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lunedì 15 settembre 2025

Gaza in fiamme: bombardamenti e pulizia etnica mentre Israele pianifica profitti sulle macerie - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (Eliana Riva


Qui il video: gaza-in-fiamme-bombardamenti-e-pulizia-etnica-mentre-israele-pianifica-profitti-sulle-macerie

Giorno e notte, il rumore dei bombardamenti e dei colpi di mortaio non si ferma mai. Nel buio di Gaza City si può solo sentire. L’avanzata violenta dei militari israeliani e il pianto spaventato dei bambini. Non si dorme e non si mangia. Ci si scambiano notizie sulla posizione dei carri armati, per capire quando non si potrà più fare a meno di fuggire. Ma negli ultimi due giorni anche ottenere notizie è stato quasi impossibile, perché Tel Aviv ha bombardato e distrutto la principale rete di fibra ottica e le infrastrutture di telecomunicazione. Un blackout quasi totale si è abbattuto sulla Striscia, soprattutto sulle aree del nord.

Qualche video, però, si è riusciti a trasmetterlo. Sono immagini di stragi di civili. Famiglie, donne, uomini e bambini. Ovunque nella Striscia. Nelle tende dei profughi, davanti agli ospedali, per la strada, sui marciapiedi, negli edifici crollati, sotto le macerie. Le aree in cui gli sfollati delle torri si erano rifugiati, sono state attaccate, con l’obiettivo di incutere paura e terrore. Gli aerei volano a bassa quota, i robot esplosivi vengono guidati vicino alle zone ancora affollate. Anche il campo profughi sulla spiaggia è stato attaccato, mentre dal cielo continuano a piovere volantini di minaccia e intimidazione. Il portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano ha fatto sapere che i militari permetteranno alla popolazione di utilizzare un percorso “temporaneo” per lasciare Gaza City. Ma che via Salah al-Din rimarrà percorribile solo per 48 ore, fino a venerdì. L’annuncio di possibilità temporanee e limitate aiuta lo sfollamento, fa pensare di dover cogliere “un’occasione” che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte. Anche attaccare i luoghi più sensibili serve a dimostrare alla popolazione che non ha scelta, che l’unica opzione a disposizione è quella di andar via. È lo sfollamento forzato, mascherato da premura. Ieri il COGAT, il meccanismo israeliano che gestisce le attività nei Territori palestinesi occupati, si è offerto di “aiutare” i palestinesi a trasferirsi all’estero. Neanche una parola, chiaramente, sul fatto che l’esercito di Tel Aviv ha reso la Striscia invivibile, sull’assedio, sul blocco di beni essenziali alla sopravvivenza, sui massacri, sulla distruzione del sistema scolastico, sanitario, socio-economico, sul livellamento di qualsiasi struttura civile. No. Israele fa passare l’emigrazione come una scelta. E a provarlo sarebbero sei messaggi che, secondo lo stesso COGAT, alcuni palestinesi di Gaza avrebbero scritto alla pagina Facebook dell’agenzia governativa, supplicandola di essere deportati.

Intanto, gli aerei hanno bombardato nei pressi dell’ospedale al-Shifa, uccidendo almeno 14 persone in una delle stragi più orribili degli ultimi giorni. Tanti bambini e bambine, ragazzi, donne, i cui corpi sono stati adagiati nel cortile della struttura sanitaria. I quadricotteri pattugliano le strade e senza preavviso colpiscono chi esce alla ricerca di cibo e di acqua. L’ospedale pediatrico di Gaza City, al-Rantisi, è stato colpito con tre missili, esplosi uno dopo l’altro sui piani più alti della struttura. Chi poteva evacuare lo ha fatto: 40 pazienti sono andati via ma altrettanti sono rimasti, tra cui 12 in terapia intensiva. Le Nazioni Unite, l’Organizzazione mondiale della sanità, le associazioni umanitarie, hanno dichiarato che Israele dal 12 settembre ha chiuso l’unico valico del nord attraverso il quale riuscivano a far entrare un po’ di farina e di carburante. Soprattutto per gli ospedali, che ora rimangono senza combustibile per la stazione dell’ossigeno, per i macchinari medici, per le incubatrici. Tutto potrebbe spegnersi nel giro di pochi giorni. È un altro dei modi per costringere la popolazione ad evacuare. E gli ospedali a chiudere. A Gaza City era già stata dichiarata la carestia. Ora non rimane niente. I carri armati si chiuderanno in un assedio intorno alle strutture sanitarie e agli ultimi edifici che ospitano gli sfollati. Già le esplosioni sono sempre più vicine.

