sabato 9 maggio 2020

La missione morale del Partito comunista - György Lukács

Da: https://gyorgylukacs.wordpress.com - Scritti politici giovanili 1919-1928, Laterza, Bari 1972 [Die moralische Sendung der kommunistischen Partei, 1920]. -
Gyorgy Lukacs è stato un filosofo, sociologo, politologo, storico della letteratura e critico letterario ungherese.
Leggi anche:  EPITAFFIO PER L’URSS: UN OROLOGIO SENZA MOLLA - Christopher J. Arthur 
                       Vittoria del capitalismo? - Hyman Minsky                         
                       
Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché
                      Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 
                       https://ilcomunista23.blogspot.com/2019/09/inefficienze-e-difetti-delleconomia.html


1. Come ogni scritto di Lenin, anche questo nuovo opuscolo1 merita lo studio più attento da parte di tutti i comunisti. Esso dimostra, ancora una volta, la straordinaria capacità di Lenin di comprendere gli elementi decisamente nuovi che esistono in un nuovo fenomeno nell’evoluzione del proletariato, di capire e di far capire in maniera essenziale l’essenza di quegli elementi. Mentre i suoi precedenti scritti erano dedicati più alla polemica, e cercavano di analizzare a fondo le organizzazioni di lotta del proletariato (in primo luogo lo Stato), quest’ultimo è invece dedicato ai germi della nuova società che stanno sbocciando. Come la forma di produzione capitalistica, con cui la disciplina del lavoro imposta dalla costrizione economica (la fame), era superiore alla nuda forma della servitù della gleba, così la libera collaborazione di uomini liberi nella nuova società supererà di gran lunga, anche in produttività, il sistema capitalistico. Appunto a questo riguardo i disfattisti socialdemocratici della rivoluzione mondiale sono estremamente scettici. Essi si richiamano all’allentamento della disciplina del lavoro, al calo della produttività, in una parola a fatti che sono i necessari fenomeni collaterali del dissolversi dell’ordinamento economico capitalistico: e con una impazienza e intolleranza paragonabili quanto a vigore solo alla loro pazienza e tolleranza nei confronti del capitalismo, essi ci dicono che questi fenomeni nella Russia sovietica non si sono modificati immediatamente. La scarsità di materie prime, le lotte intestine, le difficoltà organizzative valgono ai loro occhi come giustificazione solo per gli Stati capitalistici, mentre un ordinamento proletario della società dovrebbe secondo loro significare, nello stesso istante del suo nascere, un capovolgimento di tutti i rapporti tanto all’interno quanto all’esterno, il miglioramento della situazione in tutti i campi. I rivoluzionari autentici, e primo fra tutti Lenin, si distinguono da questo utopismo piccolo-borghese per l’assenza di illusioni. Essi sanno che cosa ci si può aspettare da un’economia distrutta dalla guerra, e soprattutto che cosa ci si può aspettare da uomini educati all’egoismo, spiritualmente depravati e corrotti dal capitalismo. Per il vero rivoluzionario una mancanza di illusioni non può mai significare avvilimento e disperazione, bensì fede, rinvigorita dalla conoscenza, nella missione storico-mondiale del proletariato; si tratta di una fede che non può mai essere scossa dalla lentezza e dalle circostanze spesso più che avverse della sua realizzazione, di una fede che mette in conto tutto ciò e che, nonostante tutti questi sconvolgimenti e ostacoli, non perde mai di vista il proprio obiettivo ed il processo di avvicinamento ad esso.

venerdì 8 maggio 2020

La Covid19 Economics e il trionfo europeo dei Chicago Boys – Sargent Pepper

Da: http://effimera.org - https://www.spreaker.com/show/radioquarantena -

                        PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani 

                        "La multinazionale ecumenica" - Eugenio Cefis


Effimera è venuta in possesso di alcune lettere scritte da un conservatore americano lobbista a Bruxelles e amante dei Beatles – che, per rispetto della privacy, abbiamo ribattezzato con uno pseudonimo: Sargent Pepper.

Sono lettere indirizzate a un suo anziano collega ricoverato in una casa di riposo … In tempi di corona virus i postini a volte si disfano della corrispondenza per evitare luoghi pericolosi come le case di cura lombarde, ove è facile rimanere contagiati.

Hans Iacob Stoer l’ha trovata e ora Effimera pubblica la traduzione del testo apparso a Gottingen in lingua inglese, traduzione del prof. Ferrante Pallavicino.

* * * * * *

See the worst thing about doing this
Doing something like this
Is I think that at first people sort of are a bit suspicious"
‘You know, come on, what are you up to?’ The Beatles, A day in the life, 1967


1. Caro XXXXX è difficile immaginare il futuro quando si resta a casa a guardare dalle finestre.

È ancora più difficile quando si è in preda ad un bombardamento mediatico che ripete incalzante ritornelli insopportabili.

Fra questi ce ne sono alcuni che abbiamo costruito con dovizia proprio noi: i Chicago Boys.

Ed io sono uno di loro che, come tanti, ha trovato lavoro in Europa. Faccio parte di quel mondo di confine fra i funzionari di Bruxelles e le Università in cui si insegnano soprattutto le nostre teorie economiche. Teorie economiche che dominano la vostra visione politica. È ciò di cui mi hai chiesto di parlare durante la nostra ultima telefonata, e allora, sperando che possa mantenere vivo il tuo antico senso critico, parliamone, ricorrendo alle nostra amatissima carta da lettere. 

Il coronavirus, la globalizzazione e la Storia - Aldo Giannuli

Da: Aldo Giannuli - http://www.aldogiannuli.it - Aldo Giannuli è uno storico e saggista italiano, direttore del centro studi Osservatorio Globalizzazione.

Quali saranno le conseguenza del coronavirus? Come interpretare la situazione in corso con gli occhi della Storia?

