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lunedì 4 dicembre 2023

Sviluppo capitalistico e Guerra. Un testo illuminante di Gianfranco Pala

 Da: https://www.lantidiplomatico.it - https://www.marxismo-oggi.it - 

Gianfranco Pala (1940 - 2023), Economista italiano. Docente di Economia alla Sapienza di Roma.  Direttore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). Studioso marxista tra i più rigorosi. 


Nel periodo che stiamo vivendo, complesso e difficile da comprendere in tutti i suoi aspetti, è forse utile riprendere analisi scientifiche marxiste già pubblicate in un recente passato (2005), e poco diffuse in quanto politicamente in opposizione alle logiche della visibilità elettorale come priorità esclusiva. “Lo sviluppo economico capitalistico e la guerra” di Gianfranco Pala, ex docente di Economia Politica alla Sapienza di Roma, ora scomparso, aveva messo in luce il rapporto di capitale, la sua necessaria estensione nel mercato mondiale e la guerra, quale sua specifica modalità di rapina del plusvalore ai danni dei paesi dominati, nella gerarchia mondiale mistificata nel termine “globalizzazione”. Nell’imperialismo del capitale finanziario, ormai transnazionale, nella sua unità dialettica con la politica, la guerra è contrasto tra stati il cui fine è costituito dal vantaggio economico, oltre che essere merce. Scarso rilievo se costerà alle popolazioni già sfruttate per appartenenza di classe, anche in termini di perdita di diritti umani e civili o di sofferenze e morti, sterminio, genocidio. La tragica attualità di questa analisi può aiutare a formare una coscienza collettiva più consapevole, e sperabilmente più pronta a lottare contro la distruttività di questo sistema, incapace ormai di riprodursi se non mediante una costante e progressiva violenza senza confini.  (Carla Filosa) 

gfp.278 - Athanor xvi-9, Meltemi, Roma 2005 [in Mondo di guerra]

LO SVILUPPO ECONOMICO CAPITALISTICO E LA GUERRA
la crisi dell’accumulazione mondiale e il trasferimento di plusvalore

N.B.: La guerra è sviluppata prima della pace:
modo in cui attraverso la guerra e negli eserciti, ecc.,
determinati rapporti economici come lavoro salariato, macchine, ecc.,
si sono sviluppati prima che all’interno della società borghese.
Anche il rapporto tra forze produttive e scambio
diviene particolarmente evidente nell’esercito.
[Karl Marx, Lf, q.M, f.21]

