giovedì 4 luglio 2019

La costituzione cubana e italiana a confronto - Leila Cienfuegos e Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Sapienza – Università di Roma) - 
Leggi anche: Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 


La repubblica di Cuba si è dotata quest’anno di una nuova costituzione. Leggerla comparandola con la nostra potrebbe risultare particolarmente arduo per un motivo molto semplice: Cuba è un paese socialista che si è ribellato al giogo dello sfruttamento coloniale e imperialista attraverso un processo rivoluzionario sostenuto dal popolo e che, nell’ostilità dell’intero mondo occidentale, porta avanti da 60 anni tale tentativo di rinnovamento sociale; l’Italia, al contrario, appartiene alla schiera dei paesi - numericamente piuttosto esigua - che condividono una scelta di campo politico-economica di matrice opposta a quella cubana e che, attraverso il proprio complesso apparato organizzativo, militare ed ideologico, risultano in grado di influire sulle (e spesso determinare fattivamente le) sorti di interi popoli, sulle dinamiche di varia natura a livello mondiale. 
Tanto più distanti appaiono, oggi, le strutture e le scelte dei due Paesi, tanto meno c’è da illudersi che la legge di un Paese ne contenga e ne esprima in modo completo le effettive dinamiche interne e le tendenze di sviluppo. La legge è la fotografia, parziale in quanto soggiacente ai rapporti di forza, di un dato momento storico. Vi è, nell’Italia di oggi, un anelito all’attuazione effettiva e completa del dettato costituzionale del 1948 in una fase in cui esso appare sempre più quale un mero involucro vuoto, privo di effettività; e vi è, a Cuba, una necessità di misurarsi con le condizioni concrete che sono maturate attorno dal 1959 ad oggi, giacché, per quanto Cuba sia un’isola sotto embargo, la vita di un Paese non può esaurirsi a quella interna ma deve tenere in debito conto numerose dinamiche esterne.
Per tale ragione, e con tale dovuta premessa, tale comparazione si limiterà sostanzialmente agli aspetti maggiormente rilevanti.
Elaborazione
Il testo costituzionale cubano è frutto di un lavoro che risale almeno al 2011 quando, con i lineamenti di politica economica del partito, si poneva all’ordine del giorno il tema della riforma costituzionale. Un tema che, a differenza di quanto avviene in Italia, non rimane chiuso nelle aule parlamentari e, quando va bene, nei circoli dei partiti e coinvolge il popolo solo quando, eventualmente, è chiamato ad approvare o respingere il testo licenziato dal parlamento senza la maggioranza dei ⅔ (quando questa maggioranza si ottiene in seconda lettura non c’è bisogno del referendum, come successo con la riforma varata dal governo Monti). La costituzione cubana, infatti, non solo ha dovuto passare il vaglio referendario ma è stata redatta con la partecipazione stessa del popolo, tanto che oltre il 60% degli articoli hanno subito modifiche provenienti dalle oltre 783.000 proposte scaturite da 133.000 riunioni. 

Preambolo
Da un punto di vista strutturale, tanto la costituzione italiana quanto quella cubana presentano analoga organizzazione: si comincia con l’enunciazione dei principî fondamentali, si continua coi diritti ed i doveri dei cittadini (e, nel caso di Cuba, degli stranieri) e si finisce con la struttura della Repubblica, vale a dire con la divisione del lavoro politico ed i rapporti tra i diversi livelli di governo (nella Costituzione cubana c’è anche la definizione della legge elettorale). Chiudono, in entrambi i casi, disposizioni transitorie e finali.
Ma a differenza di quella italiana che ne è priva, quella cubana si apre con un preambolo che ripercorrendo la storia del paese degli ultimi 150 anni, individua l’origine del potere costituente (la Rivoluzione) legittimando la costituzione ‘formale’ quale espressione sovrastrutturale adeguata alla costituzione ‘materiale’, vale a dire alla struttura economica ed ai corrispondenti rapporti sociali scaturiti non da una semplice liberazione nazionale, come è per l’Italia, ma da una rivoluzione che è anche liberazione dal capitalismo. Nel preambolo, infatti, si richiamano entrambi questi momenti: la lotta di resistenza e [di liberazione nazionale] degli aborigeni (non erano una nazione e non sono stati sterminati), degli schiavi e dei patrioti (contro il colonialismo spagnolo prima e l’imperialismo nordamericano poi) e la lotta rivoluzionaria e di liberazione dal capitalismo, vale a dire dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dalla concorrenza.