Intanto, entusiasta dei morti e degli sfollati della Striscia, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich già pregusta i guadagni che Israele potrà ricavare dalle macerie. “La Striscia di Gaza sta diventando una miniera d’oro immobiliare”, ha affermato, rivelando che il progetto è già oggetto di colloqui con gli Stati Uniti. “Abbiamo speso enormi somme per questa guerra. Ora dobbiamo stabilire come spartire i lotti di terreno a Gaza. La demolizione è sempre la prima fase del rinnovamento urbano. Quella l’abbiamo completata: è tempo di cominciare a costruire”.

Anche per questo nel sud della Striscia i militari consegnano più armi e promettono più potere e terra alle milizie locali di Abu Shabab, che secondo le informazioni dei media di Tel Aviv, ora “combattono” al fianco dei soldati dello stato ebraico. Il quale però, ammettono funzionari dell’esercito, non può davvero controllarli. Secondo il quotidiano Haaretz, molti ufficiali sul campo esprimono preoccupazione per le possibili conseguenze: “Mi ricorda Sabra e Shatila”, ha detto un comandante. Il riferimento è al massacro che proprio in questi giorni, 43 anni fa, fu compiuto nei campi profughi palestinesi di Beirut, dove le milizie falangiste, sotto la supervisione israeliana, uccisero centinaia di civili con estrema e indimenticabile violenza. 

sabato 7 giugno 2025

Gaza muore di fame: la Ghf chiude i cancelli dopo le stragi - Eliana Riva

Da: https://pagineesteri.itEliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (https://www.facebook.com/eliana.riva1)
Leggi anche: Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva


Si ferma anche la distribuzione dei miseri aiuti umanitari gestiti dalla fondazione israelo-statunitense chiamata Gaza Humanitarian Foundation (Ghf). Ventidue camion appena sono stati scaricati martedì. Prima della guerra ne entravano 600 al giorno. E non c’era la necessità, come oggi, di recuperare tre mesi di blocco totale di cibo, medicine, carburante, macchinari.

La creatura nata dalle menti e dagli interessi (economici, politici e militari) di Washington e Tel Aviv, ha manifestato tutta la sua incompetenza e una inadeguatezza che era stato facile prevedere. Lo avevano detto le Nazioni Unite. Non si può improvvisare il lavoro umanitario costruendo in pochi mesi una società nata per volere del governo il cui presidente è ricercato internazionalmente per crimini di guerra. Non lo si può fare neanche se posizioni ai vertici membri dell’esercito statunitense e imprenditori dai guadagni milionari. A quanto pare, una delle maggiori certezze del presidente Usa Donald Trump è stata smentita dai fatti: non bastano i soldi per sostituire esperienze e professionalità.

lunedì 16 giugno 2025

Gaza al buio: Israele taglia internet. Ancora fuoco sugli affamati - Eliana Riva

Da: https://ilmanifesto.it - Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (https://www.facebook.com/eliana.riva1


La famiglia di Ahmed al-Sharbasi, ucciso mentre cercava cibo in un centro della Ghf – Ali Jadallah/ Getty 


Un blackout totale delle comunicazioni ha interrotto ieri i contatti tra le squadre di soccorso della Mezzaluna palestinese di Gaza e la centrale operativa a Ramallah, che smista le ambulanze verso le richieste di soccorso. Israele ha distrutto le infrastrutture che garantivano internet e linea fissa, isolando la Striscia durante i bombardamenti.

