E' proprio vero... Oggi in rete si può trovare di tutto. Dalle più insignificanti banalità a qualche notiziola niente male e molto poco conosciuta. Quando, un po' per fortuna e un po' per cocciutaggine, ci si incappa nella notiziola, si rimane stupiti del fatto che nessuno ne abbia parlato in modo adeguato e per così lungo tempo... E' il caso di questo scritto, datato 1972 eppure così attuale, che riporta fedelmente, con qualche breve commento, il discorso ufficiale tenuto alla Accademia Militare di Modena da un grande burocrate/imprenditore/e altro ancora dell'epoca, sicuramente tra i maggiori in importanza: Eugenio Cefis. Dell'importanza delle parole e delle idee enunciate non c'è bisogno di aggiungere alcunchè in più di quello che si legge. Piuttosto c'è da chiedersi come mai gli eventi seguenti fino ai nostri giorni abbiano rigorosamente rispettato le aspettative e le certezze di chi parlava e, nonostante fosse cosa di dominio pubblico, nessuno abbia saputo (o voluto?) contrastarne gli esiti. La lettura di questo stupefacente discorso, che potrebbe essere affiancato, per la grandiosità del processo tratteggiato se non per gli effettivi contenuti, all’orwelliano “1984”, apre il campo a una domanda che non può essere elusa: qual era, in quegli anni, la consapevolezza che le organizzazioni storiche del movimento operaio avevano della grande trasformazione in atto? O meglio: poiché è impossibile pensare che il PCI o la CGIL non si rendessero conto di ciò che stava avvenendo, quali furono le conseguenze politiche e strategiche che ne trassero? Chi ha vissuto quegli anni - che per molti di noi coincidono con la terribile vicenda cilena e, successivamente, con la sconfitta dei minatori in Inghilterra- ricorda senz’altro le due principali parole d’ordine che ispiravano la politica comunista di allora: la difesa della democrazia e la strategia del compromesso storico, strettamente e reciprocamente connesse. Da parte sindacale, CGIL in testa, furono gli anni della politica dei sacrifici e della cosiddetta “svolta dell’EUR”(https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/04/1978-la-svolta-delleur.html), che insieme censì e rafforzò l’ideologia del salario come variabile dipendente dal profitto e quella dell’”impresa al primo posto”, di cui il “patto fra i produttori” fu la trascrizione nel linguaggio neo-corporativo che in quell’epoca prese ad affermarsi. Oggi, dopo quasi un cinquantennio, è fin troppo facile prendere atto dell’inveramento della lucida e spaventosa profezia di Cefis; e, sciaguratamente, è altrettanto facile comprendere come i tentativi di governare “da sinistra” il capitalismo italiano abbiano portato, in ultima analisi, ad uno spietato e totalitario governo “da destra” dei processi produttivi e del destino stesso della classe operaia.
Riprendendo il commento finale di Giorgio Radice: "...quando in un gioco (nella lotta di classe) si cambiano le poste, si rialzano, cambiano anche tutte le regole: inevitabilmente. Cefis, ai suoi amici militari, ha cominciato a spiegare quali possano essere le nuove".
Ai lavoratori d'allora e a quelli di oggi nessuno ha mai spiegato nulla... (Il collettivo)
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