La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
domenica 14 luglio 2019
La Grande Russia di Putin - Sergio Romano
Da: èStoria - Sergio
Romano è
uno storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano.
Vedi anche: Trump
e la fine dell’American dream - Sergio Romano
sabato 13 luglio 2019
"Poiesis " e "Praxis" nella cultura occidentale - Felice Renda
Da: Università
Popolare Antonio Gramsci - Felice Renda insegna Storia e filosofia.
Primo incontro: L’ambiguità della tecnica presso i Greci -
(il tema sarà sviluppato attraverso il commento di alcuni passi tratti dal Prometeo incatenato di Eschilo).
Secondo incontro: L’ambiguità della tecnica presso i Greci - https://www.youtube.com/watch?v=KNl_dz8M0rQ
(la lezione si articolerà in base alle riflessioni suggerite dalla lettura del primo stasimo dell’Antigone di Sofocle).
Terzo incontro: Fare produttivo, poesia, azione politica in Platone - https://www.youtube.com/watch?v=5s7gD5kTeuQ
(in cui saranno visitati alcuni brani del Protagora, della Repubblica, del Politico). -
Quarto incontro: Poiesis e Praxis in Aristotele (testo di riferimento: Fisica, Etica Nicomachea, Politica);
Contemplazione e azione nella cultura rinascimentale - (i pensatori guida saranno: Pico della Mirandola e Giordano Bruno).
https://www.youtube.com/watch?time_continue=4&v=92r1S2iXSCo
Primo incontro: L’ambiguità della tecnica presso i Greci -
(il tema sarà sviluppato attraverso il commento di alcuni passi tratti dal Prometeo incatenato di Eschilo).
Secondo incontro: L’ambiguità della tecnica presso i Greci - https://www.youtube.com/watch?v=KNl_dz8M0rQ
(la lezione si articolerà in base alle riflessioni suggerite dalla lettura del primo stasimo dell’Antigone di Sofocle).
Terzo incontro: Fare produttivo, poesia, azione politica in Platone - https://www.youtube.com/watch?v=5s7gD5kTeuQ
(in cui saranno visitati alcuni brani del Protagora, della Repubblica, del Politico). -
Quarto incontro: Poiesis e Praxis in Aristotele (testo di riferimento: Fisica, Etica Nicomachea, Politica);
Contemplazione e azione nella cultura rinascimentale - (i pensatori guida saranno: Pico della Mirandola e Giordano Bruno).
https://www.youtube.com/watch?time_continue=4&v=92r1S2iXSCo
sabato 6 luglio 2019
Il socialismo e l'uomo a Cuba - Ernesto Che Guevara (1965)
Da: «El socialismo y el hombre a Cuba», in Marcha (Montevideo) 12 marzo 1965, e in Verde Olivo, aprile 1965. L'articolo, in forma di lettera, è indirizzato al giornalista Carlos Quijano direttore del settimanale uruguaiano Morena. - Ora in Ernesto Che Guevara, Scritti scelti, a cura di Roberto Massari, Erre Emme, 1993, trascrizione a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare in occasione dell'anniversario della morte di Guevara (09/10/1967) - https://www.resistenze.org
Stimato compagno,
Si ascolta spesso dalla bocca dei portavoce capitalistici, come argomento della lotta ideologica contro il socialismo, l'affermazione secondo cui questo sistema sociale, o il periodo di costruzione del socialismo nel quale siamo impegnati, sarebbe caratterizzato dalla negazione dell'individuo, sacrificato sull'altare dello Stato. Non cercherò di confutare questa affermazione su una base puramente teorica, ma di descrivere la realtà che oggi si vive a Cuba, aggiungendo qualche commento di carattere generale. In primo luogo, traccerò a grandi linee la storia della nostra lotta rivoluzionaria prima e dopo la presa del potere.
Come è noto, la data esatta in cui iniziarono le azioni rivoluzionarie, che dovevano culminare nel primo gennaio del 1959, fu il 26 luglio 1953. All'alba di quel giorno, un gruppo di uomini, guidati da Fidel Castro, attaccò la caserma Moncada nella provincia d'Oriente. L'azione fu un fallimento che si trasformò in disastro e i sopravvissuti finirono in carcere, per poi ricominciare, dopo essere stati amnistiati, la lotta rivoluzionaria.