di Gianfranco Pala

Marx, in conclusione dell’inedita Introduzione del 1857, lasciata nei manoscritti dedicati ai Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, al primo punto di un “notabene: alcuni punti che sono da menzionare qui e non devono essere dimenticati” pose la questione della <guerra> (riportata nell’esergo qui posto a mo’ di occhiello). Non era la prima volta che lui con Engels – ne testimonia il loro carteggio – si occupavano della questione militare. Lo stretto legame tra economia guerra – ossia tra lo sviluppo delle forze produttive, la base della produzione materiale e sociale, e la loro inesorabile esigenza di estensione all’intero mercato mondiale in continuo allargamento – rappresentò sempre un “punto che non doveva essere dimenticato”. Il tema si connetteva inevitabilmente al carattere della violenza di classe, nell’epoca moderna quella della borghesia capitalistica e imperialistica; senonché, come osservò Engels, dal 1876 allorché cominciò a scrivere l’Anti-Dühring, nel primo capitolo della ii sezione dedicato all’oggetto e metodo dell’economia politica, “la violenza non fa che proteggere lo sfruttamento, ma non lo causa”; e che la “base” di quello “sfruttamento è il rapporto tra capitale e lavoro salariato e che questo è sorto per via puramente economica e niente affatto per via di violenza”. Già nell’Ideologia tedesca, in particolare verso la fine del paragrafo 4 della i sezione rivolta a Feuerbach, Engels e Marx esponevano in fieri la loro "concezione della storia" che “sembra contraddetta dal fatto della conquista. Finora erano considerate forze motrici della storia la violenza, la guerra, il saccheggio, la rapina, ecc.”, facendo l’esempio della “distruzione di un’antica civiltà a opera di un popolo barbaro”: ogni riferimento a fatti bellici attualissimi non è qui per niente casuale. Per cui i due osservavano che “niente è più comune dell’idea secondo la quale fino a oggi nella storia non si è trattato altro che di prendere”. Marx, in una nota agli inizi del Capitale, aveva già scritto che “comicissimo è il sig. Bastiat, il quale si immagina che gli antichi greci e romani vivessero soltanto di rapina. Ma se si vive di rapina per molti secoli, ci dovrà pur essere continuamente <qualcosa da rapinare>, ossia l’oggetto della rapina dovrà continuamente essere riprodotto”. Anche nelle epoche precedenti, dunque, c’era “un processo di produzione, quindi un’economia, la quale costituiva il fondamento materiale del loro mondo, esattamente come l’econo­mia borghese costituisce il fondamento materiale del mondo contemporaneo. Il medioevo non poteva vivere del cattolicesimo, e il mondo antico non poteva vivere della politica. D’altra parte, già don Chisciotte ha ben scontato l’errore di essersi illuso che la cavalleria errante fosse ugualmente compatibile con tutte le forme economiche della società” [c, i.1(4)]. Chi è il don Chisciotte o, peggio perché meno poetico, il Bastiat attuale che, tra i politici e gli economisti moderni, “illuminati” alla Keynes o cupi tipo “neo-con” (i neoconservatori made in Usa, guerrafondai quasi tutti provenienti dalla lotta “sinistra” all’Urss staliniana), crede di trovare nella rapina della guerra imperialistica il grimaldello per il rilancio dell’economia mondiale? Panzane!

martedì 14 novembre 2023

E’ morto il compagno Gianfranco Pala, un marxista rigoroso. - Francesco Schettino

Da: https://contropiano.org - Francesco Schettino (Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli) è un economista italiano. 

Ascolta anche: https://gemininetwork.it/yesterdays-papers-in-memoriam-gianfranco-pala-roma-1940


E’ deceduto dopo una lunga malattia il compagno Gianfranco Pala. 83 anni, economista e studioso marxista tra i più rigorosi. Per anni ha curato la pubblicazione della rivista “La Contraddizione” (https://rivistacontraddizione.wordpress.com) che è stata un punto di riferimento, analisi e documentazione marxista.

Negli anni Novanta ci siamo confrontati spesso in forum pubblici con Gianfranco Pala facendo tesoro di alcune sue tesi come la lettura della crisi capitalistica dei primi anni ‘70 come crisi tuttora irrisolta. Ed anche dei suoi lavori sul rapporto tra Stato ed economia. Non sempre siamo giunti alle medesime conclusioni, ma è stato sempre un confronto di merito e di valore, utilissimo per rielaborare un punto di vista comunista che cercasse di stare all’altezza, appunto, della “contraddizione”.

Sulla vita e il contributo di Gianfranco Pala pubblichiamo un ricordo curato da Francesco Schettino che lo ha affiancato per anni e ha collaborato all’esperienza della rivista “La Contraddizione”.

Alla sua compagna di sempre, Carla Filosa, e alla figlia giunga l’abbraccio della nostra redazione. ( Redazione Contropiano)

In memoriam – Gianfranco Pala (Roma, 1940)

di Francesco Schettino 

Pala ha speso la propria vita innanzitutto nell’affermazione della correttezza della teoria del valore (e del plusvalore) così come scoperta da Marx, «che è divenuta legge peculiare dello sviluppo del moderno modo di produzione capitalistico e della società borghese da esso generata » (Engels 1883) e che «ha subitamente gettato un fascio di luce nell’oscurità in cui brancolavano prima, in tutte le loro ricerche, tanto gli economisti classici che i critici socialisti» (Engels, ibidem).