Al contrario, nella Costituzione italiana non c’è alcun riferimento né al Risorgimento né alla lotta partigiana di liberazione dal nazi-fascismo. Solo nelle disposizioni transitorie e finali si trova qualche riferimento al processo storico di formazione della costituzione nel divieto di riorganizzare sotto qualsiasi forma il partito nazionale fascista (disp. XII) e nel divieto posto ai discendenti di Casa Savoia di risiedere nel territorio nazionale, essere elettori o ricoprire pubblici uffici (disp. XIII, peraltro non più in vigore dal 2002).
La natura compromissoria della costituzione italiana comporta inevitabilmente delle ambiguità, che si fanno più aspre dal momento che i rapporti di forza esistenti nel dopoguerra non corrispondono più a quelli attuali scaturiti dal crollo del cosiddetto socialismo reale e dalla crisi economica internazionale. In particolare, salta agli occhi il mancato rispetto delle norme, che proibiscono la ricostituzione del partito fascista (presenti nella costituzione) e quelle relative (Scelba 645/1952) alla condanna dell’apologia del fascismo da parte di un ministro, che non si fa scrupoli di perseguitare miseri migranti scacciati dai loro paesi dagli interventi delle potenze occidentali.
Al contrario, la nuova Costituzione cubana afferma in maniera esplicita di ispirarsi alla lotta contro il colonialismo, lo schiavismo e l’imperialismo attraverso l’ideario e gli esempi di personaggi chiave della storia nazionale quali José Marti e Fidel Castro, di ambire alla piena realizzazione del socialismo facendo propria la riflessione di Marx, Engels e Lenin, di assumere un carattere internazionalista nell’instaurare relazioni di fratellanza tra il popolo di Cuba e, in particolare, gli altri popoli dell’America Latina e del Caribe, di considerare impossibile un ritorno del Paese ad un regime di sfruttamento capitalistico e che “solo nel socialismo e nel comunismo l'essere umano raggiunga la sua piena dignità”.
Dialettica struttura-sovrastruttura
Che sia scritto o meno, ogni Costituzione deve corrispondere alla situazione socio-economica vigente. Ma non vi può corrispondere esattamente in quanto ogni società divisa in classi - anche quella cubana è una società divisa in classi, sebbene a differenza che da noi quella dominante è la classe proletaria - presenta delle contraddizioni che non possono riflettersi direttamente nel diritto che, al contrario, “non deve solo corrispondere alla situazione economica generale, essere la sua espressione, bensì anche essere un'espressione in sé coerente” (F. Engels, lettera a Conrad Schmidt, 27 ottobre 1890). Per questo la Costituzione non può che essere modificata in accordo all’evoluzione del modo di produzione ed alla lotta di classe, nazionale ed internazionale, se si vogliono evitare gravi danni allo sviluppo economico, lo spreco di forze e risorse e, in definitiva, il ristabilimento più o meno violento di tale corrispondenza.
La nuova costituzione cubana, dunque, rappresenta un adeguamento della sovrastruttura giuridica alla struttura economica mutata rispetto al 1976 (data di entrata in vigore della precedente costituzione) non solo in ragione dello sviluppo economico vissuto dall’isola negli ultimi 43 anni e delle relazioni internazionali post-1991, ma anche della controrivoluzione mondiale che nel frattempo si è scatenata contro tutti coloro che tentano di porre in discussione l’ordine capitalistico, della mai sopita aggressività nordamericana; quest’ultima si avvale di tutti mezzi, tra I quali le sanzioni che aggravano la crisi economica mondiale. che si ripercuote drammaticamente sulle classi popolari e sulla tutela dell’ambiente. Tuttavia, in un contesto internazionale progressivamente più sfavorevole, i lavoratori ed il popolo cubano, rappresentati dai loro dirigenti, hanno saputo rispondere molto più e meglio di quanto abbiano saputo fare i loro omologhi in Italia, tanto da consentirgli di continuare la costruzione del socialismo mentre noi non abbiamo fatto altro che peggiorare la costituzione borghese del ‘48.