                                                                 Lezione 1 - Il coronavirus, la globalizzazione e la Storia - Storia del mondo contemporaneo 2020:

                                                                          
                                                                 Tutte le lezioni: Storia del mondo contemporaneo 2020 Aldo Giannuli 1/14


giovedì 7 maggio 2020

Del denaro. I mezzi e i fini - Remo Bodei

Da: Filosofia Roccella Scholé -  Remo Bodei (Cagliari, 3 agosto 1938 – Pisa, 7 novembre 2019) è stato un filosofo e accademico italiano.
Leggi anche:   Semiotica e Moneta*- Carlo Sini 
                         L'uomo e il denaro*- Carlo Sini 
                         Compendio del Capitale - Carlo Cafiero

                                                                           


lunedì 4 maggio 2020

Contro l’emergenza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco


Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Antropologa) e Aristide Bellacicco (Medico) fanno parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni".
Leggi anche:  Passiamo alla fase 2? - Alessandra Ciattini , Aristide Bellacicco 
                           Ipotesi sulle cause della pandemia provocata dal Coronavirus - Alessandra Ciattini  
                           Covid-19 e Costituzione - Gaetano Silvestri


Crisi sanitaria, crisi economica e crisi istituzionale? 


Tenendo conto degli ultimi dati (27 aprile) l’epidemia da Coronavirus, che un miracolo invocato dal Papa avrebbe dovuto bloccare, ha provocato finora circa 27.000 morti in Italia, oltre un terzo dei quali in Lombardia e circa 200.000 contagiati. Com’è noto, in conseguenza di questa situazione il governo ha dichiarato il 31 gennaio lo stato di emergenza fino al 31 luglio, passato quasi inosservato, ed ha assunto severe misure di restrizione che hanno riguardato una parte del sistema produttivo e di distribuzione del paese e, in grado molto maggiore, la stessa libertà di movimento dei singoli cittadini.

Sul piano formale, tali provvedimenti sono stati emanati, e trovano la loro legittimazione giuridica, sulla base di due successivi decreti-legge (n° 6/2020 e n°19/2020) che hanno assegnato al Presidente del Consiglio ampi poteri in ordine alle misure da adottare a fronte dell’andamento del fenomeno epidemico [1]. Lo strumento tecnico cui il Presidente del Consiglio ha fatto ricorso per la formulazione e l’attuazione di tali provvedimenti è stato il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in un contesto di significativa latitanza del Parlamento, forse spaventato dal virus. Al momento attuale, in virtù di una valutazione tecnica sul piano epidemiologico, che legge nei dati relativi ai contagi e ai ricoveri una tendenza alla riduzione dell’espandersi dell’epidemia, il governo ha deciso una parziale e graduale mitigazione delle misure fin qui adottate: si tratta di quella che viene ordinariamente indicata come “Fase 2”, in particolare il Dpcm (l’ennesimo) varato il passato 26 aprile.

Su questi aspetti vogliamo intervenire sia mettendo in luce i limiti che a nostro avviso l’azione del governo ha presentato in ordine alle diverse questioni trattate di seguito, sia ribadendo la nostra seria perplessità sull’effettiva utilità di alcune di esse, in particolar modo quelle che hanno violentemente ridotto, e severamente sanzionato, gli ordinari spazi di libertà personale dei cittadini tutti (il cosiddetto “distanziamento sociale”). 
Il presupposto di questo intervento è che non siamo disponibili ad accettare supinamente misure, del resto criticate da eminenti costituzionalisti, prese da uno Stato che non persegue certo il benessere collettivo in quanto rappresentante di ben precisi interessi di classe. Inoltre, sottolineiamo che la gravità della situazione è stata determinata dal precedente smantellamento del sistema sanitario, universitario e della ricerca portato avanti da quelle stesse forze politiche che ora, in nome della coesione sociale e della salvezza della patria, vogliono convincerci che ci porteranno fuori dalla crisi. 
Allo stesso tempo, questo stesso Stato non si è preoccupato delle avvisaglie del fenomeno, dimostrandosi tutt’ora impreparato ad affrontarlo con i tamponi e i test di massa (come in Cina), la distribuzione gratuita dei dispositivi di protezione, l’isolamento dei contagiati, la capacità di curare a domicilio i casi non gravi etc. 

domenica 3 maggio 2020

Gramsci. Eretico e comunista - Rossana Rossanda

Da: http://www.rifondazione.it/formazione - [Articolo pubblicato sul manifesto nel gennaio 1991 nell’inserto per il centenario della nascita di Gramsci. Si era alla vigilia del congresso di scioglimento del Pci (3,febbraio,1991)] - Rossana Rossanda è una giornalista, scrittrice e traduttrice italiana, dirigente del PCI negli anni cinquanta e sessanta e cofondatrice de il manifesto.
Vedi anche:  Seminario organizzato dall'Istituto della Enciclopedia Italiana in occasione della pubblicazione del volume di Giorgio Fabre, Lo scambio. Come Gramsci non fu liberato (https://www.youtube.com/watch?v=a4r005sbHak).


Non è senza imbarazzo che il Partito comunista italiano celebra l'anniversario di Antonio Gramsci alle soglie di quel XX congresso nel quale cambierà nome, simbolo e progetto politico. 

Paradossalmente è la natura decisamente antistaliniana di Gramsci a farne un personaggio non piegabile alle ragioni della «svolta» di Occhetto. Egli dimostra infatti come nessun altro che si può essere comunisti e non totalitari, comunisti e non giacobini, comunisti e non legati a uno schema impoverente di lettura della realtà, comunisti e sostenitori o portatori di un radicale dissenso.

Figura scomoda dunque per chi sostiene che comunismo e stalinismo sono la stessa cosa. O leninismo o trotzkismo. Gramsci non si può dire del tutto leninista («La rivoluzione contro il capitale») e per nulla trotzkista; nel 1926 si oppose alla condanna di Trotzki non perché ne condividesse le posizioni, ma per la rottura che Stalin induceva nel gruppo dirigente bolscevico mentre si spegneva ogni prospettiva di rivoluzione in Europa. A lui un partito comunista che volesse seriamente ripensare il suo metodo e trarre categorie di analisi non riducibili alla vulgata marxista, poteva davvero riferirsi: ma per restare comunista, non per cessare di esserlo.


