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La repubblica di Cuba si è dotata quest’anno di una nuova costituzione. Leggerla comparandola con la nostra potrebbe risultare particolarmente arduo per un motivo molto semplice: Cuba è un paese socialista che si è ribellato al giogo dello sfruttamento coloniale e imperialista attraverso un processo rivoluzionario sostenuto dal popolo e che, nell’ostilità dell’intero mondo occidentale, porta avanti da 60 anni tale tentativo di rinnovamento sociale; l’Italia, al contrario, appartiene alla schiera dei paesi - numericamente piuttosto esigua - che condividono una scelta di campo politico-economica di matrice opposta a quella cubana e che, attraverso il proprio complesso apparato organizzativo, militare ed ideologico, risultano in grado di influire sulle (e spesso determinare fattivamente le) sorti di interi popoli, sulle dinamiche di varia natura a livello mondiale.
Tanto più distanti appaiono, oggi, le strutture e le scelte dei due Paesi, tanto meno c’è da illudersi che la legge di un Paese ne contenga e
ne esprima in modo completo le effettive dinamiche interne e le
tendenze di sviluppo. La legge è la fotografia, parziale in quanto
soggiacente ai rapporti di forza, di un dato momento storico. Vi è,
nell’Italia di oggi, un anelito all’attuazione effettiva e
completa del dettato costituzionale del 1948 in una fase in cui esso
appare sempre più quale un mero involucro vuoto, privo di
effettività; e vi è, a Cuba, una necessità di misurarsi con le
condizioni concrete che sono maturate attorno dal 1959 ad oggi,
giacché, per quanto Cuba sia un’isola sotto embargo, la vita di un
Paese non può esaurirsi a quella interna ma deve tenere in debito
conto numerose dinamiche esterne.
Per
tale ragione, e con tale dovuta premessa, tale comparazione si
limiterà sostanzialmente agli aspetti maggiormente rilevanti.
Elaborazione
Il
testo costituzionale cubano è frutto di un lavoro che risale almeno
al 2011 quando, con i lineamenti di politica economica del partito,
si poneva all’ordine del giorno il tema della riforma
costituzionale. Un tema che, a differenza di quanto avviene in
Italia, non rimane chiuso nelle aule parlamentari e, quando va bene,
nei circoli dei partiti e coinvolge il popolo solo quando,
eventualmente, è chiamato ad approvare o respingere il testo
licenziato dal parlamento senza la maggioranza dei ⅔ (quando questa
maggioranza si ottiene in seconda lettura non c’è bisogno del
referendum, come successo con la riforma varata dal governo Monti).
La costituzione cubana, infatti, non solo ha dovuto passare il vaglio
referendario ma è stata redatta con la partecipazione stessa del
popolo, tanto che oltre il 60% degli articoli hanno subito modifiche
provenienti dalle oltre 783.000 proposte scaturite da 133.000
riunioni.
Preambolo
Da
un punto di vista strutturale, tanto la costituzione italiana quanto
quella cubana presentano analoga organizzazione: si comincia con
l’enunciazione dei principî fondamentali, si continua coi diritti
ed i doveri dei cittadini (e, nel caso di Cuba, degli stranieri) e si
finisce con la struttura della Repubblica, vale a dire con la
divisione del lavoro politico ed i rapporti tra i diversi livelli di
governo (nella Costituzione cubana c’è anche la definizione della
legge elettorale). Chiudono, in entrambi i casi, disposizioni
transitorie e finali.
Ma
a differenza di quella italiana che ne è priva, quella cubana si
apre con un preambolo che ripercorrendo la storia del paese degli
ultimi 150 anni, individua l’origine del potere costituente (la
Rivoluzione) legittimando la costituzione ‘formale’ quale
espressione sovrastrutturale adeguata alla costituzione ‘materiale’,
vale a dire alla struttura economica ed ai corrispondenti rapporti
sociali scaturiti non da una semplice liberazione nazionale, come è
per l’Italia, ma da una rivoluzione che è anche liberazione dal
capitalismo. Nel preambolo, infatti, si richiamano entrambi questi
momenti: la lotta di resistenza e [di liberazione nazionale] degli
aborigeni (non erano una nazione e non sono stati sterminati), degli
schiavi e dei patrioti (contro il colonialismo spagnolo prima e
l’imperialismo nordamericano poi) e la lotta rivoluzionaria e di
liberazione dal capitalismo, vale a dire dallo sfruttamento dell’uomo
sull’uomo e dalla concorrenza.
