La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
giovedì 29 aprile 2021
Repubblica di Platone - Giuseppe Cambiano
mercoledì 28 aprile 2021
Il significato dell’uomo in Marx e in Husserl - Enzo Paci
Da: http://www.rifondazione.it/formazione - Enzo Paci è stato un filosofo e accademico italiano, tra i più espressivi rappresentanti della fenomenologia e dell'esistenzialismo in Italia.
Vedi anche: "Husserl e la Lebenswelt" - Carlo Sini
"Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"- Paolo Vinci
Stefano Bancalari - Edmund Husserl, "La crisi delle scienze europee" https://www.youtube.com/watch?v=226l_CRUMrM
"La frattura fenomenologica e la nuova antropologia"- Aldo Masullo
Si sa che uno dei temi fondamentali del marxismo è la lotta contro la riduzione della forza lavoro a merce. Questa lotta è anche lotta contro la divisione del lavoro feticizzata.1 «La forma capitalistica della produzione» scrive Marx nel primo volume del Capitale «è diametralmente antitetica a quei fermenti di rivoluzione di cui la meta è l’abolizione della vecchia divisione del lavoro.»2
Il lavoro nella società capitalistica – secondo l’espressione di Engels – riduce l’uomo a un accessorio della macchina. L’uomo è costretto a essere «uomo parziale» mentre il comunismo vuol realizzare per l’uomo la possibilità di diventare «un individuo totalmente sviluppato». Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx aveva già chiarito molto bene questo punto. Il capitalismo costringe il lavoratore, che è un uomo concreto, che non è uomo soltanto nel tempo del lavoro, ma in tutte le ore della sua vita, e resta uomo concreto anche quando lavora, a vivere come se fosse un lavoratore astratto. L’economia capitalistica ha bisogno di considerare l’uomo come un’astrazione.
Ma l’economia non è per Marx una scienza indipendente dallo sviluppo storico della società. Perciò quello che avviene in una società data non è qualcosa di definitivo e di scientificamente necessario. In una situazione storica diversa, mutando l’organizzazione della società e costituendosi una società nella quale il lavoratore non è più contrapposto alla società stessa – nella quale dunque società e individui sono veramente integrati – mutano, insieme alla società, anche le leggi dell’economia.
È per questo che Marx ha intrapreso il suo lavoro di critica dell’economia politica: per far vedere che dietro le pretese leggi eterne dell’economia capitalistica si nascondeva la struttura della società borghese.
Tutti noi sappiamo che il sottotitolo del Capitale è Critica dell’economia politica.
Questa critica è necessaria, e sempre di nuovo necessaria alla praxis, al movimento di emancipazione del proletariato, di tutte le società umane che in modi e gradi diversi sono asservite al capitale. In queste società gli uomini non sono uomini concreti, non possono realizzare se stessi come uomini concreti.
martedì 27 aprile 2021
Kant: "Critica del giudizio" - Antonio Gargano
lunedì 26 aprile 2021
La Comune di Parigi e gli intellettuali contemporanei - Alessandra Ciattini
Molti, fra gli intellettuali contemporanei, non capirono il significato reale della Comune di Parigi lasciandosi guidare da pregiudizi antipopolari.
A testimoniare che quello della Comune di Parigi è da sempre, e soprattutto in Italia, un argomento poco trattato, è l’assenza, a 50 anni dalla sua prima pubblicazione, della traduzione del principale libro su questo tema, scritto da Paul Lidsky nel 1970 (Les écrivains contre la Commune, F. Maspéro) e ripubblicato nel 2010. A parere di scrive, all’interno di questo enorme evento storico, risulta di estremo interesse indagare l’atteggiamento che personaggi assai noti in quel tempo hanno assunto dinanzi all’insurrezione del popolo di Parigi e alla sua brutale sconfitta. A un primo sguardo, infatti, le reazioni degli intellettuali francesi sono state tutte molto simili fra loro, con qualche eccezione che citerò, ed esprimono sentimenti di disprezzo e di odio che ancora sorprendono.
Autori come Théophile Gautier, Maxime du Camp, George Sand, Gustave Flaubert, Edmond de Goncourt etc. condannano senza appello la Comune, accusata di aver costituito un governo abbietto basato sul crimine e la follia, guidato da individui irresponsabili ed esaltati. A distanziarsi da questa posizione inaccettabile, si citano autori come Jules Vallès (fondatore de “Le Cri du peuple”, membro del Consiglio della Comune e che dopo la settimana di sangue riuscì a fuggire), Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e con una postura più moderata Victor Hugo e Emile Zola.