E' questo che rende Gramsci non fungibile a qualsiasi uso politico. La duttilità dell'intelligenza si univa a una fermezza su alcuni principi, che pagò a costi altissimi: l'indisciplina del 1926, ce la diceva lunga su come egli concepisse un partito, fu deflagrante, Togliatti gli rispose aspramente, egli replicò non meno aspramente, e l'Internazionale spedì Humbert Droz a Genova per ricondurre i comunisti italiani sulla retta via. Non dovette penare molto: Gramsci non poté partecipare alla riunione perché era stato arrestato a Milano due giorni prima e non avrebbe più rivisto la libertà. Né avrebbe potuto mai più discutere con i compagni quel giudizio e la situazione che gliene derivava. Tanto da poter sospettare tormentosamente che, per quel dissenso, il Partito poco ormai si interessasse a lui, se addirittura non aveva contribuito - con la famosa lettera di Grieco - a «incastrarlo» al processo. 

giovedì 30 aprile 2020

Comanda il governo o comandano le classi dominanti? - Stefano G. Azzarà

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica presso il Dipartimento di studi umanistici dell'Università di Urbino ed è direttore della rivista "Materialismo Storico" (materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com).


È stupefacente come l'egemonia liberale abbia prodotto un senso comune indiscusso a proposito della fenomenologia del potere.

Anche a sinistra, persino tra chi si professa marxista, si ritiene che la linea del potere divida ciò che è in alto da ciò che sta in basso e che il potere costituito e materializzato nelle istituzioni sia il potere reale e che dunque il governo comandi.

Si incalza perciò il governo a fare questo o quello e lo si deplora o loda come se dal governo dipendesse ogni male e dunque anche ogni bene, come se tutto dipendesse dalla sua volontà o mancanza di volontà o cattiva volontà.

Ma nel vostro paese, - per indicare una scala di misura che rende più riconoscibili le cose - comanda il sindaco o le forze e gli interessi che lo hanno portato all'elezione, e solo in seconda battuta il sindaco in quanto tale? E quanto dura questo sindaco quando comincia a pestare i piedi a qualche pezzo grosso?

Un governo comanda finché lo lasciano comandare e finché ne ha la forza, che gli viene da qualche forma di legittimazione.

Un governo, tanto più in una società capitalistica, è sempre prevalentemente espressione dei rapporti di potere che nascono nell'articolazione disuguale della società civile ed è a questo livello che si genera il potere veramente efficiente.

Un governo comanda nella misura in cui e fino a quando è espressione di questo potere, o meglio del patto federato che le parti di questo potere riconosciutesi come pari contraggono mediante un contratto.

La democrazia moderna, in questo senso, è stata esattamente lo sforzo di sottrarre il governo a questo arbitrio delle particolarità, che ancora nel XIX secolo esprimevano quasi direttamente il proprio comitato d'affari, esaltando l'universalita della sua forma e facendo sì che questa forma avesse la meglio sugli interessi privati dei grandi conglomerati sociali.

La forma dell'universalita che è comunque propria delle istituzioni, infatti, obbliga queste ultime a tener conto dell'interesse generale.

Da quel momento, governo è ciò che risulta dall'equilibrio relativo tra quella forma e gli interessi particolari espressi dal patto, una continua ed estenuante prova di forze.

Quando però questo conflitto permanente supera il livello di guardia, essa entra in contraddizione con questo potere reale o con gli elementi prevalenti di questo potere reale, da quel momento ogni governo è un governo che alla lunga è morto.

A meno che non riesca a mobilitare in chiave giacobina quell'interesse generale o quella alleanza di interessi che più gli si avvicina, cosa che non è facile e avviene raramente. Molto più facile è che questa alleanza venga mobilitata in chiave populistica, contro i propri stessi interessi, da quei poteri reali che voglio riprendersi la loro libertà d'azione e condizionamento ponendo limiti all'universalità.

È anche in questo modo che la democrazia moderna è stata smantellata, ormai diversi anni fa.

Guardiamo alle classi sociali, guardiamo alle classi dominanti, guardiamo a chi realmente comanda.

mercoledì 29 aprile 2020

" Hegel "- Vittorio Hosle

Da: Maria Teresa de Vito - Vittorio Hosle è un filosofo, saggista e traduttore.
Leggi anche: Studio su Hegel: LA LOGICA - Stefano Garroni 
                       https://ilmanifesto.it/hegel-contro-il-pensiero-che-proietta-lesistenza-umana-oltre-il-logos-nel-mistero
Vedi anche:  La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli
                   "Il boccio, il fiore, il frutto" - Carlo Sini
                    Hegel e la dialettica - Remo Bodei 


Il video ha inizio al secondo 0,50. La prima e la seconda parte della lezione sono collegate automaticamente.

                                                      Prima parte:
                                                                                

                                                     Seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=JpOgpJQla6w&list=TLPQMjkwNDIwMjC5KHLeaiLI_A&index=2 

martedì 28 aprile 2020

- Giulietto Chiesa -

Da: Curioso Risveglio - Giulietto Chiesa (Acqui Terme, 4 settembre 1940 – 26 aprile 2020) è stato un giornalista e politico italiano.
Vedi anche: Ragionando di geopolitica (e non solo).. - Giulietto Chiesa e Luciano Canfora 
                     Sarà così il suicidio nucleare? - Giulietto Chiesa 

            L'ultimo intervento di Giulietto Chiesa, andato in onda via web il 25/04/2020 il giorno prima del suo decesso. 

                                                                               

                                                                    (qui il link dell'intero convegno: https://www.pandoratv.it/liberiamoci-dal-virus-della-guerra)

Giulietto Chiesa in prima linea fino all’ultimo.
Di Manlio Dinucci - Il Manifesto, 28 aprile 2020.