LE ORGANIZZAZIONI internazionali e le Nazioni unite hanno denunciato le gravi conseguenze umanitarie dell’attacco e l’Autorità palestinese delle telecomunicazioni ha chiesto un intervento internazionale per garantire un accesso sicuro alle squadre tecniche sui siti colpiti da Israele. Ma l’esercito non ha risposto alle richieste di coordinamento degli interventi di riparazione e anzi ha usato le linee mobili per contattare centinaia di palestinesi intimando loro di evacuare immediatamente.

venerdì 21 marzo 2025

Gaza. Israele scatena l’inferno promesso - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - L’articolo è stato pubblicato in origine sul quotidiano Il Manifesto.Eliana Riva Storica, giornalista, editrice, caporedattrice Pagine Esteri. (https://www.facebook.com/eliana.riva1)


https://www.facebook.com/reel/1579114242786131

Gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato Gaza da nord a sud. Jabalia, Beit Hanoun, Gaza City, Nuseirat, Deir el-Balah, Khan Younis e Rafah. Anche l’area di al-Mawasi, designata zona umanitaria dalla stessa Tel Aviv. Sono state colpite scuole-rifugio, tende per sfollati, le case danneggiate dentro cui si riparavano intere famiglie. Momen Qoreiqeh, un sopravvissuto, ha raccontato ai giornalisti di Al Jazeera di essere riuscito a recuperare 26 cadaveri, tutti membri della sua famiglia, ammazzati insieme mentre dormivano. «Massacri di civili» li ha definiti Medici senza frontiere (Msf), che ha contato decine di morti e feriti nelle cliniche che gestisce. Nell’ospedale Nasser di Khan Younis l’unità di terapia intensiva pediatrica si era già riempita ieri mattina. Il direttore dell’Al-Shifa ha dichiarato che ogni minuto un ferito muore a causa della mancanza di risorse mediche. Medicine, attrezzature, personale: le strutture sanitarie dove vengono portati i feriti sono le stesse ridotte al collasso da quindici mesi di bombardamenti, dall’assedio dei militari israeliani, dal nuovo blocco di carburante e di aiuti. Due mesi di cessate il fuoco non sono certo bastati a recuperare la piena funzionalità.

mercoledì 17 agosto 2022

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva

 Da: https://pagineesteri.it - Eliana Riva Editrice, storica, giornalista, libraia

Edward Said (1º novembre 1935 – New York, 25 settembre 2003) è stato uno scrittore e docente statunitense, di padre americano di origini palestinesi e di madre palestinese, entrambi cristiani protestanti; ed egli stesso palestinese di nascita, vissuto tra la Palestina mandataria e l'Egitto fino ai 15 anni di età. Fu anglista, docente di inglese e letteratura comparata alla Columbia University, teorico letterario, critico e polemista, particolarmente noto per la sua critica del concetto di Orientalismo. Fu, tra gli altri, influenzato dalle letture di Antonio Gramsci, Frantz Fanon, Aimé Césaire, Michel Foucault e Theodor W. Adorno.

Leggi anche: PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
Chiarezza - Shlomo Sand
Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi
Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini
https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie/
Quattro ore a Chatila - Jean Genet 
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi


Pagine Esteri, 26 luglio 2021 –
 “L’unica decisione che sarà necessario prendere per quanto riguarda la conoscenza della Storia è se dovremo insegnarla dall’indietro in avanti o da avanti all’indietro (Tertuliano Màximo Afonso). 



Si potrebbe cominciare raccontando del caprone e dell’acro di Weizmann oppure dell’ultima escalation militare, quella dello scorso maggio, tra Israele e Hamas; si potrebbe partire da Sheikh Jarrah o dall’occupazione israeliana del 1967. È complicato individuare un altro storico, scrittore, intellettuale che sia tanto legato al suo tempo e al suo luogo pur riuscendo ad attraversarli, superarli e ritornarvi.

Nel 1996 Edward Said scriveva, in uno dei suoi interventi meno pessimisti sul futuro, che “La scommessa stava nel trovare un modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani ma come cittadini a pari diritto in una stessa terra”.

All’inizio di luglio la Corte Suprema israeliana ha decretato la legittimità della cosiddetta Legge fondamentale o legge Stato-Nazione, che la Knesset aveva approvato nel 2018. Ha rigettato le obiezioni di chi riteneva che questa legge non fosse democratica e rispettosa delle minoranze. La legge Stato-Nazione è il provvedimento che sistema giuridicamente e rende legale la definizione di Israele come Stato della nazione Ebraica. Lo stato degli ebrei.