mercoledì 10 agosto 2022

Pane e tulipani, ovvero così non parlò Piero Sraffa. Cronache marXZiane n. 8 - Giorgio Gattei

Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

DIALOGO SOPRA UN MINIMO SISTEMA DELL’ECONOMIA, a proposito della concezione di Sraffa e degli “economisti in libris” suoi discepoli * - Gianfranco Pala e Aurelio Macchioro

Vedi anche: Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore 



I Precedenti... 
http://www.maggiofilosofico.it/cosi-parlo-saggio-massimo-cronache-marxziane-n-7/ 

1. Con l’accumulazione del profitto realizzato in moneta viene messa in gioco la sorte del pianeta Marx. Ma come procedere per comprenderlo? Vale pur sempre la regola esposta dal suo primo “mappatore” per cui, davanti ad un fenomeno complesso, «si deve sempre partire dal presupposto che le condizioni reali corrispondano al loro concetto o, ciò che significa la stessa cosa, che le condizioni reali vengano esposte solo in quanto coincidano con il tipo generale ad esse corrispondenti» – insomma che il concetto sia adeguato all’oggetto secondo la sua necessità logica, mentre le altre condizioni, che sul momento sono state trascurate, potranno poi esservi aggiunte. Ciò vale soprattutto per l’argomento conclusivo da considerare, e cioè che il pianeta Marx, a differenza di ogni altro corpo celeste, ad ogni rotazione cresce di dimensione per l’accumulazione del profitto indirizzandosi verso un esito finale, una sorte o un destino che si possono almeno congetturare. Si sa che Marx ne aveva previsto la fine per la “caduta tendenziale” del saggio generale del profitto: essendo «il vero limite della produzione capitalistica il capitale stesso», esso entra «in conflitto con i metodi di produzione a cui deve ricorrere per raggiungere il suo scopo e che perseguono l’accrescimento illimitato della produzione, la produzione come fine a se stessa, lo sviluppo incondizionato delle forze produttive sociali del lavoro», cosicché «il modo di produzione capitalistico, che è un mezzo storico per lo sviluppo della forza produttiva materiale e la creazione di un corrispondente mercato mondiale, è al tempo stesso la contraddizione costante tra questo suo compito storico e i rapporti di produzione sociali che gli corrispondono».

Ma come si è posto Piero Sraffa rispetto a questa prospettiva en marxiste? Non è dato a sapere, perché nella relazione pubblicata nel 1960, Viaggio di merci per merci, dopo aver impostato la misura del valore del Prodotto netto sul Lavoro vivo (a suo merito spetta l’aver sostituito il fallimentare “valore-lavoro” marxiano: X = K + L con il valore del Prodotto lordo X pari alla somma del valore del capitale K e del Lavoro vivo L, con il “neovalore-lavoro” dove il prezzo del Prodotto netto Y è pari al solo Lavoro vivo così che Y = L) ed averne considerato la ripartizione “polemica” tra Profitti e Salari (Y = W + P), quando avrebbe poi dovuto trattare della destinazione del profitto ad Accumulazione, previa una incursione sulla “scelta della miglior tecnica produttiva” qualora ce ne sia più d’una a disposizione su cui si è discusso anche troppo, alla maniera di un coito interrotto bruscamente si tira indietro e conclude il libro, lasciandoci orfani della sua opinione in merito all’argomento che allora andava più di moda presso gli astronomi di Cambridge che era proprio la crescita del pianeta per accumulazione, e nemmeno ce ne dà una giustificazione in una conclusione non c’è.