Giulietto Chiesa è morto poche ore dopo aver concluso, nel 75° Anniversario della Liberazione e della fine della Seconda guerra mondiale, il Convegno internazionale del 25 Aprile «Liberiamoci dal virus della guerra». Un convegno in diretta streaming, organizzato dal Comitato No Guerra No Nato, di cui era uno dei fondatori, e da Global Research (Canada), il Centro di ricerca sulla globalizzazione diretto dal professor Michel Chossudovsky.

Diversi relatori – dall’Italia ad altri paesi europei, dagli Stati uniti alla Russia, dal Canada all’Australia – hanno esaminato le ragioni di fondo per cui dal 1945 ad oggi la guerra non è mai terminata: al Secondo conflitto mondiale ha fatto seguito la Guerra fredda, quindi una serie ininterrotta di guerre e il ritorno a una situazione analoga a quella della Guerra fredda che accresce il rischio di un conflitto nucleare.

Gli economisti Michel Chossudovsky (Canada), Peter Koenig (Svizzera) e Guido Grossi hanno spiegato come potenti forze economiche e finanziarie sfruttano la crisi del coronavirus per impadronirsi delle economie nazionali e cosa dovremmo fare per sventare tale piano.
David Swanson (direttore di World Beyond War, Usa), l’economista Tim Anderson (Australia), il fotogiornalista Giorgio Bianchi e lo storico Franco Cardini hanno parlato delle guerre passate e attuali, funzionali agli interessi delle stesse potenti forze.
L’esperto di questioni politico-militari Vladimir Kozin (Russia), la saggista Diana Johnstone (Usa), la segretaria della Campagna per il disarmo nucleare Kate Hudson (Regno Unito) hanno esaminato i meccanismi che accrescono la probabilità di un catastrofico conflitto nucleare.
John Shipton (Australia), padre di Julian Assange, e Ann Wright (Usa), già colonnello dello US Army, hanno illustrato la drammatica situazione di Julian Assange, il giornalista fondatore di WikiLeaks detenuto a Londra, col rischio di essere estradato negli Stati Uniti dove lo attende la pena dell’ergastolo o quella di morte.

Su tale tema ha incentrato il suo intervento Giulietto Chiesa. Questi, in sintesi, alcuni brani:

«Il fatto che si voglia distruggere Julian Assange vuol dire che anche noi, noi tutti, saremo imbavagliati, oscurati, minacciati, impossibilitati a capire cosa succede a casa nostra e nel mondo. Questo non è il futuro, è il presente. In Italia il governo organizza una squadra di censori ufficialmente incaricata di fare pulizia di tutte le notizie che divergono da quelle ufficiali. E' la censura di stato, come altrimenti si può chiamare? Anche la Rai, la televisione pubblica, istituisce una task force contro le “fake news” per cancellare le tracce delle loro bugie quotidiane che inondano tutti i loro teleschermi. E poi ci sono, ancor peggio, i tribunali misteriosi di gran lunga più potenti di quanto non siano questi cacciatori di fake news: sono Google, Facebook, che manipolano le notizie e, con i loro algoritmi e i loro trucchi segreti, censurano senza appello. Siamo già circondati da nuovi tribunali che cancellano i nostri diritti. Vi ricordate l'articolo 21 della Costituzione italiana? C'è scritto “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”. Ma 60 milioni di italiani sono costretti ad ascoltare un solo megafono che urla da tutti i 7 canali televisivi del potere. Ecco perché Julian Assange è un simbolo, una bandiera, un invito alla riscossa, al risveglio prima che sia troppo tardi. È indispensabile unire le forze che abbiamo, che non sono tanto piccole ma hanno un difetto fondamentale: quello di essere divise, incapaci di parlare con una voce unica. Occorre uno strumento che parli ai milioni di cittadini che vogliono sapere».

Queste le ultime parole di Giulietto Chiesa. Confermate dal fatto che, subito dopo lo streaming, il video del Convegno è stato oscurato perché «il suo contenuto è stato identificato dalla Comunità YouTube inappropriato o offensivo per alcuni tipi di pubblico». 

lunedì 27 aprile 2020

sabato 25 aprile 2020

L'Internazionale socialista - Arturo Toscanini -

Da: Francesco Errante - Il 25 Maggio 1944 Arturo Toscanini diresse un concerto di beneficenza per la Croce Rossa al Madison Square Garden di New York.

                      Buon 25 aprile a tutti !!!! 

                                                                             

venerdì 24 aprile 2020

ECON-APOCALYPSE: ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CRISI DEL CORONAVIRUS* - Riccardo Bellofiore

Da: https://www.facebook.com/Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova - riccardo.bellofiore è professore ordinario di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo
* Il testo che precede è la sbobinatura di un intervento orale svolto online il 10 aprile 2020 per la Confederazione Unitaria di Base, con qualche piccola correzione e aggiunta, ma mantiene lo stile colloquiale. Mi sono giovato di alcuni commenti di Francesco Saraceno. (R.B.)

Qui sotto il video dell'incontro: introduce  per la CUB Marcelo Amendola  partecipano Giovanna Vertova, Michele Cangiani e Riccardo Bellofiore -
Da:  http://www.cub.it -  Rsaflmuniti Cub -


    1. La crisi non è ‘esogena’: natura e forma sociale.

Quello che proverò a fornire è un inizio di scrematura dell’orizzonte problematico in cui leggo questa crisi. Vado per punti, in un discorso che si articola in diversi movimenti. 

Primo movimento. Questa crisi non è, come spesso si legge, una crisi ‘esogena’, cioè qualcosa che da un esterno (la natura) investe la sfera economica. Se vogliamo, questa è una crisi ‘semi-esogena’ perché per un aspetto è indipendente dalla forma sociale, ma nella grande sostanza è invece legata a doppio filo all’organizzazione capitalistica della produzione, della circolazione delle merci, della distribuzione e dei modi di vita. Non è vero neanche che questa crisi giunga inaspettata. Una crisi del genere di quella che stiamo attraversando fu prevista, per esempio, nel 2005, sulla rivista Foreign Affairs, in un articolo preveggente sulla prossima pandemia.