Durante questa fase, nella quale esistevano soltanto dei germi di socialismo, l'uomo era il fattore fondamentale. Si faceva affidamento su di lui, come individuo, dotato di una sua specificità, con tanto di nome e cognome; e dalla sua capacità d'agire dipendeva il trionfo o il fallimento dell'azione intrapresa.
termino queste note mentre viaggio per l'Africa, animato dal desiderio di mantenere la mia promessa, sia pure con ritardo. Vorrei farlo affrontando il tema del titolo. Credo che possa essere interessante per i lettori uruguaiani.
Si ascolta spesso dalla bocca dei portavoce capitalistici, come argomento della lotta ideologica contro il socialismo, l'affermazione secondo cui questo sistema sociale, o il periodo di costruzione del socialismo nel quale siamo impegnati, sarebbe caratterizzato dalla negazione dell'individuo, sacrificato sull'altare dello Stato. Non cercherò di confutare questa affermazione su una base puramente teorica, ma di descrivere la realtà che oggi si vive a Cuba, aggiungendo qualche commento di carattere generale. In primo luogo, traccerò a grandi linee la storia della nostra lotta rivoluzionaria prima e dopo la presa del potere.
Come è noto, la data esatta in cui iniziarono le azioni rivoluzionarie, che dovevano culminare nel primo gennaio del 1959, fu il 26 luglio 1953. All'alba di quel giorno, un gruppo di uomini, guidati da Fidel Castro, attaccò la caserma Moncada nella provincia d'Oriente. L'azione fu un fallimento che si trasformò in disastro e i sopravvissuti finirono in carcere, per poi ricominciare, dopo essere stati amnistiati, la lotta rivoluzionaria.
Durante questa fase, nella quale esistevano soltanto dei germi di socialismo, l'uomo era il fattore fondamentale. Si faceva affidamento su di lui, come individuo, dotato di una sua specificità, con tanto di nome e cognome; e dalla sua capacità d'agire dipendeva il trionfo o il fallimento dell'azione intrapresa.
giovedì 4 luglio 2019
La costituzione cubana e italiana a confronto - Leila Cienfuegos e Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra
Ciattini (Sapienza
– Università di Roma) -
Leggi anche: Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
La repubblica di Cuba si è dotata quest’anno di una nuova costituzione. Leggerla comparandola con la nostra potrebbe risultare particolarmente arduo per un motivo molto semplice: Cuba è un paese socialista che si è ribellato al giogo dello sfruttamento coloniale e imperialista attraverso un processo rivoluzionario sostenuto dal popolo e che, nell’ostilità dell’intero mondo occidentale, porta avanti da 60 anni tale tentativo di rinnovamento sociale; l’Italia, al contrario, appartiene alla schiera dei paesi - numericamente piuttosto esigua - che condividono una scelta di campo politico-economica di matrice opposta a quella cubana e che, attraverso il proprio complesso apparato organizzativo, militare ed ideologico, risultano in grado di influire sulle (e spesso determinare fattivamente le) sorti di interi popoli, sulle dinamiche di varia natura a livello mondiale.
Leggi anche: Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
La repubblica di Cuba si è dotata quest’anno di una nuova costituzione. Leggerla comparandola con la nostra potrebbe risultare particolarmente arduo per un motivo molto semplice: Cuba è un paese socialista che si è ribellato al giogo dello sfruttamento coloniale e imperialista attraverso un processo rivoluzionario sostenuto dal popolo e che, nell’ostilità dell’intero mondo occidentale, porta avanti da 60 anni tale tentativo di rinnovamento sociale; l’Italia, al contrario, appartiene alla schiera dei paesi - numericamente piuttosto esigua - che condividono una scelta di campo politico-economica di matrice opposta a quella cubana e che, attraverso il proprio complesso apparato organizzativo, militare ed ideologico, risultano in grado di influire sulle (e spesso determinare fattivamente le) sorti di interi popoli, sulle dinamiche di varia natura a livello mondiale.
