sabato 19 settembre 2020

La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Antropologa) e Aristide Bellacicco (Medico) fanno parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni".
Leggi anche:    Ipotesi sulle cause della pandemia provocata dal Coronavirus - Alessandra Ciattini 
                          Contro l’emergenza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco 
                          Passiamo alla fase 2? - Alessandra Ciattini , Aristide Bellacicco 


Come possiamo valutare adeguatamente gli esperti e le informazioni sulla pandemia? Purtroppo interessi politici e finanziari interferiscono nella divulgazione scientifica. 

Recentemente il Bulletin of Atomic Scientists ha pubblicato un lungo ed interessante articolo di Walter Shirer (2020) sulle modalità impiegate anche da rinomate riviste scientifiche e da importanti scienziati per divulgare informazioni su questioni oggi per noi cruciali. Un esempio: i modelli epidemiologici sono in grado di comunicarci qual è il nostro grado di esposizione al Covid-19? Quali sono i reali progressi fatti per produrre un vaccino efficace? 

L’articolo esamina in maniera dettagliata molti aspetti della divulgazione scientifica, tuttavia, in questa sede ci limiteremo a riportare quelli che ci sembrano più importanti e maggiormente comprensibili da parte di un pubblico non specializzato in tali questioni.
Negli ultimi mesi istituzioni e paesi diversi stanno lavorando intensamente alla scoperta ed alla produzione di un vaccino che salvaguardi la popolazione mondiale dal pericolo incombente rappresentato dalla pandemia. I media danno ampie informazioni su queste ricerche per soddisfare la comprensibile sete di notizie; per esempio, The New York Times e il Washington Post danno conto minuto per minuto dell’evolversi della situazione.
Ovviamente questi temi interessano il pubblico e vari esperti di diverso livello si sono dimostrati ansiosi di comunicare la loro opinione nei media e nei social. Questi comportamenti hanno generato conseguenze negative su cui ci soffermeremo più avanti.

venerdì 18 settembre 2020

Covid: facciamo il punto - Aldo Giannuli

Da: Aldo Giannuli - Aldo Giannuli è uno storico e saggista italiano, direttore del centro studi Osservatorio Globalizzazione. - http://www.aldogiannuli.it -


                                                                           

mercoledì 16 settembre 2020

Saggi di teodicea di Leibniz - Sergio Givone

Da: Festivalfilosofia - Sergio Givone è un filosofo e accademico italiano.
Vedi anche: La teodicea di Leibnitz - Gianfranco Mormino 

                                                                               

martedì 15 settembre 2020

Come va l’economia? Ne parliamo con Domenico Moro

Da: https://www.lacittafutura.it - Con questa a Domenico Moro, iniziamo una serie di interviste rivolte a quadri di lavoratori comunisti ed economisti. Domenico Moro è ricercatore presso l'Istat ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. È autore di diversi volumi di carattere economico, politico e militare. Abbina al lavoro scientifico la militanza politica. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)


La pandemia sta modificando gli equilibri e le strategia e livello internazionale. In Europa sarà un pretesto per ulteriori tagli ai salari e ai diritti sociali. Il Mes e il Recovery Fund sono inadeguati e l’uscita dall’Unine Europea è una condizione necessaria per la realizzazione del socialismo.

Domanda. La pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Secondo noi, però, la pandemia è intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale per cui non può essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?
Risposta. Al momento dello scoppio della pandemia, l’economia mondiale e quelle dei principali Paesi, con poche eccezioni, erano già nella fase fase discendente del ciclo economico, essendo la crescita del Pil in rallentamento nel 2018 e ancor di più nel 2019. Secondo i dati dell’Unctad, l’economia mondiale è passata da una crescita del 3,31% nel 2017 a una crescita del 2,52% nel 2019. La crescita della Ue è scesa dal 2,58 all’1,46%, in particolare la Germania è passata dal 2,47% allo 0,56% e l’Italia dall’1,72% allo 0,30%. Persino la Cina era in rallentamento, essendo passata dal 6,76% al 6,10%. Di fatto alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, erano già in recessione.
Inoltre, bisogna considerare che la Pandemia si è inserita in un quadro mondiale già segnato negativamente dallo scontro commerciale tra Usa, Cina e Ue, che ha visto l’innalzamento di numerose barriere protezioniste. In questo senso, la pandemia accentua la tendenza a un certo rallentamento della globalizzazione e dello scambio internazionale di merci. Secondo Eurostat, tra gennaio e giugno 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, le esportazioni dell'Ue verso il resto del mondo sono diminuite del 12,4% e le importazioni sono calate del 12,6%, entrambe contrazioni senza precedenti. Di fatto, quando la crisi pandemica è scoppiata, il mondo capitalista, soprattutto la triade composta da Usa, Ue e Giappone, non si era ancora del tutto ripreso dalla crisi del 2008-2009.