Al
contrario, nella Costituzione italiana non c’è alcun riferimento
né al Risorgimento né alla lotta partigiana di liberazione dal
nazi-fascismo. Solo nelle disposizioni transitorie e finali si trova
qualche riferimento al processo storico di formazione della
costituzione nel divieto di riorganizzare sotto qualsiasi forma il
partito nazionale fascista (disp. XII) e nel divieto posto ai
discendenti di Casa Savoia di risiedere nel territorio nazionale,
essere elettori o ricoprire pubblici uffici (disp. XIII, peraltro non
più in vigore dal 2002).
La
natura compromissoria della costituzione italiana comporta
inevitabilmente delle ambiguità, che si fanno più aspre dal momento
che i rapporti di forza esistenti nel dopoguerra non corrispondono
più a quelli attuali scaturiti dal crollo del cosiddetto socialismo
reale e dalla crisi economica internazionale. In particolare, salta
agli occhi il mancato rispetto delle norme, che proibiscono la
ricostituzione del partito fascista (presenti nella costituzione) e
quelle relative (Scelba 645/1952) alla condanna dell’apologia del
fascismo da parte di un ministro, che non si fa scrupoli di
perseguitare miseri migranti scacciati dai loro paesi dagli
interventi delle potenze occidentali.
Al
contrario, la nuova Costituzione cubana afferma in maniera esplicita
di ispirarsi alla lotta contro il colonialismo, lo schiavismo e
l’imperialismo attraverso l’ideario e gli esempi di personaggi
chiave della storia nazionale quali José Marti e Fidel Castro, di
ambire alla piena realizzazione del socialismo facendo propria la
riflessione di Marx, Engels e Lenin, di assumere un carattere
internazionalista nell’instaurare relazioni di fratellanza tra il
popolo di Cuba e, in particolare, gli altri popoli dell’America
Latina e del Caribe, di considerare impossibile un ritorno del Paese
ad un regime di sfruttamento capitalistico e che “solo nel
socialismo e nel comunismo l'essere umano raggiunga la sua piena
dignità”.
Dialettica
struttura-sovrastruttura
Che
sia scritto o meno, ogni Costituzione deve corrispondere alla
situazione socio-economica vigente. Ma non vi può corrispondere
esattamente in quanto ogni società divisa in classi - anche quella
cubana è una società divisa in classi, sebbene a differenza che da
noi quella dominante è la classe proletaria - presenta delle
contraddizioni che non possono riflettersi direttamente nel diritto
che, al contrario, “non deve solo corrispondere alla situazione
economica generale, essere la sua espressione, bensì anche essere
un'espressione in sé coerente” (F. Engels, lettera a Conrad
Schmidt, 27 ottobre 1890). Per questo la Costituzione non può che
essere modificata in accordo all’evoluzione del modo di produzione
ed alla lotta di classe, nazionale ed internazionale, se si vogliono
evitare gravi danni allo sviluppo economico, lo spreco di forze e
risorse e, in definitiva, il ristabilimento più o meno violento di
tale corrispondenza.
La
nuova costituzione cubana, dunque, rappresenta un adeguamento della
sovrastruttura giuridica alla struttura economica mutata rispetto al
1976 (data di entrata in vigore della precedente costituzione) non
solo in ragione dello sviluppo economico vissuto dall’isola negli
ultimi 43 anni e delle relazioni internazionali post-1991, ma anche
della controrivoluzione mondiale che nel frattempo si è scatenata
contro tutti coloro che tentano di porre in discussione l’ordine
capitalistico, della mai sopita aggressività nordamericana;
quest’ultima si avvale di tutti mezzi, tra I quali le sanzioni che
aggravano la crisi economica mondiale. che si ripercuote
drammaticamente sulle classi popolari e sulla tutela dell’ambiente.
Tuttavia, in un contesto internazionale progressivamente più
sfavorevole, i lavoratori ed il popolo cubano, rappresentati dai loro
dirigenti, hanno saputo rispondere molto più e meglio di quanto
abbiano saputo fare i loro omologhi in Italia, tanto da consentirgli
di continuare la costruzione del socialismo mentre noi non abbiamo
fatto altro che peggiorare la costituzione borghese del ‘48.