Eppure sappiamo, per testimonianza del discepolo Luigi Pasinetti, che egli se ne era interessato e forse ne aveva anche scritto, sebbene nulla compaia nella relazione di viaggio pubblicata: «l’impressione che ho avuto dalle numerose discussioni con Sraffa è che la sua intenzione (fosse) di eliminare volutamente dalla versione finale tutte quelle elaborazioni, che in versioni precedenti potrebbero esserci state, che potessero far apparire connessioni coi problemi di crescita economica di cui si stava occupando il gruppo post-keynesiano» di Cambridge, soprattutto i colleghi Joan Robinson e Nicholas Kaldor ma che giungevano a conclusioni con cui lui non poteva assolutamente accettare.

venerdì 8 aprile 2022

Gianfranco Pala: L’"AntiKeynes" - Francesco Schettino

Da: Università Popolare Antonio Gramsci - https://www.unigramsci.it - Casa del Popolo "Ladri di biciclette", Val Melaina.
Gianfranco Pala, già docente alla Sapienza di Roma, è un economista italiano. Fondatore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com). 
Francesco Schettino è un economista italiano, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e alla Università Popolare Antonio Gramsci. Redattore della rivista LA CONTRADDIZIONE.


Primo incontro: Keynes contro Marx
                                                                           

Secondo incontro: Stato e mercato. La falsa dicotomia https://www.youtube.com/watch?v=TZV2NX3TUhk 
Terzo incontro: Capitale: unicità e molteplicità 
Quarto incontro: Crisi di sottoconsumo e di sovrapproduzione https://www.youtube.com/watch?v=nTVGq73LNFc 

venerdì 4 marzo 2022

TRA PROFESSIONE E VOCAZIONE: MODI DI FARE STORIA - Sergio Bologna

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Sergio Bologna ha insegnato in varie Università, in Italia e in Germania. Si è occupato di storia del movimento operaio, ha partecipato alla fondazione di riviste quali Classe operaia e Primo Maggio. 

Vedi anche: I marxismi in Italia - Roberto Finelli 


                                               Prima lezione:

                                                                             



martedì 7 dicembre 2021

Epidemia di sovrapproduzione - Carla Filosa, Gianfranco Pala, Francesco Schettino

Da: https://www.carmillaonline.com 

Gianfranco Pala è un economista italiano. Direttore della rivista LA CONTRADDIZIONE (https://rivistacontraddizione.wordpress.com).

Carla Filosa insegna dialettica hegeliana e marxismo. Redattrice della rivista LA CONTRADDIZIONE. Docente alla Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it - https://www.facebook.com/unigramsci).

Francesco Schettino è un economista italiano, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e alla Università Popolare Antonio Gramsci. Redattore della rivista LA CONTRADDIZIONE. 

Pubblichiamo di seguito un estratto della “Premessa” di Crisi globale. Il capitalismo e la strutturale epidemia di sovrapproduzione (Lad, 2021, pp. 210, € 15,00). 

Il volume affronta da un punto di vista teorico le moderne crisi capitalistiche con riferimento alle dinamiche valutarie transnazionali criticando gli approcci sottoconsumisti e neoclassici. In questo contesto gli autori mettono in discussione l’immagine dello shock pandemico come circostanza esterna alla dinamica dell’accumulazione, esplicitando le modalità con le quali tale evento viene utilizzato per comprimere quote di ricchezza sociale destinate alle classi lavoratrici.(https://www.carmillaonline.com) 

La “missione” del capitale, o più precisamente la necessità di sviluppare incessantemente le forze produttive che la storia sembra avere affidato a questo modo di produzione, presenta sempre più chiaramente l’insieme delle sue contraddizioni. L’allevamento intensivo di animali – come anche lo sfruttamento progressivo e senza remore delle risorse naturali senza ritegno a sconvolgere gli ecosistemi del pianeta – è dettato sicuramente dall’aumento della popolazione mondiale e dallo sviluppo sempre più veloce della molteplicità dei suoi bisogni, ma l’uso tecnologico e organizzativo di questo processo, dettato dal dominio delle cose, è dovuto al perseguimento del fine “miserabile” e contraddittorio della produzione di plusvalore, quale unico fine di questo sistema. La involontarietà poi, quella che invece viene moralisticamente scambiata per crudeltà od anche brutalità, sta a significare qui la incapacità, non individuale ma proprio del sistema, a far emergere una responsabilità umana cioè razionale delle azioni impiantate, unicamente soggette invece alle leggi di sviluppo precipue della produzione di merce in quanto valore, e indipendentemente dal valore d’uso, che viene così a costituire uno scarto da non considerare. Ѐ chiaro che i comportamenti individuali degli operatori possano essere repellenti od anche riprovevoli, ma il problema non concerne i molti singoli resi subalterni, bensì la centralizzazione sempre crescente del comando sulla forza-lavoro e la classe che ne gestisce il pluslavoro, secondo modalità, ritmi, efficienza, comportamenti indotti, anche valutabili come criminali e disumani.