domenica 13 settembre 2020

Crisi del welfare e crisi del lavoro, dal fordismo alla Grande Recessione: un’ottica di classe e di genere. - Riccardo Bellofiore, Giovanna Vertova

Da: Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - In: la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 1/2014, pp. 103-122.
Giovanna Vertova, Università di Bergamo, Dipartimento di Scienze Aziendali, Economiche e Metodi Quantitativi. -
Riccardo Bellofiore, Università di Bergamo, Professore ordinario di Economia politica. -
Leggi anche:   POTENZIALITÀ E LIMITI DEL REDDITO DI BASE - Giovanna Vertova 
                         Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore 
                         All’Europa serve un “new deal” di classe - Riccardo Bellofiore 
                         Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore  
                         La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore 
                         La Grande Recessione e la Terza Crisi della Teoria Economica - Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi 
                         Di una economia di mercato compatibile con la socializzazione delle sovrastrutture finanziarie - Federico Caffè 
                         IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 5 dicembre 2011 
                         Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore)
Vedi anche:   Donne e crisi - Giovanna Vertova


  1. Nelle pagine che seguono proveremo a impostare un discorso – sicuramente parziale – sull’intervento dello Stato in economia e la natura del welfare state. Discuteremo, in particolare, le proposte di introduzione di un reddito di esistenza e di riduzione di orario di lavoro, mettendole a confronto con una prospettiva incentrata invece sulla socializzazione dell’investimento e su un piano del lavoro, in un’ottica orientata ad una piena occupazione degna di questo nome. Nel nostro ragionamento, che muoverà sullo sfondo della dinamica capitalistica dal «fordismo» al neoliberismo e alla crisi attuale, ci muoveremo integrando la questione di classe con quella di genere.
  2. Definiamo come welfare quelle forme di intervento statale sulle economie di mercato che mirano a ridurre l’insicurezza nella soddisfazione dei bisogni fondamentali mediante l’erogazione di trasferimenti monetari, e/o di politiche regolative, e/o della fornitura di beni e servizi, e/o della creazione di infrastrutture. Tra le insicurezze cui porre rimedio vi è la disoccupazione – e dunque nel welfare rientra l’erogazione di un reddito indipendentemente dal lavoro; come anche le stesse politiche keynesiane di gestione della domanda, se finalizzate al pieno impiego. Altre forme di assicurazione sociale coprono malattie o infortuni, aiutano nella vecchiaia o nella maternità. Se passiamo dal lato della domanda di welfare a quello dell’offerta, o meglio della copertura dei suoi costi, troviamo (con maggiore o minor peso nelle diverse esperienze) i contributi sociali, l’imposizione fiscale, la fissazione di prezzi dei servizi, o ancora servizi in natura.
  3. Il welfare va ovviamente ricompreso nel sistema di riproduzione sociale della forza lavoro, essenziale per il sistema (capitalistico) di produzione di beni e servizi nella forma di merci. Il sistema di riproduzione sociale non si esaurisce nel sistema di welfare pubblico, che ne costituisce solo un sottoinsieme. Un secondo sottoinsieme è il sistema di welfare familiare, basato sul lavoro volontario e non pagato dei componenti della famiglia (ma anche sul lavoro pagato delle immigrate). Per riprodurre la forza lavoro non basta acquistare merci sul mercato o ottenerle tramite il settore pubblico, è necessaria pure una ingente quantità di lavoro non pagato per rendere queste merci usufruibili. Inoltre, è necessario che qualcuno/a si prenda cura dei bambini e degli anziani. Tutto questo lavoro non pagato comprende sia il lavoro domestico che il lavoro di cura.

sabato 12 settembre 2020

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

                        LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 
                        Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi  
                        RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon


Numerosi stratagemmi sono volti a disgregare e contrapporre gli sfruttati fra di loro, favorendo la guerra fra poveri che distrae dall’unica guerra realmente liberatoria per tutti: la guerra agli sfruttatori. 