Tanto più distanti appaiono, oggi, le strutture e le scelte dei due Paesi, tanto meno c’è da illudersi che la legge di un Paese ne contenga e
ne esprima in modo completo le effettive dinamiche interne e le
tendenze di sviluppo. La legge è la fotografia, parziale in quanto
soggiacente ai rapporti di forza, di un dato momento storico. Vi è,
nell’Italia di oggi, un anelito all’attuazione effettiva e
completa del dettato costituzionale del 1948 in una fase in cui esso
appare sempre più quale un mero involucro vuoto, privo di
effettività; e vi è, a Cuba, una necessità di misurarsi con le
condizioni concrete che sono maturate attorno dal 1959 ad oggi,
giacché, per quanto Cuba sia un’isola sotto embargo, la vita di un
Paese non può esaurirsi a quella interna ma deve tenere in debito
conto numerose dinamiche esterne.
Per
tale ragione, e con tale dovuta premessa, tale comparazione si
limiterà sostanzialmente agli aspetti maggiormente rilevanti.
Elaborazione
Il
testo costituzionale cubano è frutto di un lavoro che risale almeno
al 2011 quando, con i lineamenti di politica economica del partito,
si poneva all’ordine del giorno il tema della riforma
costituzionale. Un tema che, a differenza di quanto avviene in
Italia, non rimane chiuso nelle aule parlamentari e, quando va bene,
nei circoli dei partiti e coinvolge il popolo solo quando,
eventualmente, è chiamato ad approvare o respingere il testo
licenziato dal parlamento senza la maggioranza dei ⅔ (quando questa
maggioranza si ottiene in seconda lettura non c’è bisogno del
referendum, come successo con la riforma varata dal governo Monti).
La costituzione cubana, infatti, non solo ha dovuto passare il vaglio
referendario ma è stata redatta con la partecipazione stessa del
popolo, tanto che oltre il 60% degli articoli hanno subito modifiche
provenienti dalle oltre 783.000 proposte scaturite da 133.000
riunioni.
lunedì 1 luglio 2019
"Lo Schelling post-hegeliano" - Paolo Vinci
Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci (Sapienza
Università di Roma - IISF)
Vedi anche: La
logica di Hegel "una grottesca melodia rupestre"- Paolo
Vinci
Secondo incontro:
L’idealismo tedesco nei suoi critici.
Fratture e permanenze?
Schelling, Feuerbach, Marx, Schopenhauer, Nietzsche.
Secondo incontro:
L’idealismo tedesco nei suoi critici.
Fratture e permanenze?
Schelling, Feuerbach, Marx, Schopenhauer, Nietzsche.
(1/5) - Marco Ivaldo "Da Hegel a Nietzsche. Rileggendo Löwith"
(2/5) - Paolo Vinci - "Lo Schelling post-hegeliano"
(3/5) - Matteo d’Alfonso "Schopenhauer e la ragione pratica di Kant"
(4/5) - Roberto Finelli "Il pensiero di L. Feuerbach come limite allo sviluppo teorico di Karl Marx"
(5/5) - Marcello Musté "La volontà di potenza in Nietzsche: genesi, significato, conseguenze"
venerdì 28 giugno 2019
Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
Da: http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/1306/1206 - Vladimiro Giacché è un economista italiano.
lI concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin (1)
Leggi
anche: Better
Fewer, But Better*- Vladimir Lenin (1923)
lI concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin (1)
Dopo sei mesi di rivoluzione socialista coloro che ragionano solo
sulla base dei libri non capiscono nulla.
LENIN, 5 luglio 1918 (2)
1. 1917-1918. Il capitalismo di Stato come «passo avanti»
Le prime occorrenze significative del concetto di capitalismo di Stato
negli scritti di Lenin del periodo postrivoluzionario risalgono alla
primavera del 1918, e si situano nel contesto della dura
contrapposizione ai «comunisti di sinistra», l’opposizione interna al
Partito comunista allora guidata da Nikolaj Bucharin. Lo scontro,
inizialmente infuriato sulla firma del trattato di pace con la Germania,
non era meno duro sul terreno economico. Esso riguardava ora la
gestione delle imprese e il rafforzamento della disciplina del lavoro al
loro interno: alla necessità di questo rafforzamento, su cui Lenin
insisteva, i «comunisti di sinistra» contrapponevano la gestione
collettiva delle imprese, che finiva in pratica per tradursi nella paralisi e
nell’ingovernabilità delle imprese nazionalizzate. Ma il tema centrale era un altro ancora: il ritmo e la direzione della trasformazione economica.