La crisi di capitale, strutturale, è quindi la necessità – finché durerà questo modo di produzione – cui l’eccedente accumulazione di plusvalore va incontro, proprio per l’ottimizzazione del suo riprodursi ad ogni rotazione dei singoli capitali, anarchicamente concentrati e centralizzati. Se dunque l’accumulazione decresce anche per la saturazione dei mercati esistenti, si deve intensificare lo sfruttamento sia delle risorse inorganiche sia di quelle animali e umane, tutte eguagliate nell’unica accezione di merce, cioè veicolo di valore. Per promuovere inoltre tali condizioni che svelerebbero i fini indicibili del sistema, questo deve ammantarsi di rappresentazioni ideologiche rassicuranti in cui si proclamano ed esaltano benefici per tutti, nascondendo i danni che da questi si producono, finché non appaia la contraddizione reale, imponderabile o magari anche messa in conto, ma che non dovrà mai intaccare – al momento – i profitti attesi che si appelleranno all’“emergenza”. Il boomerang economico sotto forma di virus lo diventerà solo quando il numero di vittime si farà troppo alto per non poterlo più affrontare in termini di eccezione, ma si presenterà all’interno della indicibile norma. I morti cinesi, od anche africani, sudamericani preoccupavano, ma poi non eccessivamente, finché non sono diventati anche europei, statunitensi e poi mondiali.

La rappresentazione del capitale anche qui ha dovuto mostrare allarme per il bene dell’umanità tout court, quando al contrario aveva già predisposto investimenti su un mercato ancora inedito per questo promettente livello, quello dei vaccini su scala mondiale presumibilmente per tutti. La cosiddetta vendetta della natura è stata così trasformata in un investimento produttivo (di plusvalore) insperato – una forma di politica espansiva di contrasto alla crisi di capitale -, mentre l’attesa messianica del vaccino da parte delle masse soggette all’infezione e alla morte sarebbe stata mediaticamente percepita solo come una soluzione alla “calamità naturale”, facilmente credibile. I nuovi vaccini sono subito apparsi però per quello che fondamentalmente sono: merce esclusiva. I diritti proprietari o brevetti si sono mostrati diretti all’innalzamento dei prezzi, o alla incetta delle dosi che prioritariamente sarebbero servite alla vantaggiosa ripartenza competitiva delle proprie industrie, a scapito delle altre costrette a rallentare la produzione. L’interesse generale dei “benefattori del mondo intero” si è ristretto nei luoghi della centralizzazione dei capitali egemoni. L’unificazione del mercato mondiale, quale intrinseca legge di sviluppo di questo modo di produzione, impersonale e separata da ogni controllo da parte sia dei produttori sia della popolazione in genere, diventa così la fonte da cui partono tutte le contraddittorietà reali, tra cui l’ipotesi di “un’era di pandemie” come sembra abbia pronosticato l’attuale Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. La crisi di capitale riaffaccia allora anche qui la sua sotterranea presenza nello scambio ineguale di plusvalore contro plusvalore, di scambio tra capitali e non contro consumo finale privato. L’investimento netto di capitale da uno Stato all’altro o da una determinata industria – nel nostro caso farmaceutica – avviene entro le gerarchie dell’imperialismo transnazionale, il che comporta che il vaccino veicolerà il plusvalore prodotto dai lavoratori dei paesi dominati o più deboli verso le proprietà egemoniche, col potere di dosarne l’erogazione in base al maggior profitto.