Questa crisi mette in evidenza il rapporto perverso tra società e natura, che è peraltro già stato al centro della discussione, negli ultimi anni, in merito al cosiddetto ‘cambiamento climatico’, ma non è mai stato veramente preso sul serio dalla politica e dalla politica economica. Certo, si potrebbe dire che il problema non è il capitalismo, ma la struttura industriale. Le cose però non stanno proprio così. Il primato di una produzione tesa all’estremo al fine di una estrazione di profitto si è andato ad accompagnare ad un approfondimento della diseguaglianza globale, in alcuni casi in modo anch’esso estremo, dunque a malnutrizione, a forme di agricoltura e allevamento intensivi, al sovraffollamento abitativo, ad una urbanizzazione eccessiva. Tutto ciò ha fatto sì che trasmissioni virali che avrebbero altrimenti avuto una evoluzione lenta hanno visto una drammatica accelerazio ne. 

Ad una pretesa di crescita esponenziale del capitale ha risposto una crescita esponenziale nella diffusione dei virus. Questo è presumibilmente il futuro che abbiamo davanti. L’alternativa non è, ai miei occhi, una ‘decrescita’ (che sta pur sempre nell’orizzonte della crescita, solo volta in negativo), semmai uno sviluppo qualitativo radicalmente differente. È stato proprio l’orizzonte di una crescita tutta interna alla forma sociale capitalistica che ha prodotto anche le politiche cosiddette ‘neo-liberiste’ degli ultimi quarant’anni, a partire dalla privatizzazione della sanità.

Il discorso appena svolto rende problematico il ragionamento diffuso nella sinistra quando si vuole andare alla caccia di ‘colpevoli’ o si pone la questione del ‘chi’ paga la crisi. Fatemelo dire così, con una battuta: i colpevoli stanno tra un pipistrello in Cina ed il sistema sociale, quel sistema da cui si ricava reddito e lavoro, non sono la finanza cattiva o questa o quella associazione industriale. Non è una questione di persone, è una questione di sistema. 

    2. Mario Draghi: è bene che il debito pubblico aumenti
 

giovedì 23 aprile 2020

Passiamo alla fase 2? - Alessandra Ciattini , Aristide Bellacicco

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Antropologa) e Aristide Bellacicco (Medico) fanno parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni".
Leggi anche:   Covid-19 e Costituzione - Gaetano Silvestri 
                         Ipotesi sulle cause della pandemia provocata dal Coronavirus - Alessandra Ciattini 
                         Caratteristiche, origini ed effetti del nuovo Coronavirus - Ernesto Burgio



Ma stiamo veramente passando dalla fase 1 a alla fase 2? Prima di procedere è meglio capire cosa è successo.

Il passato 2 aprile il Sole 24 ore, noto organo della Confindustria, ha pubblicato un articolo firmato da 150 scienziati ed accademici che, di fronte all’ipotesi di una perdita del PIL del 10% nel primo semestre del 2020 e di altri elementi assai preoccupanti, propone di avviare in maniera graduale il passaggio alla fase 2. Nello specifico, richiamandosi all’esempio della Corea del Sud, paese dove i contagi e le morti sono state consistenti ma bloccati, i firmatari sostengono: “Occorre iniziare ad elaborare rapidamente una fase 2 che consenta di tutelare al meglio la salute dei cittadini e nel contempo rimettere in moto l’Italia, evitando tuttavia il riaccendersi virulento della pandemia”.

È abbastanza logico che questo appello appaia sul quotidiano della Confindustria, giacché – come sappiamo – nonostante molte imprese anche non essenziali non si siano fermate, gli imprenditori delle regioni più industrializzate (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) premono perché si decida quella che loro chiamano enfaticamente la “ripartenza” [1], come se alle nostre spalle non avessimo decenni di arretramento su tutti i fronti. Cautela, invece, è dimostrata dall’infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli, il quale ha dichiarato alla Stampa che l’emergenza non è finita e che non è ancora il momento di riaprire, mettendo in evidenza che ci sono molte persone asintomatiche in casa che potrebbero diffondere il virus, se messe in circolazione.

Ciononostante, con un ennesimo Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, Conte ha previsto alcune parziali riaperture ed ha istituito un comitato di esperti in materia economica e sociale, in cui non è presente nessun lavoratore o suo rappresentante, diretto da Vittorio Colao, ex amministratore della Vodafone.

Prima di valutare questa ipotesi, sarà il caso di analizzare criticamente la fase 1 e la validità di tutte le misure ad essa connesse, dato che i più esposti non sono certo gli imprenditori, chiusi per lo più nei loro comodi uffici, ma i lavoratori, i vecchi senza assistenza, i precari, i senza tetto etc. [2], e che nonostante ciò non sono chiamati a decidere sul loro prossimo futuro.

Ma quando è iniziata realmente la “fase 1”? E qual è l’effettivo significato di questa dizione che, in fondo, non è altro che uno slogan? 

mercoledì 22 aprile 2020

Sul debito pubblico - Karl Marx

Da: K. Marx – il Capitale Libro I Sezione VII Cap. 24.6 -
Leggi anche:  IL CAPITALE, LIBRO I* - Karl Marx 
                        Sull'accumulazione originaria di Karl Marx , Il Capitale Libro I, Capitolo 24 - Ermanno Semprebene - 
                        IL PROBLEMA DELLO STATO IN KARL MARX - CARLA MARIA FABIANI 
                        Daniel Defoe: La vera storia di Jonathan Wilde - Ermanno Semprebene*


[…]
ll sistema del credito pubblico, cioè dei debiti dello Stato, le cui origini si possono scoprire fin dal Medioevo a Genova e a Venezia, s’impossessò di tutta l’Europa durante il periodo della manifattura, e il sistema coloniale col suo commercio marittimo e le sue guerre commerciali gli servì da serra. Così prese piede anzitutto in Olanda. Il debito pubblico, ossia l’alienazione dello Stato — dispotico, costituzionale o repubblicano che sia — imprime il suo marchio all’era capitalistica. L’unica parte della cosiddetta ricchezza nazionale che passi effettivamente in possesso collettivo dei popoli moderni è il loro debito pubblico. Di qui, con piena coerenza, viene la dottrina moderna che un popolo diventa tanto più ricco quanto più a fondo s’indebita. Il credito pubblico diventa il credo del capitale. E col sorgere dell’indebitamento dello Stato, al peccato contro lo spirito santo, che è quello che non trova perdono, subentra il mancar di fede al debito pubblico.