In quei mesi Oppokov proponeva di «dichiarare la proprietà privata
inammissibile sia nella città che nelle campagne», mentre un altro
«comunista di sinistra», Osinskij, parlava di «liquidazione totale della
proprietà privata» e di «immediata transizione al socialismo»(3).
Per Lenin le priorità sono diverse: «la ricostituzione delle forze
produttive distrutte dalla guerra e dal malgoverno della borghesia; il
risanamento delle ferite inferte dalla guerra, dalla sconfitta, dalla
speculazione e dai tentativi della borghesia di restaurare il potere
abbattuto degli sfruttatori; la ripresa economica del paese; la sicura
tutela dell’ordine più elementare»(4) . Diventano quindi decisive da un
lato «l’organizzazione di un inventario e di un controllo popolare
rigorosissimo sulla produzione e sulla distribuzione dei prodotti»,
dall’altro «l’aumento su scala nazionale della produttività del lavoro». A
questo fine, bisogna arrestare l’offensiva contro il capitale e «spostare il
centro di gravità» della propria iniziativa: «Finora sono stati in primo
piano i provvedimenti di immediata espropriazione degli espropriatori.
Ora passa in primo piano l’organizzazione dell’inventario e del
controllo nelle aziende in cui i capitalisti sono già stati espropriati».
Ancora più chiaramente: «se volessimo ora continuare ad espropriare il
capitale con lo stesso ritmo di prima, certamente subiremmo una
sconfitta»(5) . Il passaggio al socialismo non è un salto ma una transizione.
«Il problema fondamentale di creare un regime sociale superiore al
capitalismo» consiste nell’«aumentare la produttività del lavoro, e in
relazione con questo (e a questo scopo) creare una superiore
organizzazione del lavoro»: e «se ci si può impadronire in pochi giorni
di un potere statale centrale, […] una soluzione durevole del problema
di elevare la produttività del lavoro richiede in ogni caso (e soprattutto
dopo una guerra straordinariamente dolorosa e devastatrice), parecchi
anni»(6).
lunedì 24 giugno 2019
"Sull'Egemonia"- Francesco Cori
Da: Università
Popolare Antonio Gramsci - https://www.unigramsci.it - https://www.facebook.com/unigramsci - francesco cori insegna
storia e filosofia.
Unigramsci - Sull'Egemonia #2 Lezione
Unigramsci
- Sull'Egemonia #1
Lezione:
Unigramsci - Sull'Egemonia #2 Lezione
sabato 22 giugno 2019
"Immanuel Kant. Progetto per una pace perpetua" - Antonio Gargano
Da: AccademiaIISF - Antonio Gargano è
un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor
Orsola Benincasa", Scienze della Formazione.
Vedi anche: Kant:
"Critica della ragion pura"- Antonio Gargano
Kant: "Critica della ragion pratica" - Antonio Gargano
Kant: "Critica della ragion pratica" - Antonio Gargano
mercoledì 19 giugno 2019
- Note sulla polisemia di «dialettica»: dal quotidiano alla riflessione formale - Stefano Garroni
Da: Dialettica
riproposta - Stefano Garroni - lacittadelsole - a cura di Alessandra Ciattini - Stefano
Garroni è
stato un filosofo italiano.
Indice:
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Una contraddizione, ben bizzarra, del nostro tempo è che l’impegno (l’apparente e sempre proclamato impegno) ad una cultura, che sappia finalmente liberarci da schemi e punti vista, nati e sviluppatisi in contesti storici ormai superati, di fatto si riduce a critica del marxismo e della dialettica, cioè di due momenti della riflessione moderna particolarmente ignorati o fraintesi. Quello che cerco di fare, con queste mie brevi note, è mostrare quanto sia ricca la problematicità della dialettica e come sia sicuramente vero che la sua critica – ovviamente sempre possibile – supponga però una conoscenza larga e profonda della dinamica del movimento storico, sotto tutti i suoi aspetti, notoriamente interconnessi e diversi in contesti diversi.