In Israele circa il 21% della popolazione è composta da arabi, dai palestinesi. La legge Stato-Nazione dichiara che “l’adempimento del diritto all’autodeterminazione nazionale nello stato di Israele è unico per gli Ebrei” e fa esplicito riferimento alla Terra d’Israele quale patria storica degli ebrei. La Terra d’Israele così intesa è la Palestina storica, tutta la regione, quindi che comprende ora Israele e i Territori Palestinesi Occupati. E la norma vi promuove lo sviluppo dell’insediamento ebraico.

Cosa significa tutto questo? 

giovedì 28 agosto 2025

Con la camera di Hussam si spegne il giornalismo - Alberto Negri

Da:  https://ilmanifesto.it - Alberto Negri -  Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. 

Leggi anche: Eliana Rivala-strage-per-spegnere-una-telecamera? 

Vedi anche: 𝐈𝐋 𝐃𝐄𝐋𝐈𝐑𝐈𝐎 𝐃𝐄𝐈 𝐍𝐄𝐆𝐀𝐒𝐈𝐎𝐍𝐈𝐒𝐓𝐈 - https://www.facebook.com/share/v/1ADZ2qy7Tn/

RICORDIAMOLI


Uccidono come assassini non come soldati, mentono come i peggiori mafiosi perché sanno di restare impuniti. L’ordine è: spara, spara subito alla telecamera della Reuters. Cadono i primi morti. Poi un silenzio sospeso, sembra irreale.

Arrivano i soccorsi correndo sulle scale dell’ospedale Nasser di Khan Younis. Ecco di nuovo il momento di colpire. Il thank israeliano spara ancora: il bilancio sarà di 20 morti tra cui 5 giornalisti. È la tecnica del «doppio colpo», illegale per le norme internazionali, ma non per Israele. Che adesso si giustifica come un criminale di strada. L’esercito ieri ha affermato che a Gaza la brigata Golani ha colpito la telecamera «ritenendo che fosse stata piazzata lì da Hamas per monitorare i movimenti dei combattenti». 

L’ennesima sanguinosa menzogna di una propaganda senza freni inibitori. Il bersaglio è la camera dell’agenzia britannica Reuters che invia in tutto il mondo in diretta le battaglie e i bombardamenti nella Striscia.

L’inquadratura viene lasciata fissa con piccoli cambi ma deve essere comunque manovrata: a farlo era l’altro giorno Hussam Al Masri, ucciso dall’esplosione. La diretta della Reuters sugli schermi europei si interrompe così all’improvviso. Resta solo un’ultima immagine, la polvere che copre tutto, la fine di Hussam e la morte del giornalismo vero, che dovrebbe spingere, almeno l’Europa ancora libera, a osservare un silenzio stampa per questo che non è un incidente ma un omicidio premeditato.

Questo se non vogliamo, come scriveva ieri Matteo Nucci sul manifesto (distopie-reali-il-racconto-dei-fatti-e-la-narrazione-della-menzogna), che la menzogna ripetuta in maniera ossessiva e dilagante non diventi verità. Le dimensioni del genocidio palestinese, la devastazione di Gaza, la carestia usata come arma di guerra, l’assassinio dei giornalisti e dei testimoni stanno andando oltre ogni limite. E qui c’è ancora chi sostiene che tutto questo è una falsità. E se proprio tutto questo orrore avviene la colpa è di Hamas. Qui c’è gente ancora incline a credere al premier israeliano Netanyahu, inseguito come Putin da un mandato come criminale di guerra della Corte penale internazionale, il quale sostiene che la carestia è una fake news e la maggior parte dei morti sono terroristi.

Persino i servizi israeliani lo smentiscono: l’83% delle vittime a Gaza sono civili. Ma pure di dare consistenza alle sue menzogne Netanyahu, mentre si prepara a occupare Gaza City, non solo bolla come bugiardi tutti – dagli operatori umanitari ai medici, dalle grandi ong ai sopravvissuti – ma cerca di eliminare tutte le fonti con la strage sistematica e voluta dei giornalisti palestinesi. È semplicemente un assassino.