venerdì 2 luglio 2021

Sulla Cooperazione - Vladimir Lenin (1923)

Da: https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] - 
Pubblicato nella Pravda, nn. 115 e 116, 26 e 27 maggio 1923. Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003

Leggi anche: Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 

Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 

L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala 

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinpin

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo 

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Socialismo con caratteristiche cinesi 


I

Mi pare che da noi non si stimi abbastanza la cooperazione. Non tutti comprenderanno che ora, dopo la rivoluzione d'Ottobre e indipendentemente dalla Nuova politica economica (al contrario, a questo riguardo dobbiamo dire: proprio grazie alla Nuova politica economica), la cooperazione acquista da noi un'importanza del tutto esclusiva. I sogni dei vecchi cooperatori abbondano di chimere. Essi sono sovente ridicoli, con le loro fantasticherie. Ma in che consiste la loro irrealtà? Nel non comprendere l'importanza principale, radicale della lotta politica della classe operaia per l'abbattimento del dominio degli sfruttatori. Ora quest'abbattimento da noi ha avuto luogo, ed ora molto di quanto sembrava fantastico, perfino romantico, perfino banale nei sogni dei vecchi cooperatori, diventa una realtà delle più autentiche.

Infatti, da noi, una volta che il potere dello Stato è nelle mani della classe operaia, una volta che a questo potere dello Stato appartengono tutti i mezzi di produzione, da noi, effettivamente, non ci resta che da organizzare la popolazione in cooperative. Nelle condizioni di un massimo raggruppamento della popolazione nelle cooperative, si arriva automaticamente a quel socialismo, che prima aveva suscitato un'ironia legittima, dei sorrisi, del disprezzo fra le persone convinte a giusta ragione della necessità della lotta di classe, della lotta per il potere politico, ecc. Ed ecco che non tutti i compagni si rendono conto dell'importanza gigantesca, incommensurabile che acquista ora per noi l'organizzare la popolazione della Russia in un sistema di cooperative. Con la Nep abbiamo fatto una concessione al contadino in quanto mercante, al principio del commercio privato; appunto da ciò deriva (contrariamente a quanto si crede) l'importanza gigantesca della cooperazione. In sostanza, l'organizzare in misura sufficientemente ampia e profonda la popolazione russa in cooperative nel periodo della Nep, è tutto quanto ciò occorre, dato che ora abbiamo trovato quel grado di coordinazione dell'interesse privato, dell'interesse commerciale privato, con la verifica, e con il controllo da parte dello Stato, quel grado di subordinazione dell'interesse privato all'interesse generale che prima rappresentava un ostacolo insormontabile per molti, per moltissimi socialisti. In realtà, il potere dello Stato su tutti i grandi mezzi di produzione, il potere dello Stato nelle mani del proletariato, l'alleanza di questo proletariato con milioni e milioni di contadini poveri e poverissimi, la garanzia della direzione dei contadini da parte del proletariato, ecc., non è forse questo tutto ciò che occorre per potere, con la cooperazione, con la sola cooperazione, che noi una volta consideravamo dall'alto in basso come affare da bottegai e che ora, durante la Nep, abbiamo ancora il diritto, in un certo senso, di considerare allo stesso modo, non è forse questo tutto ciò che è necessario per condurre a termine la costruzione di una società socialista integrale? Questo non è ancora la costruzione della società socialista, ma è tutto ciò che è necessario e sufficiente per condurre a termine la costruzione.

Ed è appunto questa condizione che viene sottovalutata da molti dei nostri attivisti nel loro lavoro pratico. Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, anzitutto, dal punto di vista di principio (i mezzi di produzione appartengono allo Stato), in secondo luogo, dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile e accessibile ai contadini.

giovedì 24 giugno 2021

Il “lupo marxicano” - Giorgio Gattei

Da: https://www.cumpanis.net - https://sinistrainrete.info -  Giorgio Gattei è docente di Storia del pensiero economico all’Università di Bologna dal 1980, membro della Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico (AISPE). 