Un momento di particolare importanza, nella storia del pensiero scientifico, si ha con l’affermarsi del leibniziano «principio di continuità»1. Non è difficile comprendere che questo principio fa parte di una visione del mondo (Weltbild), che nega la possibilità di eventi isolati, i quali non trovino in serie di accadimenti passati, presenti e, perfino, futuri, la spiegazione e il senso del loro esserci attuale. In questa prospettiva non esistono eventi ineffabili, perché al contrario va riconosciuto al «nuovo» la proprietà di essere una combinazione particolare del già noto e, dunque, va altrettanto riconosciuta al linguaggio una plasticità combinatoria, che lo mette in condizione di comunicare novità, servendosi di segni già noti, o di inventare nuovi segni, ma a partire dalla struttura linguistica tradizionale2.
Se questa concezione attribuisce al pensiero ed al linguaggio una capacità inventiva, capace di fare dell’immaginazione scientifica qualcosa di ben più ricco e “imprevedibile” di qualunque coattiva costruzione del mero sentimento (inconscio compreso), dà luogo tuttavia a una difficoltà.
Posto il principio di continuità, va forse affermato che in effetti nulla di nuovo sorge sotto il sole, ovvero, che non esistono fenomeni, anche sociali, in radicale rottura con quelli della tradizione?
Se nella realtà non esiste il gratuito, il casuale, il zufällig, ciò comporta, forse, il pieno dominio del predeterminismo e, di conseguenza, far scienza non significherà che ritrovare nel nuovo, nel sorprendente, nell’inedito, il déjà vu?3
Proseguendo nella nostra ricerca, le sorprese aumentano.
lunedì 17 giugno 2019
Antonio Gramsci. Ritratto di un rivoluzionario - Angelo D'Orsi
Da: Laboratorio
Lapsus - Angelo D'Orsi,
allievo di Norberto Bobbio, è professore ordinario di Storia del
pensiero politico all’Università di Torino.
«Carissima mamma, vorrei per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo, qualunque condanna stiano per darmi.
Che tu comprendessi bene anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e avrò mai da vergognarmi di questa situazione.
Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perchè non ho mai voluto mutare le mie opinioni per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione.
Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso.
Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché tu sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.
La vita é così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. Ti abbraccio teneramente».
Antonio Gramsci, lettera alla madre, 10 maggio 1928
Leggi
anche: https://quadernidelcarcere.wordpress.com/info/ - https://www.marxists.org/italiano/gramsci/index.htm -
«Carissima mamma, vorrei per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo, qualunque condanna stiano per darmi.
Che tu comprendessi bene anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e avrò mai da vergognarmi di questa situazione.
Che, in fondo, la detenzione e la condanna le ho volute io stesso, in certo modo, perchè non ho mai voluto mutare le mie opinioni per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione.
Che perciò io non posso che essere tranquillo e contento di me stesso.
Cara mamma, vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché tu sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente.
La vita é così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. Ti abbraccio teneramente».
Antonio Gramsci, lettera alla madre, 10 maggio 1928
giovedì 13 giugno 2019
Critica del Programma di Gotha - Karl Marx
Da: /www.marxists.org - Il seguente scritto fu realizzato da Marx nel 1875 e pubblicato da Engels nel 1891. Le lettere scritte a Bebel e a Kautsky sono di Engels.
- La traduzione è conforme a quella delle Edizioni in lingue estere di Mosca. Trascritto da Ivan , Luglio 1999
Indice:
Prefazione di Friedrich Engels
- La traduzione è conforme a quella delle Edizioni in lingue estere di Mosca. Trascritto da Ivan , Luglio 1999
Indice:
Prefazione di Friedrich Engels
Note in margine al programma del Partito operaio tedesco
I
l. "Il lavoro è la fonte di ogni ricchezza e di ogni civiltà, e poichè un lavoro utile è possibile solo nella società e mediante la società, il frutto del lavoro appartiene integralmente, a ugual diritto, a tutti i membri della società"
Prima parte del paragrafo. "Il lavoro è la fonte di ogni ricchezza e di ogni civiltà."