La
definizione dello Stato
Sia
nella costituzione italiana che in quella cubana il “popolo è
sovrano”, ma nella prima esercita questo potere “nelle forme e
nei limiti della costituzione”, nella seconda la esercita
direttamente o indirettamente e “nelle forme e secondo le norme
stabilite dalla costituzione e dalle leggi” (art. 3). Il potere
popolare, quindi, non si è auto-posto alcuna limitazione tanto da
stabilire, all’articolo 4, che “i cittadini hanno diritto di
combattere con tutti i mezzi, compresa la lotta armata, contro
chiunque tenti di rovesciare l’ordine politico, sociale ed
economico stabilito da questa costituzione”.
Nella
Costituzione italiana, ovviamente, manca il riferimento al
socialismo, alla giustizia sociale e all’internazionalismo che,
invece, è apertamente esplicitato nella carta di Cuba che viene
definita uno Stato socialista di diritto e di giustizia sociale,
sovrano, organizzato da tutti e per il bene di tutti, fondato sul
lavoro, l’umanesimo, l’etica, la dignità, il cui obiettivo è la
libertà, l’uguaglianza, la prosperità individuali e collettive.
Inoltre, come già sottolineato, si dichiara che il ritorno al
capitalismo, basato sullo sfruttamento dell’uomo da parte
dell’uomo, è illegittimo e impraticabile.
L’art.
5 recita che il PCC, martiano, fidelista, marxista e leninista,
avanguardia organizzata della nazione, costituisce la forza dirigente
superiore della società e dello Stato. Esso dirige gli sforzi comuni
per costruire il socialismo e avanzare verso il comunismo, al
contempo opera per rafforzare l’unità patriottica. Un aspetto,
questo, ovviamente assolutamente inedito rispetto all’impianto
cristallizzato nella costituzione italiana.
L’art.
15 della Costituzione cubana definisce laico lo Stato cubano, il
quale riconosce e garantisce la libertà religiosa; invece, il famoso
articolo 7 della Costituzione italiana, contro cui molti hanno
lottato, pur definendo Stato e Chiesa separati e indipendenti,
recepisce i Patti lateranensi che attribuiscono alla Chiesa cattolica
uno status privilegiato.
I
diritti e i doveri degli individui
L’art.
2 della Costituzione italiana garantisce i diritti inviolabili
dell’individuo e richiede “l’adempimento inderogabile dei
doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, mentre
l’art. 3 sancisce l’uguaglianza formale dei cittadini, anche se
la Repubblica dovrebbe eliminare tutti quegli impedimenti che
limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e ne ostacolano
la piena partecipazione alla vita socio-economica (uguaglianza
sostanziale). La Costituzione cubana tratta la questione dei diritti
e dei doveri al Titolo V, in cui si afferma che la dignità umana
rappresenta il valore supremo e che lo Stato riconosce alla persona
l’attribuzione e l’esercizio dei diritti umani (art. 40 e 41).
Naturalmente la libertà religiosa e di espressione sono garantite,
fermo restando che la proprietà dei mezzi di comunicazione di massa
costituiscono la proprietà socialista del popolo e delle
organizzazioni di massa (art. 55).
L’art.
4 della Costituzione italiana garantisce a tutti il diritto al
lavoro, e rimuove gli impedimenti all’esercizio di tale diritto,
garantendo ai lavoratori forme sociali di sostegno economico in caso
di malattia, infortunio, disoccupazione (art. 38). Norma, nei fatti,
disattesa come la successiva contro la guerra. Lo stesso diritto
viene garantito dall’art. 64 della Costituzione cubana, a cui
aggiunge che lo Stato assicura i servizi sociali per le famiglie dei
lavoratori. Inoltre, il salario viene stabilito dal principio
socialista “da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il
suo lavoro” (art. 65).
I
cittadini cubani, inoltre, “controllano l’attività degli
organismi statali, dei suoi dirigenti e funzionari, dei deputati e
dei delegati” (art. 101), hanno diritto a “revocare il mandato
agli eletti” (art. 80) e “di intervenire nella direzione dello
Stato”, direttamente e indirettamente (art. 204). Al pari dei
cittadini italiani, hanno diritto di esercitare l’iniziativa
legislativa e referendaria (senza le limitazioni che la nostra
costituzione impone riguardo le leggi di bilancio ed i trattati
internazionali).