Fra gli intellettuali favorevoli alla Comune e che hanno lavorato per essa aggiungiamo il grande pittore Gustave Courbet. Repubblicano, rifiuta la Legion d’onore offertagli da Napoleone III, viene eletto nel Consiglio della Comune dove si occupa di proteggere le opere d’arte di Parigi anche in virtù della sua elezione a presidente della Federazione degli artisti. Dopo la sconfitta della Comune viene arrestato e condannato per aver autorizzato l’abbattimento della colonna di Place Vendôme retta da Napoleone I e simbolo di militarismo. Il suo progetto era quello di fondare una fratellanza artistica pacifica, di far godere a tutti l’arte, impedendone la commercializzazione.
domenica 25 aprile 2021
sabato 24 aprile 2021
I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani
Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche*- Paolo Ercolani
"Il Dio cattivo" - L'insurrezione della Nuova Umanità - Paolo Ercolani
RIVOLUZIONE DIGITALE - Roberto Finelli e Pietro Montani in dialogo.
L’emergenza sanitaria, seguita alla comparsa del virus denominato Covid-19, ha prodotto due effetti sostanziali: il primo concerne l’esperienza traumatica, fondamentalmente a livello psicologico, di un fenomeno che ha scardinato le sicurezze dell’uomo odierno rispetto alla sua capacità di padroneggiare (o perlomeno controllare) quell’ecosistema biologico di cui è ospite e non padrone; il secondo riguarda la vera e propria crisi sociale che, in più contesti, ha rivelato fino in fondo le storture del modello neoliberista, ormai dominante nello scenario internazionale almeno a partire dalla data simbolica del 1989.
Nel primo caso, per esprimersi in termini freudiani, possiamo parlare dell’ennesima «ferita narcisistica» subìta da un soggetto, l’uomo, soventemente invaso da un irrealistico delirio di onnipotenza, che in questa situazione di emergenza sanitaria si è tradotto nell’individuazione di «verità» alternative e nella negazione dell’emergenza stessa, a fronte dell’individuazione «paranoica» di complotti e trame segrete1.
Nel secondo caso, che poi è quello che qui ci interessa specificamente, possiamo cogliere l’occasione per ricostruire e al tempo stesso mettere in discussione i fondamenti filosofici su cui si fonda il liberismo. Ossia quella teoria che ha plasmato il sistema sociale e valoriale del nostro tempo, imponendo un «ordine» in cui l’umano e il fisiologico sono ridotti a strumento al servizio di scopi che non possono deragliare dal profitto economico e dal progresso tecnologico. Si tratta di un mix, quello che somma emergenza sanitaria e socio-economica, in grado di richiamare alla mente l’«invertebrazione» della società di cui parlava il filosofo spagnolo Ortega Y Gasset, ossia un contesto in cui «la massa rifiuta di essere massa – quindi di seguire la minoranza dirigente – la nazione si disfa, la società si smembra e sopravviene il caos sociale»2.
Vedremo che i due scenari della ferita narcisistica e della crisi sociale sono intimamente connessi3, ma qui concentreremo la nostra analisi sul secondo, cercando di dimostrare come (e quanto) i fondamenti filosofici del liberismo, essendosi imposti sia in termini di ideologia dominante che di prassi consolidata, hanno plasmato l’intero scenario umano e sociale del nostro tempo, fino a determinare quella che chiameremo la «società virale».
Da una società siffatta si può pensare di uscire soltanto a patto di rimettere in discussione proprio i fondamenti filosofici di cui sopra, iniziando dal recupero di un «pensiero forte» che sia in grado di riposizionare l’umano e il sociale al centro dell’agire politico (al posto dell’artificiale e dell’individuale, che oggi lo monopolizzano).
1. Nietzsche e l’«innocenza del divenire»
venerdì 23 aprile 2021
I limiti dell’aziendalismo nella sanità: la necessità di un cambio di paradigma - Domenico Laise, Giuseppe Martino
Da: https://www.economiaepolitica.it -
Domenico Laise è stato Professore Associato di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Collabora con https://www.unigramsci.it
Giuseppe Martino è stato Professore a contratto di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Attualmente è Consulente di Direzione e docente in diversi Master universitari di I e II livello.