Il lavoro non è la fonte di ogni ricchezza. La natura è la fonte dei valori d'uso (e in questi consiste la ricchezza effettiva!) altrettanto quanto il lavoro, che esso stesso, è soltanto la manifestazione di una forza naturale, la forza-lavoro umana. Quella frase si trova in tutti i sillabari, e intanto è giusta in quanto è sottinteso che il lavoro si esplica con i mezzi e con gli oggetti che si convengono. Ma un programma socialista non deve indulgere a tali espressioni borghesi tacendo le condizioni che solo danno loro un senso. E il lavoro dell'uomo diventa fonte di valori d'uso, e quindi anche di ricchezze, in quanto l'uomo entra preventivamente in rapporto, come proprietario, con la natura, fonte prima di tutti i mezzi e oggetti di lavoro, e la tratta come cosa che gli appartiene. I borghesi hanno i loro buoni motivi per attribuire al lavoro una forza creatrice soprannaturale; perchè dalle condizioni naturali del lavoro ne consegue che l'uomo, il quale non ha altra proprietà all'infuori della sua forza-lavoro, deve essere, in tutte le condizioni di società e di civiltà, lo schiavo di quegli uomini che si sono resi proprietari delle condizioni materiali del lavoro. Egli può lavorare solo col loro permesso, e quindi può vivere solo col loro permesso.
Lasciamo ora la proposizione come essa è e scorre, o piuttosto come essa zoppica. Che cosa se ne sarebbe atteso come conseguenza? Evidentemente questo:
"Poichè il lavoro è la fonte di ogni ricchezza, anche nella società nessuno si può appropriare ricchezza se non come prodotto del lavoro. Se dunque un membro della società non lavora egli stesso, vuol dire che egli vive di lavoro altrui e che si appropria anche della propria cultura a spese di lavoro altrui."
Invece di questo, col giro di parole: "e poichè" viene aggiunta una seconda proposizione per trarre una conclusione da essa e non dalla prima.
Seconda parte del paragrafo: "Un lavoro utile è possibile solo nella società e mediante la società."
Secondo la prima proposizione il lavoro era la fonte di ogni ricchezza e di ogni civiltà, e quindi nessuna società era possibile senza lavoro. Ora veniamo a sapere, viceversa, che nessun lavoro "utile" è possibile senza società.
Si sarebbe potuto dire ugualmente bene che solo nella società un lavoro inutile, e persino dannoso alla società stessa, può diventare una fonte di guadagno, che solo nella società si può vivere di ozio, ecc., ecc., - si sarebbe potuto, in breve, trascrivere tutto Rousseau.
E che cosa è lavoro "utile"? Solo il lavoro che porta l'effetto utile voluto. Un selvaggio - e l'uomo è un selvaggio, dopo che ha cessato di essere una scimmia - che abbatte un animale con un sasso, che raccoglie frutti, ecc., compie un lavoro "utile."
In terzo luogo: la conclusione: "E poichè un lavoro utile è possibile solo nella società e mediante la società, il frutto del lavoro appartiene integralmente, a ugual diritto, a tutti i membri della società."
Bella conclusione! Se il lavoro utile è possibile solo nella società e mediante la società, il frutto del lavoro appartiene alla società - e al singolo lavoratore ne tocca solo quel tanto che non è necessario per mantenere la "condizione" del lavoro, la società.
In realtà questa proposizione è stata sostenuta in ogni tempo dai difensori del regime sociale esistente. In prima linea vengono le pretese del governo, con tutto ciò che vi sta attaccato, perchè esso è l'organo della società per il mantenimento dell'ordine sociale; indi vengono le pretese delle diverse specie di proprietà privata, poichè le diverse specie di proprietà privata sono le basi della società, e così via. Si vede che queste frasi vuote si possono girare e rigirare come si vuole.
La prima e la seconda parte del paragrafo hanno un costrutto intelligibile solo in questa redazione:
"Il lavoro diventa fonte della ricchezza e della civiltà solo come lavoro sociale" o, ciò che è lo stesso, "nella società e mediante la società."
Questa proposizione è indiscutibilmente esatta, perchè se anche il lavoro isolato (premesse le sue condizioni oggettive) può creare valori d'uso, esso non può creare né ricchezze né civiltà.
Ma ugualmente inoppugnabile è l'altra proposizione:
"Nella misura in cui il lavoro si sviluppa socialmente e in questo modo diviene fonte di ricchezza e di civiltà, si sviluppano povertà e indigenza dal lato dell'operaio, ricchezza e civiltà dal lato di chi non lavora."
Questa è la legge di tutta la storia sinora vissuta. Quindi, invece di fare delle frasi generiche sul "lavoro" e sulla "società," bisognava dimostrare concretamente come nella odierna società capitalistica si sono finalmente costituite le condizioni materiali, ecc., che abilitano e obbligano gli operai a spezzare quella maledizione sociale.
