospedale al-Shifa

Proseguiamo con i luoghi di culto, principalmente Moschee.


Vi è poi il “Corridoio Netzarim“, una zona visibile in mappa, larga 6,5 km nella parte nord della Striscia di Gaza, che è stata prima completamente spianata con bombardamenti e successivamente occupata dall’esercito israeliano che ne ha ultimato la completa distruzione e una parziale rimozione delle macerie, dato che la zona è occupata dalle forze armate israeliane in modo permanente. Gaza risulta pertanto divisa in due da questo “Corridoio”.

In ultimo, i campi profughi: essi sono stati tutti bombardati o attaccati via terra, totalmente o parzialmente distrutti.

Qui sotto una mappa riassuntiva delle distruzioni di zone agricole, coltivazioni, etc. pubblicata dal sito di Al Jazeera: ma essa risulta non aggiornata rispetto alle mappe e i rilevamenti delle Nazioni Unite UNOSAT cui si è fatto riferimento nel paragrafo 3 di questo lavoro.

Interessante è questo schema che illustra la continua variabilità delle “Zone umanitarie” nella primavera-estate del 2024. La variazione “in restringimento” di una zona umanitaria implica lo spostamento forzato della popolazione, per evitare di ritrovarsi in una parte della zona “non più umanitaria” e quindi suscettibile di bombardamenti o invasioni dell’esercito israeliano.

Per concludere, una impressionante mappa animata sul sito di Al Jazeera, che è stata poi ripresa da Associated Press, con i dati elaborati da studiosi della Oregon State University: essa illustra la progressione delle distruzioni nella striscia di Gaza; anche questa però è meno aggiornata dei dati e schemi di UNOSAT utilizzati nei paragrafi 2, 3, 4 e 5 di questo lavoro: parte dall’inizio della guerra ed arriva a settembre 2024, praticamente riguarda soltanto il primo anno di guerra.

7. “Quanto” sono gravi, i danni materiali e umani a Gaza?

Riassumiamo quanto abbiamo riscontrato finora: a Gaza 2023/2025 (dal 7 ottobre 2023 fino ad aprile/maggio 2025), oltre il 70% delle costruzioni sono state distrutte o danneggiate, come oltre l’80% delle aree coltivate.
Le vittime si possono stimare intorno alle 100.000 persone, per la maggiorparte civili, e fra questi per la maggiorparte donne e bambini. Se la popolazione a settembre 2023 era intorno ai 2,3 milioni di persone, l’entità della strage di civili in atto arriva a incidere su di essa in maniera statisticamente rilevante: oltre il 4% del totale della popolazione ucciso in 19 mesi di guerra. 

Questi dati sono impressionanti, ma forse sfuggono alla nostra percezione, in quanto – perlomeno in Europa – non siamo più in grado di “percepire” simili devastazioni. Forse però possono aiutarci alcuni dati relativi all’impatto della II Guerra Mondiale. Naturalmente, è più utile se questi valori vengono riportati in rapporto alle popolazioni, data la grande differenza nei numeri sia delle popolazioni coinvolte, sia delle aree interessate. Anche la durata – quasi sei anni in molte zone d’Europa, cinque ad esempio in Italia – è un altro fattore da tenere in conto: sembra incredibile, ma Gaza 2023/2025 dura, appunto, da circa 19 mesi.