Per
quanto riguarda i doveri degli eletti e dei pubblici ufficiali, a
differenza della costituzione italiana che menziona unicamente i
pubblici impiegati sottoponendoli unicamente “al servizio esclusivo
della Nazione” (alias della borghesia), la costituzione cubana
impone che “gli organismi dello Stato, i loro dirigenti, funzionari
e dipendenti sono obbligati a rispettare, a prendersi cura e a
rispondere al popolo, a mantenere stretti legami con questo e a
sottoporsi al suo controllo” (art 10) nonché ad operare “con la
dovuta trasparenza” (art. 101).
Inoltre
“Qualsiasi persona che patisce danni o lesioni indebitamente
causati da dirigenti, funzionari e dipendenti dello Stato in
occasione dell'esercizio delle funzioni proprie dei loro incarichi,
ha diritto a rivendicare e a ottenere un adeguato risarcimento o
indennizzo nei modi previsti dalla legge” (art. 98). E infine: “La
persona alla quale sono violati i diritti sanciti dalla presente
Costituzione e, di conseguenza patirà danni o lesioni da parte di
organismi dello Stato, dai suoi dirigenti, funzionari o dipendenti,
in ragione dell'atto illecito o dell'omissione delle loro funzioni,
nonché da parte di privati o da parte di enti non statali, ha
diritto di reclamare dinnanzi ai tribunali la restituzione dei
diritti e di ottenere, a norma di legge, il corrispondente
risarcimento o indennizzo” (art. 99).
La
politica internazionale
Quanto
alla politica estera, ricordiamo l’art. 11 della Costituzione
italiana, tante volte disatteso, che recita: “L'Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri
la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le
organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Più
articolata - come d’altronde, induce a fare il regime di costante
assedio economico-ideologico, e quindi politico, dell’isola
caraibica al quale è stato già fatto riferimento in principio - ci
sembra la trattazione della politica estera da parte della
Costituzione cubana, che con l’obiettivo di difendere l’autonomia
di Cuba ha un carattere antimperialista e internazionalista. Afferma,
inoltre, che le relazioni economiche e politiche con un altro Stato
non potranno mai essere stipulate in un regime di coercizione e di
aggressione (il riferimento evidente è agli USA). Auspica
l’instaurazione della pace, basata sul rispetto dell’indipendenza
e della sovranità di tutti gli Stati; dichiara la necessità di
rispettare le norme del diritto internazionale, per quanto,
all’art.8, si espliciti il primato della Costituzione della
Repubblica di Cuba, sancita come prevalente sui trattati
internazionali; promuove l’unità di tutti i paesi del Terzo Mondo
contro l’imperialismo, il fascismo, il colonialismo e il
neocolonialismo e i processi di integrazione con i paesi dell’America
Latina e del Caribe. Come la Costituzione italiana, stabilisce che le
controversie internazionali debbano essere risolte pacificamente
sulla base dell’uguaglianza, riconosce come legittime le lotte di
liberazione nazionale e la resistenza armata all’aggressione,
promuove la protezione dell’ambiente e la battaglia per dare
risposta al cambiamento climatico (art. 16).
La
proprietà
Passiamo
ora al problema della proprietà affrontato in maniera ovviamente
diversa dalle due costituzioni. L’art. 18 definisce Cuba un sistema
socialista basato sulla proprietà di tutto il popolo sui mezzi
fondamentali di produzione come forma di proprietà principale, ed
organizzato secondo la direzione pianificata, che controlla il
mercato in funzione e a beneficio degli interessi della società.
All’art. 19 si legge che lo Stato dirige e controlla l’attività
economica a beneficio degli interessi individuali e collettivi,
mentre l’art. 20 afferma che i lavoratori partecipano alla
gestione, pianificazione e controllo dell’economia. In particolare,
secondo quanto prevede la legge, i collettivi dei lavoratori
partecipano alla gestione e all’amministrazione delle unità
imprenditoriali statali e di quelle finanziate dallo Stato. Cosa
succede nelle entità private?
Successivamente
si distinguono 7 forme di proprietà: 1) socialista di tutto il
popolo; 2) cooperativa sostenuta dal lavoro dei suoi soci; 3) quelle
delle organizzazioni sociali e di massa; 4) privata esercitata da
persone naturali o giuridiche cubane o straniere sui mezzi di
produzione (svolge un ruolo complementare); 5) mista (combina più
forme di proprietà); 6) quella di istituzioni e di forme
associative; 7) personale sui beni che non costituiscono mezzi
produzione (art. 31).