Come ho argomentato altrove, lo sviluppo strutturale del modo di produzione capitalistico nella sua fase “crepuscolare” porta alla crisi della vigenza del concetto di “persona”, vale a dire dell’universale uguaglianza e libertà degli esseri umani. A onor del vero, il processo di universalizzazione nello stesso contesto borghese della persona non è mai stato poi così lineare. Lasciando stare le colonie, dove la barbarie schiavistica non è mai cessata, sacche di schiavitù formalmente legittime sono esistite a lungo in seno ai più liberali dei paesi anche fino a tempi relativamente recenti.
L’esempio più facile sono i super liberi Stati Uniti: essi nascono con la schiavitù degli afroamericani addirittura nella Costituzione. Non viene menzionata esplicitamente, ma compare indirettamente attraverso la clausola dei 3/5. La questione era come contare gli schiavi che nel sud erano una parte cospicua della popolazione: come “esseri umani” per avere più rappresentanti o come cosa per pagare meno tasse (che erano basate sul numero di persone). La “soluzione” fu contarli per 3/5: uno schiavo, senza che la parola fosse menzionata, valeva 3/5 di un bianco (articolo 1, sez. 2, comma 3). La parola Schiavitù compare esplicitamente solo nel XIII emendamento approvato tra il 1864 e 1865 dove si dice che, finalmente, è bandita. È del resto noto come la tratta degli schiavi fosse gestita largamente dalla liberalissima Inghilterra. Non bisogna tuttavia stupirsi; sempre altrove ho ricordato come tutto ciò non sia in contraddizione con la filosofia del padre fondatore del liberalismo, John Locke, che addirittura la contempla nella Stato di natura accanto a libertà, uguaglianza e proprietà.

venerdì 11 settembre 2020

A partire da Hegel - G. Cantillo - F. Li Vigni

Da: AccademiaIISF - giuseppe cantilloProfessore Emerito di Filosofia Morale nell’Università di Napoli Federico II. - florinda-li-vigni, Segretario Generale dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, dove svolge, inoltre, la sua attività didattica e di ricerca. 
Leggi anche:  Aspetti della "società civile" hegeliana - Francesco Valentini 
                        Carla Maria Fabiani: Aporie del moderno. Riconoscimento e plebe nella Filosofia del diritto di G.W.F. Hegel* - Georgia Zeami 
                        FRANCESCO VALENTINI, SOLUZIONI HEGELIANE* - Carla Maria Fabiani  
                        Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani 

                                                                             

giovedì 10 settembre 2020

Avventurieri e sottoproletari - Tiziano Tussi

 Da: https://www.resistenze.org - 

07/09/2020

Il 24 agosto u.s. Il secolo XIX ha pubblicato una lunga intervista a Carlo Bonomi, da poco a capo di Confindustria. Le sue risposte e le sue posizioni, già da tempo conosciute, vanno nel senso di dare frustate alla classe politica per fare emergere ancora di più le capacità taumaturgiche della classe imprenditoriale nazionale. 

Come se la stessa non avesse proprio nulla di farsi perdonare - collusione con le mafie, comportamenti ottocenteschi verso i lavoratori, ad essere gentili, supponenza ed approssimazione, parassitismo verso lo stato mucca, per citarne solo alcuni difetti atavici, poco modernismo. Certo non di tutti ma di molti imprenditori si può dire questo ed altro.

Aggiungiamo il sospetto che i lavoratori siano scansafatiche e che lo stato, le tasse da pagare in primis, siano un particolare irrilevante, da non osservare. Il mondo imprenditoriale italiano è sempre stato caratterizzato da difetti profondi e disumani. Basterebbe per provare questo tanta letteratura e non certo rivoluzionaria, Giovanni Verga ad esempio.

Ma almeno su un punto il prode Bonomi ha ragione. La classe politica italiana è pusillanime. Non è sempre stato così, ora lo è nella grande parte di essa. Quindi buon gioco nel definire fallimentare i suoi comportamenti attuali. Bonomi ricorda che anche ad agosto loro, gli imprenditori, si sono messi al lavoro mentre la classe politica… 

sabato 5 settembre 2020

Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore

Da: https://www.facebook.com/notes - INTRODUZIONE a «Tornare al lavoro. Lavoro di cittadinanza e piena occupazione», a cura di Jacopo Foggi, Castelvecchi, Roma, 2019, pp. 17-27
riccardo.bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)