Ma qui il silenzio stampa, l’indignazione, le condanne morali, il riferimento flebile a una giustizia che forse non verrà mai, non bastano. Qui bisogna fare qualche cosa. Applicare sanzioni. L’Unione europea dovrebbe sospendere gli accordi di associazione e di finanziamento di Israele. Magari annullare pure acquisti e vendite di armi e congelare gli insidiosi accordi di sicurezza con il governo di Tel Aviv: è questo che fa dei governanti europei dei complici del massacro di Gaza. Più si va avanti e più si capisce che l’inazione europea con i suoi proclami ipocriti è la maschera di un verità indicibile per molti: Israele fa parte integrante dei nostri apparati di sicurezza, basti pensare che nel 2023 l’Italia ha appaltato a Netanyahu la nostra cybersecurity. Israele sa tutto di noi e noi voltiamo la testa dall’altra parte, siamo persino spinti a dare credito a lui e al suo alleato Trump. Perché l’Unione europea stenta a intervenire? Abbiamo paura. Dal 2022 gli Usa hanno sanzionato 6mila imprese e individui della Russia e neppure vagamente farebbero una ritorsione a Israele: è l’unico stato al mondo che può influire sulla politica a Washington. È possibile che se la Ue o uno stato europeo varasse sanzioni serie a Tel Aviv, gli Stati uniti interverrebbero per fargliela pagare. L’atmosfera pesante che si respira si è capita bene dall’incontro tra Putin e Trump e dalla «non trattativa» sui dazi con gli Usa.

In ballo però non c’è solo la questione palestinese. Lo si capisce bene leggendo il rapporto di Francesca Albanese sull’economia del genocidio, che ha avuto l’ulteriore conferma del quotidiano britannico Guardian. Nella strage di Gaza, forse anche in questa del Nasser, sono coinvolte le grandi multinazionali americane, non solo del settore bellico. Israele si affida a Microsoft e alle sue strutture per archiviare le intercettazioni dei palestinesi nei territori illegalmente occupati. Sorveglianza e intercettazioni tengono un intero popolo sotto controllo: figuriamoci se non sapevano che la telecamera dell’ospedale era della Reuters. Ecco che cosa dovremmo temere e che forse già temono i governi europei: Israele e gli Usa (che detengono la stragrande quota di mercato mondiale della cybersecurity) possono fare di noi quel che vogliono. Il genocidio e gli omicidi di Gaza ci riguardano.

lunedì 18 agosto 2025

COS’È LA NAKBA? - Lavinia Marchetti

Da: Lavinia Marchetti - Lavinia Marchetti - https://laviniamarchetti.altervista.org -

Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi  

Guerra in Medio Oriente, la 'catastrofe' palestinese. Una nuova Nakba? 

Leggi anche: Verità sulla Nakba - Ilan Pappè

“Dal ‘48 Israele vuole disfarsi del popolo palestinese” - RACHIDA EL AZZOUZI intervista ILAN PAPPÉ  

Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini  

I COLONI ISRAELIANI: DALLE RADICI DEL SIONISMO ALLA REALTÀ CONTEMPORANEA - Lavinia Marchetti  

La nascita dello Stato d'ISRAELE  

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva  

Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri  

LA GUERRA CHE DURA SEI GIORNI E CINQUANT'ANNI - Joseph Halevi  

PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz 

https://invictapalestina.wordpress.com/2016/07/12/stato-attuale-ed-origine-del-conflitto-tra-israele-e-la-palestina-breve-riassunto-per-le-scuole-medie  