Sotto
questo aspetto viene introdotta una effettiva ed importante novità
rispetto alla precedente versione costituzionale del 1976, segnando
significativamente una elaborazione adeguatrice della sovrastruttura
giuridica in relazione alla struttura economica a seguito di un lungo
ed estenuante periodo, non ancora conclusosi, di operato di forze
controrivoluzionarie che comprendono anche le sanzioni economiche e
si connettono ad una situazione di crisi economica di portata
mondiale.
È
la prima volta che la proprietà privata dei mezzi di produzione è
prevista dalla Carta magna del paese, per quanto, si precisa, tale
proprietà privata cubana o straniera possa essere esercitata su
determinati mezzi di produzione e con un ruolo definito come
complementare nell’economia del Paese che resta ancorato, come più
volte ribadito nel dettato legislativo, ad una matrice di natura
socialista e ad una evoluzione in tale senso, escludendo
categoricamente il ritorno ad un regime di produzione di tipo
capitalista. Le condizioni concrete verificatesi a Cuba per i motivi
che abbiamo sottolineato sono state negli scorsi decenni tali per
cui, di fatto, il lavoro autonomo (cuentapropismo, in cui il
cuentapropista è sia il datore di lavoro che il salariato) non fu
mai cancellato del tutto perché necessario alle esigenze della
popolazione ed ha ricominciato ad espandersi dopo il 1992, fino a
contare oggi circa 500.000 individui, in gran parte ex dipendenti
dello Stato. Il progetto, depositato nei Nuovi lineamenti di politica
economica, è assegnare a questo settore il 40% della vita economica.
Tale decisione ha consentito il riemergere della piccola e media
borghesia, che controlla varie attività come la ristorazione,
l’edilizia, taxi etc.
Taluni
vogliono vedere in questo settore rivitalizzato una forza su cui gli
USA potrebbero far leva per rovesciare il sistema che continua a
definirsi socialista (nel 2017 Obama prospettò l’appoggio al
primo). Del resto è importante notare che, la nuova Costituzione, se
all’art. 28 promuove e garantisce gli investimenti stranieri,
all’art. 30 attribuisce allo Stato il ruolo di controllare la
concentrazione della ricchezza, garantendo la sua redistribuzione per
salvaguardare i valori socialisti della giustizia sociale e
dell’equità.
Diversamente,
all’art. 42 la Costituzione italiana distingue tra la proprietà
pubblica e quella privata, affermando che quella privata è
riconosciuta e garantita dallo Stato, che stabilisce le modalità di
acquisto, di godimento e i limiti “allo scopo di assicurarne la
funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Sembrerebbe
voler prospettare un paese di piccoli proprietari, senza esprimere
nessuna preoccupazione per la concentrazione della ricchezza, che nei
nostri giorni è diventata spaventosa per le caratteristiche del
capitalismo contemporaneo.
Ciò
nonostante, sempre lo stesso articolo prevede l’espropriazione
della proprietà privata, previo indennizzo, per rispondere ad
esigenze di carattere generale. Ciò è ribadito dall’articolo
dall’art. 43 che recita che imprese o categorie di imprese, che
forniscono servizi essenziali di interesse generale, possono essere
trasferite a enti pubblici o a comunità di lavoratori. In maniera
analoga è limitata la proprietà terriera, auspicando la
trasformazione del latifondo e la protezione della proprietà piccola
e media (art. 44). L’art. 46 riconosce, invece, il diritto dei
lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende; e l’art. 53
ribadisce il carattere progressivo della tassazione.
La
“funzione sociale” della proprietà, come prospettata dalla
Costituzione italiana, pur rappresentando un indubbio elemento di
progresso di ispirazione socialista – (non si capisce) non v’è
altra costituzione, nei paesi capitalisti europei, che contenga una
simile prescrizione tanto da destare le ansie di rottamazione della
nostra da parte di JP Morgan - rappresenta un ulteriore e
sconfortante esempio di “lettera morta”, come altri già
ricordati in precedenza, giacché tale funzione sociale non è stata
effettivamente interpretata e applicata come una garanzia o, se
vogliamo, un diritto di primato del fine sociale della proprietà su
quello individuale del proprietario, in special modo dagli anni 90 ad
oggi.