  Occupati, disoccupati, inattivi...*- Giovanna Vertova
  Il mercato del lavoro e la piena occupazione - Giovanna Vertova
  Paul Mason: POSTCAPITALISMO – Riccardo Bellofiore
Leggi anche:  POTENZIALITÀ E LIMITI DEL REDDITO DI BASE*- Giovanna Vertova**
  La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore
  La Grande Recessione e la Terza Crisi della Teoria Economica - Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi
  L’economista in tuta da lavoro: Federico Caffè e il capitalismo in crisi - Riccardo Bellofiore
  LA QUESTIONE DEL SALARIO*- Riccardo Bellofiore
  Marx e la fondazione macro-monetaria della microeconomia - Riccardo Bellofiore
  IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore
  Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore)



Il libro sui piani di lavoro garantito curato in modo esemplare da Jacopo Foggi per lo CSEPI è un volume importante, tanto per la qualità e la completezza di quello che contiene e che dice, quanto per quello che resta sullo sfondo e rimane ancora da articolare con più precisione e ricchezza, e magari da mettere meglio a fuoco. In queste poche righe di introduzione mi propongo di presentare al lettore, senza alcuna possibile pretesa di completezza, alcune considerazioni evidentemente soggettive, essendo io stesso parte attiva di questo dibattito in corso.

Il problema della disoccupazione in Italia è un problema che affonda le radici nel passato. Anche limitandoci al secondo dopoguerra, non solo esso non è stato mai risolto, ma alla sua risoluzione non hanno affatto contribuito né la apertura al commercio internazionale, né il miracolo economico, né gli abortiti tentativi di programmazione: semmai, l’emigrazione. La svolta degli anni ’80 prima peggiorò le cose, poi provvide una falsa soluzione nella sottoccupazione dovuta alla caduta della produttività e alla precarizzazione. Si può dubitare che sia mai davvero esistita da noi una fase keynesiana (molti guardano con nostalgia malriposta ai cosiddetti trent’anni gloriosi), e il keynesismo criminale stigmatizzato da de Cecco ne fu un povero sostituto. Il che lascia dubitare che sia possibile una soluzione keynesiana oggi, fondata sulla sola espansione della domanda effettiva, che rovesci l’austerità che ci accompagna da decenni. Si può dire che in varia forma la disoccupazione si sia tramandata tanto nello sviluppo quanto nella crisi, come anche che la crisi italiana sia di lunga durata, e risalga in realtà alle occasioni perse di metà anni ’60. È una crisi che ha aspetti strutturali, non solo congiunturali: e la stessa cosa si può dire della problematica della disoccupazione. La crisi recente, successiva alla nuova “grande crisi” esplosa nel 2007-2008 e aggravata dalle dinamiche interne all’area europea, va relativizzata come parte di questo quadro complessivo.

Il cuore del libro è costituito, di fatto, da una proposta di importazione chiavi in mano, ovviamente adattata al nostro paese, di una idea di origine anglosassone, l’insieme di programmi per un Job Guarantee, una volta denominata come proposta dello Stato come “occupatore di ultima istanza”, un’idea sostenuta con forza dalla corrente della cosiddetta Modern Money Theory. I “piani di lavoro garantito” vengono contrapposti con ragione, e qualche tentativo di mediazione, all’idea alternativa di un “reddito di esistenza”: è chiaro che mentre questa seconda politica di fatto accetta la precarizzazione e la disoccupazione permanente come un destino, cui mettere una pezza con sussidi prevalentemente monetari, i piani di lavoro garantito scommettono sulla compatibilità della piena occupazione permanente con la configurazione sociale capitalistica. I proponenti dell’Employer of Last Resort hanno scritto altrove che il punto è «ripensare il capitalismo»: i proponenti del basic income ritengono invece che il superamento del capitalismo si gioca essenzialmente su un piano distributivo.

venerdì 4 settembre 2020

Illegale lo spionaggio di massa americano della National Security Agency - Alessandro Marescotti

Da: https://www.peacelink.it - Alessandro Marescotti (Presidente di PeaceLink) 




Su PeaceLink è stato appena pubblicato questo editoriale in cui si mette in evidenza come Snowden abbia scritto una nuova pagina nella storia della nonviolenza, violando la legge per poter tutelare i cittadini; oggi una corte americana gli dà ragione. Sette anno dopo. Ma Snowden vive ancora nascosto. 
   