«La Nakba ha colpito anche gli ebrei» - Ariella Aïsha Azoulay, Linda Xheza

Purtroppo i testi usciti di recente, i bignami alla Travaglio, che hanno provato a descrivere anche la Nakba, sono insufficienti, spesso fuorvianti e comunque, spesso, partono da un'irrimediabile punto di vista coloniale sul mondo. Leggendo vari libri sull'argomento, ho comparativamente, copicchiando su quelli più autorevoli, fatto una sintesi. Lunghissima per Facebook, però per chi ha voglia di leggerselo con calma, è qui. Ho letto molto sull'argomento. Peraltro ho due testi, in pdf, piuttosto grandi di formato (quindi non so se riesco a mandarveli su messenger, se avete suggerimenti li accetto volentieri), non facilmente reperibili a mio avviso fondamentali. Chi me ne farà richiesta posso inviarli (se troviamo il modo). Sono: Before their Diaspora A Photographic History of the Palestinians 1876-1948 (Walid Khalidi). E poi un testo monumentale di 1.200 pagine che ho letto a sprazzi: All That Remains The Palestinian Villages Occupied and Depopulated by Israel in 1948 (Walid Khalidi). Il primo è 50mb, il secondo 112mb. 

VENIAMO ALLA STORIA DELLA NAKBA 

Nakba (in arabo “catastrofe”) è il termine con cui i palestinesi indicano la tragedia del 1948: la distruzione della loro società in Palestina e la trasformazione in profughi di gran parte della popolazione araba locale. In seguito alla guerra arabo-israeliana del 1948 e alla fondazione dello Stato di Israele, circa 700–800 mila palestinesi (oltre metà degli arabi di Palestina) furono costretti ad abbandonare le proprie case, spesso con la forza o sotto il terrore di massacri. Nell’arco di pochi mesi, 531 villaggi palestinesi vennero distrutti e almeno 11 quartieri urbani svuotati dei loro abitanti. Questo processo, pianificato dai comandanti sionisti a marzo 1948 e attuato sistematicamente durante la guerra, ha tutti i caratteri di una pulizia etnica deliberata. La Nakba segnò una frattura epocale nella storia mediorientale: non solo un immane sconvolgimento demografico e territoriale, ma anche un trauma politico e culturale dalle conseguenze durature per il popolo palestinese. 

LE ORIGINI DEL 1948: CONTESTO E CAUSE DELLA NAKBA 

domenica 30 giugno 2024

La politica israeliana tra occupazione e massacro - Gideon Levy

Da: Invictapalestina - Evento organizzato a Lucca da Pax Christi il 29 novembre 2014 - Auditorium San Romano: Giornata ONU per i diritti del popolo palestinese. - Gideon Levy è un giornalista israeliano. Dal 1982 scrive per il quotidiano israeliano Haaretz e dal 2010 anche per il settimanale italiano Internazionale. Considerato un esponente della sinistra israeliana, nella sua attività giornalistica è sempre stato molto critico sulla politica israeliana di occupazione dei territori dello Stato di Palestina



“Con il mio lavoro voglio documentare tutto perchè un giorno, quando tutto sarà finito, gli israeliani non possano dire 'non sapevamo'. Sono nato e vissuto a Tel Aviv sentendomi una vittima e non certo un occupante e ho pensato questo fino agli anni '80, quando ho cominciato a lavorare per Haarez, che mi ha inviato nei Territori Occupati. Solo lì ho cominciato a vedere e a capire. Come chiamereste un regime in cui uno dei due popoli gode di tutti i diritti mentre l'altro non ha nulla? Io lo chiamo apartheid”.

                                                                           

sabato 25 novembre 2023

Chi sono i veri responsabili del caos nel Medio Oriente? - Alessandra Ciattini

Da: https://www.marx21.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it 

Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini  

Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini  

Chiarezza - Shlomo Sand 

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi

PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz

Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace" - Antonello Guerrera

Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva 

Vedi anche: La nascita dello Stato d'ISRAELE

La Nakba - Joseph Halevi 

Le reazioni dei governi del cosiddetto occidente collettivo e i loro super-controllati portavoce mediatici hanno il potere – come hanno già fatto per la guerra NATO-Ucraina – di stabilire dove comincia la storia, stabilendo ovviamente che il momento iniziale dello scontro è avvenuto il giorno che a loro fa può comodo; scelta che permette ad essi di nascondere le loro numerose e precedenti violazioni dei tanto celebrati diritti umani e del diritto internazionale spesso con la complicità dell’ONU. Nello stesso tempo un’altra loro collaudata tecnica, impiegata da secoli da tutti coloro che debbono aver ragione a tutti i costi, consiste nella demonizzazione dell’avversario, ossia Hamas, coinvolgendo in questo tutta la popolazione della Palestina, e diffondendo notizie sempre più macabre e terribili, ma non verificate, come la decapitazione di inermi lattanti. Già in passato erano state diffuse simili informazioni quando furono a suo tempo additati a pubblico ludibrio i soldati iracheni, che in Kuwait avrebbero strappato dalle incubatrici alcuni neonati per farli morire sul pavimento durante la prima guerra del Golfo. La fonte della notizia non era una povera profuga ma addirittura la figlia dell’ambasciatore del Kuwait a Washington.

