Da: https://ilmanifesto.it - Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (https://www.facebook.com/eliana.riva1)
La famiglia di Ahmed al-Sharbasi, ucciso mentre cercava cibo in un centro della Ghf – Ali Jadallah/ Getty
Un blackout totale delle comunicazioni ha interrotto ieri i contatti tra le squadre di soccorso della Mezzaluna palestinese di Gaza e la centrale operativa a Ramallah, che smista le ambulanze verso le richieste di soccorso. Israele ha distrutto le infrastrutture che garantivano internet e linea fissa, isolando la Striscia durante i bombardamenti.
LE ORGANIZZAZIONI internazionali e le Nazioni unite hanno denunciato le gravi conseguenze umanitarie dell’attacco e l’Autorità palestinese delle telecomunicazioni ha chiesto un intervento internazionale per garantire un accesso sicuro alle squadre tecniche sui siti colpiti da Israele. Ma l’esercito non ha risposto alle richieste di coordinamento degli interventi di riparazione e anzi ha usato le linee mobili per contattare centinaia di palestinesi intimando loro di evacuare immediatamente.
Ancora una volta, una delle aree sotto minaccia di sgombero include il complesso dell’ospedale Nasser a Khan Younis, dove i medici continuano a lavorare senza sosta nonostante raid dell’esercito, mancanza di medicine e interruzione delle vie di comunicazione circostanti. L’area intorno al Nasser ospita migliaia di sfollati, molti dei quali vivono in tende improvvisate.
GLI ORDINI di evacuazione sono stati emessi anche per il nord della Striscia e l’esercito ha ordinato agli abitanti di al-Rawda e di al-Tuffah di evacuare immediatamente e dirigersi verso i «rifugi noti» dell’area occidentale della città di Gaza. Non esiste alcun rifugio a ovest di Gaza City, così come non ne esistono nel resto di Gaza, bombardata da nord a sud, nei campi profughi, nelle scuole rifugio, sopra gli accampamenti, nelle «zone umanitarie».
Per far fronte all’alto numero di feriti, il ministero della salute palestinese ha lanciato un appello per la donazione di sangue: sono immediatamente necessarie almeno 7mila unità. Intanto, la fame continua a dilagare. Nazioni unite e Unrwa (l’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi) lanciano appelli quotidiani affinché Tel Aviv interrompa il blocco criminale di cibo, medicine, carburante e consenta alle organizzazioni umanitarie di distribuire aiuti alla popolazione. Ma nella dimensione parallela in cui vivono Stati uniti e Israele, è l’Onu che dovrebbe piegarsi ai meccanismi genocidari dello stato occupante e dell’alleato che lo sostiene.
COSÌ ACCADE che il capo della fondazione privata che sta distribuendo caos e sangue pubblichi su X un messaggio distopico in cui si chiede dove siano finiti Onu e stati democratici. Il reverendo Johnnie Moore, nuovo volto della Ghf oltreché compagno fedele del presidente Trump e del governo di Tel Aviv, ha denunciato ieri la morte di cinque membri palestinesi dello staff della fondazione uccisi da un attacco di Hamas.
Moore ha dichiarato che un autobus su cui viaggiavano più di venti collaboratori della fondazione è stato assalito alle 22 di mercoledì da uomini del gruppo islamico, che avrebbero ucciso almeno cinque membri e forse rapito altri. «Ora Hamas invoca la violenza a sostegno dell’Onu per impedire alla Ghf di sfamare la gente? – ha commentato Moore – Ancora una volta tendiamo la mano all’Onu, al World food programme, alla Croce rossa, all’Ue, al Consiglio di Cooperazione del Golfo e al mondo: unitevi a noi».
Giovedì più di venti palestinesi sono stati uccisi nei pressi dei centri di distribuzione della Ghf. Gli ospedali di Gaza hanno confermato di aver accolto un alto numero di vittime e feriti che si erano recati nei siti di Rafah e Netzarim nella speranza di trovare un sacco di farina. «I “Giochi della fame” non possono diventare la nuova realtà – ha commentato il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini – Le Nazioni unite e l’Unrwa hanno le conoscenze, l’esperienza e la fiducia della comunità per fornire un’assistenza dignitosa e sicura. Basta lasciare che gli umanitari facciano il loro lavoro».
Ieri sera, mentre andavamo in stampa, l’Assemblea generale dell’Onu si è riunita a New York per votare una risoluzione che chiede il cessate il fuoco, condanna l’uso della fame come arma di guerra e domanda la fine del blocco degli aiuti.
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