La storia di Snowden fa pensare a quella dei Pentagon Papers (le "Carte del Pentagono") ossia le settemila pagine top-secret del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d'America sul Vietnam in cui venivano documentate le bugie dei presidenti americani sulla guerra. Vennero pubblicati sul New York Times nel 1971 e poi sul Washington Post. Fu un atto illegale, erano segreti di stato, segreti militari. Ma quell'atto illegale era compiuto nel nome di una legalità più ampia e superiore, quella della costituzione. UNa legalità che riguardava gli interessi dei cittadini e non dei soli governi. E così è la storia di Snowden. Snowden, esperto informatico, era entrato nel santuario dello spionaggio digitale e aveva scoperto che era stato realizzato un accordo fra i colossi di Internet e il governo americano, dando vita a un sistema di sorveglianza di massa invasivo come mai era avvenuto. 

Questa vicenda è illuminante non solo per la storia di Internet.
E' una vicenda che riguarda la storia della nonviolenza. 
E che riguarda noi tutti, come cittadini che aspirano alla libertà attraverso la verità. 


4 settembre 2020 

Nel 2013 Edward Snowden denunciò al mondo intero che la National Security Agency americana spiava milioni di telefoni e computer, svolgendo un controllo globale sulle comunicazioni. 
Nel 2013 il cattivo era lui. 

lunedì 31 agosto 2020

Leviatano di Thomas Hobbes - Roberto Esposito (2009)

Da: Festivalfilosofia - Roberto Esposito è un filosofo e professore universitario italiano, docente di filosofia teoretica presso la Scuola Normale Superiore.

                                                                               

domenica 30 agosto 2020

Non è solo per errori soggettivi se la sinistra non ritrova la strada - Aldo Garzia

Da: http://www.strisciarossa.it - Aldo Garzia è un giornalista e scrittore italiano.
Leggi anche:  Sul compromesso storico - Aldo Natoli 
                      Cosa diceva Berlinguer: discorso al "Convegno degli intellettuali" (1977)
                      La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni
                        CENNI STORICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA - Stefano Garroni -
Vedi anche:  La storia, la nostra storia, qual è stata? - Stefano Garroni 
                      Comunisti, fascisti e questione nazionale Stefano G. Azzarà

Siamo tornati al punto di partenza. Cioè ai tormenti di Piero Gobetti e Antonio Gramsci all’inizio del secolo scorso. E, ancora prima, a quelli di Giacomo Leopardi del 1824 in Discorso sopra lo Stato presente dei costumi degl’italiani (Feltrinelli, 1991). Se non si compie infatti un’analisi chirurgica sul “caso italiano”, paragonabile a quella contenuta in La rivoluzione liberale (Gobetti) e nei Quaderni del carcere (Gramsci), la bussola della sinistra resterà a lungo senza riferimenti per andare a nord o a sud. Non convince infatti la lettura dell’impasse attuale della sinistra che fa ruotare l’analisi prevalentemente sugli errori “soggettivi”: siano quelli prima del governo Prodi, poi del Pd o dei vari contraenti di patti di unità e di governo. Non perché questi errori non ci siano stati. Ma perché soprattutto un esito così fragile dell’attuale configurazione della sinistra non può essere spiegato con le categorie del harakiri e del “tradimento”. Anche i gruppi dirigenti della sinistra e le loro politiche sono il frutto di un humus, per così dire, ambientale.
Se in via preliminare le cose stanno così, lo sguardo deve essere capace di andare oltre la congiuntura politica del giorno per giorno e il governo Conte (insperato un anno fa) misurandosi con la società che ha provocato tale esito politico. Del resto tutti i nostri problemi erano già stati squadernati dai deludenti risultati di varie elezioni che solo una certa pigrizia intellettuale aveva contribuito a sottovalutare. Aver sottovalutato, per esempio, il primato della riforma della politica come questione che riguardava innanzitutto la sinistra è stato – come dimostra l’emergere del fenomeno dei grillini degli anni scorsi – l’errore più grande. Da qui quel venir meno dello spartiacque tra destra e sinistra che non poteva che misurarsi con idee differenti di società, libertà, comportamenti e valori. La sinistra moderata (Pd) è diventata “centro” e quella radicale (gli spezzoni di Liberi e uguali) ha tentato di unirsi solo in condizioni di emergenza.

Quell’assenza di società

sabato 29 agosto 2020

SUL 3° DE "Il CAPITALE" di Marx - CARLO SINI

Da: roscio85 - Carlo Sini è un filosofo italiano.- CarloSiniNoema http://www.archiviocarlosini.it

Leggi anche: Karl Marx: Il Capitale Libro III http://www.criticamente.com/marxismo/capitale/Marx_Karl_-_Il_capitale_Libro_III.htm


                      Pensiamo che sia condivisibile la spiegazione sulla crisi da sovrapproduzione che è intrinseca al capitalismo, e Sini lo spiega bene con chiarezza. 