La demonizzazione di Hamas può esser fatta senza problemi perché non si ricorda – come ha fatto in questi giorni Seymour Hersch – che è stato proprio Israele a finanziare questa organizzazione terroristica (non meno terroristica dello stesso Israele) con lo scopo di creare divisioni all’interno della comunità palestinese, favorendo la contrapposizione con Al Fatah, altra fazione sconfitta alle elezioni del 2006, con l’obiettivo di ostacolare in tutti modi la formazione di uno Stato degli abitanti originari della regione, nonostante i numerosi accordi in questo senso.

Ormai dovremmo saperlo tutti, sono queste operazioni psicologiche (psyop), di guerra informatica, attacco informativo etc., di cui un buon esempio fu il CPI istituito da Woodrow Wilson nel 1917 [1], il cui scopo è alimentare un consenso tra le masse mondiali disorientate e stremate dalla cosiddetta policrisi o meglio crisi sistemica capitalistica, che sembra attorcigliarsi ogni giorno di più attorno ai nostri esausti corpi, stringendoci nelle sue spinose spire.

sabato 20 settembre 2025

EDWARD SAID “LA QUESTIONE PALESTINESE” - Lavinia Marchetti

Da: https://laviniamarchetti.altervista.org - Lavinia Marchetti - Edward Said (Gerusalemme, 1935 – New York, 2003) è stato scrittore, critico e professore di Inglese e di Letteratura comparata alla Columbia University di New York e ha insegnato in più di 150 università e scuole negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. I suoi scritti sono apparsi regolarmente su The Guardian, Le Monde diplomatique e Al-Hayat. 

Leggi anche: Edward Said ha letto nella Storia il futuro della Palestina - Eliana Riva 


RI-LETTURE FONDAMENTALI, ESTRATTO DA EDWARD SAID “LA QUESTIONE PALESTINESE” (1979 edito in Italia da Il saggiatore, 2011)

Sto cercando di affrontare questo testo prezioso letto ormai tanti anni fa, da una prospettiva nuova, considerando, in questo modo, gli accadimenti recenti a Gaza e in Cisgiordania come un unicum storico, come Said ce lo propone. A tal fine condivido dei passaggi con voi, uno ogni tanto, per garantire alla nostra analisi il punto di vista di uno dei più grandi intellettuali del secolo scorso (e anche in questo scorcio di secolo), palestinese ed esule. Buona lettura. (L.M.)


Edward Said:

“«Da secoli in una terra chiamata Palestina vi è stata una larga maggioranza costituita da un popolo, in gran parte di pastori, identificabile socialmente, culturalmente, politicamente ed economicamente come tale, la cui lingua era l’arabo e la religione (per la maggior parte) quella islamica. 

Questo popolo – o questo “gruppo” di persone, se vogliamo negargli la moderna consapevolezza di sé come tale – si è sempre identificato con la terra che coltivava e su cui viveva (poveramente o no è irrilevante); un processo di identificazione ancor più accentuatosi da quando, con una decisione quasi esclusivamente europea, venne stabilito di ricolonizzare, ricostituire e rioccupare quella stessa terra per darla agli ebrei che sarebbero stati portati lì da altri luoghi. 

A tale proposito, come tutti possono constatare, non c’è mai stato un solo gesto dei palestinesi volto ad accettare questa moderna riconquista o il fatto che il sionismo li abbia per sempre cacciati dalla Palestina. Perciò la realtà palestinese in quanto tale ieri come oggi, e probabilmente domani, si baserà sempre sulla resistenza a questa forma di colonialismo straniero.