La definizione dello Stato 
Sia nella costituzione italiana che in quella cubana il “popolo è sovrano”, ma nella prima esercita questo potere “nelle forme e nei limiti della costituzione”, nella seconda la esercita direttamente o indirettamente e “nelle forme e secondo le norme stabilite dalla costituzione e dalle leggi” (art. 3). Il potere popolare, quindi, non si è auto-posto alcuna limitazione tanto da stabilire, all’articolo 4, che “i cittadini hanno diritto di combattere con tutti i mezzi, compresa la lotta armata, contro chiunque tenti di rovesciare l’ordine politico, sociale ed economico stabilito da questa costituzione”.
Nella Costituzione italiana, ovviamente, manca il riferimento al socialismo, alla giustizia sociale e all’internazionalismo che, invece, è apertamente esplicitato nella carta di Cuba che viene definita uno Stato socialista di diritto e di giustizia sociale, sovrano, organizzato da tutti e per il bene di tutti, fondato sul lavoro, l’umanesimo, l’etica, la dignità, il cui obiettivo è la libertà, l’uguaglianza, la prosperità individuali e collettive. Inoltre, come già sottolineato, si dichiara che il ritorno al capitalismo, basato sullo sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, è illegittimo e impraticabile.
L’art. 5 recita che il PCC, martiano, fidelista, marxista e leninista, avanguardia organizzata della nazione, costituisce la forza dirigente superiore della società e dello Stato. Esso dirige gli sforzi comuni per costruire il socialismo e avanzare verso il comunismo, al contempo opera per rafforzare l’unità patriottica. Un aspetto, questo, ovviamente assolutamente inedito rispetto all’impianto cristallizzato nella costituzione italiana.
L’art. 15 della Costituzione cubana definisce laico lo Stato cubano, il quale riconosce e garantisce la libertà religiosa; invece, il famoso articolo 7 della Costituzione italiana, contro cui molti hanno lottato, pur definendo Stato e Chiesa separati e indipendenti, recepisce i Patti lateranensi che attribuiscono alla Chiesa cattolica uno status privilegiato.
I diritti e i doveri degli individui
L’art. 2 della Costituzione italiana garantisce i diritti inviolabili dell’individuo e richiede “l’adempimento inderogabile dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, mentre l’art. 3 sancisce l’uguaglianza formale dei cittadini, anche se la Repubblica dovrebbe eliminare tutti quegli impedimenti che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e ne ostacolano la piena partecipazione alla vita socio-economica (uguaglianza sostanziale). La Costituzione cubana tratta la questione dei diritti e dei doveri al Titolo V, in cui si afferma che la dignità umana rappresenta il valore supremo e che lo Stato riconosce alla persona l’attribuzione e l’esercizio dei diritti umani (art. 40 e 41). Naturalmente la libertà religiosa e di espressione sono garantite, fermo restando che la proprietà dei mezzi di comunicazione di massa costituiscono la proprietà socialista del popolo e delle organizzazioni di massa (art. 55).
L’art. 4 della Costituzione italiana garantisce a tutti il diritto al lavoro, e rimuove gli impedimenti all’esercizio di tale diritto, garantendo ai lavoratori forme sociali di sostegno economico in caso di malattia, infortunio, disoccupazione (art. 38). Norma, nei fatti, disattesa come la successiva contro la guerra. Lo stesso diritto viene garantito dall’art. 64 della Costituzione cubana, a cui aggiunge che lo Stato assicura i servizi sociali per le famiglie dei lavoratori. Inoltre, il salario viene stabilito dal principio socialista “da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro” (art. 65).
I cittadini cubani, inoltre, “controllano l’attività degli organismi statali, dei suoi dirigenti e funzionari, dei deputati e dei delegati” (art. 101), hanno diritto a “revocare il mandato agli eletti” (art. 80) e “di intervenire nella direzione dello Stato”, direttamente e indirettamente (art. 204). Al pari dei cittadini italiani, hanno diritto di esercitare l’iniziativa legislativa e referendaria (senza le limitazioni che la nostra costituzione impone riguardo le leggi di bilancio ed i trattati internazionali).