                                                                         

Sul capitale diventato finanziario se ha ragione Sini è andare oltre Marx. Lo sfruttamento avverrebbe solo da parte del capitalista finanziario e non industriale. Il primo si approprierebbe del plusvalore in ultima istanza. Ma, noi pensiamo, non si può isolare un fenomeno del sistema capitalistico dalla totalità del sistema stesso. Marx parla di interesse (o rendita) e di profitto come di entità diverse ma tutte riconducibili alla produzione di plusvalore. E' quest'ultimo il vero prodotto del capitale (dice Marx). E oggi come oggi c'è un'estrazione di plusvalore dal lavoro vivo quanto mai abbondante. Si deve pensare non solo all'occidente, ma ai milioni di lavoratori cinesi, indocinesi, africani, sudamericani ecc. che producono valore effettivo il quale viene risucchiato e accumulato attraverso  le multinazionali e le istituzioni finanziarie internazionali (FMI ecc.). E rimanendo qui da noi, quanto plusvalore viene estorto agli immigrati che coltivano le campagne? (Che poi, attraverso il meccanismo finanziario, questo plusvalore si realizzi come interesse e non solo come profitto è vero). 

Secondo Sini non esiste più il proletariato come classe e indica come errore d'ingenuità di Marx l'aver considerato il proletariato come classe generale in grado di superare, una volta per sempre la divisione in classi.  Ma tutti gli economisti marxisti sono d'accordo sul fatto che non ci sono stati mai tanti salariati come oggi, con rapporti di lavoro di vario tipo (precari, schiavistici). Il proletariato esiste ancora oggettivamente, ma ben poco soggettivamente.  

Sini fa un rapido accenno all' "accumulazione originaria" individuandone una delle fonti nel commercio e nello sfruttamento degli schiavi. Il che è giusto, ma, va precisato, l'accumulazione originaria  ha origine con la spoliazione dei popoli colonizzati (sterminio dei nativi in America), che dovettero essere sostituiti con gli africani. E al momento in cui da questo fenomeno storico dovrebbe passare a considerare le dinamiche imperialistiche contemporanee, dice che "è un altro discorso". Non è così. Senza l'imperialismo il capitale finanziario forse nemmeno esisterebbe, Lenin l'aveva ben chiaro. 

Verso la fine del dibattito Sini tocca una problematica centrale, la scelta tra rivoluzione e riformismo. Riconosce alla prima la centralità che meriterebbe ma con l'onestà che lo qualifica, non se la sente di farsi carico del costo di sangue e vite umane che questa potrebbe voler dire. E' questo un problema enorme che ha segnato il mondo occidentale e le scelte riformistiche e spesso inconsistenti della sinistra dal dopoguerra ad oggi. Quel poco o tanto che si era ottenuto è stato, ed è ancora, spazzato via brutalmente. Vogliamo solo osservare che mentre la violenza rivoluzionaria è di breve durata e non è detto che dia luogo a un bagno di sangue  (durante l'Ottobre ci furono assai meno vittime che nella successiva guerra civile scatenata e sostenuta dalle potenze imperialiste) la società di mercato in condizioni capitalistiche richiede invece una mattanza costante e sistematica di esistenze umane: guerre, bassa vita media nelle nazioni povere, avvelenamento dell'ambiente, violenza poliziesca e una perenne insicurezza sulla prospettiva di sopravvivenza materiale di sé e della propria famiglia, sulla assistenza medica adeguata, ecc. E' stato calcolato che solo la politica imperialistica degli Usa ha provocato dopo la II guerra mondiale circa 30 milioni di morti (dalla guerra di Corea in poi), senza calcolare feriti, mutilati, impoveriti etc. Infine: quanto ci cosa in lacrime e sangue il permanere del sistema attuale? 

Il problema sul tappeto non è come garantire la "democrazia" - la sua è una visione della democrazia già criticata dai primi del novecento (per non citare Marx) - ma come evitare che il capitale, nelle sue varie forme, ci mangi vivi, noi e la Terra. Forse la "democrazia" - questo tipo di democrazia - non è affatto lo strumento più adatto a questo scopo. (il collettivo)


giovedì 27 agosto 2020

Le Crisi di ieri e di oggi - Alessandro Barbero (2010)

Da: Alessandro Barbero Fan Channel - Alessandro_Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.
Vedi anche: "Quid deinde fit?" - Alessandro Barbero 
                       Democrazia - Alessandro Barbero