Conclusioni
La
portata del cambiamento contenuto nella nuova carta di Cuba non è
certo di poco conto ma va altresì tenuto a mente che, come indicato
anche nell’art.13, lo Stato cubano ha, tra i suoi fini essenziali,
la costruzione del socialismo attraverso il mantenimento delle
conquiste rivoluzionarie nonché il raggiungimento di livelli più
elevati di equità e di giustizia sociale, a garanzia della piena
dignità delle persone e del loro sviluppo integrale che passi anche
per il tramite del rafforzamento dell'etica socialista e del generale
sviluppo educativo, scientifico, tecnico e culturale del paese. Il
che cosolida in noi la fiducia, formatasi anche in decenni di
resistenza eroica della gente di Cuba, che il popolo cubano al quale
spetta, in ultima istanza, la sovranità e la direzione del Paese,
possegga la robustezza ideologica atta a far fronte a tali innesti
spuri all’interno di un sistema politico, economico e sociale così
differente dal nostro ma così ambizioso, in quanto il benessere
collettivo e il progresso sociale rappresentano il suo scopo.
Ciò
nonostante, rimane arduo dare una valutazione del significato della
Costituzione cubana per chi sta al di fuori di quella società e,
anzi, immerso nelle problematiche tipiche di chi sta, potremmo dire,
da quest’altro lato della barricata, ossia quello capitalista, e
guarda alla realtà di Cuba con rispetto e alte aspettative. Se, da
un lato, la nuova costituzione sembra sanzionare la situazione
economico-sociale attuale (creazioni di zone franche, investimenti
stranieri, sviluppo del cuentapropismo), sviluppatasi anche in
seguito al derrumbe del socialismo, dall’altro, sembra riconoscere,
sulla scia del pensiero di Lenin, che il socialismo non può che
essere il frutto di un lungo processo di transizione, in cui possono
convivere diversi “tipi economico-sociali”. In questo contesto,
con lo scopo di sviluppare le forze produttive, Lenin dà avvio alla
nuova politica economica, comparata da molti dal percorso intrapreso
dalla Cina e dal Vietnam. Politica economica che reintroduce elementi
capitalistici in varie forme (concessioni, cooperazione,
intermediazione, appalto) e che mira al superamento della piccola
produzione contadina da parte di quello che definisce capitalismo di
Stato (controllo dello Stato sulle principali forze produttive).
Tuttavia,
tale reintroduzione deve avvenire sotto il potere e il controllo
sovietico, il quale – riconosce Lenin – di fatto favorirà i
capitalisti coinvolti, vegliando che il processo così scatenato
sviluppi la produzione in senso sia quantitativo che qualitativo,
incanalandosi però in direzione del socialismo, i cui tratti precisi
non sono del tutto chiari (come del resto, lo stesso Fidel riconosce
nel 2010). Naturalmente tale trasformazione sarebbe agevolata dalla
vittoria di rivoluzioni analoghe alla bolscevica nei paesi
capitalistici e necessita anche per realizzarsi di una vera e propria
rivoluzione culturale, che sia rivolta all’emancipazione
politico-ideologica delle masse (V. Giacché, Il
concetto di capitalismo di Stato in Lenin).
Se
quest’analisi è corretta, si può dire che la nuova Costituzione
cubana riprenda questo tema della riflessione di Lenin, in quanto,
dopo essersi posti e avere positivamente risolto il tema della presa
del potere già nel 1959, trattasi ora per i cubani di fare
sopravvivere e dare nuovo vigore alla rivoluzione attuando anche
taluni compromessi, alla luce delle congiuntura economico-politica
sia interna che esterna al Paese. Ci sembra chiaro, lo ripetiamo, che
l’apertura di questa nuova fase se, da un lato, impegnerà il
governo cubano ad attuare quella realizzazione del socialismo che
viene indicata in più punti come asse strategico da perseguire,
dall’altra impegnerà noi stessi all’interno delle nostre società
occidentali ad avanzare verso la realizzazione della fase precedente,
quella appunto della conquista del potere politico in grado di
consegnare, come accaduto a Cuba, la sovranità nelle mani dei
lavoratori organizzati e segnare la fine del regime di sfruttamento
dell’uomo sull’uomo.
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