Ma in realtà l'intero paragrafo, sbagliato nella forma e nel contenuto, è stato inserito soltanto per poter scrivere come rivendicazione sulla bandiera del partito la formula di Lassalle sul "frutto integrale del lavoro." Tornerò in seguito sul "frutto del lavoro," sull'"ugual diritto," ecc., poichè la stessa cosa ritorna in forma alquanto diversa.
mercoledì 12 giugno 2019
Colpendo Trotsky Netflix attacca la Rivoluzione di Ottobre - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra
Ciattini insegna
Antropologia culturale alla Sapienza
Non è sufficiente calunniare la Rivoluzione di Ottobre, bisogna trasformare una delle sue maggiori figure in oggetto di consumo giovanile, come è già avvenuto al Che.
Non è sufficiente calunniare la Rivoluzione di Ottobre, bisogna trasformare una delle sue maggiori figure in oggetto di consumo giovanile, come è già avvenuto al Che.
Tra
i vari gruppi comunisti nel mondo serpeggia l’idea di tentare di
ricostruire un fronte comune, la cui basi – a mio modesto parere –
non possono che essere la riflessione articolata e approfondita sulla
nostra drammatica e dolorosa storia, punteggiata da sconfitte
disastrose, da effimere vittorie, che hanno fortemente danneggiato la
nostra immagine e la nostra stessa possibilità di dialogare con le
masse. Tale riflessione deve assolutamente basarsi sull’abbandono
di consunti stereotipi e luoghi comuni e implica riprendere veramente
in mano lo studio della nostra storia e delle nostre laceranti
controversie. Oltreché ovviamente il problema sempre aperto della
dissoluzione dell’Unione Sovietica e dei paesi ad essa connessi.
Riflettendo
con preoccupazione su questo tema, ho pensato fosse utile scrivere un
articolo su una vicenda, di cui in Italia hanno parlato a fondo le
voci alternative e per lo più vicine al trotskismo, mentre a livello
internazionale essa ha coinvolto organizzazioni e pensatori marxisti
ma non tutti strettamente legati al rivoluzionario fatto assassinare
da Stalin a Coyocán nel 1940. Mi limito a citare Fredric Jameson,
Michel Löwy, Srecko Horvat, Florian Wilde, sottolineando la
massiccia presenza di autori latinoamericani e quella di italiani
come Antonio Moscato e Dario Giacchetti. In particolare, anche se si
è fatto riferimento al cyberpunk
Trotsky,
[1] vestito di lucida pelle nera e con una vita sessuale “bollente”,
non mi pare si sia dedicato spazio alla reazione internazionale che
tale falsa e obbrobriosa immagine ha generato. D’altra parte, lo
stesso treno blindato, che sbuffa fumo nero e da cui l’organizzatore
dell’Armata rossa impartisce i suoi ordini spietati contro i
controrivoluzionari e non solo, appare un simbolo fallico che solca
la sterminata campagna russa.
In
breve, ecco la vicenda che ha spinto il nipote di León Trotsky,
Esteban Volkov e il Centro di studi, ricerche e pubblicazioni
dell’Argentina e del Messico a prendere una vigorosa posizione
di protesta.
martedì 11 giugno 2019
Riflessioni profane (e stolte) su Marx - EDOARDA MASI
Da: Economisti
di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova, "CONVERSAZIONI SU MARX".
Edoarda Masi è stata una saggista e sinologa italiana, specializzata nella cultura della Cina e nella lingua cinese.
Leggi anche: Divagazioni intorno al 25° capitolo del I Libro del Capitale - Edoarda Masi
Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping
Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping
Marx e Hegel. Contributi a una rilettura - Roberto Fineschi
Leggi anche: Divagazioni intorno al 25° capitolo del I Libro del Capitale - Edoarda Masi
Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping
Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping
Marx e Hegel. Contributi a una rilettura - Roberto Fineschi
Nelle accese discussioni che nella Cina degli anni settanta contrapponevano le “due linee”, uno degli argomenti centrali nell’attacco alla “linea capitalistica” verteva sulla cosiddetta “teoria delle forze produttive” – cioè sulla teoria storicista-meccanicistica secondo cui all’evoluzione delle forze produttive (intese qui, in senso radicalmente deformato rispetto alla tradizione marxista se non alla vulgata del Soviet Marxism, come scienza e tecnologia applicate al processo produttivo) debbono adeguarsi i rapporti di produzione. Questo dibattito, come altri nella Cina di allora, non è mai stato preso sul serio in Europa, anche perché si presentava in forma ingenua e spesso teoricamente scorretta. In realtà non si faceva qui nessuno sforzo per comprendere su che cosa si dibattesse nella sostanza. Durava sotterraneo l’etnocentrismo, cieco sul fatto che quelle discussioni riguardavano l’avvenire economico-sociale-politico del paese destinato a divenire la seconda potenza mondiale. L’avvenire è stato, fino a questi giorni, la vittoria della cosiddetta “teoria delle forze produttive”: la vittoria del capitale.