Leggi anche: Bio-economia e il mito della decrescita felice*- Domenico Laise
La robotica come forza autodistruttiva del capitalismo - Marco Beccari
“Sull'attualità del pensiero economico di Marx”*- M.Beccari - M.Paciotti
1. Introduzione
Nel corso di tre decenni, circa, con l’introduzione del D.Lgs. 502/1992, (Riordino della disciplina in materia sanitaria), si è affermata l’idea della “aziendalizzazione” delle strutture sanitarie. In tale lasso di tempo, si è, cioè, consolidata progressivamente la convinzione che assimila l’ospedale ad un’azienda. Come ogni azienda anche l’ospedale deve essere, perciò, gestito, dai manager sanitari, nel rispetto dei criteri dell’economicità, dell’efficienza e dell’efficacia (D.Lgs. 502/1992- Art.3, 1ter). Poiché il legislatore non definisce il significato che attribuisce al criterio dell’economicità e poiché nella letteratura aziendale non esiste una definizione di economicità che gode di largo consenso, qui di seguito si riportano, innanzitutto, le definizioni di tali criteri che verranno usate in questa nota.
La gestione dell’azienda-ospedale è efficiente quando i suoi ricavi (espressione monetaria dei servizi resi) sono superiori o uguali ai costi sostenuti (espressione monetaria delle risorse impiegate per ottenere tali ricavi). La gestione dell’azienda-ospedale è efficace quando i risultati gestionali ottenuti sono uguali o maggiori degli obiettivi pianificati. L’economicità della gestione dell’azienda-ospedale è, infine, soddisfatta quando sono garantite sia l’efficienza sia l’efficacia.
Si tornerà diffusamente sulla nozione di “economicità” nel seguito, per svilupparla e approfondirla. Qui si è voluto anticiparla esplicitamente, a livello di introduzione, poiché essa è il “perno” intorno al quale ruota l’intera filosofia dell’aziendalizzazione delle strutture sanitarie. Dal mancato rispetto dell’economicità – intesa, erroneamente, solo come efficienza – deriva, difatti, che le aziende sanitarie non efficienti sono anche quelle non economiche, che in quanto tali devono essere “ristrutturate” (efficientate, come talvolta si dice), con tagli di posti letto, con chiusura di interi reparti e, al limite, con la chiusura dell’intero ospedale.
giovedì 22 aprile 2021
Viva la guerra! La seduzione bellica tra '800 e '900
mercoledì 21 aprile 2021
SuperLega: o la concentrazione dei capitali nel calcio - Francesco Piccioni
Bisognerebbe quasi ringraziare chi ha avuto l’idea di promuovere una “Superlega” nel calcio europeo.
Scherziamo, ovviamente, ma è la verità.
E’ sempre difficile, a volte “noioso”, spiegare in termini semplici, popolari, con esempi immediatamente illuminanti, cosa significa “concentrazione e centralizzazione dei capitali”, quel processo immanente al processo di accumulazione capitalistica, che porta ai monopoli.
Poi ci pensa un Agnelli di seconda fila – quello messo a dirigere la Juventus, non la Fiat ed evoluzioni successive – a mettere sul piatto la prova evidente, il fatto solare, scatenando la reazione dei capitali “minori” (quelli che hanno gestito fin qui il calcio europeo, pur miliardario) e quella molto meno decisiva dei tifosi di qualsiasi squadra.
Anche in questo caso la pandemia ha accelerato una crisi che covava già da anni. Molti club, di qualsiasi livello, erano pieni di debiti. Frequenti i cambi di proprietà, e ad ogni passaggio di consegne si sono fatti avanti o grandi gruppi multinazionali (per i club più titolati) o avventurieri dall’incerta biografia.
Sia i primi che i secondi cercavano e cercano un modo per rompere la tradizione (“a gestire una squadra si diventa famosi, ma ci rimettono soldi”), “valorizzando” progetti edilizi (“un nuovo stadio!”) e/o scambi impropri (deroghe al piano regolatore, costruzione di centri commerciali, “edilizia in compensazione”, ecc).
Ma alla fin fine, in un mondo che va anch’esso mutando le proprie coordinate fondamentali, il vero business sono i diritti televisivi. I miliardi da investire in strutture, allenatori, calciatori, ecc, vengono di lì.