Per quanto riguarda i doveri degli eletti e dei pubblici ufficiali, a differenza della costituzione italiana che menziona unicamente i pubblici impiegati sottoponendoli unicamente “al servizio esclusivo della Nazione” (alias della borghesia), la costituzione cubana impone che “gli organismi dello Stato, i loro dirigenti, funzionari e dipendenti sono obbligati a rispettare, a prendersi cura e a rispondere al popolo, a mantenere stretti legami con questo e a sottoporsi al suo controllo” (art 10) nonché ad operare “con la dovuta trasparenza” (art. 101).
Inoltre “Qualsiasi persona che patisce danni o lesioni indebitamente causati da dirigenti, funzionari e dipendenti dello Stato in occasione dell'esercizio delle funzioni proprie dei loro incarichi, ha diritto a rivendicare e a ottenere un adeguato risarcimento o indennizzo nei modi previsti dalla legge” (art. 98). E infine: “La persona alla quale sono violati i diritti sanciti dalla presente Costituzione e, di conseguenza patirà danni o lesioni da parte di organismi dello Stato, dai suoi dirigenti, funzionari o dipendenti, in ragione dell'atto illecito o dell'omissione delle loro funzioni, nonché da parte di privati o da parte di enti non statali, ha diritto di reclamare dinnanzi ai tribunali la restituzione dei diritti e di ottenere, a norma di legge, il corrispondente risarcimento o indennizzo” (art. 99).
La politica internazionale
Quanto alla politica estera, ricordiamo l’art. 11 della Costituzione italiana, tante volte disatteso, che recita: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Più articolata - come d’altronde, induce a fare il regime di costante assedio economico-ideologico, e quindi politico, dell’isola caraibica al quale è stato già fatto riferimento in principio - ci sembra la trattazione della politica estera da parte della Costituzione cubana, che con l’obiettivo di difendere l’autonomia di Cuba ha un carattere antimperialista e internazionalista. Afferma, inoltre, che le relazioni economiche e politiche con un altro Stato non potranno mai essere stipulate in un regime di coercizione e di aggressione (il riferimento evidente è agli USA). Auspica l’instaurazione della pace, basata sul rispetto dell’indipendenza e della sovranità di tutti gli Stati; dichiara la necessità di rispettare le norme del diritto internazionale, per quanto, all’art.8, si espliciti il primato della Costituzione della Repubblica di Cuba, sancita come prevalente sui trattati internazionali; promuove l’unità di tutti i paesi del Terzo Mondo contro l’imperialismo, il fascismo, il colonialismo e il neocolonialismo e i processi di integrazione con i paesi dell’America Latina e del Caribe. Come la Costituzione italiana, stabilisce che le controversie internazionali debbano essere risolte pacificamente sulla base dell’uguaglianza, riconosce come legittime le lotte di liberazione nazionale e la resistenza armata all’aggressione, promuove la protezione dell’ambiente e la battaglia per dare risposta al cambiamento climatico (art. 16).
La proprietà
Passiamo ora al problema della proprietà affrontato in maniera ovviamente diversa dalle due costituzioni. L’art. 18 definisce Cuba un sistema socialista basato sulla proprietà di tutto il popolo sui mezzi fondamentali di produzione come forma di proprietà principale, ed organizzato secondo la direzione pianificata, che controlla il mercato in funzione e a beneficio degli interessi della società. All’art. 19 si legge che lo Stato dirige e controlla l’attività economica a beneficio degli interessi individuali e collettivi, mentre l’art. 20 afferma che i lavoratori partecipano alla gestione, pianificazione e controllo dell’economia. In particolare, secondo quanto prevede la legge, i collettivi dei lavoratori partecipano alla gestione e all’amministrazione delle unità imprenditoriali statali e di quelle finanziate dallo Stato. Cosa succede nelle entità private?