Fra gli europei, molti marxisti inclusi, si è continuato a lungo, e si continua tuttora, a chiamare “rivoluzione industriale” l’introduzione di alcune importanti innovazioni tecniche nella produzione, che hanno favorito la nascita del capitalismo moderno. Scrivo “hanno favorito”; meglio avrei detto: “sono state utilizzate”; ma nella vulgata sono considerate ancora oggi una rivoluzione, cioè un fatto di per sé politicamente rilevante, e causa principale dell’evoluzione verso il capitalismo; le ulteriori innovazioni scientifico-tecniche-organizzative sarebbero poi causa principale delle evoluzioni successive del capitalismo; a fortiori, del passaggio al socialismo che avrà da scaturire dal seno del capitalismo.
I cinesi oggetto di attacco negli anni settanta quali seguaci della “via capitalistica” erano in sostanza assai vicini a questi europei. E risultano assai vicini a Cavallaro e Fineschi [del quale ultimo non ho letto i testi, ma assumo l’interpretazione che ne fornisce Cavallaro sul Manifesto del 7 gennaio; e che appunto mi ha ricordato quell’importante episodio cinese (Hegel
velato dall'occhio di Marx - Luigi Cavallaro)].
Che rapporto ha tutto ciò con la lettura del Capitale organizzata a Bergamo da Riccardo Bellofiore, e di cui questi appunti sono una ricaduta secondaria?
mercoledì 5 giugno 2019
FILOSOFIA - Un incontro con Carlo Sini
Da: Dante
Channel - Carlo Sini è
un filosofo italiano.- CarloSiniNoema
Leggi anche: L'uomo e il denaro*- Carlo Sini* -
L'annullamento del debito nell'antichità*- Eric Toussaint* -
Semiotica e Moneta*- Carlo Sini* -
Vedi anche: Dalla parola alla verità scritta - Carlo Sini -
LA SCRITTURA - Carlo Sini -
La Politica in Spinoza - Carlo Sini
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L'annullamento del debito nell'antichità*- Eric Toussaint* -
Semiotica e Moneta*- Carlo Sini* -
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LA SCRITTURA - Carlo Sini -
La Politica in Spinoza - Carlo Sini
lunedì 3 giugno 2019
"Jean-Paul Sartre" - Antonio Gargano
Da: AccademiaIISF - Antonio
Gargano è
un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor
Orsola Benincasa", Scienze della Formazione.
"La teoria critica e Herbert Marcuse" - Antonio Gargano
"La teoria critica e Herbert Marcuse" - Antonio Gargano
venerdì 31 maggio 2019
Trump e la fine dell’American dream - Sergio Romano
Da: Fondazione
Centro Studi Campostrini - Sergio_Romano è uno storico, scrittore, giornalista e diplomatico italiano.
lunedì 27 maggio 2019
«Euro al capolinea? La vera natura della crisi europea» - Riccardo Bellofiore
Da: Teoria
Critica della Società - Università Bicocca - https://sites.google.com/site/teoriacriticasocieta/ -
Riccardo Bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo.-
[Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - https://www.riccardobellofiore.info/]
Leggi anche: Vittoria
del capitalismo? - Hyman Minsky
"Perché l'uscita dall'euro è la risposta alla domanda sbagliata?"
Prima parte:
Seconda parte:
https://www.youtube.com/watch?v=nbQqj0y4f3c
Riccardo Bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo.-
[Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - https://www.riccardobellofiore.info/]
"Perché l'uscita dall'euro è la risposta alla domanda sbagliata?"
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