Ma se il cuore dell’industria calcistica – i suoi proventi principali, per dimensione e certezza (si firmano contratti ad inizio stagione) – è la televisione, si vengono a rompere tutti i legami atavici, territoriali, culturali, economici, sociali, persino politici (do you remember Berlusconi? da presidente del Milan a “nuovo leader della soscietà civile”). E anche quel tanto di condivisione della torta tra club di punta e piccole società.
martedì 20 aprile 2021
La schiavitù, radici antiche di un male moderno - Francesco Gamba
Da: https://terzapaginavida.edublogs.org -
Leggi anche: LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx
IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli
“RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon
Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi
Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi
Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi
Colonialismo, neocolonialismo e balcanizzazione: tre epoche di una dominazione* - Saïd Bouamama
Vedi anche: Libertà e schiavitù – Luciano Canfora
È vietata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dalla Convenzione Onu del 1956 eppure esiste tuttora. “Si calcola, che oggi ci siano più di 27 milioni di persone – donne e uomini ma anche bambini – che vivono in uno stato di assoggettamento non dissimile, nelle forme e nelle pratiche, da quello conosciuto in età antica e nei secoli della modernità”: questo stato è la schiavitù e le parole sono quelle del Prof. Giuseppe Patisso, docente di storia moderna dell’Università del Salento.
lunedì 19 aprile 2021
Pandemia e Capitalismo del XXI secolo -Alessandra Ciattini e Beniamino Caputo
sabato 17 aprile 2021
Immanuel Kant - Vittorio Hosle
venerdì 16 aprile 2021
"Anthròpina phronein: la saggezza del limite" - Salvatore Natoli
giovedì 15 aprile 2021
Politica di Aristotele - Giuseppe Cambiano
Il principio di non contraddizione come fondamento necessario ma non sufficiente della verità. Enrico Berti
Il principio di non contraddizione in Aristotele*- Massimiliano Biscuso
Il linguaggio nel pensiero di Aristotele - Enrico Berti
SAPERE E SAPER AGIRE: sophia e phronesis in Aristotele - Mario Vegetti
"Poiesis " e "Praxis" nella cultura occidentale - Felice Renda
LA PSICOLOGIA IN ARISTOTELE - Giuseppe Cambiano
Il realismo di Aristotele: vecchio o nuovo?*- Enrico Berti
mercoledì 14 aprile 2021
"che scienza è la Storia?" - Aldo Giannuli
Marc Bloch oltre la nouvelle histoire: prospettive teoriche da riscoprire*- Adriana Garroni
FILOSOFIA DELLA STORIA - G. G. Federico Hegel
Storia del pensiero scientifico e filosofico* – Ludovico Geymonat
Analogia e/o comparazione - Aldo Giannuli
IL CONCETTO DI “CASO” NELLE LEZIONI SULLA FILOSOFIA DELLA STORIA DI HEGEL* - Vladimiro Giacchè
lunedì 12 aprile 2021
Il lato inquieto dello spirito. Osservazioni su alcuni momenti della filosofia dello spirito jenese di Hegel [1] - Carla Maria Fabiani
Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI
Vedi anche: Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci
A partire da Hegel - G. Cantillo - F. Li Vigni
Leggi anche: L’ineffabile, l’anima e l’origine. Una riflessione sul Geist hegeliano - Carla Maria Fabiani
- Breve introduzione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel - Carla Maria Fabiani
Il riconoscimento in Hegel - Carla Maria Fabiani
DIALETTICA DELL'ILLUMINISMO di Adorno e Horkheimer - Carla Maria Fabiani
Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani
Hegel e il mondo dell’astratto*- Carla Maria Fabiani
[1] Il male è il niente in sé, il puro sapere di sé – quest’inferno dell’uomo chiuso in se stesso [2] Lo spirito, in quanto assoluto spirito etico, è essenzialmente come il negativo infinito, il togliere la natura in cui esso è divenuto a sé un che di altro, il porre la natura come se stesso, e poi l’assoluto godimento di se stesso, giacché ha ripreso in sé la natura [3].
1. Da dove sorge lo spirito. La sua prima natura
Lo spirito sorge dalla natura: e più precisamente si presenta, in questi due corsi di lezioni tenute da Hegel a Jena tra il 1803-04 e il 1805-06, come l’elemento etereo della coscienza che si emancipa dalla determinazione meramente organica e particolaristica del mondo animale-terrestre. Lo spirito è coscienza, proprio in quanto interiorizza le infinite distinzioni – o le singolarità dell’uno numerico come le chiama Hegel – del mondo animale; le interiorizza concependole. «Questo concetto dello spirito è ciò cui si dà il nome di coscienza» [4].
Lo spirito si chiama coscienza; ma a cosa esattamente pensiamo quando diciamo, appunto, coscienza? Al sorgere del mondo umano, al suo levarsi, alla sua preistoria; alla fenomenologia dello spirito umano, il quale, certo, si innalza sul mondo animale dal quale pure proviene, poiché lo comprende (e non viceversa), ne comprende la precipua infinità, interiorizzandola, smaterializzandola nell’etere della sua coscienza.
