sabato 29 agosto 2020

SUL 3° DE "Il CAPITALE" di Marx - CARLO SINI

Da: roscio85 - Carlo Sini è un filosofo italiano.- CarloSiniNoema http://www.archiviocarlosini.it

Leggi anche: Karl Marx: Il Capitale Libro III http://www.criticamente.com/marxismo/capitale/Marx_Karl_-_Il_capitale_Libro_III.htm


                      Pensiamo che sia condivisibile la spiegazione sulla crisi da sovrapproduzione che è intrinseca al capitalismo, e Sini lo spiega bene con chiarezza. 

                                                                         

Sul capitale diventato finanziario se ha ragione Sini è andare oltre Marx. Lo sfruttamento avverrebbe solo da parte del capitalista finanziario e non industriale. Il primo si approprierebbe del plusvalore in ultima istanza. Ma, noi pensiamo, non si può isolare un fenomeno del sistema capitalistico dalla totalità del sistema stesso. Marx parla di interesse (o rendita) e di profitto come di entità diverse ma tutte riconducibili alla produzione di plusvalore. E' quest'ultimo il vero prodotto del capitale (dice Marx). E oggi come oggi c'è un'estrazione di plusvalore dal lavoro vivo quanto mai abbondante. Si deve pensare non solo all'occidente, ma ai milioni di lavoratori cinesi, indocinesi, africani, sudamericani ecc. che producono valore effettivo il quale viene risucchiato e accumulato attraverso  le multinazionali e le istituzioni finanziarie internazionali (FMI ecc.). E rimanendo qui da noi, quanto plusvalore viene estorto agli immigrati che coltivano le campagne? (Che poi, attraverso il meccanismo finanziario, questo plusvalore si realizzi come interesse e non solo come profitto è vero). 

Secondo Sini non esiste più il proletariato come classe e indica come errore d'ingenuità di Marx l'aver considerato il proletariato come classe generale in grado di superare, una volta per sempre la divisione in classi.  Ma tutti gli economisti marxisti sono d'accordo sul fatto che non ci sono stati mai tanti salariati come oggi, con rapporti di lavoro di vario tipo (precari, schiavistici). Il proletariato esiste ancora oggettivamente, ma ben poco soggettivamente.  

Sini fa un rapido accenno all' "accumulazione originaria" individuandone una delle fonti nel commercio e nello sfruttamento degli schiavi. Il che è giusto, ma, va precisato, l'accumulazione originaria  ha origine con la spoliazione dei popoli colonizzati (sterminio dei nativi in America), che dovettero essere sostituiti con gli africani. E al momento in cui da questo fenomeno storico dovrebbe passare a considerare le dinamiche imperialistiche contemporanee, dice che "è un altro discorso". Non è così. Senza l'imperialismo il capitale finanziario forse nemmeno esisterebbe, Lenin l'aveva ben chiaro. 

Verso la fine del dibattito Sini tocca una problematica centrale, la scelta tra rivoluzione e riformismo. Riconosce alla prima la centralità che meriterebbe ma con l'onestà che lo qualifica, non se la sente di farsi carico del costo di sangue e vite umane che questa potrebbe voler dire. E' questo un problema enorme che ha segnato il mondo occidentale e le scelte riformistiche e spesso inconsistenti della sinistra dal dopoguerra ad oggi. Quel poco o tanto che si era ottenuto è stato, ed è ancora, spazzato via brutalmente. Vogliamo solo osservare che mentre la violenza rivoluzionaria è di breve durata e non è detto che dia luogo a un bagno di sangue  (durante l'Ottobre ci furono assai meno vittime che nella successiva guerra civile scatenata e sostenuta dalle potenze imperialiste) la società di mercato in condizioni capitalistiche richiede invece una mattanza costante e sistematica di esistenze umane: guerre, bassa vita media nelle nazioni povere, avvelenamento dell'ambiente, violenza poliziesca e una perenne insicurezza sulla prospettiva di sopravvivenza materiale di sé e della propria famiglia, sulla assistenza medica adeguata, ecc. E' stato calcolato che solo la politica imperialistica degli Usa ha provocato dopo la II guerra mondiale circa 30 milioni di morti (dalla guerra di Corea in poi), senza calcolare feriti, mutilati, impoveriti etc. Infine: quanto ci cosa in lacrime e sangue il permanere del sistema attuale? 

Il problema sul tappeto non è come garantire la "democrazia" - la sua è una visione della democrazia già criticata dai primi del novecento (per non citare Marx) - ma come evitare che il capitale, nelle sue varie forme, ci mangi vivi, noi e la Terra. Forse la "democrazia" - questo tipo di democrazia - non è affatto lo strumento più adatto a questo scopo. (il collettivo)


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