Il debito pubblico diventa una delle leve più energiche dell’accumulazione originaria: come con un colpo di bacchetta magica, esso conferisce al denaro, che è improduttivo, la facoltà di procreare, e così lo trasforma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno di assoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabili dall’investimento industriale e anche da quello usurario. In realtà i creditori dello Stato non danno niente, poiché la somma prestata viene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili, che in loro mano continuano a funzionare proprio come se fossero tanto denaro in contanti. Ma anche fatta astrazione dalla classe di gente oziosa, vivente di rendita, che viene cosi creata, e dalla ricchezza improvvisata dei finanzieri che fanno da intermediari fra governo e nazione, e fatta astrazione anche da quella degli appaltatori delle imposte, dei commercianti, dei fabbricanti privati, ai quali una buona parte di ogni prestito dello Stato fa il servizio di un capitale piovuto dal cielo, il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni specie, l’aggiotaggio: in una parola, ha fatto nascere il giuoco di Borsa e la bancocrazia moderna.

Fin dalla nascita le grandi banche agghindate di denominazioni nazionali non sono state che società di speculatori privati che si affiancavano ai governi e, grazie ai privilegi ottenuti, erano in grado di anticipar loro denaro. Quindi l’accumularsi del debito pubblico non ha misura più infallibile del progressivo salire delle azioni di queste banche, il cui pieno sviluppo risale alla fondazione della Banca d’Inghilterra (1694). La Banca d’Inghilterra cominciò col prestare il suo denaro al governo all’otto per cento; contemporaneamente era autorizzata dal parlamento a batter moneta con lo stesso capitale, tornando a prestarlo un’altra volta al pubblico in forma di banconote. Con queste banconote essa poteva scontare cambiali, concedere anticipi su merci e acquistare metalli nobili. Non ci volle molto tempo perché questa moneta di credito fabbricata dalla Banca d’Inghilterra stessa diventasse la moneta nella quale la Banca faceva prestiti allo Stato e pagava per conto dello Stato gli interessi del debito pubblico. Non bastava però che la Banca desse con una mano per aver restituito di più con l’altra, ma, proprio mentre riceveva, rimaneva creditrice perpetua della nazione fino all’ultimo centesimo che aveva dato. A poco a poco essa divenne inevitabilmente il serbatoio dei tesori metallici del paese e il centro di gravitazione di tutto il credito commerciale. In Inghilterra, proprio mentre si smetteva di bruciare le streghe, si cominciò a impiccare i falsificatori di banconote. Gli scritti di quell’epoca, per esempio quelli del Bolingbroke, dimostrano che effetto facesse sui contemporanei l’improvviso emergere di quella genìa di bancocrati, finanzieri, rentiers, mediatori, agenti di cambio e lupi di Borsa.

Con i debiti pubblici è sorto un sistema di credito internazionale che spesso nasconde una delle fonti dell’accumulazione originaria di questo o di quel popolo. Così le bassezze del sistema di rapina veneziano sono ancora uno di tali fondamenti arcani della ricchezza di capitali dell’Olanda, alla quale Venezia in decadenza prestò forti somme di denaro. Altrettanto avviene fra l’Olanda e l’Inghilterra. Già all’inizio del secolo XVIII le manifatture olandesi sono superate di molto, e l’Olanda ha cessato di essere la nazione industriale e commerciale dominante. Quindi uno dei suoi affari più importanti diventa, dal 1701 al 1776, quello del prestito di enormi capitali, che vanno in particolare alla sua forte concorrente, l’Inghilterra. Qualcosa di simile si ha oggi fra Inghilterra e Stati Uniti: parecchi capitali che oggi si presentano negli Stati Uniti senza fede di nascita sono sangue di bambini che solo ieri è stato capitalizzato in Inghilterra.

Poiché il debito pubblico ha il suo sostegno nelle entrate dello Stato che debbono coprire i pagamenti annui d’interessi, ecc., il sistema tributario moderno è diventato l’integramento necessario del sistema dei prestiti nazionali. I prestiti mettono i governi in grado di affrontare spese straordinarie senza che il contribuente ne risenta immediatamente, ma richiedono tuttavia in seguito un aumento delle imposte. D’altra parte, l’aumento delle imposte causato dall’accumularsi di debiti contratti l’uno dopo l’altro costringe il governo a contrarre sempre nuovi prestiti quando si presentano nuove spese straordinarie. Il fiscalismo moderno, il cui perno è costituito dalle imposte sui mezzi di sussistenza di prima necessità (quindi dal rincaro di questi), porta perciò in se stesso il germe della progressione automatica. Dunque, il sovraccarico d’imposte non è un incidente, ma anzi è il principio. Questo sistema è stato inaugurato la prima volta in Olanda, e il gran patriota De Witt l’ha quindi celebrato nelle sue Massime come il miglior sistema per render l’operaio sottomesso, frugale, laborioso e... sovraccarico di lavoro. Tuttavia qui l’influsso distruttivo che questo sistema esercita sulla situazione del l’operaio salariato, qui ci interessa meno dell’espropriazione violenta del contadino, dell’artigiano, in breve di tutti gli elementi costitutivi della piccola classe media, che il sistema stesso porta con sé. Su ciò non c’è discussione, neppure fra gli economisti borghesi. E la efficacia espropriatrice del sistema è ancor rafforzata dal sistema protezionistico che è una delle parti integranti di esso.