Per un utile confronto, citiamo alcuni dati della seconda guerra mondiale in Europa: partiamo da un caso ben noto per la sua gravità e che è rimasto nella memoria collettiva, quello della Germania, uscita dalla guerra distrutta dai bombardamenti e dalle contro-invasioni di terra, con milioni di morti non soltanto fra i soldati, ma anche fra i civili. Durante i sei anni di guerra la Germania ebbe un numero di vittime civili pari al 2,7% della popolazione, superiore alla media: gli orrori della seconda guerra mondiale provocarono vittime civili pari al 2,3% della popolazione mondiale. Per contro, nell’Italia pur devastata dalla guerra nel modo che purtroppo ricordiamo, morirono in cinque anni 153.000 civili, pari allo 0.35% della popolazione anteguerra.
Solo per alcune nazioni, il tributo di sangue delle popolazioni fu davvero enorme: prendiamo due esempi più vicini a noi, di nazioni sopraffatte da un’invasione e per le quali la popolazione civile patì danni terribili: per la Polonia, ad esempio, rapportato alla durata del conflitto ed alla popolazione civile, si ottiene una percentuale di morti fra i civili simile a quella di Gaza, pari al 4,5% su 19 mesi (ben 16% sui 68 mesi di guerra). Un altro caso disgraziato fu la Jugoslavia: 44 mesi di guerra portarono ad oltre il 4% della popolazione civile uccisa; per confrontarlo con Gaza, si ha quindi quasi il 2% in 19 mesi (la metà di Gaza, quindi).
La distruzione degli impianti fisici fu immensa e superò di gran lunga quella della WWI, quando era in gran parte confinata nelle aree di battaglia. L’Europa, ci dicono le cronache, ne uscì devastata. In Gran Bretagna circa il 30 per cento delle case furono distrutte o danneggiate; in Francia, Belgio e Paesi Bassi circa il 20 per cento. Nell’Europa orientale, URSS a parte, le Nazioni-martire, dove le devastazioni materiali, oltre che le vittime, sono state le peggiori, sono ancora Polonia e Jugoslavia. La Polonia ha dichiarato che circa il 30-35% dei suoi edifici è stato distrutto, così come proprietà agricole, miniere, centrali elettriche e industrie; più colpite le sue scuole, istituzioni scientifiche e strutture della pubblica amministrazione, con una distruzione al 60%. In Jugoslavia, circa il 21% delle sue abitazioni è stato distrutto. Nella stessa Germania, l’indagine sui bombardamenti strategici degli Alleati ha rilevato che in 49 delle più grandi città, il 39 per cento delle unità abitative sono state distrutte o gravemente danneggiate. 
Dati spaventosi sui costi umani si possono ottenere guardando al destino di popolazioni civili come l’URSS e la Cina, ma troviamo che sia difficile, per molte evidenti ragioni, paragonare gli enormi disastri di questi due colossi a quello attuale della piccola Gaza.
In sostanza: la seconda guerra mondiale fu per l’Europa la più grande tragedia della storia: ma i dati di questa tragedia, in termini di vittime civili e danni materiali, se rapportati ad una popolazione di poco più di 2 milioni di persone, impallidiscono rispetto alla tragedia di Gaza 2023-2025.

Conclusioni

Le conclusioni sono purtroppo lapidarie: Gaza 2023-2025 è il più grave disastro provocato da una guerra, se rapportato all’esiguità della zona colpita e della sua popolazione: la sua entità e gravità sono senza precedenti nella storia.

Come nell’analisi di un grande disastro industriale, come ad esempio un grande incendio, le cause dell’innesco diventano, a disastro in corso, di relativa rilevanza: in questo caso, siano esse da valutare a partire dal 1939-45, dal 1948, dal 1967, via via fino al 7 ottobre 2023 – esula dai nostri scopi: i motivi non costituiscono, innanzi a questi numeri, rilevanza alcuna ai fini della minimizzazione dell’ulteriore danno potenziale; per quanto questa limitazione possa purtroppo apparire residuale, sotto certi punti di vista, a fronte dell’entità di quanto già verificatosi, questo non esime da una richiesta netta.

Questa tragedia, questo disastro, va immediatamente fermato, con ogni mezzo atto ad estinguerlo, al più presto possibile e senza esitazioni. Ogni giorno che passa, aggiunge ulteriori danni inammissibili ed ingiustificabili.

La valutazione di quali e quanti crimini di guerra siano stati perpetrati durante questa guerra, sarà essenziale, ma di nuovo non pertiene a questo lavoro.

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