Successivamente si distinguono 7 forme di proprietà: 1) socialista di tutto il popolo; 2) cooperativa sostenuta dal lavoro dei suoi soci; 3) quelle delle organizzazioni sociali e di massa; 4) privata esercitata da persone naturali o giuridiche cubane o straniere sui mezzi di produzione (svolge un ruolo complementare); 5) mista (combina più forme di proprietà); 6) quella di istituzioni e di forme associative; 7) personale sui beni che non costituiscono mezzi produzione (art. 31).
Sotto questo aspetto viene introdotta una effettiva ed importante novità rispetto alla precedente versione costituzionale del 1976, segnando significativamente una elaborazione adeguatrice della sovrastruttura giuridica in relazione alla struttura economica a seguito di un lungo ed estenuante periodo, non ancora conclusosi, di operato di forze controrivoluzionarie che comprendono anche le sanzioni economiche e si connettono ad una situazione di crisi economica di portata mondiale.
È la prima volta che la proprietà privata dei mezzi di produzione è prevista dalla Carta magna del paese, per quanto, si precisa, tale proprietà privata cubana o straniera possa essere esercitata su determinati mezzi di produzione e con un ruolo definito come complementare nell’economia del Paese che resta ancorato, come più volte ribadito nel dettato legislativo, ad una matrice di natura socialista e ad una evoluzione in tale senso, escludendo categoricamente il ritorno ad un regime di produzione di tipo capitalista. Le condizioni concrete verificatesi a Cuba per i motivi che abbiamo sottolineato sono state negli scorsi decenni tali per cui, di fatto, il lavoro autonomo (cuentapropismo, in cui il cuentapropista è sia il datore di lavoro che il salariato) non fu mai cancellato del tutto perché necessario alle esigenze della popolazione ed ha ricominciato ad espandersi dopo il 1992, fino a contare oggi circa 500.000 individui, in gran parte ex dipendenti dello Stato. Il progetto, depositato nei Nuovi lineamenti di politica economica, è assegnare a questo settore il 40% della vita economica. Tale decisione ha consentito il riemergere della piccola e media borghesia, che controlla varie attività come la ristorazione, l’edilizia, taxi etc.
Taluni vogliono vedere in questo settore rivitalizzato una forza su cui gli USA potrebbero far leva per rovesciare il sistema che continua a definirsi socialista (nel 2017 Obama prospettò l’appoggio al primo). Del resto è importante notare che, la nuova Costituzione, se all’art. 28 promuove e garantisce gli investimenti stranieri, all’art. 30 attribuisce allo Stato il ruolo di controllare la concentrazione della ricchezza, garantendo la sua redistribuzione per salvaguardare i valori socialisti della giustizia sociale e dell’equità.
Diversamente, all’art. 42 la Costituzione italiana distingue tra la proprietà pubblica e quella privata, affermando che quella privata è riconosciuta e garantita dallo Stato, che stabilisce le modalità di acquisto, di godimento e i limiti “allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Sembrerebbe voler prospettare un paese di piccoli proprietari, senza esprimere nessuna preoccupazione per la concentrazione della ricchezza, che nei nostri giorni è diventata spaventosa per le caratteristiche del capitalismo contemporaneo.
Ciò nonostante, sempre lo stesso articolo prevede l’espropriazione della proprietà privata, previo indennizzo, per rispondere ad esigenze di carattere generale. Ciò è ribadito dall’articolo dall’art. 43 che recita che imprese o categorie di imprese, che forniscono servizi essenziali di interesse generale, possono essere trasferite a enti pubblici o a comunità di lavoratori. In maniera analoga è limitata la proprietà terriera, auspicando la trasformazione del latifondo e la protezione della proprietà piccola e media (art. 44). L’art. 46 riconosce, invece, il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende; e l’art. 53 ribadisce il carattere progressivo della tassazione.
La “funzione sociale” della proprietà, come prospettata dalla Costituzione italiana, pur rappresentando un indubbio elemento di progresso di ispirazione socialista – (non si capisce) non v’è altra costituzione, nei paesi capitalisti europei, che contenga una simile prescrizione tanto da destare le ansie di rottamazione della nostra da parte di JP Morgan - rappresenta un ulteriore e sconfortante esempio di “lettera morta”, come altri già ricordati in precedenza, giacché tale funzione sociale non è stata effettivamente interpretata e applicata come una garanzia o, se vogliamo, un diritto di primato del fine sociale della proprietà su quello individuale del proprietario, in special modo dagli anni 90 ad oggi.