La grande parte che il debito pubblico e il sistema fiscale ad esso corrispondente hanno nella capitalizzazione della ricchezza e nell’espropriazione delle masse, ha indotto una moltitudine di scrittori, come il Cobbett, il Doubleday e altri a vedervi a torto la causa fondamentale della miseria dei popoli moderni.

Il sistema protezionistico è stato un espediente per fabbricare fabbricanti, per espropriare lavoratori indipendenti, per capitalizzare i mezzi nazionali di produzione e di sussistenza, per abbreviare con la forza il trapasso dal modo di produzione antico a quello moderno. Gli Stati europei si sono contesi la patente di quest’invenzione e, una volta entrati al servizio dei facitori di plusvalore, non solo hanno a questo scopo imposto taglie al proprio popolo, indirettamente con i dazi protettivi, direttamente con premi sull’esportazione, ecc., ma nei paesi da essi dipendenti hanno estirpato con la forza ogni industria; come per esempio la manifattura laniera irlandese è stata estirpata dall’Inghilterra. Sul continente europeo il processo è stato molto semplificato, sull’esempio del Colbert. Quivi il capitale originario dell’industriale sgorga in parte direttamente dal tesoro dello Stato. «Perché», esclama il Mirabeau, «andar a cercar così lontano la causa dello splendore manifatturiero della Sassonia prima della guerra dei Sette anni? Centottanta milioni di debito pubblico!»


martedì 21 aprile 2020

- Breve introduzione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel - Carla Maria Fabiani

Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - www.ilgiardinodeipensieri.eu - Questa Introduzione accompagna la Sintesi dei Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel, condotta sulla edizione italiana curata da V. Cicero (Rusconi, Milano 1996). -
Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI
Leggi anche: Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani 
                       IL PROBLEMA DELLO STATO IN KARL MARX - CARLA MARIA FABIANI 
                       La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli 


Tutta la Filosofia del diritto è Scienza del diritto. Come dice Hegel, è l’Idea del Diritto; cioè è la realtà oggettiva (i rapporti oggettivi quali la proprietà, l’azione morale, la famiglia, la società civile, lo Stato) che lo Spirito (di un popolo) produce nella Storia ed è al contempo l’esposizione adeguata di questa realtà che si mostra intimamente razionale (arrivati alla fine del suo sviluppo storico possiamo esporne tutte le tappe, cogliendo il senso di questa totalità ormai dispiegata). Il cammino dello Spirito nel mondo è un cammino di Libertà; la realizzazione e la comprensione della Libertà è il contenuto filosofico della scienza del diritto.

E’ una parte del sistema filosofico hegeliano collocata all’interno della filosofia dello Spirito (è lo spirito oggettivo); è il cammino etico intrapreso dallo Spirito oggettivo.

Si articola in tre parti: Diritto astratto, Moralità ed Eticità. Per Hegel il vero è l’intero; dunque la verità dell’eticità è tutto il percorso etico, dall’astratto al concreto, articolato in momenti, ognuno dei quali si presenta autonomo dall’altro, ma, secondo il metodo dialettico, si toglie e si conserva nell’altro.

E’ importante considerare i tre momenti della filosofia del diritto (diritto astratto, moralità, eticità) come momenti organici, i quali hanno ognuno un loro particolare diritto, che venendo a un certo punto in contraddizione con se stesso passa in quello successivo, logicamente più esplicativo e realmente più elevato.

L’ordine che Hegel dà all’esposizione d’altra parte non coincide - e ce lo dice lui fin da subito - con l’ordine che si presenta nella realtà: è anzi l’esatto opposto. I concetti (le categorie del diritto) vengono esposti a partire da quelli più astratti fino ad arrivare a quelli più concreti e organici; viceversa nella realtà le figurazioni (le forme reali che il diritto assume nella storia) più astratte e semplici esistono e sussistono solo all’interno di quelle più concrete. Il compito della filosofia del diritto è quello di comprendere l’oggettività che lo Spirito produce nella storia; comprenderla come prodotto dello Spirito e come realtà oggettiva massimamente sensata e razionale. La forma della comprensione, per così dire, percorre la strada inversa rispetto a quella della realtà. Beninteso, secondo Hegel, le due strade (una all’insù e l’altra all’ingiù) sono la stessa.

Il principio essenziale della sfera del Diritto astratto è la ‘persona’; la realtà più concreta in cui si trova ad operare la persona è il contratto di proprietà. La persona si trova in rapporto con altre persone proprio per via della proprietà esercitata sulle cose. L’arbitrio è il massimo grado di libertà presente in questa prima sfera etica, che, al dunque, si rivela fortemente contraddittoria. Così come il contratto viene stipulato arbitrariamente, così arbitrariamente può essere rotto e non rispettato da uno dei due contraenti.

Si passa dialetticamente alla Moralità (c’è una negazione del contratto rappresentata dall’arbitrio-illecito e c’è la negazione della negazione, rappresentata dalla punizione dell’illecito-delitto). Nel momento del Diritto astratto la punizione della persona piega il diritto sulla soggettività, ma lo piega in modo non completamente positivo (la punizione ristabilisce l’intero etico, però punisce proprio l’arbitrio); da questa condizione non pienamente stabile si passa a una categoria etica più alta e più comprensiva: la Moralità. La soggettività prende coscienza di sé diventando il principio motore dell’etica. L’azione morale del soggetto è il centro della discussione ed è, a questo livello, il nodo etico-kantiano fondamentale. Il giudizio morale, il rapporto tra il soggetto e il Bene, tra il soggetto e il Male, l’interiorità del soggetto, la realtà con cui quest’interiorità viene a scontrarsi, sono il contenuto fondamentale della trattazione morale del Diritto.

Come si passa e perché si passa all’Etica? E cioè perché si passa alla scienza dello Stato?