«[La coscienza] è l’essere uno della distinzione che è e della distinzione tolta [aufgehobenen].» [5] Hegel considera due piani della medesima realtà: natura (mondo animale) e spirito (mondo dell’uomo).
Nel mondo animale la singolarità-alterità è irriducibile e costitutiva (ci troviamo di fronte a una serie infinita di molti uno numerici, di individui giustapposti), è l’essenza stessa di questo mondo: l’animale è così e non altrimenti. L’uomo invece è così e altrimenti: è un singolo che pensa la sua singolarità. Esso è la distinzione e al contempo il superamento della distinzione: questo processo avviene nell’elemento etereo della coscienza, nel pensiero. Questo processo è lo spirito, ossia l’uomo che si concepisce; ma ciò non vuol dire che l’uomo non sia anche e innanzitutto animale, natura organica, natura in genere, terra, ecc. Ciò vuol dire semplicemente che il mondo dell’uomo si distingue dal mondo animale (l’essere uno della distinzione che è) superando proprio la fissità della distinzione che caratterizza quel mondo (la distinzione tolta).
domenica 11 aprile 2021
150° anniversario della Comune di Parigi, una memoria capitale – Joseph Confavreux
Da: http://effimera.org -
Vedi anche UniGramsci: Ricordando la Comune di Parigi https://www.facebook.com/unigramsci/videos/149195210460269
1442 pagine, 35 ricercatori, 500 note biografiche, centinaia di documenti iconografici e articoli su tutti gli elementi storici e politici sollevati dall’insurrezione parigina del 16 marzo 1871, 150 anni fa.
Sebbene l’aspetto massiccio dell’opera intitolata La Commune de Paris 1871. Les acteurs, l’événement, les lieux, che hanno appena pubblicato le éditions de l’Atelier, lo impongono un po’, sarebbe però un peccato ridurlo a una summa di riferimento commemorativo, in quanto esplora allo stesso tempo quella che era la realtà della Comune di Parigi, di cui lo storico Michel Cordillot, suo coordinatore, ricorda che essa “non ha mai cessato di essere oggetto di nuova ricerca e di dibattito appassionato”, e le modalità con cui questo evento risuona ancora oggi. Gli usi politici di questo evento “incapace di produrre consenso” sono stati infatti molteplici da un secolo e mezzo. La Comune di Parigi è stata “arruolata” al servizio del Fronte popolare, prima di tornare spettacolarmente sul fronte della scena dal maggio 1968, “in opposizione a un PCF considerato fossilizzato”, e, negli ultimi anni, per irrigare la sinistra radicale come “messa in discussione libertaria della democrazia”, nelle parole dello storico Jacques Rougerie, o come modello per la difesa di uno spazio autonomo, presente nelle ZAD o nella prosa del Comité Invisibles. Più inaspettatamente, “una sezione dell’estrema destra sovversiva – dai boulangisti agli identitari ai fascisti francesi – si sforzò di appropriarsi della Comune”. Al punto che Jacques Doriot (1898-1945) salì con le sue truppe, nel 1944, al Muro Federato per onorare i morti della Comune contemporaneamente a quelli della divisione SS Carlo Magno, costruendo, così facendo, “una chimera della memoria, un’assemblea improbabile e mostruosa”.
Queste successive appropriazioni politiche si sono aggiunte alla persistenza di una leggenda rossa come una leggenda nera dell’evento, ad esempio nel Metronomo di Lorant Deutsch che, con il pretesto di una passeggiata attraverso Parigi, in realtà, equipara la Comune al vandalismo, secondo i dirigenti di una vecchia vulgata reazionaria. Tutto ciò ha contribuito a seppellire la sequenza storica sotto miti e “fantasie relative a ciò che la Comune era e a ciò che voleva essere”, il che significa che, paradossalmente visti i mille riferimenti bibliografici che la riguardano, “la Comune di Parigi resta poco conosciuta”.
venerdì 9 aprile 2021
"J'ACCUSE!" - Carlo Sini
Il linguaggio nel pensiero di Aristotele - Enrico Berti
CONOSCENZA,SAPIENZA,SAGGEZZA: il triangolo che non c'è più - Silvano Tagliagambe
giovedì 8 aprile 2021
La democrazia statunitense e quella cinese - Alessandra Ciattini
Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese
Caratteri della “democrazia” statunitense e della “dittatura” democratica cinese.