Vedi anche: Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore

Das Kapital nel XXI secolo* - Giorgio Gattei 

Leggi anche: Sulle intenzioni sraffiane 

DIALOGO SOPRA UN MINIMO SISTEMA DELL’ECONOMIA, a proposito della concezione di Sraffa e degli “economisti in libris” suoi discepoli * - Gianfranco Pala e Aurelio Macchioro 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei 

Tre Saggi per un pianeta (intervista a Saggio Massimo). Cronache marXZiane n. 4 - Giorgio Gattei 



Come fu che Pierino Sraffa chiuse in gabbia il “lupo marxicano”, ma lasciandoci la chiave per ridargli la libertà. ("Dianoia", giugno 2018) 



Quando nel 1988 ho letto per la prima volta Pierino e il lupo di Gianfranco Pala (dono graditissimo dell’autore) adesso ripubblicato da Franco Angeli, mi sono divertito come non mai: brillante, intelligente, irriverente, prendeva a pretesto l’omonima favola sinfonica (1936) di Serghei Prokofiev (la cui storia è riportata integralmente, a spizzichi, nel corso del libro) per servirsene come il canovaccio per narrare, come recita il sottotitolo, «come fu che Pierino (Sraffa) riuscì a catturare il lupo marxicano salvandolo dai fucili dei cacciatori, epperò facendolo rinchiudere in gabbia».

Tuttavia il libro è prolisso, zeppo di note e di due appendici che fanno quasi un volume a parte, e poi tratta di un argomento, quale la “teoria del valore-lavoro e dintorni”, che oggi pare questione d’archeologia. Ci sono, insomma, troppe parole e troppi animali, col richio che il lettore poco addentro alle segrete cose della “triste scienza” (la political economy di un tempo) finisca per perdersi in tanto zoo. Certamente una ristampa alleggerita di alcune parti polemiche (su temi che allora erano oggetto di feroci dibattiti, ma che adesso non dicono più nulla) avrebbe favorito, ma tant’è: lo si è voluto ripubblicare tale e quale. Trattandosi tuttavia di un libro importante che riporta in scena argomenti cruciali (“critici”, come avrebbe detto il lupo marxicano) che mai andrebbero dimenticati dagli economisti, azzardo un riassunto della trama e ci ricamo un po’ sopra per dar conto anche del seguito della storia di Pierino e del suo lupo, che fortunatamente non si è fermata al 1988, vigilia del più tristo 1989. Nel far ciò non ho potuto esimermi dall’imitarne la forma stilistica, favolistica e zoologica insieme, che è poi la qualità migliore del libro di Pala. E come allora mi sono divertito a leggerlo, adesso mi diverto a scriverne.

1. … l’ha chiuso in gabbia…

domenica 21 marzo 2021

La costruzione dell’egemonia culturale statunitense in Europa dalla fine della Seconda Guerra mondiale (Tutte le lezioni)- Alessandra Ciattini

Da: Università Popolare Antonio Gramsci -
Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) insegna Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it



Terza lezione: La libertà di espressione e il controllo della vita culturale. 
Temi: L’utilizzazione della sinistra non comunista. La diffusione mondiale delle correnti artistiche anche non apprezzate in Unione sovietica https://www.youtube.com/watch?v=Q1HzjS0_WU4

Quarta lezione: Corresponsabilità degli intellettuali nella campagna propagandistica contro il comunismo.  Il Congresso per la libertà culturale di Berlino (1950). 
Temi: Dal fanatismo alla moderazione. La Fondazione Ford https://www.youtube.com/watch?v=3Imhj2w40dc

Quinta: La situazione italiana. 
Temi: Il PCI e la guerra fredda. La democrazia progressiva nell’Europa americana 

                                                                             