Conclusioni
La portata del cambiamento contenuto nella nuova carta di Cuba non è certo di poco conto ma va altresì tenuto a mente che, come indicato anche nell’art.13, lo Stato cubano ha, tra i suoi fini essenziali, la costruzione del socialismo attraverso il mantenimento delle conquiste rivoluzionarie nonché il raggiungimento di livelli più elevati di equità e di giustizia sociale, a garanzia della piena dignità delle persone e del loro sviluppo integrale che passi anche per il tramite del rafforzamento dell'etica socialista e del generale sviluppo educativo, scientifico, tecnico e culturale del paese. Il che cosolida in noi la fiducia, formatasi anche in decenni di resistenza eroica della gente di Cuba, che il popolo cubano al quale spetta, in ultima istanza, la sovranità e la direzione del Paese, possegga la robustezza ideologica atta a far fronte a tali innesti spuri all’interno di un sistema politico, economico e sociale così differente dal nostro ma così ambizioso, in quanto il benessere collettivo e il progresso sociale rappresentano il suo scopo.
Ciò nonostante, rimane arduo dare una valutazione del significato della Costituzione cubana per chi sta al di fuori di quella società e, anzi, immerso nelle problematiche tipiche di chi sta, potremmo dire, da quest’altro lato della barricata, ossia quello capitalista, e guarda alla realtà di Cuba con rispetto e alte aspettative. Se, da un lato, la nuova costituzione sembra sanzionare la situazione economico-sociale attuale (creazioni di zone franche, investimenti stranieri, sviluppo del cuentapropismo), sviluppatasi anche in seguito al derrumbe del socialismo, dall’altro, sembra riconoscere, sulla scia del pensiero di Lenin, che il socialismo non può che essere il frutto di un lungo processo di transizione, in cui possono convivere diversi “tipi economico-sociali”. In questo contesto, con lo scopo di sviluppare le forze produttive, Lenin dà avvio alla nuova politica economica, comparata da molti dal percorso intrapreso dalla Cina e dal Vietnam. Politica economica che reintroduce elementi capitalistici in varie forme (concessioni, cooperazione, intermediazione, appalto) e che mira al superamento della piccola produzione contadina da parte di quello che definisce capitalismo di Stato (controllo dello Stato sulle principali forze produttive).
Tuttavia, tale reintroduzione deve avvenire sotto il potere e il controllo sovietico, il quale – riconosce Lenin – di fatto favorirà i capitalisti coinvolti, vegliando che il processo così scatenato sviluppi la produzione in senso sia quantitativo che qualitativo, incanalandosi però in direzione del socialismo, i cui tratti precisi non sono del tutto chiari (come del resto, lo stesso Fidel riconosce nel 2010). Naturalmente tale trasformazione sarebbe agevolata dalla vittoria di rivoluzioni analoghe alla bolscevica nei paesi capitalistici e necessita anche per realizzarsi di una vera e propria rivoluzione culturale, che sia rivolta all’emancipazione politico-ideologica delle masse (V. Giacché, Il concetto di capitalismo di Stato in Lenin).
Se quest’analisi è corretta, si può dire che la nuova Costituzione cubana riprenda questo tema della riflessione di Lenin, in quanto, dopo essersi posti e avere positivamente risolto il tema della presa del potere già nel 1959, trattasi ora per i cubani di fare sopravvivere e dare nuovo vigore alla rivoluzione attuando anche taluni compromessi, alla luce delle congiuntura economico-politica sia interna che esterna al Paese. Ci sembra chiaro, lo ripetiamo, che l’apertura di questa nuova fase se, da un lato, impegnerà il governo cubano ad attuare quella realizzazione del socialismo che viene indicata in più punti come asse strategico da perseguire, dall’altra impegnerà noi stessi all’interno delle nostre società occidentali ad avanzare verso la realizzazione della fase precedente, quella appunto della conquista del potere politico in grado di consegnare, come accaduto a Cuba, la sovranità nelle mani dei lavoratori organizzati e segnare la fine del regime di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.



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