Lo Stato, secondo Hegel, è la realtà etica realizzata. E’ il rapporto dello Spirito di un popolo con sé stesso, è la produzione consapevole della vita del popolo. Il vero soggetto perciò è lo Spirito, non il soggetto morale, tutto chiuso in sé stesso ed estraniato da una realtà - quella storica - che non riesce proprio a comprendere, che lo mette anzi in difficoltà, stravolgendo la sua azione morale che tende a un Bene considerato come un dover essere, che, per definizione, non è essere.

Lo Stato è invece l’ESSERE dello Spirito oggettivo; la sua più alta produzione reale e razionale insieme.

Lo Stato è Sistema organico. E’ un’articolazione viva, nella quale sono presenti e si riproducono la famiglia (con la sua etica della riproduzione), la società civile (con la sua etica del lavoro) e lo Stato stesso con la sua etica ricomprensiva delle altre due. Un’etica che riproduce e sa di riprodurre un Bene comune reale; lo sistema, mediando le sue interne articolazioni, creando la moderna società politica (la costituzione, i rapporti fra i poteri, etc.), la quale sa e vuole essere un organismo reale, pieno di vita, ma anche un sistema, ossia una realtà razionale e sensata, una totalità concreta che abbia come principio interno la realizzazione del bene comune, saputo e voluto da tutti, in quanto cittadini.

L’etica dello Stato (singolo) però si rivolge necessariamente nei confronti dell’etica degli altri Stati, dando luogo alla storia del mondo, a un teatro etico-politico mondiale; necessariamente superiore a quello nazionale.

lunedì 20 aprile 2020

Caratteristiche, origini ed effetti del nuovo Coronavirus - Ernesto Burgio

Da: https://www.lacittafutura.it - Testo tratto dall’intervista al Dott. Ernesto #Burgio, pediatra e ricercatore, esperto di epigenetica e biologia molecolare. Presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale e membro del consiglio scientifico dell’Istituto di Ricerca sul Cancro e Ambiente di Bruxelles.
L’intervista integrale di Francesco Paolo Caputo è del 05/04/2020 può essere vista qui 



Per settembre dobbiamo avere un SSN messo in sicurezza e rafforzato, corridoi sanitari specifici, operatori sanitari formati e protetti nel modo corretto, una popolazione preparata e tamponi sufficienti per fare monitoraggi massivi. Solo così i rischi saranno minori.

È giusto partire dalla storia del virus. Nonostante fosse un virus pericoloso è stato anche sottovalutato. Per capire meglio la sua natura bisogna raccontare due storie. Una storia di lungo periodo e poi invece una più recente di come è emerso e come abbiamo capito che è pericoloso.

La storia di medio-lungo periodo inizia all’incirca nel 1997, quando muore un bimbo ad Hong Kong per un virus denominato H5N1. Questo virus, tuttora in circolazione, e per il quale si è lanciato un pre-allarme pandemico, è della stessa famiglia del virus famoso della spagnola H1N1 del 1918 con il quale condivide delle caratteristiche che lo rendono molto pericoloso, cioè aveva fatto ”il salto di specie”, passando da un serbatoio animale (gli uccelli migratori) all’uomo. Tutto ciò significa acquisire delle mutazioni particolari che lo rendono particolarmente patogeno, cioè capace da un lato di agganciare le vie aeree superiori dell'uomo e dall’altro di trasmettersi da un uomo all'altro. Successivamente ci furono altri allarmi di virus con caratteristiche simili, come fu il caso della SARS del 2002 (coronavirus numero 1), oppure quello dell’influenza aviaria del 2010 (H1N1pdm09), virus che tutto sommato si sono comportati meno drammaticamente di come si temeva.

E arriviamo ad oggi. Nei primi di gennaio in Italia arriva come nel resto del mondo la notizia che nella provincia di Hubei in Cina vi erano alcune decine di casi legati all’emergere di un nuovo coronavirus e quindi si temeva la possibilità di un'estensione epidemica o addirittura pandemica. La notizia fu inizialmente sottovalutata probabilmente perché gli esperti cinesi non conoscevano quello che realmente stava succedendo. Il 20 di gennaio avvengono due eventi fondamentali, in Cina si rendono conto sia che i casi stanno aumentando esponenzialmente sia che le sequenze del virus mostrano la presenza di un gran numero di mutazioni pericolose. 

A quel punto il governo Cinese chiude l'intera provincia di Hubei, una provincia di 57 milioni di abitanti, ovvero numerosa quanto l’Italia, e costruisce ospedali cosiddetti COVID-19 (termine con cui è chiamata la patologia da SARS-COV2). A quel punto alcuni specialisti, come me, quelli che si erano occupati di epidemie di virus pandemici, capiscono che la situazione è allarmante e cercano di comunicare quello che sta accadendo. Così il 31 di gennaio anche in Italia parte una nota importante, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, in cui si dice che c'è un allarme pre-pandemico e, finalmente, cominciamo a prepararci. Purtroppo questa nota, pur essendo ufficiale, non ha avuto molto seguito. Le regioni e il governo che l’ha emessa l'hanno in qualche modo presa sottogamba e devo dire che anche molti dei miei colleghi non abituati, a differenza degli orientali, a una situazione potenzialmente drammatica come questa, probabilmente l'hanno sottovalutata. 

venerdì 17 aprile 2020

La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli

Da: Filosofia Roccella Scholé - Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org)
Leggi anche:  Per un'etica del riconoscimento*- Paolo Bartolini intervista Roberto Finelli
Vedi anche:    Hegel e la dialettica - Remo Bodei 
                           Hegel,"Filosofia e Metodo" - Carlo Sini 
                           Hegel: la ragione come mondo - Costantino Esposito 
                           La logica di Hegel "una grottesca melodia rupestre"- Paolo Vinci 

                                                 Parte prima:
                                                                        

                                                 Parte seconda: https://www.youtube.com/watch?v=LyvMRJmQlxA

                                                 Parte terza: https://www.youtube.com/watch?v=8p1k33o7f-Y