                         Ascolta anche: Gianfranco Pala, Imperialismo e Globalizzazione https://www.spreaker.com/user/11689128/imperialismo-e-globalizzazione-con-gianf 

giovedì 11 febbraio 2021

Abbozzo di riflessione sul PCI e sulla sua crisi - Roberto Fineschi

 Da: https://www.cumpanis.net - Roberto Fineschi è un filosofo italiano. Ha studiato filosofia a Siena, Berlino e Palermo. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels(Marx. Dialectical Studies)

Leggi anche: Per il comunismo. Il concetto di classe - Roberto Fineschi 

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi 

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

La missione morale del Partito comunista - György Lukács

La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni 

Nessuna opposizione entro le maglie del capitalismo, ma si opposizione al capitalismo...- Hans Heinz Holz

L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala 

Sul compromesso storico - Aldo Natoli

D’Alema e l’involuzione del PCI - Alessandra Ciattini

Cosa diceva Berlinguer: discorso al "Convegno degli intellettuali" (1977)

"PRAGA '68 E LE CONTRADDIZIONI DELLA SINISTRA ITALIANA" - Franco Astengo

LA "MARCIA DEI 40000": uno dei momenti di caduta. 

(U.S.)America nell'epoca Tecnetronica*- Zbigniew Brzezinski (1968) 

Vedi anche: sullo scritto di Ernesto Che Guevara "L'uomo e il socialismo a Cuba" - Alessandra Ciattini

Centenario del PCI: dialogo con Aldo Giannuli, Antonio Carioti e Andrea Ricciardi (https://www.facebook.com/giannulialdo/videos/1408990496166312


Con molte riserve e ritrosie vergo queste note per il centenario della fondazione del Partito Comunista Italiano, non essendo io uno storico e tanto meno un esperto di questo tema specifico. Quanto segue sono riflessioni sviluppate soprattutto nella prospettiva di un conoscitore della teoria di Marx come teoria della processualità storica. Si tratta di commenti provvisori, schematici e quanto mai aperti a essere discussi. Sono riflessioni che hanno inevitabilmente sullo sfondo il presente e le sue problematiche. Il tema abbozzato è quello dello snodo degli anni settanta, la figura di Berlinguer e i cambiamenti storici allora intervenuti e probabilmente ancora irrisolti.


1. Gli anni settanta e Berlinguer come figura di un momento di svolta

Gli anni settanta sono segnati dalla strategia del “compromesso storico” che, nella mente dei suoi promotori, si reggeva su due fondamentali premesse teoriche, strategiche e di fatto:

1) la crisi del comunismo sovietico come modello di socialismo praticabile in occidente (in realtà iniziava a delinearsi l’idea della sua impraticabilità in generale): esso non funzionava in quanto autoritario (i freschi fatti cecoslovacchi del ‘68 lo avevano dimostrato) e in quanto non-europeo (impossibile realizzarlo nell’Europa occidentale con la sua complessa stratificazione sociale e le sue diffuse libertà formali);

2) il colpo di stato in Cile: una via parlamentare al socialismo non era possibile perché, anche in caso di vittoria elettorale, le forze dell’imperialismo mondiale avrebbero messo fine in forma violenta a tale esperienza.

sabato 23 gennaio 2021

Socialismo con caratteristiche cinesi

                                                                             

Xi Jinping: sui nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea. 

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 

domenica 17 gennaio 2021

"LA PARABOLA DEL COMUNISMO" - Angelo D'Orsi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7)

Che cosa resta del comunismo? - Luciano Canfora, Sergio Romano

"Operai, soldati, soviet, partito: chi fece la rivoluzione?"- Angelo D'Orsi, Guido Carpi

Leggi anche: STORIA DEL MARXISMO - Andras Hegedus -

Sull' URSS - Marcello Grassi

ESSERE MARXISTA, ESSERE COMUNISTA, ESSERE INTERNAZIONALISTA OGGI - Samir Amin

La missione morale del Partito comunista - György Lukács

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

La crisi marxista del Novecento: un’ipotesi d’interpretazione*- Stefano Garroni

Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.